Renzo Rubino: “Giocare” per crescere, ma con moderazione
Nel nuovo singolo parla dei ricordi e anticipa un disco di favole per grandi e piccini
Anima sensibile, sottolineata da una scrittura affatto banale ma che al contrario negli ultimi otto anni ha prodotto canzoni intense e destinate a lasciare un segno indelebile come “Il postino (amami uomo)”, “Ora” o “Custodire”.
Renzo Rubino si presenta al suo pubblico sempre diverso e con un background di esperienze e di sogni che puntualmente trasferisce nei suoi brani.
A settembre pubblicherà “Giocattoli Marevigliosi” da cui intanto ha scelto di estrarre “Giocare”, vero manifesto dell’album, le cui sonorità rapiscono l’ascoltatore trasportandolo in universi lontani ma paralleli.
Lontani perché possono apparire distanti anni luce dal tempo in cui viviamo nel restituirci lo scatto di un’infanzia passata e paralleli in quanto tanta dolcezza continua a vivere in noi e almeno in parte, se vogliamo, ci è possibile recuperarla.
Basta cedere alle lusinghe del passato, quando eravamo forse più ingenui ma senz’altro più puri di quanto lo siamo adesso.
Le atmosfere sognanti riprodotte anche del video rappresentano il desiderio di evadere?
Ho scritto “Giocare”, e in realtà l’intero disco, durante il lock down causato dalla pandemia, in un lasso di tempo molto stretto.
Quando si è accesa l’idea di lavorare a un nuovo album ho pensato da subito di dedicare le canzoni ai bambini perché ritengo che nella fase delle chiusure totali siano quelli che hanno sofferto maggiormente.
I giorni, i mesi, gli anni perduti non li potrà mai restituire nessuno e se ciò è vero per chiunque, credo che i più piccoli siano stati fortemente vittime di tale condizione.
Quindi “Giocattoli Marevigliosi” è pensato per i bambini?
Inizialmente era così. Poi mi son reso conto che quelle che stavo scrivendo erano favole per tutti. Di fatto questo è un disco di favole e giocare è in realtà un ricordo.
Mi piace pensare che le persone riescano ad immedesimarsi in ciò che scrivo, immaginandolo appieno e catapultandosi in un universo parallelo.
Nei primi versi parli una conchiglia, si tratta di un ricordo?
Si. Quando ero piccolo capitava, sorprendendomi, di trovarmene alcune in tasca, probabilmente mi erano state regalate e non ricordando di avercele messe, non capivo perché si trovassero proprio li “C’è una conchiglia sulle scale, come ha fatto, da dove arriva?”.
Qual è il messaggio?
Crescere sì, ma con moderazione. Mi piace pensare che le persone possano trovare nel brano “Giocare” (e nell’intero album) delle istruzioni per ricordarci che nonostante siamo cresciuti ci sono cose che possiamo comunque fare senza vergogna.
Tutto rigorosamente a tema, persino gli strumenti musicali…
Abbiamo utilizzato strumenti giocattolo, perciò anche nella produzione abbiamo fatto una scelta precisa e non di facile realizzazione.
Ho praticamente rubato tutti i giocattoli di mia nipote per suonare tutte le canzoni dell’album cercando così di restituire l’idea del gioco e dei ricordi d’infanzia.
Quanto a musica e testi sono scritti da me.
Come è andato “Porto Rubino”?
Benissimo! In questa terza edizione abbiamo toccato quattro porti dal 19 al 25 luglio ed è stato fantastico. Dal grande palco galleggiante, ovvero il nostro veliero di 22 metri, si sono esibiti molti amici e colleghi ed io ho presentato ufficialmente “Giocare” che ho voluto fosse un po’ la colonna sonora di “Porto Rubino” perché ho da sempre un grande legame affettivo con la barca, le conchiglie e il mare che mi riportano appunto, a quando ero bambino.