La storia della disco dance italiana, un patrimonio artistico che ha influenzato il mondo, è iniziata da New Music Internazional di Pippo Landro. Una pietra miliare.
Era il 1986 quando venne fondata New Music International da Pippo Landro, un vero esperto della disco dance, il quale, grazie alla sua passione, ha iniziato prima a importare i dischi dall’estero e poi a produrre successi che hanno fatto il giro del pianeta, influenzando generazioni di musicisti e ascoltatori. Una delle hit più comprate e ballate in pista è stata Can’t Take My Eyes Off You di Gloria Gaynor, della quale Pippo ha voluto raccontarci un aneddoto singolare nel corso del viaggio alla scoperta della sua etichetta. Dalle sue parole traspare l’amore per la copia fisica, dovuto all’esperienza diretta durante il boom della discografia. C’è una nostalgia romantica dell’ascolto tramite puntina e hi-fi, sul divano di casa con gli amici o nella pista da ballo il sabato pomeriggio. New Music International è una storia che merita di essere raccontata.
Come nasce New Music International?
Tutto è iniziato dallo storico Bazaar di Pippo, negozio di dischi di Viale Tunisia a Milano, nel quale veniva importata musica dall’estero. Nel 1986 siamo diventati distributori ed etichetta discografica. Facevamo dei veri successi con l’importazione, uno tra tanti Born To Be Alive di Patrick Hernandez, che importammo dalla Francia o Bamboleo dei Gipsy King. Tutti i giorni arrivavano novità dall’Europa, dall’Inghilterra e dagli Stati Uniti.
Come riuscivate a scovarli?
Avevamo informazioni dirette dall’estero, a volte ascoltavamo i dischi anche per telefono. Poi guardavamo le classifiche.
Quanto ha influito New Music International nella creazione dell’italo disco, esportata in tutto il mondo da personaggi come Giorgio Moroder?
È proprio dai successi importati dai noi, girati alle radio (105, Radio Milano International e altre), che nacque il boom della dance in Italia, diretto alle classifiche di tutto il mondo. Questo durò fino al 2005, quando le radio smisero di passare i pezzi dance italiani, a favore di quelli esteri.
Oggi, quindi, qual è la linea artistica dell’etichetta?
Noi continuiamo a produrre made in Italy, non ci occupiamo più prettamente di dance, ma anche di pop italiano. I Modà sono stati il nostro primo prodotto in veste pop. Successivamente Paolo Belli, gli Studio Tre e tantissimi altri.
Ci sarà sicuramente almeno un aneddo storico da ricordare.
Mi viene in mente Gloria Gaynor. L’abbiamo contattata e incontrata a Parigi per remixare i suoi successi negli anni ’90. Dovevamo fare un disco, Can’t Take My Eyes Off You, era della Boys Town Gang. Le dissi: “Gloria, devi farlo tu, sarà un successo mondiale”, lei non voleva categoricamente e io insistetti, doveva farlo per forza. Così si mise a piangere e litigammo. In albergo si fece convincere a cantare questo pezzo e da quel momento il ritornello: “I love you, baby” divenne uno dei suoi più grandi successi nel mondo. 11 milioni di copie vendute.
Come lei anche How Gee dei Black Machine, 8 milioni di copie in tutto il mondo.
Dischi fisici che venivano fatturati, passati sullo scanner e dichiarati come venduti. Per quello esisteva una “classifica dei dischi più venduti”, non dei dischi più ascoltati come accade oggi.
In altre interviste della rubrica Etichette361 è emerso che una colpa del cambiamento del mercato è da attribuire ai media, in concreto alle radio, che a un certo punto hanno smesso di fare scelte qualitative, a favore degli interessi privati. Sei d’accordo?
Si, è stata una battaglia che ho portato avanti per tanti anni, quando ho visto che le radio stavano entrando nel business come editori. Lì ho pensato fosse la fine. Le radio, avendo diversi interessi, avrebbero passato maggiormente i loro pezzi o quelli inerenti al loro circuito. Invece un tempo i deejay passavano ciò che reputavano giusto ascoltare. Oggi il marketing, la programmazione musicale, non permette più di scegliere un disco qualunque. Un dj annuncia il disco che trova in scaletta, indipendentemente dalla qualità del prodotto.
Abbiamo parlato di vendite di dischi, oggi il formato CD è alla fine della sua era e il mercato gira intorno agli ascolti in streaming. È una situazione positiva?
Sono felice di aver vissuto il boom discografico, abbiamo visto le vere vendite dei dischi, l’avvento del digitale e di internet. Adesso i CD non si stampano quasi più. Lo streaming è il male, non capirò mai come si fa a considerare un disco, che viene solo ascoltato (marca questa parola con la voce, nda), il più venduto. È sbagliato. È anche vero che oggi è possibile comprare dischi da tutto il mondo, un tempo bisognava necessariamente spedirli.
In conclusione, un’informazione per gli artisti che vorrebbero contattare New Music International. Qual è la modalità attraverso la quale ricevete nuove demo?
Gli artisti possono inviarci le loro demo a mp3@newmusic.it. Rispondiamo quando capiamo di essere interessati. Oggi il mercato è cambiato molto. I costi di promozione sono minori rispetto a quelli di un tempo, mentre quelli di produzione sono rimasti pressoché simili. Per avere un prodotto di qualità è necessario investire, anche se oggi molti artisti, possedendo meno budget, cercano di risparmiare. Un tempo era necessario pagare più strumentisti per realizzare un disco, il chè alzava i prezzi. Ora posso utilizzare il computer per risparmiare sul budget, ma non è la stessa cosa. Inviateci le vostre demo, noi ascoltiamo tutto e valutiamo ogni prodotto.