Auto-analisi, catarsi, una rinnovata energia (anche nella formazione): sono gli ingredienti dell’ultimo album della rock band di Manuel Agnelli, che ha raccontato il dolore in musica per cominciare la rinascita.
«La musica per noi è la possibilità di sublimare ciò che è successo, come catarsi e anche come forma di auto-analisi. I pezzi che facciamo sono spesso pesanti e oscuri perché servono a liberarci dalle tossine. È una fortuna per i musicisti poter mettere queste tossine in musica e liberarsi dal dolore che altrimenti ti tiene in gabbia». Vale più che mai per gli Afterhours, spiega Manuel Agnelli a proposito del loro ultimo album, “Folfiri e Folfox”, in uscita il 10 giugno per la Universal Music Italia.
Un doppio disco di diciotto canzoni che esce a distanza di 4 anni dal precedente, perché «Facciamo un disco solo se abbiamo qualcosa da dire – racconta Manuel, che recentemente ha perso il padre, appena ritrovato dal punto di vista affettivo, a causa di un tumore – Siamo molto legati alla nostra vita, per cui non facciamo un disco ogni anno. La funzione di un gruppo come il nostro è quella di raccontare storie che altri non raccontano, usando un linguaggio che altri fanno più fatica ad usare. È un disco che parla di cose pregne, abbastanza pesanti. È a tratti ostico, ma secondo noi è un disco con un senso non solo estetico, perché racconta appunto le nostre storie».
La storia della malattia si riflette perfino della titletrack, “Folfiri o Folfox” che non è uno scioglilingua ma il nome di due farmaci chemioterapici. Manuel, che ammette di essersi sentito come un bambino abbandonato e nel contempo obbligato a diventare definitivamente adulto, ha scritto i testi, portando inevitabilmente la propria visione in un album che, però, rappresenta tutti gli Afterhours, nell’attuale formazione – con Stefano Pilia, chitarrista dei Massimo Volume e Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, al posto rispettivamente di Giorgio Ciccarelli e Giorgio Prette.
Dice infatti Rodrigo D’Erasmo: «Il cambio di line up ha influenzato non poco lo sviluppo di questo album, i cambi di formazione sono quasi sempre stati una molla scatenante nella storia degli After, generando energia che porta a rimettersi in discussione e spostare l’asticella nella scrittura, nella sonorità, arrangiamenti. Non volevamo perdere ciò che avevamo conquistato con “Padania”, perché ci eravamo spinti abbastanza in là nel nostro discorso di sperimentazione sonora e stravolgimento di scrittura canonica della forma canzone. Qui abbiamo cercato di andare ancora oltre in termini di suono e scrittura, che è tornata a una comunicazione più scoperta. Siamo stati tutti coinvolti in una messa a nudo che rende il disco più immediato dal punto di vista comunicativo. “Folfiri o Folfox”, per le tematiche che abbiamo deciso di affrontare, è sicuramente un disco più caldo di “Padania” e più sentito, ci tocca in maniera più profonda».
I testi, pregni ma comunicativi, sono arrivati dopo la musica e questo, spiega il cantautore degli Afterhours, è stato il tocco segreto dell’album: «In questo disco i testi erano centrali, più ancora che in passato, però non volevamo esplicitare in maniera sinistra, infatti la musica è nata prima. Abbiamo quasi finito l’album (senza arrangiamenti e mixer) prima che scrivessi il primo testo. Questo ci ha aiutato a non fare un disco troppo scuro, non volevamo fare un disco auto-compiacente e “piangino”, perché c’era molta energia e voglia di reagire. È un album che non parla solo di morte e di malattia, ma di reazione alla malattia, è un album che parla anche di chiusure di cerchi, di liberarsi di quello che hai dentro per poter ripartire, perché anche se le cose sono finite, finché non te ne liberi interiormente,ti tengono legato a una certa visione. La musica mi ha aiutato molto a scrivere i testi in una certa maniera, lasciandomi la libertà di essere pesante dove volevo esserlo ma una via da seguire più energica e leggera. Se avessi scritto prima i testi sarebbero state tutte ballate lente e molto oscure, l’album sarebbe stata l’elaborazione di un lutto. Parlo di cose mie private, ma c’è stato molta ricerca da parte di tutti, sul tipo di linguaggio da usare, cosa raccontare e cosa no, c’è stato un lavoro di grande complicità, molto bello. È il senso di tutto il disco, la rinascita è questa: partire da cose negative e trovare una nuova energia».
Energia che vedremo sul palco, con il tour che parte l’8 luglio da Genova; energia che Manuel Agnelli porterà nella giuria di X Factor 2016, alla faccia di tutte le polemiche che l’hanno investito all’annuncio di Sky e del rischio di «fare la scimmietta in gabbia», volendo trasmettere al grande pubblico, con un esempio concreto, che la reazione e la volontà di cambiare le cose passa anche dalle piccole cose e non dalle rivoluzioni di altri.
Alla fine della presentazione di “Folfiri o Folfox” si legge: «Voglio essere felice e non me ne frega più un cazzo se è la cosa più banale del mondo». Eccola, l’anti-reazione della band di Manuel Agnelli, che spazia dalla condizione esistenziale alle etichette musicali, troppo strette e forzate per descrivere lo spirito reazionario degli Afterhours: «Ho sempre voluto essere felice, ma nel mio ambiente sono in tanti a fare i maledetti perché è affascinante, ma non ci riguarda. A noi piace il pop, ma siamo stati chiusi in una gabbia, è uno dei limiti da cui vorrei uscire: facciamo musica in modo libero, non dobbiamo rendere conto a tavole della legge o assemblee di farisei che decidano se siamo adatti. Un conto è essere criticati perché non piace una cosa, un conto è essere criticati perché una cosa non ci riguarda. Non voglio che mi si dica a cosa sono adatto o meno. Se poi non sono in grado di fare una cosa è un conto, ma tutto mi riguarda. Io voglio fare pop, voglio avere la libertà di fare cose che escono dall’immaginario che le persone hanno di noi. Altrimenti si diventa prevedibili e questa per un gruppo rock è la morte. Non vogliamo fare musica pop, facciamo ciò che vogliamo, ma ci sono anche spazi interni in cui ci piacerebbe fare incursioni, nel pop, che intendo come Elvis Costello o i Blur, è pop intelligente».
Tracklist di “Folfiri o Folfox”
Disco 1
01. Grande
02. Il mio popolo si fa
03. L’odore della giacca di mio padre
04. Non voglio ritrovare il tuo nome
05. Ti cambia il sapore
06. San Miguel
07. Qualche tipo di grandezza
08. Cetuximab
09. Lasciati ingannare (una volta ancora)
Disco 2
01. Oggi
02. Folfiri o Folfox
03. Fa male solo la prima volta
04. Noi non faremo niente
05. Né pani né pesci
06. Ophryx
07. Fra i non viventi vivremo noi
08. Il trucco non c’è
09. Se io fossi il giudice.