Locali361: al Nidaba Theatre si “ascoltano spettacoli”

Locali361 vi presenta il Nidaba Theatre, vero riferimento in zona navigli da più di 20 anni, raccontato dallo storico gestore Max Ricciardo.

Locali361: al Nidaba Theatre si “ascoltano spettacoli”
Logo del Nidaba Theatre

Era il gennaio 1996 quando, in un panorama musicale forse più povero di oggi in termini di locali ma sicuramente più ricco di serate dal vivo, MassimoMaxRicciardo insieme alla moglie Barbara fondò a Milano il Nidaba Theatre: «Oggi molti locali lavorano per singoli eventi o qualche serata live in settimana, a quei tempi fare musica dal vivo significava ancora essere aperti tutte le sere e magari fare anche due set. In città c’erano live club con una propria identità come il Capolinea che proponeva jazz, il Grillo Parlante più orientato al funk-soul e la BluesHouse con i suoi artisti di riferimento. Anche qui al Nidaba abbiamo cominciato col blues per poi aprirci ad altri generi».

Max prima gestiva un cocktail bar in stile sudamericano ma sognava da tempo di aprire un locale con musica dal vivo che avesse un nome di donna «e scoprii per caso la figura di questa intrigante dea della mitologia sumerica, Nidaba, che mi piacque molto». Da quella prima idea il Nidaba, nato come club underground in via Gola, nel tempo si è evoluto fino ad assumere oggi le sembianze di un live club americano, cresciuto grazie anche al contributo di tutti gli artisti che lo hanno frequentato: «Pur senza prevedere un biglietto d’ingresso ho da subito programmato ogni sera musica: il genere di riferimento, il blues, è stato col tempo arricchito da incursioni jazz, soul, funk, rock’n’roll, beat, reggae, swing fino alle jam session e persino spettacoli folk o di flamenco: nella scelta sono sempre attento ad artisti internazionali dall’appeal emozionante, anche quelli che apparentemente sembra che centrino poco con l’atmosfera del locale».

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Il basso autografato di Kim Brown

Come descrivere il Nidaba? «Se non ci siete mai entrati dovete immaginare un piccolo palco tra lucine e tavoli di legno in stile New Orleans in una sorta di raccolto “museo” con alle pareti poster, foto, magliette, gadgets, cimeli e persino strumenti degli artisti che hanno frequentato il locale, come ad esempio il basso di Kim Brown del trio americano Kim & The Cadillacs, famoso anche per aver composto la musica dei jingle del Drive In». Il Nidaba è un diventato un vero centro di aggregazione culturale soprattutto per la zona in cui si trova tanto che, probabilmente anche per questo motivo, gli è stato persino conferito l’Ambrogino d’oro nel 2016. «Non è sufficiente essere dei musicisti tecnicamente abili o sapere interpretare bene delle canzoni, per esibirsi al Nidaba l’importante è saper comunicare qualcosa di emotivamente significativo al pubblico. Per me musica dal vivo non significa “ascoltare qualcuno che sia bravo” ma essere coinvolti in un vero spettacolo di musica originale».

Max tiene a sottolineare quanto la sua programmazione sia costituita più che da concerti da veri e propri spettacoli: «La selezione qui è molto rigida ma non troverete mai virtuosi o generi estremi: quello che ci interessa è offrire veri spettacoli di professionisti che solitamente suonano in formazione con i grandi nomi della musica italiana e internazionale, come Michael Manring, allievo di Jaco Pastorius nonché uno dei migliori bassisti al mondo (ammicca). I live iniziano solitamente alle 22 e sono trasmessi anche in streaming sul sito». Il locale ha chiuso la scorsa settimana con l’ultimo concerto prima dell’estate e riaprirà martedì 25 settembre: «Darà inizio alla nuova stagione Willie Jay Laws, che è stato anche il primo artista americano a suonare al Nidaba, introdotto dall’amico Fabrizio Poggi dei Chicken Mambo, a sua volta icona italiana della musica blues e vincitore di un Grammy. Ricordo che quando attaccò a suonare la prima volta un signore tra il pubblico mi chiamò e mi chiese: tutti i giorni suona gente così qui?».

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Max Ricciardo e la moglie Barbara in posa all’interno del Nidaba Theatre

La clientela del locale, dai 18 ai 70 anni, è non a caso costituita in parte dalla frequentazione di molti musicisti internazionali noti e meno noti, oramai amici che vivono il Nidaba come casa loro: «C’è una dimensione molto familiare tra chi suona e chi viene ad ascoltare: per me è come facessi esibire per il pubblico degli ospiti nel salotto di casa». Ad esempio John Popper «che ascoltai per la prima volta nel 1996 grazie ad un amico che mi portò da New York una cassetta dei Blues Traveller e che poi, casi della vita, ho conosciuto di persona e ogni anno si esibisce qui», fino alla recente visita di James Heatfield: «Quando i Metallica hanno fatto tappa in Italia a febbraio Heatfield è venuto apposta al Nidaba con la figlia e altri amici. Quella sera suonava il trio swing dei Fratelli Marelli e gli è piaciuto molto: si è goduto il concerto senza essere infastidito. Quando a 13 anni comprai il primo disco dei Metallica mai avrei immaginato che un giorno lui avrebbe messo piede qui».

Anche se al Nibada si viene prevalentemente per “ascoltare spettacoli” non manca un buon beverage: «Il locale è piccolo e dunque, se è necessario consumare in abbondanza, la qualità deve essere buona: niente birre in bottiglia, solo alla spina ma di marca, come tutta la bottiglieria per i classici cocktail». Cosa è cambiato in più di vent’anni di attività? «Prevalentemente la comunicazione: un tempo se volevi essere informato sulla programmazione di un locale c’erano i quotidiani e per conoscere un artista si compravano dischi, cassette e riviste. Ogni locale aveva una certa fama e la gente era più disposta forse a “rischiare” di passare una serata piacevole anche senza conoscere bene un artista, quasi come il gestore. Non c’era ancora YouTube ma più voglia di scoprire gli artisti di persona sul palco che davanti ad uno schermo (sorride)».

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Luca Cecchelli
Luca Cecchelli
Giornalista, laureato in linguistica italiana e da sempre curioso indagatore dei diversi aspetti del mondo dello spettacolo. Conduttore radiofonico e collaboratore per diverse testate e rubriche di teatro e musica, svolge parallelamente l’attività di ufficio stampa e comunicazione. Spettatore critico e melomane, è assiduo frequentatore di platee e sale da concerto oltreché batterista per passione e scrittore. Quello che ama di più però è scovare nei libri o in originali incontri e testimonianze retroscena culturali della storia della musica e incredibili aneddoti rock, di cui in particolare è appassionato conoscitore.
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