Musica a Teatro: Raul Iaiza

Il teatro con la musica e il canto sono la mia vita.

Musica a Teatro: Raul Iaiza
Raul Iaiza- prima dello spettacolo AleVilla

Si muove tra Còrdoba, Buenos Aires, Bologna, Milano, Siena.

Se gli si chiede di parlare di sé e della sua attività, divide tutto in tre periodi a cominciare dai:

Segnali fortunati…

Ho avuto collaborazioni varie come musicista, suonatore, in spettacoli. Tracce di approccio teatrale sin dall’infanzia, col mio tutor musicale (e quasi padre essendo io abbandonato). Poi, da musicista e già in Italia: Iris Faigle/Bologna, Donatella Massimilla/Frida Khalo, da prof di musica alla Steineriana a Tutor per la messa in scena di un Pirandello come tesina di fine liceo di una mia classe, una successiva messa in scena di un progetto Beckett come tesina sempre dell’ultima classe del liceo, che mi regala un incontro con David Warrilow che era al Piccolo (spettacolo di Pinget), all’incontro con Maia Cornacchia, madre di allievi alla Steineriana, quindi a conoscere Danio Manfredini in situazioni fuori ambiente…

Poi le Prime cantonate… (le difficoltà incontrate all’inizio)

Tra canto e canto tradizionale applicato alle esercitazioni vocali degli attori; regia vera in apprendistato con Eugenio Barba e i miei modi di pensare; processi profondi nel riconsiderare problemi musicali lavorando con non musicisti… In due parole: i vasi comunicanti tra teatro e musica ci sono, ma sono profondi, non analogici.

E quindi si arriva alla unione di Musica e Teatro, 27 anni dopo…

Il Don Giovanni dell’Odin Teatret. E l’allenamento con Torgeir Wethal, quindi il progetto polacco. Programma di ricerca sui Laudesi, con Grotowski Institute. Fino a Ave, Eva. E la ricerca che riprende.

Le tre regie con Pange Lingua: Totentanz/Distler, Choral Passion/Distler, Eihka/Lamentazioni di Geremia… Le tre regie di Saluzzo: Caffè Bach Goldoni (MOF 2018), San Ignazio/Zipoli e Villamediana/La Chimera (MOF 2019), il Trittico del Ritorno del Marchese (MOF Virtual 2020).

L’inizio delle sessioni di alienamento scenico per i musicisti, sempre nel MOF di Saluzzo essenzialmente. E tutto per ritrovarmi con Sabina Colonna Preti, Eguez/La Chimera, e Caffé Zimmermann e Mafredo Kraemer…

Ora, coi tre melologhi con Piumini/Marenco: Rosso Bianco Armonico, Alzati Martin e La Poesia Vola (Festival della Letteratura di Mantova, Trame Sonore…). E i nuovi progetti in corso d’opera.

Raul Iaiza adesso ho un rapporto felice con la musica
Raul Iaiza Open Session – corpo e voce, M. Zakrzewski (Foto concesse da Raul Iaiza)

Ripartiamo approfondendo…che rapporto hai con la musica?

Adesso ho un rapporto felice con la musica, soprattutto grazie a mia figlia, da quando sono papà. Ho avuto la fortuna che mia figlia ha fatto una scelta musicale, senza pressione da parte mia, è arpista e mi accorgo di tutto quello che mi restituisce.

Le facevo ascoltare musica fin da quando era piccola. Il secondo concerto brandeburghese di Bach, o il quarto…quella era una “musica di luce” che ascoltava volentieri. Anche sul lavoro sono stato fortunato perché già con l’Odin abitavamo in teatro per cui per lei il teatro è casa, e in questa casa la musica c’era sempre.

Anni fa feci un lavoro sul Laudario di Cortona, e anche quando l’ha riascoltato anni dopo lo riconosceva, faceva parte del suo patrimonio. Quando faccio le prove, anche ora che lavoro con Roberto Piumini, e si prova in casa mia, lei è presente, in ascolto.

Stai lavorando con Roberto Piumini, quindi

Si, e il lavoro con Piumini si collega bene al mio all’Odin. Torno a quello. Ricordo un giorno quando Eugenio Barba mi dice che deve fare un lavoro sul Don Giovanni, e mi coinvolge, dicendomi “tu mi sei utile perché sei anfibio” cioè intendeva che io ero lì sia come musicista che come collaboratore, primo spettatore soprattutto.

