Quando la musica aiuta a raccontate quello che spesso non si può dire a parole.
Intervista a Marco Raspanti (sceneggiatore)
“La musica aiuta a raccontare quello che spesso non si può dire a parole. Riesce a tirare fuori emozioni indescrivibili”
Una perfetta chimica si fonde tra la musica e scrittura. Non solo perché spesso i brani musicali sono accompagnati da un testo. Ma anche quando nascono singolarmente, nel momento in cui si incontrano creano qualcosa di sensazionale, al punto che l’una non può fare a meno dell’altra, come in una perfetta storia d’amore.
Quando si scrive, d’altronde, si pesca nel nostro profondo, in quello che ci piace pensare e dalla nostra essenza e così vale anche nella musica. Attraverso uno strumento o grazie alla propria voce si dà sfogo a una parte di noi.
Ma come in tutte le relazioni non è mai così facile raccontarlo. Ho voluto approfondire questo rapporto insieme a un giovane scrittore e sceneggiatore. Marco Raspanti, uno dei componenti del collettivo Grams. Sono Conosciuti per “Baby”. Una delle prime serie italiane prodotta da Netflix e che ha spopolato sulla nota piattaforma americana.
Ciao Marco, raccontaci di questa avventura.
Com’è nato il collettivo?
A farci incontrare è stata una serie di coincidenze. Tutto è iniziato quando ho conosciuto Antonio e Re alla Scuola d’arte cinematografica Gian Maria Volonté. Loro due avevano già in mente di formare un collettivo di giovani autori con l’intento di portare della buona scrittura in Italia. Così, dopo qualche anno in cui ognuno di noi ha avuto varie esperienze lavorative e abbiamo conosciuto anche Eleonora e Giacomo. Eleonora l’ho vista la prima volta a un corso di sceneggiatura. Di Giacomo invece ne avevo sentito parlare per via del suo libro e quando ci siamo visti tutti insieme è nata subito una bella sintonia. Ci siamo uniti e abbiamo fatto nascere Grams.
Quindi si può dire che la vostra formazione è stata come quella di una band musicale?
Diciamo di sì. Come in tutti i gruppi musicali, ognuno ha il suo strumento che rappresenta il suo punto di forza e lo rispecchia. Sai, nella scrittura come nella musica ci sono infiniti linguaggi che si fondono e si trasformano in emozioni che ciascuno di noi vive. Poi grazie alla sinergia di più persone tutto questo ha una maggiore intensità.
Correggimi se sbaglio, ho letto anche che ognuno di voi ha in qualche modo un legame con la musica. Il tuo qual è?
No, non ti sbagli. Durante il periodo del liceo ho iniziato a suonare la batteria, avevo messo su anche una band insieme ai miei amici. Le nostre prime esibizioni sono state nei concerti di fine anno della scuola, sino ad arrivare a suonare in qualche localetto romano, ci divertivamo molto. Anche se la maggior parte delle volte il nostro pubblico era formato da amici e parenti era sempre una grande emozione per me. E poi Anche i Grams hanno suonato insieme!
E com’è stato?
Una ficata. Me lo ricordo come se fosse ieri. Il 25 luglio di tre anni fa ho organizzato un compleanno a sorpresa. Lei non mi ha sentito suonare spesso, così ho pensato potesse essere una parte della sorpresa una nostra performance. La cosa divertente è che la location era su una terrazza condominiale, quindi oltre ad avere il nostro pubblico di amici avevamo i vicini affacciati alle finestre, un po’ come i Beatles. Sai siamo fortunati, perché oltre a lavorare insieme abbiamo anche un bel rapporto d’amicizia.
Quanto è importante per te la musica nella scrittura?
Direi fondamentale, soprattutto in alcune scene. Mi viene in mente in Baby, quando Chiara e Damiano vorrebbero scriversi ma non lo fanno. Per sottolineare la sensazione di malessere dei personaggi, abbiamo deciso di inserire un montaggio musicale per creare una perfetta intimità. La musica è un linguaggio non verbale molto potente, aiuta a scandire le emozioni dentro un racconto e ad allacciare i pensieri dei personaggi.
C’è un brano di Baby a cui sei particolarmente affezionato?
Si. Dark Side di Bishop Briggs. È stata inserita in una scena molto significativa del racconto, quando Chiara viene spinta in acqua dalla sua rivale. Quando è ancora sott’acqua e ha paura di riemergere parte il brano musicale. È così che nasce Emma, il suo alter ego. Emerge così il suo lato oscuro e quando esce dalla piscina ormai è una persona nuova. L’acqua simboleggia una rinascita, un cambiamento profondo e irreversibile e abbinata a questo brano è stato di grande impatto. Incredibile, è proprio così che ce lo eravamo immaginato!
Nella scelta delle musiche come vi siete comportati. Avete dato voi alcuni spunti?
Un’indicazione la diamo sempre quando scriviamo. Ovviamente poi sta anche al regista scegliere. Nel caso di Baby, insieme ad Andrea De Sica, è stato bello vedere come sia riuscito ad afferrare a pieno la vera essenza del racconto anche attraverso la scelta musicale, per noi questo ha significato molto. Inoltre, grazie a Yakamoto Kotzuga che è l’artista che ha ideato le colonne sonore, è riuscito a cogliere in pieno tutte le sfaccettature e le atmosfere. La sua musica ha portato un valore aggiunto non indifferente a tutta la serie.
È magnifico quando ci si capisce così un po’ come Morricone e Leone per citare due grandi maestri.
Siamo stati fortunati ad aver lavorato con persone che hanno una grande sensibilità artistica. Ognuno ha messo il proprio per rappresentare al meglio.
Nonostante la tua giovane età, com’è stato entrare nel mondo di questa nuova generazione di teenager?
Eccitante, ma non ti nego che non è stato sempre facile. Si, nonostante la mia giovane età, ogni generazione è a sé. Abbiamo fatto un grande lavoro di ricerca. Io ovviamente da adolescente ascoltavo un genere diverso come i Blink 182 e i Muse, ora va molto trap. Però mi sono sorpreso di vedere come ho rivalutato gruppi come la Dark Polo Gang. Infatti abbiamo utilizzato un loro pezzo “Splash” nella serie. Nella scena in cui Brando e Nicolo nel cuore della notte compiono la bravata di spruzzare il liquido di un estintore contro delle prostitute. Questo senso di squallore e ribellione di una noia dettata dalla routine si amplifica grazie al pezzo musicale.
Gli artisti trap tendono sempre a raccontare un’ostentazione di una ricchezza, per suscitare e tirare fuori sempre nuove sensazioni. Credo che oggi i giovani, oltre al desiderio di realizzare bella musica, sono concentrati molto sul testo e la composizione delle parole, proprio come faccio io. Cambiano i modi e le strutture, ma i fini sono sempre gli stessi, raccontare e creare sempre suggestioni e nuovi stimoli.
Articolo a cura di Melissa Brucculeri