Andrea Liuzzi di Beautiful Losers: “è assolutamente importante realizzare un percorso creativo con l’artista”
Beautiful Losers dichiara di essere un’etichetta molto indipendente cui piacciono le chitarre spaziali, la voce senza autotune, i campionamenti con un’anima, le copertine disegnate.
È un’etichetta cui piacciono i concerti con poche persone zitte e sedute sul pavimento e le canzoni che sono viaggi dolorosi, fantastici, euforici, e le collaborazioni. Ne abbiamo voluto parlare con Andrea Liuzzi, founder e direttore artistico della label.
Quando e perché nasce Beautiful Losers?
La nostra è una storia recente perché nasciamo circa tre anni fa. Sono un musicista e ho passato molto del mio tempo a autoprodurre la mia musica poi, nel tempo, ho iniziato a collaborare con altri musicisti e a produrre la loro musica.
Nel momento in cui mi sono reso conto che avevo tra le mani dei dischi molto belli realizzati da persone che sentivo molto vicine e, soprattutto, la cui musica era in linea con il mio pensiero, mi sono reso conto che sarebbe stato un roster ideale per una label che mi sarebbe piaciuto seguirli anche nella pubblicazione dei loro lavori.
Tutti noi avevamo avuto, sino a quel momento, i classici problemi con le etichette cui ci rivolgevamo per pubblicare i nostri lavori, problemi che sfociavano, alla fine, in una non pubblicazione.
Lì è nata forte l’idea di Beautiful Losers, una label con una forte identità perché tutti progetti sono cantati in lingua inglese e sono progetti che si rivolgevano alla cosiddetta indie internazionale.
L’altro tratto comune è che tutti i progetti sono prodotti artisticamente da me e sono caratterizzati da un sound riconoscibile.
Da dove nasce il nome della label?
Beautiful Losers è il titolo del secondo romanzo di Leonard Cohen. È stata una rivelazione perché non è facile trovare un nome quando lo cerchi.
Tra i miei libri c’era questo di Cohen e mi è passato davanti agli occhi. Da un lato è un omaggio a Cohen dall’altro il termine stesso losers, che significa perdenti, mi apriva un universo che si apriva agli anni ’90, ad una generazione della quale ci sentiamo figli.
Al di là dei generi, qual è lo stile della tua label?
C’è un minimo comun denominatore ossia una sorta d’intimità anche nel caso dei gruppi più rock. Tutti progetti che abbiamo realizzato appartengono ad artisti che utilizzano la musica per esplorare il loro universo interiore in un range musicale che va dall’alternative, quindi più chitarristico, sino all’elettronica, più atmosferica e sognante.
Quali sono i servizi che forniti agli artisti che entrano a far parte del vostro roster?
Per scelta lavoro alla produzione artistica dei dischi, scelta che ci distingue da molte altre etichette che acquisiscono prodotti già realizzati e si occupano solo della pubblicazione, della relativa distribuzione e che vendono all’artista servizi promozionali.
Per me è assolutamente importante realizzare un percorso creativo con l’artista. Ogni disco che porta il marchio Beautiful Losers per me è come un figlio: l’ho visto nascere, l’ho aiutato a crescere e ad affacciarsi al mondo, quello musicale ovviamente.
Oltre alla produzione artistica, compreso il videoclip, le foto e quant’altro serva per definire e stabilizzare il branding dell’artista, ci occupiamo anche della promozione, attraverso le webzine, Spotify e le radio.
Per ora ci muoviamo ancora in maniera abbastanza semplice sul fronte dei live, anche a causa della pandemia, e non abbiamo una struttura di booking complessa.
Scelte per la distribuzione?
Oggi, fortunatamente, è possibile utilizzare i servizi di streaming. Nel caso di artisti che fanno la scelta di realizzare CD o vinile, non abbiamo ancora una rete diffusa di distribuzione nei negozi e ci affidiamo a Bandcamp e allo store diretto, attraverso la vendita per corrispondenza.
Quasi metà della vita della tua label è stata vissuta dovendo fare i conti con la pandemia. Com’è andata?
Fortunatamente, anche grazie alla scelta di produrre nel nostro studio interno e di lavorare non con gruppi ma con singoli artisti, siamo riusciti a realizzare quello che era nei nostri piani.
Alcuni dei nostri artisti, peraltro, non hanno come obiettivo primario l’esibizione live e questo ci ha aiutato moltissimo. Per assurdo, proprio in questo periodo, la diffusione della musica è diventata principalmente online, ambito in cui ci muoviamo con disinvoltura.
Quali sono le cosiddette punte di diamante del tuo roster attuale?
Parliamo degli artisti che sono in uscita nei prossimi mesi perché ritengo che si tratti di progetti molto interessanti.
Inizierei con il debut album di About Blank, un artista pugliese che, come sonorità, è molto vicino ai Bon Iver, il gruppo di Justin Vernon, ossia all’indie-folk molto atmosferico e malinconico.
È in uscita anche il nuovo disco di Matt Mun, un progetto che lo vede molto cresciuto rispetto ai suoi esordi che tesse un mondo più legato al dream-pop e al synth-pop con una forte componente anni ‘80.
Poi c’è Roscos, un artista che aveva già pubblicato il suo esordio con un’altra label e che sono molto soddisfatto di avere oggi nel mio roster. Il suo è un lavoro con influenze che si muovono nell’ambito dell’alternative rock, con alcune contaminazioni elettroniche, richiami agli anni ’80 e con un respiro molto cupo. Il concept del progetto è molto interessante perché è legato alla “Divina Commedia”.
Cosa deve fare un artista per proporvi la sua musica?
Il mio ideale è ricevere demo da sviluppare insieme, perché ritengo che questa sia la vera ragion d’essere dell’etichetta. È chiaro che, in presenza di un progetto più strutturato ma evidentemente forte e stimolante, il mio interessa scatta ugualmente.
Per me è però importante continuare una narrazione musicale che fino ad ora ci ha caratterizzato e al suo interno c’è necessariamente l’uso della lingua inglese. Per proporsi è sufficiente contattarci tramite il nostro sito all’indirizzo https://www.beautifullosers.net/about.
Un piccolo sogno, Andrea: chi ti piacerebbe produrre come Beautiful Losers?
Sono molto soddisfatto del lavoro fatto, in termini di produzione, con Edda, nome d’arte di Stefano Rampoldi, cantautore italiano ed ex voce dei Ritmo Tribale, progetto che però, essendo cantato in italiano, non è stato pubblicato dalla mia label.
Mi piacciono molto gli Any Other, Birthh e i Be Forest. Ecco, questi sarebbero la tipologia di artisti che erano nei miei pensieri quando decisi di avviare il progetto Beautiful Losers ed è ovvio che mi piacerebbe averli nel mio roster.