Il motto di Piuma Dischi è: “Più Musica Alternativa”
Ne abbiamo voluto parlare con Alessandro Cirone, founder dell’etichetta.
Da dove nasce l’idea di aprire un’etichetta indipendente?
Faccio il musicista da molti anni. Nel tempo ho iniziato a produrmi e ad avere sulle spalle tour e molti chilometri trascorsi sulle strade. Quando mio figlio ha abbandonato l’università e mi ha comunicato che voleva fare il cantautore, quattro anni fa, ho capito che anche per me era arrivato il momento di diventare grande e trasformare quindi la mia passione della musica con un gesto concreto e formale che mi permettesse di mettere a disposizione delle nuove generazioni la mia esperienza e la mia preparazione.
Il nome, Piuma dischi, fa forse il paio con il titolo del brano che Colapesce e Di Martino hanno portato al festival di Sanremo?
Si, anche se questo è successo molto prima del loro brano. Lo spirito è questo, musica leggera e quindi la piuma mi è sembrata l’immagine adatta, così come mi sono innamorato subito del logo per l’etichetta che mi ha proposto un amico grafico.
Quali servizi offrite ai vostri artisti?
Sono diversi i livelli di collaborazione che siamo in grado di proporre. Siamo anche editori e ci occupiamo di distribuzione, licenza e cast. Non potendo investire su tutti i progetti che ci arrivano, viste le nostre dimensioni, facciamo un’accurata selezione e troviamo quelli su cui poter investire direttamente.
Per noi l’importante è credere nel lavoro in cui ci imbarchiamo e, soprattutto, evitare di intasare un mercato che è già occluso di suo con prodotti spesso impresentabili. Questo perché quello stesso mercato ci si rivolterebbe contro, diminuendo il già piccolo spazio di movimento che le etichette indipendenti oggi hanno.
Preferite lavorare su progetti già strutturati o su quelli grezzi?
Preferisco lavorare su qualcosa che sia già abbastanza a fuoco. La tecnologia oggi dà la possibilità a tutti di evolversi rispetto al classico provino voce-chitarra e far perciò ascoltare qualcosa di più centrato. In un classico home-studio c’è la possibilità di inquadrare il proprio mondo sonoro ed è uno strumento che deve essere utilizzato dagli artisti per meglio esprimere cosa hanno in testa. Un brano troppo grezzo oggi non riesce più a rendere, come succedeva anni fa, le sue potenzialità rischiando che in lavorazione possa diventare super-commerciale, quindi non interessante, o effimero, altro grande rischio che lo porterà ad entrare subito nell’oblio.
Come definiresti lo stile di “Piuma dischi”?
Cerchiamo musica indipendente, preferiamo i brani “suonati”. Cerchiamo di trovare artisti che lascino qualcosa dopo l’ascolto del brano, cerchiamo storie da raccontare.
A proposito del festival di Sanremo, chi ti sarebbe piaciuto produrre tra gli artisti che si sono esibiti sul palco del teatro Ariston?
Colapesce e Di Martino mi piacciono, hanno anche realizzato parti da noi. Bugo, invece, mi sarebbe piaciuto produrlo perché il brano era molto interessante. Anche Fulminacci penso che sia molto bravo e ritengo che sarà un artista che rimarrà. Mi piacerebbe molto lavorare con Ermal Meta, anche se si tratta di un artista molto strutturato, ma proprio per questo potrebbe rappresentare una sfida interessante. Tra i giovani ho apprezzato molto Folcast perché tecnicamente e vocalmente è solido e io mi aspetto innanzitutto che un cantante sappia cantare e lui sa fare. Ho notato però che quest’anno a Sanremo c’erano progetti che non avevano il “minimo sindacale” per essere artisticamente presentabili al pubblico.
Come avete strutturato la distribuzione dei vostri artisti?
Fino a poco tempo fa lavoravamo con diversi distributori tra i quali Believe, Artist First e altri. Da poco abbiamo iniziato a lavorare con The Orchard e ritengo che tra breve dirotteremo su di loro tutto il nostro catalogo. Il ruolo del distributore, nel mercato governato dallo streaming, è cambiato. Riesce ad agire molto nella fase precedente all’uscita ma appena il brano è affidato ai grandi player il suo spazio d’intervento si riduce.
Nei confronti di Spotify o Apple Music penso che oggi tutta la musica venga trasformata in un prodotto. Un po’ di tempo fa accanto alla musica più commerciale si trovava Lucio Dalla, musica di spessore, il cantautorato mentre oggi tutto diventa un prodotto equivalente. Questo sta distruggendo il mercato anche per l’eccesso di brani che sono convogliati su questi store, brani che in altri momenti non sarebbero mai stati pubblicati.
Preferite lavorare sui singoli o su progetti più articolati, album o EP ad esempio?
Se all’inizio abbiamo preferito la produzione di singoli, oggi nel caso di artisti emergenti preferiamo lavorare su prodotti più organici, su progetti musicali che siano almeno un EP. La scelta di produrre soprattutto singoli, ha avuto anche un impatto negativo sulla scrittura del testo dei brani che si basa su singole immagini e non più su una narrazione organica che si sviluppa in un album.
Punte di diamante del tuo attuale roster?
Cara Calma, una band di Brescia prodotta artisticamente da Divi de I Ministri, poi ci sono i Malvax, c’è l’uscita del nuovo lavoro di Jurijgami. Non posso però spoilerare perché in questo momento ci sono un po’ di accordi in fase di chiusura di cui daremo annuncio prossimamente.
Com’è andato quest’anno vittima della pandemia?
Nel suo complesso penso che quest’anno abbia rappresentato una svolta. Inutile dire che, dal punto di vista commerciale, è stato sicuramente un mezzo disastro. Smontare, però, tutto il comparto della musica ha voluto anche dire generare una riorganizzazione a causa di un azzeramento delle certezze individuali che ha costretto tutti a reinventarsi. Oggi la nostra squadra è più strutturata e più forte, anche se per adesso lavoriamo ancora sullo streaming siamo pronti per i live appena sarà possibile.
Com’è possibile per un esordiente farvi ascoltare la sua musica?
È molto semplice. Nel nostro sito c’è un indirizzo mail cui è possibile inviare il materiale rintracciabile all’indirizzo https://www.cellolabel.com/contacts. Ascoltiamo tutto e rispondiamo sempre a tutti, dicendo la nostra su quanto abbiamo ascoltato.
Articolo a cura di Roberto Greco