Riccardo Muti e l’orchestra Cherubini: il tutto è infinitamente superiore alla somma delle parti.
4 giugno 2016, Pala De André. Riccardo Muti, titano della musica classica, torna da Chicago per una delle sole 3 date in Italia, in occasione del Ravenna Festival.
In questa toccata e fuga, tanto per parafrasare la musica classica, Muti dirige un’orchestra particolare, frutto di un personale progetto a sostegno dei giovani musicisti italiani. L’orchestra Cherubini, è qualcosa di più dei giovani musicisti che la compongono: è un progetto, una visione e, per molti dei ragazzi che ne fanno parte, un sogno che si realizza.
Accedervi non è cosa da tutti. I giovani strumentisti che tentano l’impresa vengono selezionati attraverso centinaia di audizioni da una commissione presieduta da Muti in persona, affiancato dalle prime parti delle più prestigiose orchestre europee.
Ed è qualcosa di più di un semplice ingaggio: è un’esperienza di vita, altamente meritocratica e limitata a un solo triennio nel quale si vive e si respira musica classica, sotto la direzione dello stesso Muti. Triennio al termine del quale, forti di un’esperienza di così alto livello, si apre la possibilità di trovare il proprio posto nel mondo della musica classica.
Viste le premesse, ci si aspetterebbe un concerto elitario, un’atmosfera seria e compita. Nulla di più sbagliato.
Il Pala De André, sede del concerto, è gremito da un pubblico eterogeneo, interessato e incredibilmente partecipe. Perché di fronte alla bravura dei giovani musicisti che compongono l’orchestra, non si può che rimanere rapiti.
Muti dirige con la solita bravura ed eleganza, capace di interpretare e incanalare l’energia trasmessa da tre capolavori della letteratura musicale: il concerto si apre con l’Ouverture “Coriolano di Beethoven”, prosegue con la Ottava in Si minore D759 “Incompiuta” e termina con la poderosa, incredibile Quinta Sinfonia in Do minore op.67 di Beethoven.
Ma ciò che davvero lascia senza fiato è la coralità, l’incredibile alchimia dei musicisti che, sotto la guida di Muti, interpretano partiture immortali con bravura senza pari, intessendo il dialogo sinfonico con energia e passione fresca e perfettamente controllata.
Muti li osserva e li accompagna. Li indica personalmente, uno ad uno, ne modula le voci con gesti inequivocabili, potenti e carichi di significato, in un dialogo silenzioso. E alla chiusura di un incredibile e vivissimo concerto esce e rientra solo per chiamare attorno a sé l’orchestra intera, come a voler sottolineare l’aspetto fondamentale della musica sinfonica: che il tutto è infinitamente superiore alla somma delle parti.
L’esperienza di questo concerto tocca nel profondo e lascia il segno, e il Ravenna Festival riesce pienamente nel suo intento di diffondere la cultura della musica classica in maniera fresca, leggera, lontana dagli stereotipi di genere. I ragazzi della Cherubini abbattono i pregiudizi nei confronti della musica sinfonica a colpi d’archetto, con l’entusiasmo e la passione propria di chi vive un sogno: far parte di una grande orchestra, diretta da uno dei sommi maestri della musica classica contemporanea.