Musica, ma non solo note, come la definizione di musica possa essere reinterpretata
È il regista Luca Guerini, dopo 15 anni di esperienza e 87 spettacoli all’attivo, a raccontare come la definizione di musica possa essere reinterpretata.
Laureato in Letteratura, Musica e Spettacolo a “La Sapienza” di Roma, in Sociologia e presso la “Carlo Bo” di Urbino e in Storia dell’arte, il regista debutta come attore il 6 del 1998 in “Equinozio di primavera” scritto e diretto da Pino Leone, per poi frequentare corsi di recitazione, videofilmaker, sceneggiatura presso la Scuola delle arti di Pino Quartullo e proseguendo il suo lavoro di ricerca nel settore attraverso la creazione della Compagnia Skenexodia nel 2004.
La peculiarità degli spettacoli firmati dal brand Skenexodia è che il pubblico non assiste mai in maniera passiva allo spettacolo, ma vi partecipa attivamente.
Da anni Guerini riesce a coinvolgere attori professionisti provenienti da tutta Italia, grazie ad un percorso antropologico ormai collaudato sugli istinti primordiali, che permette di demolire le sovrastrutture e dare libero sfogo alla propria individualità.
Teatro e cinema sono i due campi in cui il regista esprime tutta la sua genialità, nell’uno attraverso il minimalismo e la metamorfosi e nel secondo attraverso le immagini e la fotografia.
Il rapporto con la musica, intesa non solo in maniera classica ma anche come ritmo, lo racconta Luca Guerini nella seguente intervista.
Luca che rapporto hai con le sette note?
Il mio rapporto con la musica è senza dubbio personale oltre che professionale. Ricerco musica particolare, scritta da autori poco conosciuti, che mi appassioni che spesso finiscono nei miei spettacoli.
Conosco bene la musica perché mi sono laureato anche in Letteratura, Musica e Spettacolo quindi ho fatto corsi che mi hanno permesso di conoscerla non solo come ascoltatore ma anche dal punto di vista della scrittura.
Il teatro è storicamente la prima forma di rappresentazione. Tu ne sei un geniale esponente. Come impieghi la musica nei tuoi spettacoli teatrali?
Il teatro “secondo Luca Guerini” ha due possibilità: portare in scena uno spettacolo in cui la musica ha un ruolo centrale ed è praticamente sempre presente, oppure portare in scena uno spettacolo in cui la musica sia totalmente assente, o almeno ciò che noi intendiamo tradizionalmente come musica. Non ci sono per me vie di mezzo.
La musica deve avere una funzione, deve dare un piano in più alla storia, serve a dettare delle emozioni o un colore alla scena, non è solo un accessorio riempitivo.
Effettuo quindi una ricerca sulla base delle emozioni che vado cercando.
Note di Regia: Luca Guerini
Non sempre l’emozione viene evidenziata da una musica in linea con la scena che si sta consumando, a volte anche accoppiare scena e musica in totale contrasto provoca interessanti effetti.
Ricordo per esempio “La stanza dei Glicini” in cui avevamo deciso di usare “Memory” come brano musicale di sottofondo durante una scena di violenza.
Questo contrasto tra la delicatezza della canzone e la violenza della recitazione, quindi tra ascolto e visione, è piaciuto al punto da ottenere un importante riconoscimento.
La musica in questo caso ci ha permesso di scandalizzare e stupire al tempo stesso.
Si può stupire in mille modi, anche usando cover particolari di brani noti, dando quindi al pubblico non un brano già interamente noto, ma conosciuto e riadattato alla scena.
L’assenza di musica invece che significato ha per te?
L’assenza di musica pone in certi contesti l’accento sulla recitazione dell’attore. Interessa in quel caso più la creazione di un ritmo attraverso le battute o la voce degli stessi attori.
In realtà anche quella è musica. Sul palco possono nascere ritmi dati per esempio dal battere le mani sul tavolo, quindi parliamo di musica diegetica, che proviene cioè direttamente dalla scena.
Succede spesso che ci sia un autoinnesto della musica dovuto a situazioni particolari, in questo tipo di spettacoli si lascia interamente all’abilità dell’attore il compito di far immaginare al pubblico quello che sta raccontando attraverso la recitazione.
Note di Regia: Luca Guerini
Capita poi che la musica sia presente in maniera ancora diversa: nelle battute il personaggio cita il titolo di un brano o recita un verso di una canzone popolare oppure gli attori stessi cantano.
Sottolineo inoltre che solitamente porto in teatro scenografie minimaliste, quindi sono gli attori soli in scena a generare le reazioni del pubblico attraverso la recitazione.
Nel cinema fai un uso simile della musica o la tua prospettiva cambia?
Spesso ho usato anche nel cinema l’effetto contrario, è una sorta di firma.
In alcuni film genere thriller ho utilizzato brani che stridevano totalmente con quello che stava accadendo sul grande schermo, poi naturalmente attraverso il sincro della battuta con il movimento degli occhi è possibile dare ancora più risalto alla situazione.
Cinema e teatro sono due linguaggi completamente diversi. Anche le storie che trattano sono generalmente diverse, alcune sono adatte ad essere portate in teatro, altre solo sul grande schermo.
In teatro si ha l’attenzione del pubblico presente, che restituisce delle emozioni nell’immediato e mentre si monta la pièce bisogna necessariamente mettere in primo piano le aspettative e le reazioni del pubblico.
In alcuni spettacoli che ho diretto l’ultima battuta smantella tutto lo spettacolo. Il cinema ha due armi in più per sorprendere che si aggiungono alla musica: il movimento della macchina e il movimento della fotografia.
Articolo a cura di Veronica Ruggiero