Enrico Capuano: Un Cuore nuovo che batte a ritmo di musica
Il capostipite del folk rock canta in “Viva” la sua gratitudine e l’amore per la vita. Alla fine è sempre una questione di cuore.
Inteso come organo di forma più o meno triangolare e dai cui battiti dipendono le nostre vite, ma anche come sentimento. Quella passione cioè con cui dovremmo prenderci cura di ogni particolare e, ancor più, di ogni singolo essere vivente.
Fare le cose senza cuore, del resto, significa alterare il risultato delle azioni stesse portando a casa un compito, magari ben eseguito, ma asettico e privo di complicità con la nostra anima.
Dentro la canzone: Enrico Capuano “Viva”
Lo sa bene Enrico Capuano, considerato il capostipite del folk rock, una vita trascorsa sul palco (girando letteralmente il mondo) ed una seconda avuta in dono a seguito di un trapianto di cuore che gli ha permesso di riprendere con la musica da dove era rimasto, e al tempo stesso sensibilizzare sull’importanza di donare gli organi.
Nasce così “Viva” un brano che trasuda energia e vitalità pur affrontando un tema personale e delicato. Per una luce che si spenge se ne può accendere un’altra, grazie al dono più grande che ci sia, quello della vita.
A quante edizioni del Concertone del 1° Maggio hai partecipato?
Dal 2002 al 2014 a ben 11 edizioni più tre presentate in anteprima nel pomeriggio.
Per altro si tratta di due emozioni totalmente diverse perché suonando c’è il rapporto diretto con il pubblico, anche quello forbito di musica per cui entrano in gioco elementi come il groove, il ritmo e il ballo; condurre un evento implica una grande responsabilità, si devono rispettare i tempi, sempre scanditi, e le cose da dire.
Cosa è la Tammurriatarock?
Nell’80 ho avuto l’idea di unire l’amore per la musica etnica e le tradizioni popolari e quello per il rock (sono cresciuto col mito di Jimmy Hendrix, Beatles, Deep Purple). Mixando tutto insieme, e strizzando l’occhio al cantautorato, è uscita fuori la Tammurriatarock, ovvero il folk rock italiano che ha come basic la tarantella che io considero il nostro blues.
Quindi sei veramente un pioniere.
In effetti si, tanto che inizialmente mi guardavano con sospetto anche se la prima tarantella rock della storia è il brano “È festa” della PFM.
Come sei arrivato al trapianto di cuore del 2016?
Nel 2014 partecipavo ad un Festival in Irpinia e ho perso i sensi mentre cantavo, sono stato salvato dalle scariche elettriche. Fu un chiaro campanello d’allarme: il mio cuore era malato ed io dovevo subire un trapianto. Un’attesa di due anni, per ovvie ragioni di compatibilità tra donatore e ricevente, durante i quali riuscivo a malapena a salire le scale e suonavo soltanto nei pressi di Roma. In quel periodo mi capitò di fare lo stesso sogno per due notti consecutive che ancora oggi ricordo nitidamente, mi trovavo in un posto non ben definito e c’era una ragazza con capelli biondi e ricci.
Poi un giorno mi hanno chiamato perché c’era un cuore compatibile. L’intervento fu praticamente immediato. Mi trovavo in sala operatoria, prima di addormentarmi, e ricordo di aver sentito che quello era il cuore di una ragazza. Quando mi sono risvegliato ho pensato subito a lei ed è nata “Viva”.
Come definiresti questa canzone?
Intanto non vuole essere una canzone strappalacrime, piuttosto intende parlare della vita con impegno e ringraziare questo angelo custode che mi accompagna ogni sera sui palchi.
Quale è l’obiettivo di “Viva”?
Raccontare un mondo che ha le sue cose belle ma anche le sue ingiustizie, il dono che ho ricevuto non le nasconde ma a maggior ragione bisogna vivere e gridare “Viva la vita”. Non c’è bisogno di essere eroi, ognuno di noi può impegnarsi a dare un minimo contributo per migliorare la realtà circostante.
Quindi da una parte c’è l’impegno a cambiare le cose che non funzionano e dall’altra c’è una forte senso di gratitudine verso questa persona che mi salvato.
Può essere anche un monito a volerci più bene?
Certamente. Andiamo sempre di fretta e invece bisognerebbe fermarci a toccarci le mani, a guardare il cielo ed apprezzare anche le piccole cose nel tentativo di migliorare noi stessi e ciò che ci circonda. “Viva” contiene un messaggio positivo, il vero senso della vita è il sorriso, è l’amore come valore rivoluzionario, la musica, lo stare insieme.
Ti sei mai sentito diverso dopo il trapianto?
Sono diventato molto più sensibile, mi commuovo più facilmente di prima.
Come incentivare alla donazione?
Dal sangue agli organi la donazione deve diventare un fatto culturale, soprattutto per i più giovani. Lo stimolo dovrebbe partire dalle scuole e da persone che per esperienza diretta possono farsi portavoce in termini di sensibilizzazione. Io a esempio sono testimonial dell’AIDO (Associazione Italiana Donatori di Organi).
Articolo a cura di Sara Chiarei