La grande passione per la musica, la cura del dettaglio e lo stupore del lettore.
Questa settimana abbiamo incontrato Francesco “Fuzz” Pascoletti, caporedattore, editore, fondatore di Classix e Classix Matal. Si occupa della ricerca fotografica, decide quali sono i pezzi, contatta le etichette, uffici stampa e promoter …pulisce per terra, fa il caffè e i panini e alla sera chiude la porta.
“Sono cresciuto con le riviste internazionali. A scuola ho studiato francese e ho imparato l’inglese traducendomi le riviste rock inglesi e americane che compravo nelle edicole di Roma. Leggo molto la stampa britannica apprezzando molto il loro stile, quello del giornalista che entra nel personale e che utilizza sempre quella buona dose di humor, che decontestualizza e sdrammatizza il rock che in Italia ha sempre avuto un approccio troppo intellettuale”.
Tipologia:
Rivista cartacea; è pressoché impossibile una forma web per articoli che spesso sono fatti anche di venti pagine e contengono cinquanta foto. Il nostro lettore ama conservare le nostre riviste che vengono collezionate e rilette. I nostri arretrati sono molto ricercati e infatti molti sono ormai esauriti.
Periodicità:
Classix e Classix Metal dovrebbero essere bimestrali, alternandosi fra loro; il condizionale è d’obbligo perché siamo pazzi scriteriati che giocano con le aspettative dei lettori e con la distribuzione. Capita che si cambi in corsa una copertina a due giorni dalla messa in stampa o che il timone venga modificato all’ultimo secondo dall’arrivo di un articolo che vogliamo assolutamente proporre ai nostri lettori. A volte ci sono troppi dischi da recensire, altre volte davvero non sappiamo cosa far slittare al prossimo mese; più volte abbiamo portato in stampa numeri “specali” di 120 pagine anziché 96. Ma i nostri lettori sono affezionati e pazienti e sanno che la redazione lavora per loro e per tenere sempre alto il loro interesse.
A quale pubblico si rivolge?
Il nostro pubblico è fatto di lettori che hanno intenzione di approfondire. Li abbiamo educati bene a leggere articoli completi e approfonditi, ricchi di dettagli e dove sono anche e soprattutto gli artisti a parlare.
Che spazio viene dato alla musica?
Ovviamente sono riviste musicali, quindi tutto è dato alla musica. Classix, nel tempo, ha presentato varie rubriche extra musicali che piacciono molto: su “Terrorvision” parliamo di cinema dimenticato e di quello da riscoprire. Una rubrica è intitolata “Reliquie”: oggetti o mode del passato che hanno rappresentato un periodo. In ultima pagina si parla di musica trash, inascoltabile, di canzoni pornografiche e di tutte quelle sfumature non propriamente di nostro primo interesse.
Musica di tutti i generi o qualche genere in particolare?
Il motto di Classix è “la rivista del vecchio e nuovo classic rock”, ma con una predilezione per il vecchio. Non ci dimentichiamo dei gruppi di oggi che sanno recuperare quella lezione senza scimmiottarla: quelli che la portano avanti, oppure non la portano avanti per niente, ma ci danno sensazioni fantastiche con il loro Rock, Hard Rock, Progressive, Psichedelia, Rock Blues, su Classix. Su Classix Metal: Old e New Hard Rock and Heavy Metal.
Perché avete scelto di trattare solo la musica italiana o internazionale o perché entrambe?
Non abbiamo nessun preconcetto; su Classix come su Classix Metal c’è sempre spazio per la musica italiana. Su ogni numero di Classix Metal abbiamo uno spazio riservato alla storia approfondita di una band italiana, anche perché il Metal italiano ha prodotto tanto. Cose geniali e ingenue, ottime ma magari non prodotte al livello di quelle internazionali, per i soliti noti problemi di studi di registrazione non attrezzati, produttori incompetenti o etichette improvvisate.
Il nostro palcoscenico è il mondo: non abbiamo confini e la nostra attenzione arriva fino al rock dei paesi dell’est europe, a quello giapponese o australiano.
Come si esprime l’unicità della testata? Quali caratteristiche la rendono unica?
