Andiamo oltre allo show. Cosa accade quando i cantanti scendono dal palco dell’Ariston? È tutto in mano ai team delle etichette discografiche.
Il Festival di Sanremo, agli occhi dello spettatore, è una competizione tra artisti sull’abilità di comporre e cantare una canzone italiana. Ovviamente è molto di più. Per la città è il periodo in cui “fare da formica” e trarre profitto dal proprio territorio. Per tutti gli operatori del settore è un polo mediatico, il paese dei balocchi della musica. Ogni cantante in gara ha alle sue spalle un team discografico che vive, in parallelo, una settimana da 18 ore di lavoro al giorno. E quella settimana è solo la ciliegina sulla torta di un planning durato mesi, tra perplessità e tensioni, che potrebbe tradursi in un successo o in un completo disastro in base all’esito della canzone presentata. Per questi motivi sarebbe riduttivo pensare al Festival soltanto come una competizione tra artisti. È giusto raccontare cosa accade dietro le quinte e quale sia il ruolo del mondo della discografia: un settore in cambiamento perpetuo, che ha mutato anche il rapporto con la kermesse nel corso della sua storia.
Ad aiutarci in questo compito una donna che ha maturato un’esperienza ventennale da discografica e da giornalista, Monica Landro: “La discografia è fondamentale, è un team di lavoro che fa da supporto all’artista a riflettori spenti e prima di salire sul palco. Un cantante che sta per esibirsi al Festival rimane nella Green Room dell’Ariston (dal pavimento verde) e attende, insieme ai propri discografici, di essere chiamato. Il ruolo di chi affianca gli artisti è quello di farli sentire tutelati, in pace con se stessi. Questo vale per tutti i contesti, compresi i concerti. La squadra è determinante. Un esempio: l’anno in cui Elisa vinse Sanremo con Luce, io ebbi la netta sensazione di vedere un team di lavoro talmente coeso, stabile e strutturato da essere stato la chiave di tutto. La canzone era bellissima, ma quello non basta“.
Il Festival di Sanremo è una macchina da milioni di euro che lavora giorno e notte. Un punto di vista da considerare è il budget. Sarebbe ingenuo pensare che un artista, per quanto importante sia il suo status, non abbia dei costi da ammortizzare. Senza un piano delle spese, con un’ingente copertura, sarebbe impossibile fronteggiare questa settimana. Parliamo di decine di migliaia di euro per ogni voce sul palco, senza considerare la produzione dell’album legato alla canzone in gara e del videoclip ad essa associato: “Una volta i discografici venivano contattati dal Comune di Sanremo e si affittava un palo della luce sul quale appendere la foto del cantante in gara. Quando le persone arrivavano per le vie, vedevano i lampioni colmi di tutti gli artisti. Oggi non è più a budget questo tipo di operazione, mentre un tempo, se non la facevi, avresti perso in comunicazione e credibilità. Stiamo parlando di un periodo in cui le spese rientravano grazie alle vendite dei dischi. Oggi questo non si può più dire.”
Il palco dell’Ariston è una vetrina da quasi 50% di share (10 milioni di spettatori circa) a sera. Può segnare in maniera positiva e negativa la carriera dei partecipanti, a partire dai conduttori. Questo è un forte boost sulla visibilità di un progetto artistico, ma, escludendo la vittoria, non costituisce necessariamente una base su cui ampliare gli ascolti del proprio disco e la propria fanbase. Per lavorare in quella direzione, il team di un’etichetta discografica organizza, con mesi d’anticipo, la settimana sanremese, tramite la calendarizzazione delle conferenze stampa, le interviste, gli showcase e le azioni di marketing: “Il planning degli incontri è necessario farlo in anticipo per non farsi colpire dall’ondata di impegni. Vengono presi accordi con i network nazionali (tv e radio), successivamente spalmati nel corso della kermesse. È chiaro che, quando sei lì, si creano delle dinamiche che spostano gli equilibri, come nel caso di uno sfavorito che diventa favorito. A quel punto gli impegni aumentano e l’artista viene cercato molto di più. Ci sono delle radio regionali, che nel proprio territorio hanno più ascolti dei network, le quali entrano nel planning. A perderci sono le realtà private più piccole, soprattutto in un Festival come questo dove non ci sono le Nuove Proposte, artisti più semplici da reperire per le interviste. La discografia si dà da fare per andare incontro a coloro che lavorano nella Sala Stampa del Palafiori, organizzando delle round-table negli hotel a cui possono partecipare più giornalisti di realtà minori.
Ci si potrebbe chiedere se la competizione sia reale oppure se sia architettata solo per la promozione discografica. Anche su questo Monica Landro è stata molto chiara: “Il senso competitivo non si perde mai. Non dimentichiamoci che chi vince resta nella storia. Il secondo e il terzo posto no. Chiunque fa una gara vuole vincere, capita che ci sia qualcuno che dica di non farci caso, ma un posto negli annali interessa a tutti. C’è anche da dire che oggi il Festival non è più l’unica vetrina. Si può fare un grande successo senza passare da lì. Uno su tutti, anche se a me non piace, è Salmo. Devo riconoscere che i suoi concerti sono più seguiti di alcuni artisti che tutti gli anni presenziano a Sanremo. Dipende dal percorso discografico”.