Quante emozioni nella serata delle cover. Ecco come è andata
Cover, più che un evento fuori dall’ordinaria tradizione sanremese, ormai sono una consuetudine della kermesse. Dal 2004 infatti le cover sono ad appannaggio della terza o della quarta serata. Una volta ripercorrono i grandi successi sanremesi, un’altra volta le canzoni d’autore, piuttosto che i brani simbolo dell’unità nazionale. Qualunque siano la tematica e il titolo della serata dedicata, quella delle cover è da 18 anni la più curiosa. Eppure altresì quella che da sempre divide il pubblico.
Raramente si sono ascoltate interpretazioni all’altezza dei brani originali. Tanto che a posteriori ci si è spesso chiesti che senso avesse allungare il brodo a 5 appuntamenti. Quest’anno è diverso. Sanremo 2022 regala cover importanti e ben interpretate. Varrebbe la pena di creare un album solo di quelle. Peccato che questa volta non ci siano limiti, né per la tematica né per la lingua.
I cantanti portano cover italiane e straniere indistintamente, scegliendo se cantarle in duetto, in gruppo o da solisti.
Alla faccia del Festival della Canzone Italiana.
Così Sanremo si è completamente allineato (verrebbe da dire assoggettato) al meccanismo comune dei talent, che hanno fatto delle cover il loro punto di forza.
Solo che nei talent non hanno inediti da proporre e non si può fare altrimenti. Qui sarebbe più bello ascoltare le canzoni nuove. Quel che è peggio è che i brani hanno ottenuto un punteggio che fa media con la classifica generale. Ma non era il Festival della Canzone? Così invece si premia il cantante. I più talentuosi, o in qualche caso i più ruffiani, rischiano così di spostare i destini della graduatoria. Ha oggettivamente poco senso nell’ottica della gara. Ma, come detto, quelle di quest’anno sono quasi tutte cover di livello. E ne emerge la serata meno inedita e altresì più emozionante, ricca di grandissimi ospiti.
Ad aprire è Noemi, che non cade nella tentazione dell’imitazione di Aretha Franklin cantando You make me feel like A Natural Woman. Si parte subito, così, con un’eccellenza. Poetici quanto popolari Truppi e Vinicio Capossela omaggiando De Andrè. Se Yuman pecca di presunzione nella cover di My way, non vanno molto meglio Le Vibrazioni cantando Paul Mc Cartney. Tuttavia, la serata (sempre sui ritmi veloci a cui siamo ormai abituati quest’anno) torna presto sui livelli che ama esprimere. Lo fa con Sangiovanni, che con una gigantesca Fiorella Mannoia interpreta A muso duro, proprio nel ventesimo anniversario della morte ottantesimo della nascita) di Pierangelo Bertoli. Emma e Francesca Michielin continuano a divertirsi, stavolta con un brano simbolo di Britney Spears. E questa volta sono solo applausi da tutti anche per la Michielin.
Alle 21.40 la grande sorpresa della serata: torna a Sanremo, dopo tanti anni, Jovanotti.
Lui e Gianni Morandi fanno un medley di quattro loro successi: forse un po’ autoreferenziali, ma consapevoli di aver contribuito alla storia della musica.
È uno dei momenti più alti di televisione: Techetechetè potrà pescare parecchio materiale da questa serata.
Si torna alla musica straniera con Elisa che, in effetti, aveva cominciato la carriera proprio cantando in inglese. Ecco perché non sembra così straniante, ma piuttosto una preziosità sentirla cantare What a feeling, la colonna sonora di Flashdance. Certo, il videomessaggio di saluto di Moroder profuma un po’ troppo di trasmissione defilippiana. Ecco cosa rischia di compiere la serata delle cover.
Achille Lauro prova a rovinare Sei bellissima, ma la sua interprete originale Loredana Bertè lo riesce a evitare. Emozionante e da brividi Matteo Romano con Malika Ayane mentre canta Elton John. Imperfetti Irama e Grignani, ma La mia storia tra le dita è talmente popolare da andare bene sempre e comunque. Ditonellapiaga e Rettore sembrano interpretare la canzone su misura per loro: Nessuno mi può giudicare. L’energia pura di questo Festival che canta uno dei brani più energici di sempre: sublimi.
Iva Zanicchi si porta a casa la terza standing ovation in tre giorni.
