Arturo Brachetti: L’italien avec la Tour Eiffel sur la tète
Non capita tutti i giorni di intervistare un mito vivente.
Se poi questo mito si dimostra simpatico e disponibile ancora meglio. Quando uno ha tanto talento innato non deve minimamente sforzarsi di dimostrarlo.
Arturo Brachetti trasuda talento da sempre, e la sua unicità è conosciuta in tutto il mondo. Una vita passata a volare (di fantasia) e planare sulle platee di ogni dove. Adulti, piccini, regnanti e presidenti si sono lasciati trasportare e ammaliare dalla sua capacità quasi magica di creare e stupire.
Statue di cera che lo ritraggono sono presenti in musei, tra i grandi della storia. Oggi l’occasione di incontrarlo e ascoltarlo è data dalla tournè di Pierino e il lupo, e l’altro, che sta portando in tutt’Italia insieme all’Ensemble Symphony Orchestra, che, nata in seno all’Orchestra Sinfonica di Massa e Carrara, si è distinta negli anni per versatilità e attenzione a ogni tipo di genere, con un repertorio che spazia dalle arie d’opera alle colonne sonore.
La direzione è del pianista, compositore e direttore Giacomo Loprieno, che è stato anche arrangiatore di successo di tanti dischi pop e ha partecipato a tour live di molti artisti tra cui Andrea Bocelli, Mario Biondi e Nile Rodgers. Pierino il lupo e l’altro tocca L’Aquila, Salerno, Macerata, Taranto, Cosenza, Castagnola delle Lanze, ma il calendario è in continuo aggiornamento e lo potete seguire sul sito www.brachetti.com
Il valore di questo spettacolo sta anche nel suo intento didattico: avvicinare alla musica, alla bellezza, alla gioia dell’arte. Con tanta tanta fantasia.
Arturo, ti conoscono tutti. Ma se dovessi spiegare in poche parole a chi non ti conosce chi sei e cosa fai cosa potresti dire?
Beh, penso si potrebbe usare la parola Fantastic-Attore. Attore della fantasia, qualcuno che con qualsiasi mezzo: illusioni, prestidigitazioni, effetti speciali, racconta delle storie.
Partiamo dagli albori, da Macario, per esempio. Un attore a cui sono molto affezionato e che mi sembra un po’ dimenticato. So che ha avuto importanza nella tua formazione.
Volentieri. L’ho conosciuto e ho fatto un’audizione con lui nel 1978. Mi prese per quello che è poi stato il suo ultimo varietà.
L’ho conosciuto abbastanza bene, lui veniva spesso dai Salesiani dove io ero in seminario, e me e altri due ragazzini che amavano come me il teatro ci invitava a vedere le sue commedie.
Un mese dopo l’audizione con lui feci anche un’audizione per Parigi, mi presero e lui subito mi spinse ad andare là. Mi disse: Vai a Parigi che è meglio!
Ti ricordi in particolare delle indicazioni che ti dava? Hai imparato a recitare grazie a lui?
Il premio era quando mi faceva stare tra le quinte. Ricordo quando usciva di scena, si asciugava in fretta con un asciugamano e prima di rientrare mi diceva: Vuoi vedere che adesso prendo l’applauso? Faceva il suo varietà, mi guardava in quinta ogni tanto e mi strizzava l’occhio.
Questo è il bellissimo ricordo che ho di lui. Poi però per me più importante per la recitazione è stato Ugo Tognazzi, quando ho fatto M.Butterfly, perché veramente lui per sei mesi mi ha adottato come figlio e come giovane attore e mi dava lezioni ogni giorno.
Era molto pignolo, un perfezionista. Il resto, le trasformazioni eccetera, me le sono un po’ inventate io. Nel ’79 quando sono sbarcato a Parigi mi hanno preso non perché fossi bravo a recitare ma perché ero l’unico al mondo a fare certe cose. Sono partito con sei costumi, adesso ne cambio centinaia…
Quindi non hai fatto una scuola. Più che la gavetta hai fatto una gavettonaccia!
Si, infatti. Ho cominciato come illusionista, trasformista, e ho avuto la fortuna di cominciare coi grandi. La prima volta che ho dovuto usare la mia voce era come presentatore di uno spettacolo in tedesco.
Io il tedesco non lo sapevo, non sapevo neanche dire: dov’è il bagno? Ma ho imparato a dire cose meravigliose, in tedesco, tipo: Ed ora è l’inizio del sogno poiché il nord è diventato il sud, l’inferno e il paradiso si sono mescolati come la treccia di un mandarino cinese!
Questo lo so dire anche adesso. Comincio insomma a calcare il palco e poi subito dopo paf! L’antagonista di Ugo Tognazzi! Quindi se anche non sei ancora preparato ti motivi per forza, cerchi di recuperare il tempo.
