Marco Spoletini: professione Montatore Cinematografico

 Marco Spoletini, pluripremiato:  due David di Donatello, due Nastro d’Argento e tre Ciak d’Oro

La creazione di un film è l’insieme di applicazioni tecniche che rende reale l’immaginario artistico dell’autore.

Se alla base del linguaggio cinematografico troviamo l’inquadratura, la scena e la sequenza, dall’altra, il contributo del montaggio rende tutte queste componenti piene di senso narrativo attraverso l’accostamento di varie scene.

Il ruolo del montaggio conferisce alla rappresentazione cinematografica significato e logica del racconto.

Marco Spoletini: professione Montatore Cinematografico
Marco Spoletini con il team di lavoro per il film di Matteo Garrone

Ma non solo, mette insieme scene e frammenti a volte distanti tra loro, così da guidare lo spettatore verso un percorso visivo.

Un’affinità tra questo mestiere e la musica è il tempo, perché come in uno spartito il montatore è colui che scandisce una sequenza all’interno di un racconto cosi da trasmettere emozioni allo spettatore.

Ho avuto il grande piacere di intervistare uno dei più noti montatori del panorama italiano: Marco Spoletini.

Un grande professionista pieno di sensibilità e disponibilità.

Trent’anni di carriera che lo hanno portato a lavorare con moltissimi registi noti, uno tra questi Matteo Garrone.

Pluripremiato con due David di Donatello come migliori montatore, nel 2009 per Gomorra e nel 2019 con Dogman, due Nastro D’Argento e tre Ciak d’Oro.

Come ti sei avvicinato al mestiere del montatore?

Diciamo che nasce un po’ per caso. Ho frequentato l’Istituto Rossellini di Roma.

Dopo essere stato bocciato all’esame di operatore ho scelto la sezione di montaggio per non perdere l’anno, e con grande sorpresa ho scoperto che era il ruolo che mi appassionava di più.

Così, mi sono diplomato come montatore Cinematografico, subito dopo ho fatto domanda al Centro Sperimentale di Roma, accolta con successo.

Da qui si sono consolidate le mie basi tecniche.

Inoltre mi entusiasmava l’idea del “montautore” come dico io, che con il suo contributo dà vita al racconto.

Il mio ruolo per certi versi, è quello di uno spettatore interattivo, che riesce ad agire sulla materia e deve essere anche convinto emotivamente del materiale che ha a disposizione.

La tua carriera è molto vasta, ma ho visto che hai lavorato su tutti i film di Garrone?

Si, con Garrone ho lavorato su tutti i suoi film, sono un collaboratore storico.

Abbiamo condiviso veramente molto insieme, partendo dai suoi primi cortometraggi in cui eravamo tutti un po’ alla ricerca di una personalità.

Siamo cresciuti passo dopo passo, fino ad arrivare a grandi traguardi come Gomorra.

Raccontami di più di Gomorra. Com’è stato anche il rapporto con il lavoro del montaggio sonoro?

Gomorra sicuramente è un film con una struttura molto complessa.

Essendo un racconto di più storie che si intrecciano, questo infatti, è stato un elemento che ha reso articolata la creazione narrativa. rispetto ad un film come Dogman.

Parto da una piccola premessa, io a volte sono molto istintivo e senza tante regole matematiche.

Ma nonostante questo, ho scoperto che il montaggio ha una metrica che si avvicina molto alla musica anche quando questa non c’è, ad esempio proprio come in Gomorra.

Dove non è presente una colonna sonora, ma c’è uno scandire del tempo che ricorda gli atti di un’opera.

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Marco Spoletini con un David di Donatello

Solitamente quali sono i tempi di lavorazione del montaggio di un film?

Ovviamente, dipende da film. Solitamente i miei tempi vanno da due a un massimo di quattro mesi.

Ma su film ci si può lavorare all’infinito, non finisce mai, lo si può solo interrompere.

Come un po’ per la composizione musicale, credo.

Qual è il tuo approccio con il contesto musicale? E se ti capita di essere ispirato dalla musica mentre monti?

Non ho altri riferimenti musicali quando monto, se non quelli del musicista che viene scelto.

Nel mio lavoro l’ispirazione musicale cerco di evitarla, per evitare di essere influenzato ovviamente posso dare delle indicazioni e un confronto tra il regista e il musicista.

Posso dare un’indicazione un consiglio della scelta della strumentazione con strumenti ad arco piuttosto che un pianoforte.

Marco Spoletini: professione Montatore Cinematografico

Il mio rapporto con la musica è sempre di collaborazione continua tra il regista e il musicista, con cui devono sempre interagire di volta in volta nella costruzione del film, per far sì che la musica entri dentro la storia senza sovrastare le immagini, infatti, il mio intento è seguire sempre un ritmo naturale della scena.

Ci sono vari tipi di approccio, partendo da quello più classico, dove la musica parte dopo una battuta e preannuncia il motivo della sequenza, diciamo che questo è quello che amo di meno.

Invece mi piace molto, quando la musica si insinua dentro la scena in modo quasi invisibile e indisturbato, in modo che non predomini il racconto delle immagini.

Nella fase del montaggio si vede quanta collaborazione e sintonia si crea per la buona uscita di un film.

Partendo dalla sceneggiatura fino ad arrivare alla musica, occorre un continuo scambio per far sì che il contesto musicale compenetri e si unisca con le immagini in modo naturale.

Ad esempio, per il film L’imbalsamatore di Garrone insieme alla Banda Osiris si era creato un feeling perfetto.

 

Il cinema è una grande macchina formata da tante piccole particelle che devono andare unicamente tutte nella stessa direzione per arrivare alla creazione di un film. Cosa intendi tu per collaborazione?

Penso, che la costruzione di un film, la si deve immaginare come una serie di strati.

Strati composti da immagini che predominano, i dialoghi, i rumori, gli ambienti e tutte le atmosfere che si vanno a creare.

La musica non è nient’altro che uno di questi strati che si deve fondere con tutto il resto, senza mai dominare le scene, deve essere semplicemente uno degli strati del film.

Il tuo lavoro detta uno ritmo e dei tempi del racconto proprio come fa un musicista…

Si, quando si costruisce la sequenza di immagini bisogna seguire un ritmo.

La sequenza delle immagini ha una cadenza e un andamento ben preciso per far sì che funzioni il racconto di un film.

Marco Spoletini: professione Montatore Cinematografico

Spesso lavoro su sessioni di suoni di montaggi molto complessi.

La prima cosa che cerco di fare è riportare suoni di ambienti nel modo più naturale possibile, in modo che chi lo vede lo sente già vicino a quello che sarà il prodotto finale.

Inoltre, in un film il suono a differenza dell’immagine, anche se ricostruito in una fase di montaggio è uguale a quello che sentiamo tutti noi a differenza dell’immagine che è bidimensionale.

Credo che la cosa bella di questo lavoro non è solo la soddisfazione professionale,

ma anche il lato emotivo che si cela dietro questo tutto, composto sempre da gente diversa e piena di storie, ma soprattutto di sentimenti.

 

Articolo a cura di Melissa Brucculeri

 

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