Ricorda Milva, quella che in tanti definivano la sua rivale quando tra Aquile di Ligonchio, Tigri di Cremona e Pantere di Goro, Sanremo sembrava uno zoo. Il brano che sceglie è Canzone, quello che segnò la fine del sodalizio tra Celentano e Don Backy,
Ana Mena è quasi perfetta quando canta da sola Il Mondo, sicuramente più di quando completa il medley con Rocco Hunt. Divertenti e amalgamati, ma potevano scegliere canzoni più emozionanti. Lezione di musica de La Rappresentante di Lista che creano un vero complesso insieme a Margherita Vicario, Cosmo e Ginevra: tutti insieme per Be my baby.
Canonici, ma inattacabilmente puntuali, Ranieri e Nek che cantano Pino Daniele. Struggente come sempre Michele Bravi nei panni del Battisti più malinconico. E poi arrivano loro: Mahmood e Blanco. Già si sentono vincitori, permettendosi licenze che altri non oserebbero come per esempio entrare in scena al fianco del conduttore, prima che lo stesso li presenti. Devono ancora essere proclamati campioni e già si comportano con eccessiva presunzione: qualcuno dica loro che questo atteggiamento non giova. Cantano Il cielo in una stanza sfruttando quei falsetti che li hanno portati a guidare la classifica generale fin qui. Piacciono, ma l’applauso è più tiepido di quello che ci si immaginava.
Evidentemente chi vota da casa ha un’idea diversa: arrivano secondi nella serata cover.
Ma è chiaramente un voto a prescindere dall’esibizione.
Rkomi più che omaggiare fa un minestrone (cotto malissimo) di Vasco Rossi anni ’80. Se lo fa a petto nudo, purtroppo per lui, non è nemmeno trasgressivo: bastava guardare la prima serata per evitare di indossare lo stesso terribile (s)costume di Achille Lauro.
L’emozione di Aka 7even con Arisa (già ospite due sere fa) arriva nell’interpretazione di Cambiare di Alex Baroni. Highsnob e Hu sono fortissimi quando cantano Tenco (Mi sono innamorato di te); peccato che le strofe più importati siano anticipate da un rap fuori da ogni contesto.
Dargen D’Amico fa diventare La bambola qualcosa di dance e fa venire voglia di discoteca. E’ indubbiamente un personaggio, a Sanremo per giocare prima di tutto. “Domani sono confermato?”, chiede laconico ad Amadeus, ben sapendo che non vi sarà eliminazione. Ferreri tocca corde mai osate in Io vivrò senza te, e sembra già un brano del suo repertorio.
Moro si esprime in Uomini Soli dei Pooh, con quell’intensità che non finirà mai di lasciarci a bocca aperta. Tananai riesce a mettere del rap inaudito su A far l’amore comincia tu, canzone che peraltro ebbe già un remix di successo.
Se vuoi omaggiare Raffaella lo devi fare in un certo modo, così è una ruffianata per prenderti i meriti di aver ricordato la Carrá.
Le hai rovinato una canzone però…
Probabilmente qualche voto se lo prende sulla fiducia, ben prima dell’esibizione all’una di notte. Ecco, quello degli orari è un altro problema delle cover. Come si può votare un’interpretazione mai sentita prima d’ora? Impossibile. Ma è altresì impossibile che a fine serata siano connessi su Raiuno gli stessi spettatori delle 21. Dunque si vota a sentimento, credendogli sulla parola.
Cos’altro resta della serata? Maria Grazia Giannetta è spigliata e simpatica. Il suo sketch che si serve di titoli di canzoni famose è qualcosa di leggendario. Non solo: la ragazza, al contrario di altre, si è almeno presa la briga di prepararsi. Sa come comportarsi sul palcoscenico e cosa fare. Jova torna per l’amico Amadeus, ma per quanto entusiasmo ci metta risulta noioso. Canta Che sarà col pubblico, quando avrebbe tutto un repertorio da sfruttare. Sorprendente Lino Guanciale, bravissimo anche a cantare. Ancora originali i Pinguini Tattici Nucleari, ospiti sulla crociera della Berti.
La serata viene vinta da Morandi che sale al secondo posto nella generale. Elisa (terza nelle cover) scende al terzo. Ormai il Festival sembra nelle mani di Mahmood e Blanco, il televoto continuerà a premiare la somma delle preferenze di due interpreti contro quelle di una solista.