Ho preso lezioni private, tanto è vero che ancora adesso studio. Sto prendendo lezioni di canto, perché sarò nel musical Cabaret al teatro Odeon di Milano da febbraio dell’anno prossimo.
Era un’altra delle domande che volevo fare, sul canto, perché mi sembra di aver letto che come cantante all’inizio ti giudicavi molto male
Si in effetti, una specie di cantante da doccia…all’inizio canti, gli amici ti prendono in giro…perdi un po’ la fiducia in te stesso, invece sono stato da questo maestro di canto straordinario di Torino, che è Angelo Galeano, un luminare del musical in Italia, e lui mi ha confortato…mi ha detto: sei intonato, devi solo imparare a farla uscire, la voce. E stiamo lavorando da due mesi.
Il ciuffetto che è la tua caratteristica l’hai preso dal fumetto TinTin?
No questa è un’eredità di Shakespeare. Stavo facendo Sogno di una notte di mezza estate nel 98.
E facevi Puck?
Esatto facevo Puck e il regista mi ha chiesto di fare una pettinatura stravagante, per cui mi sono rasato e ho lasciato questo ciuffetto dritto in cima. L’ha trovato carino e l’ho tenuto.
L’anno stesso ho fatto L’One man show, lo spettacolo che ho portato in tutto il mondo e quando ero a Parigi i francesi non ricordavano ancora il mio nome ma mi chiamavano: l’italien avec la Tour Eiffel sur la tète.
E quindi questo mi ha marchiato, quell’originalità che comunque ricordi.
Come mai tanto estero?
Perché all’epoca non c’erano teatri di varietà. E non ci sono nemmeno adesso, in Italia. Io avevo creato un numero alla Fregoli. E la capitale mondiale del Music Hall è Parigi. Quindi sono andato là, mi han preso e ci sono rimasto due anni. Qui non c’è la cultura.
Qui siamo forti nel melodramma, gli inglesi nel teatro, i francesi nel divertissement, nello spettacolo di stravaganza, derivazioni delle feste di Luigi IV, lo spettacolo visivo, ecco.
Veniamo a Pierino e il lupo e l’altro. Chi è l’altro?
Abbiamo montato lo spettacolo Pierino e il lupo, poi nella seconda parte abbiamo deciso di approfittare dell’orchestra e quindi faccio altre cose.
Faccio per esempio tre stereotipi di direttori d’orchestra: il francese raffinato, l’autoritario tedesco e l’americano contemporaneo che dirigono pezzi alla loro maniera raccontando al pubblico quel che accade durante le prove, dietro le quinte.
Poi abbiamo trovato una musica semisconosciuta di Nino Rota in cui disegno con la sabbia i segni zodiacali, cercando di visualizzare quel che suggerisce la musica.
Parlando di musica del ‘900, soprattutto italiana, mi piacerebbe sapere che tipo di rapporto hai con la musica contemporanea: Nono. Sciarrino. Einaudi?
Mi piace Ezio Bosso. Se c’è una cosa che mi piace la compro e la ascolto in macchina e mi faccio dei viaggi lunghissimi anche con la mente. La musica fa da colonna sonora a molti miei momenti. Ho anche una play list che si chiama Inquietante per i momenti in cui voglio aumentare la tensione horror.
Poi ho le compilation con Carrà eccetera per tirare su il morale della troupe. La musica ispira, è una leva potentissima e universale, è la colonna sonora di ogni momento della mia vita. Quindi amo poterla sentire ma anche vedere. E far vedere. Come faccio in Pierino e il lupo: la faccio anche vedere.
Adoro vedere come i bambini vengono presi da questa storia e da come gliela racconto, e i grandi che tornano bambini. Ho uno schermo, ci sono dei cartoni, delle ombre cinesi…
Tra i vari Pierino del passato c’è qualcuno che ti ha stimolato di più?
Sicuramente quello di Benigni, perché lui torna bambino raccontando, quello che cerco di fare io, cosa che mi viene facile perché ancora sono un bambino. In scena puoi essere chiunque tu voglia.
Com’eri da bambino?
Ero un bambino timidissimo, nella Torino degli anni sessanta io vivevo in banco e nero ma sognavo a colori. Mi inventavo qualunque cosa con poche misere cose: sacchetti di nylon, fili per stendere.
Non avevo tanti giocattoli per cui mi inventavo tutto a partire dalle cose che avevo in casa. Inventarsi un mondo, cosa che mi serve ancora adesso.
Potrebbe essere questo un’inizio di una serie di performance legate a racconti di musica classica?
Ho fatto già L’Histoire du Soldat di Stravinsky. Babar di Poulenc non l’ho ancora preso in considerazione. Ma sto preparando una serie di podcast perché voglio mettermi a raccontare non solo aneddoti miei, visto come mi ascoltano con piacere…Penso saranno pronti tra sei mesi.
Allora un “in Bocca a Pierino e al Lupo”! Ciao Arturo e grazie di tutto!