Dell’amore e di altri sentimenti…
Michele Pavanello e Paolo Lazzarini parlano del nuovo singolo “Dell’amore non so scrivere”
Ciao Michele e benvenuto, com’è nata la collaborazione con Paolo Lazzarini?
È nata diversi anni fa quando Paolo si è reso disponibile ad accompagnarmi in una serie di live che erano già in programma. Ho scoperto un musicista fantastico che sul palco dava tutto; una grandissima intensità che non lasciava certo indifferente, né il pubblico e nemmeno noi musicisti che eravamo lì con lui. E così abbiamo iniziato a collaborare anche in studio di registrazione e li ho potuto apprezzare le sue qualità anche come arrangiatore. È una persona speciale e un amico; l’attenzione su di lui come compositore e pianista cresce di giorno in giorno e non posso che esserne felice.
Qual è il messaggio che vuoi trasmettere agli ascoltatori di “Dell’amore non so scrivere”?
Occorre alzare una diga contro il male, che oggi ha anche il nome dell’intolleranza, della menzogna, dell’arroganza, dell’arrivismo, dell’ipocrisia, del bigottismo. Lo si può fare se siamo in tanti, e se siamo in tanti si può anche vincere. Mi viene spesso in mente la scena di Don Camillo che guarda in su verso il Cristo dell’altar maggiore e dice: «Gesù, al mondo ci sono troppe cose che non funzionano». «Non mi pare», risponde il Cristo. «Al mondo ci sono soltanto gli uomini che non funzionano».
Questo brano è il tuo quinto singolo in due anni: esiste un filo rosso che unisce tutte le canzoni fin qui pubblicate?
Non c’è un vero e proprio filo conduttore, sono solo canzoni. Ogni brano ha una storia, è la visione di un momento e poi saranno il caso e il tempo a deciderne il futuro.
Essendo stato registrato in modalità piano-voce, si potrebbe dire che la canzone è “nuda”. Spogliata di tutti gli orpelli di un arrangiamento troppo carico che spesso serve a nascondere qualche mancanza nei brani, ma al contempo richiama alla memoria un tipo di cantautorato di spessore che era concentrato più su quello che si vuole dire che il come. È stata una scelta ragionata, un esperimento o altro?
Il primo arrangiamento era più ricco, fatto anche bene ma c’era qualcosa che non ci convinceva, mancava l’intensità, volevamo che il messaggio del brano fosse inequivocabile. Così abbiamo cancellato tutto e Paolo… ha fatto il resto.
Ora a Paolo Lazzarini vogliamo chiedere: com’è stato lavorare con Michele Pavanello?
Lavorare con Michele è stato semplice e allo stesso tempo entusiasmante: c’è stata fin da subito una bella intesa, il progetto era davvero interessante e il processo creativo è stato fluido e senza intoppi. A Michele mi lega una grande amicizia nella vita, forse per questo le cose sono state “semplici”.
Avete in programma di continuare questa collaborazione?
Michele: Spero davvero sia così. Io e Paolo non ci sentiamo spesso, ma c’è un legame forte che nasce soprattutto dalla stima reciproca. Paolo ha una grande umanità e la sua amicizia per me è un dono.
Paolo: Lo auspico dal cuore, un album completamente in acustico sarebbe meraviglioso.
Nel 2020 la vita corre veloce, perennemente connessa ma non per questo collegata, Paolo: com’è essere compositore in quest’epoca?
Io penso al compositore come un “indagatore dell’anima”, una persona che, con la chiave giusta, entra in chi ascolta anche semplicemente per farlo riflettere su sé stesso. Attraverso la musica giusta si riescono a scorgere parti del proprio io che non erano mai uscite allo scoperto. Con questo brano probabilmente siamo andati in questa direzione.
Quali sono i vostri progetti musicali futuri?
Michele: Ho un paio di brani da arrangiare e poi portare in studio; mi piacerebbe pubblicare una raccolta con gli ultimi singoli e questi due inediti. Poi mi fermerò.
Paolo: Vorrei incidere un disco entro fine anno, un’opera che riesca a riassumere le inquietudini e il desiderio di cambiamento di questo 2020.
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