Venendo dal teatro fisico mi trovo improvvisamente nel teatro di parola ma contaminato dal mio essere musicista. I primi anni avevo delle difficoltà, dovevo liberarmi dalla “struttura” che avevo in quanto musicista. Ci sono dei vasi comunicanti, certo, ma non sono quello che sembrano.

Venendo da una musica molto impostata, strutturata, un certo accorgimento scenico lo si curava anche in Conservatorio, per cui quando sono entrato in teatro sentivo di avere una marcia in più. Agli inizi si fa un progetto Beckett e mi capita che David Warlow fa Pinget al Piccolo. Era l’attore per cui Beckett aveva scritto dei pezzi. Quindi figurati, mi sentivo fortunatissimo.

Andai da lui dietro le quinte e mi presentai dicendo che stavo facendo teatro in maniera sperimentale e lui mi disse “beh Dante è musica Shakespeare è musica per cui lei è a posto”. Fui colpito. Invece poi mi resi conto, quando ho iniziato il lavoro professionale, che le cose non erano così semplici.

Musica a Teatro: Raul Iaiza

Ed ecco le cantonate prese. Due cantonate grosse, la prima col canto. Per una serie di combinazioni lavoro con due attrici cubane, loro hanno familiarità col canto di santeria e io mi incuriosisco molto. Il gruppo viene invitato a Pontedera per cui incomincio a lavorare, sento il loro canto e io automaticamente vedo la partitura.

E la trascrivo. Loro mi dicono “sì la melodia c’è ma il canto no”. E io non capisco. C’era una differenza. E non la sentivo. Ci ho messo una vita a capire che il modo che avevo di ascoltare era il mio modo di pensare, non era esattamente quello che facevano loro.

Musica a Teatro: Raul Iaiza

Raul Iaiza
Raul Iaiza Open Session, 8. M. Zakrzewski (Foto concesse da Raul Iaiza)

Per il cantante il rapporto timbrico della sillaba nella risonanza del corpo fa sì che quella parte del canto suona più bassa rispetto a un’altra, sta facendo il gesto unito al canto per come lo sente nel corpo…non nel suono.

Pensare da musicista è una fregatura, un po’. Quella risonanza nella voce particolare non la so catturare. È una cosa più profonda. Seconda cantonata, che mi aiuta a crescere. Le mie prime prove con Barba. Sono nel salone dell’Odin, e per il primo mese e mezzo sono un tutto fare, più che altro.

Siccome c’erano delle improvvisazioni anche musicali su strumento io mi annotavo alcune cose che avvenivano. A un certo punto Barba mi chiede cosa ho visto e io dico: “hanno fatto questo, hanno suonato questo”.

E lui resta molto colpito. Poi mi fa: “Raoul, che associazioni hai avuto in base a quel che hai visto?” Non me lo dimenticherò mai. Non avevo avuto nessuna associazione, non ci pensavo… Non pensavo a quel modo. Ho dovuto ristrutturarmi.

E quindi che succede con Piumini?

Lavoro con lui sulla prosodia pratica, sul fraseggio, su come articolare la narrazione che mi fa dal punto di vista sonoro, la musica del verso, io gli faccio da primo spettatore, sono anfibio….come con Barba, e vado sulla suggestione di quello che ho visto e sentito; il fisarmonicista ed eclettico compositore Nadio Marenco che collabora spesso con Moni Ovadia è lì, in attesa, e quindi io mi volto verso di lui e gli chiedo, chessò, in base a quello che ho visualizzato, di farmi un ritmo di sarabanda o altro.

Per cui posso parlare con il musicista da tecnico, con lo scrittore o attore da tecnico, ognuno nel suo campo. Ora siamo partiti con un progetto nuovo che si chiama L’alto giardino, un poema nuovo composto da Roberto, per cui lavoro con lui sulla drammaturgia, sul testo…quante voci potrebbe avere, se ci sta meglio un attore o un’attrice, come lo dividiamo, e poi dò indicazioni al musicista su dove entrare e intervenire…al secondo verso o al quarto eccetera o su quella parola precisa.

Adesso insegni al Filodrammatici

Si, allenamento sul corpo, però continuo a lavorare su progetti che uniscono teatro e musica, molto repertorio liturgico medioevale, e riprendo messe in scena anche con coro, magari cercando le location giuste.

Il canto precede la musica quindi ha un veicolo diretto che precede la musica. È infinitamente più ricco. Il canto è molto più vicino al teatro che alla musica.

Se penso che all’inizio di tutto il teatro proprio non mi piaceva…la vita mi ha portato invece proprio lì. E ne sono felice. Il teatro con la musica e il canto sono la mia vita.

Articolo a cura di Sergio Scorzillo 

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