Si chiama MIA – Musica Indipendente Associata – la nuova associazione di categoria a tutela di etichette, produttori e distributori musicali, che punta a una rivoluzione del mercato nella tutela dei diritti e della trasparenza.
La digitalizzazione ha coinvolto tutti i settori, in particolar modo il mercato musicale. Tutto ridotto a numeri e a connessioni veloci, un continuo scambio di flussi di dati. È difficile seguire il cambiamento di un mondo che viaggia a questa velocità, per questo motivo servono organi che si occupino di informare, formare e agire a favore della tutela dell’arte.
Questo è uno dei punti cardine della neonata MIA – Musica Indipendente Associata, che porta con sé un’aria rivoluzionaria. Tra i grandi temi trattati la rendicontazione analitica delle riproduzioni dei brani (a discapito della forfettaria), l’inserimento di tutti i servizi digitali nelle classifiche ufficiali e la richiesta di spazi ben definiti per gli indipendenti su media (e nuovi media) di rilievo nazionale. Maggiore trasparenza e meritocrazia. Ne abbiamo parlato con il presidente Federico Montesanto.
Come e perché è nato il MIA?
MIA nasce dall’esigenza di tutelare e rappresentare gli interessi dei produttori fonografici, etichette discografiche e distributori musicali, sempre più specifici in questo attuale contesto di mercato. All’inizio eravamo un piccolo gruppo di aziende, che hanno sin da subito deciso di non definirsi fondatori, anche a livello statutario, e questo proprio per dare un segnale molto chiaro in termini di uguaglianza di diritti e di rappresentanza tra associati. La sfida che vogliamo cogliere, nell’interesse dei nostri associati, si inserisce nel mercato attuale, sempre e più inesorabilmente caratterizzato dallo streaming. Credo che quello che stiamo affrontando, sia un vero e proprio momento epocale di passaggio, molto diverso da quelli precedenti, che hanno visto al più un cambio di supporto, mentre oggi è in discussione l’intero modello di business. Se ci si pensa, sin dalla sua nascita la discografia ha sempre e solo fatto la stessa cosa, vendere i dischi, mentre oggi il modello di business si sta spostando sempre di più verso la fruizione della musica e quindi anche verso forme di retribuzione alternative alla vendita e caratterizzate semmai da logiche di gestione del data flow (flusso di dati, nda) e di creazione del valore derivante proprio da questa gestione. In questo scenario attuale, abbiamo ad esempio riscontrato una serie di criticità che stanno interessando il nostro settore, in particolare quello degli indipendenti, e crediamo che sia sempre di più necessario, nell’interesse del settore, informare e favorire il dialogo.
Hai citato un importante cambiamento del mercato, conseguenza del processo di digitalizzazione dell’industria. Qual è il ruolo di MIA in tutto ciò?
Innanzitutto favorire il confronto costruttivo nel settore e con le istituzioni, anche al fine di sviluppare quegli strumenti normativi dei quali avremmo necessità per poter affrontare, con successo, l’attuale scenario di mercato. Detto questo è importante chiarire che sebbene il mercato sia già oggi principalmente caratterizzato dallo streaming ed in generale dal digitale, MIA si interessa attivamente anche degli interessi di tutta quella consistente fetta di aziende che ancora sviluppano un business legato al supporto fisico e quindi, anche a tutto ciò che da questo ne consegue in termini di criteri di ripartizione dei diritti. MIA inoltre si fonda su un concetto molto semplice, che è quello del dialogo costruttivo senza pregiudizio ed in tal senso il suo interesse è quello di favorire con la propria attività, l’incontro fra quelle parti trasversali che magari a volte in passato si sono scontrate, ma che oggi hanno necessariamente esigenza di incontrarsi e dialogare se vogliono arrivare a delle soluzioni condivise.
Restando in tema digitalizzazione, in un mercato così veloce sembra ancora difficile monitorare i reali passaggi delle canzoni sulle diverse piattaforme e media. Anche questo è un punto sul quale lavorerà MIA?
Il problema non si presenta quasi mai, se non nei limiti statisticamente tollerabili di pochissimi falsi positivi, nelle rendicontazioni dei DSP (Digital Service Provider), mentre invece è un annoso problema se rapportato alle utilizzazioni musicali. Un problema però che oggi, nel 2018, può e deve essere affrontato e risolto.
