Passano gli anni ma Pino Scotto mantiene il suo “physique du Rock’n’Roll”: è tornato ad aprile con “Eye for an eye”, un disco di sano hard rock con la consueta attenzione al sociale e un ricordo a Hendrix nell’anniversario del 1968.
Avevamo lasciato Pino Scotto un paio di anni fa con Live for a dream (2016): «Quell’album live in studio riprendeva brani dei Vanadium e dei Fire Trails e ricantandoli durante il tour dello scorso anno mi è venuta la voglia di registrare un nuovo disco di sano hard rock in stile anni ’70 -’80. Per la prima volta dopo 10 anni, anziché ospiti ad hoc ho realizzato il disco con la mia vecchia band da solista. L’unico musicista che ho sempre ospitato fin dal mio primo album dopo i Vanadium, Il grido disperato di mille bands (1992), è sempre stato Fabio Treves che considero un fratello. Abbiamo la stessa età e astralmente siamo due bilance, come il Boss».
Eye for an eye è titolo del nuovo album di Scotto che precisa subito quanto sia perfetto proprio per questi giorni: «La gente non ne può più, le chiacchiere continuano a non portare a niente: “occhio per occhio” sembra l’unica legge». Nei brani originali come Cage of mind, One against the other e Looking for the way si parla ancora di sociale, tematiche che hanno sempre interessato Scotto: «Non perdo tempo a raccontare di draghi o di favole, preferisco temi veri che riguardino la vita quotidiana, sociale e politica. E quello che più mi rattrista, come si capisce dai miei testi, è vedere quanto la mentalità dominante ci stia sempre più portando ad essere un paese di servi. Il problema non sono le idee ma la gente». Non mancano però anche momenti spensierati come l’avventura rock’n’roll Crashing tonight che racconta «un incontro ravvicinato con una signorina in un locale milanese» ma anche un particolare omaggio ad una donna unica in Angel of mercy: «Non ho mai scritto un testo d’amore per una donna e per la prima volta l’ho fatto per mia madre che è mancata da due anni. Non avrei mai pensato che mi sarebbe mancata così tanto». Tra le cover anche l’intensa Wise Man Tail, tratta dall’album Third moon (2005) dei Fire Trails: «In questi anni non l’abbiamo mai suonata dal vivo per la complessità degli arrangiamenti, per questo ho pensato di rinciderla con cornamuse in una versione celtica».
Una canzone che come le altre è rigorosamente cantata in inglese: «La voce del rock è l’inglese o per lo meno non l’italiano: abbiamo imparato da loro come ho ribadito in parecchi album, non c’è niente da fare». Pino Scotto, icona dell’hard rock italiano, nonostante la fama tradizionalista ha però collaborato persino con rapper, esperimenti solitamente criticati in Italia dai puristi: «In America lo hanno fatto gli Aerosmith e hanno venduto milioni di copie e io in Italia non sono stato capito. É difficile essere pionieri o contaminatori, in questo paese per i fan non devi cambiare, mai. Ho comunque sempre avuto la soddisfazione di fare quello che ho voluto fregandomene del giudizio dei miei detrattori. Io faccio musica prima di tutto per me: sono contento che possa piacere anche ad altri ma in caso contrario non mi faccio problemi. Così dovrebbe essere, come hanno sempre fatto i grandi, come Hendrix».
La citazione di Hendrix non arriva a caso nell’anniversario del suo unico tour italiano: «Ho partecipato a maggio ad una data tributo del tour di Hendrix cantando due brani all’Old Fashion di Milano, una delle originali location nella quale si esibì il chitarrista in Italia. Io feci l’autostop da casa mia in Campania con un amico per vederlo al teatro Brancaccio di Roma nel 1968: era da poco uscito Are you experienced? (1967), album che mi aveva sconvolto e nessuno ancora si rendeva conto di ciò a cui stava assistendo, anche per l’unicità dell’evento. Erano gli inizi della grande rivoluzione di Hendrix, ancora oggi il chitarrista e compositore più avanti di tutti». Parlare di Hendrix significa anche rievocare il 1968 a 50 anni di distanza: «In quegli anni è cambiato tutto, il rock ha scritto le sue pagine più belle assecondando quella sana voglia di cambiare non solo la musica ma di conseguenza il mondo e la società. E pensando a tutto questo ancora mi chiedo tristemente oggi, guardando la quotidianità, dove abbiamo sbagliato».
E il rock invece come se la passa nel 2018? «Purtroppo sempre peggio. Compresa la delusione di vedere l’attenzione concessa a questi talent-karaoke rispetto a tanti musicisti o cantanti originali che potrebbero veramente fare la differenza ma non hanno spazio. Appoggiate le band italiane e soprattutto, cari gestori dei locali, smettetela con questi tributi e premiate gli emergenti. Il pubblico va educato, altrimenti continueremo ad alimentare un genocidio culturale. All’estero facciamo ridere». A proposito di estero sembra che Eye for an eye stia ricevendo anche buone recensioni oltre confine mentre il tour di Scotto prosegue in Italia: «Ci divertiamo molto con la band e i nuovi brani suonati dal vivo rendono tantissimo. In scaletta non mancano anche i classici, in particolare una canzone dei Vanadium, On street of danger, alla quale sono molto legato, due brani dei Fire Trails, Rock’n’Roll Core, registrato al concerto con i Motörhead a Milano e The Eagle scream, dedicata a Lemmy. Per le prossime date consultate il sito”.