Siamo stati i primi in Italia a parlare del Rock del passato usando parole, ora abusate, come vintage, retrò o classic.
L’unicità è data dall’avere una visione che parte dal passato per arrivare ad oggi, staccandoci da quel consumismo di chi recensisce oggi mille dischi che domani sono già dimenticati. Non diamo copertine ad artisti perché sono in uscita con un disco o una ristampe e se succede… è casuale! Dedichiamo ampio spazio ai nostri articoli, cosa oggi rara, visto che oltre le 4 pagine moltissimi davvero non vanno e pesano di aver detto tutto in quello spazio. Il supporto fotografico è importantissimo, fatto di immagini, spesso rare, spesso bizzarre, che catturano gli artisti agli esordi, in formazioni ormai dimenticate, dove magari non appaiono con quello status da rockstar che hanno oggi
Da quando esiste la testata?
Classix dal 2003 e Classix Metal dal 2007.
Come definiresti la vostra immagine e l’impostazione grafica?
Decisamente unica. Come accennato prima, il lavoro di ricerca fotografica va di pari passo all’impostazione e all’elaborazione dei testi. Io, che mi occupo anche della ricerca fotografica, a volte sono assorbito completamente dalla ricerca di una fotografia per giorni e giorni. Addirittura me le vado a scovare poi negli album di famiglia o in collezioni private, scegliendole tra quelle meno viste e meno scontate. La nostra impostazione grafica è decisamente curata con aperture a doppia pagina e titoli che diventano parte integrante dell’aspetto grafico dei pezzi.
La grafica deve essere all’altezza degli articoli e dei personaggi trattati.
Qual è stato il percorso di crescita?
Parte dal 2003 e dal 2007 per Classix Metal anche se tutto si radica già dal passato quando i redattori di Calssix erano già attivi. La nostra storia è stata piuttosto travagliata; abbiamo cambiato quattro editori in questi anni fin tanto che abbiamo trovato la quadra. Ci siamo editati da soli e da lì sono cambiate le cose. Possiamo dire di aver vissuto in pieno la crisi dell’editoria.
Quanto pesano per voi i social?
Come direbbe mia figlia, noi siamo dei “vecchietti” perché usiamo moltissimo Facebook, che per il nostro tipo di lettori ci consente l’uso di maggiore espressione, con maggiori “righe”. Non potremmo mai usare Twitter, anche se ci abbiamo provato. Quando andiamo ai concerti pubblichiamo delle foto e quindi usiamo Instagram.
La nostra divulgazione è Facebook, ambiente dove talvolta si vedono numeri pazzeschi di follower ma nella realtà, situazioni che non rendono neanche dal punto di vista economico. Noi non abbiamo i miliardi di follower su Facebook (stiamo arrivando ai 9000) ma sono reali lettori che ci seguono con attenzione.
Tutti i nostri follower hanno un’altissima visibilità: chi ci segue è interessato a noi.
Che rapporto avete con gli uffici stampa?
Tieni conto che siamo dei sopravvissuti; chi ha iniziato a scrivere di musica, quando ho iniziato io (inizio anni 90) e lo fa ancora oggi, siamo rimasti pochissimi. Tra Case discografiche e uffici stampa, promoter e distributori, c’è chi è rimasto attivo e chi invece ha preferito cambiare vita. E’ oggi un rapporto di amicizia e di rispetto. Dove non è mai schioccata la scintilla, non arriverà mai… Oggi abbiamo un rapporto diretto con molte etichette internazionali: prima si passava sempre dal filtro del distributore o del promoter italiano.
Esiste ancora la concorrenza tra le testate? Se sì, come superarla?
La concorrenza è giusto che ci sia, ma poi, che cos’è la concorrenza? Io sto facendo il mio percorso, quello che reputo mio e originale. Perché mai dovrei temere i concorrenti sulla mia strada?
Un modo per superare la concorrenza è non pensare alla concorrenza.
Non ho assolutamente tempo per seguire le riviste concorrenti. Non me ne occupo e vivo molto felice. Altra cosa è non crearsi concorrenza se consapevoli di avere un progetto unico e originale.