L’agenda di MIA non a caso, comprende tra i suoi obiettivi il riconoscimento del dovuto per ciascun titolare, attraverso la massima diffusione della rendicontazione analitica delle utilizzazioni musicali, grazie alla diffusione di sistemi di riconoscimento automatico basate su tecnologie di audio-fingerprinting, che devono tuttavia essere opportunamente supportate da competenze professionali specifiche, per poter fornire rendicontazioni davvero precise e complete. Il tema è molto complesso ma la sua buona prassi è indispensabile per la prosperità della categoria.
Questo rivoluzionerebbe davvero il mercato.
Più che una rivoluzione, sarebbe un adeguarsi a quegli standard internazionali oramai applicati in molti altri paesi. Oggi sono troppi i milioni di euro che ogni anno vengono ripartiti in maniera forfettaria o peggio con criteri opinabili, e chiaramente questo scenario rischia spesso di favorire i più forti.
Quindi sottolineiamo che MIA ha già il modello pronto.
L’infrastruttura già c’è, da tempo. MIA ha deciso di produrre un apposito studio che fornisca un quadro esauriente delle reali possibilità di produrre rendiconti affidabili, attraverso la standardizzazione dei modelli di interscambio delle informazioni tra Utilizzatori e Società di Collecting. In tal senso la nostra associazione, assistita da LA COSA S.r.l., società che da quasi 25 anni opera nel settore della rendicontazione dei diritti musicali, ha già da qualche mese intrapreso l’iniziativa volta a dotare il mercato di questi standard, a partire dal settore Broadcast ed ha già invitato i principali soggetti che operano in questo comparto, a fornire le informazioni necessarie per definire il tracciato standard ottimale per la rendicontazione dei diritti connessi fonografici e condividerlo con tutti gli attori, partendo proprio dalle Società di Collecting.
Quali sono gli altri punti che porterà avanti l’associazione?
Una maggiore trasparenza nei criteri di rilevazione dei dati ufficiali del consumo di musica in Italia e nell’attribuzione del market share degli indipendenti e l’introduzione di una classifica musicale “a valore” che includa tutti i principali servizi digitali capaci di generare ricavi.
Oggi sicuramente lo streaming ha un ruolo fondamentale nell’indicizzazione degli ascolti agli ascoltatori. In particolare chi popola determinate playlist è “automaticamente” sulla cresta dell’onda. Anche in questo sarebbe necessaria più trasparenza, a meno che non ci sia un criterio meritocratico di ingresso nelle playlist.
In termini di indicizzazione va detto che l’algoritmo che propone le novità all’ascoltatore, in base alle sue preferenze singole, è molto migliorato e continuerà a svilupparsi. E questo è molto positivo. Sulle playlist però il discorso è molto più complesso ed articolato, sebbene fondamentale visto quanto sono determinanti nel far performare determinati brani al posto di altri. L’inserimento nelle playlist più importanti è sicuramente caratterizzato da diversi fattori, alcuni anche meritocratici poiché basati su specifici criteri di rilevazione degli streaming o anche della viralità, in altri casi però è ancora troppo spesso vincolato a scelte “editoriali” che di editoriale hanno poco. In tal senso riteniamo abbastanza pacifico che, se ad esempio per essere inserito in una delle playlist importanti, ci si debba rivolgere ad una multinazionale o a quelle poche altre società, quasi sempre le stesse ed in alcuni casi da queste possedute, allora forse un problema esiste e se ne dovrebbe discutere serenamente. Perché gli indipendenti, che pure generano insieme dei numeri estremamente significativi, si ritrovano poi ad essere cosi sotto esposti? Noi crediamo che la creazione del valore non possa partire dalla distruzione del valore di un altro, ma dalla creazione di un ecosistema che garantisca parità di accesso al mercato ed agli spazi in ragione di criteri meritocratici, perché no? Magari anche basati sulla market share reale.
Quali sono i prossimi appuntamenti dell’associazione?
Il 23 novembre alle 14.30, presso la Palazzina Liberty di Milano, ci sarà il nostro primo evento ad invito: La musica è di tutti, la musica è MIA che vedrà coinvolte diverse personalità del nostro settore e delle istituzioni e che, grazie al Comune di Milano, ha avuto l’onore di essere inserito nella prestigiosa cornice della Milano Music Week.
In conclusione, come è possibile iscriversi all’associazione?
È molto semplice. Come Associati Effettivi possono iscriversi produttori fonografici, etichette discografiche e distributori musicali. Come Associati Aggregati, anche enti, associazioni o società di collecting, che condividono i nostri obiettivi. Sul sito del MIA è possibile prendere visione dello Statuto e dei Regolamenti ed è possibile scaricare la domanda di iscrizione, che andrà compilata ed inviata al Consiglio Direttivo all’indirizzo del direttivo direttivo@musicaindipendenteassociata.org.