Kiev pensa all’edizione 2023, l’Italia può fare i bilanci della sua kermesse, positiva su almeno quattro livelli
Per la prossima edizione dell’Eurovision Song Contest si è già candidata Kiev. La capitale ucraina aveva già ospitato la kermesse musicale nel 2005 e nel 2017, dimostrando attenzione e rispetto per la tradizione della manifestazione.
Certo parlarne ora è molto presto, specie per la situazione attuale dell’Ucraina che tutti conosciamo. Tuttavia va detto che questa candidatura di Kiev è un buon segnale di speranza. L’Ucraina non solo non si abbatte, ma guarda già oltre tutte le questioni politiche pensando all’Eurovision 2023.
Kiev ci vuole essere e vuole farlo da subito, proprio cinque anni fa.
La Rai si è già detta disponibile ad aiutare l’Ucraina per l’organizzazione. Nel frattempo si possono tirare le somme di quello che ha significato l’Eurovision 2022.
Partiamo dalla questione sociale. La pandemia sembra già appartenere alla preistoria, eppure le mascherine obbligatorie in certi ambienti ci ricordano il recente passato rendendolo ancora attuale. Non era scontato insomma ipotizzare una kermesse di così largo successo dopo due anni di fermo. Non eravamo più abituati a vedere allestiti palcoscenici del genere. Diciamolo pure, ora che è tutto finito: il rischio di farsi trovare impreparati era alto e la paura di ripetere la figura internazionale del 1991 era alta. Siamo rimasti stupiti tutti. Il senso sociale di questa edizione torinese è stato altissimo.
Finalmente abbiamo rivisto tanto pubblico tutto insieme nel palasport come nelle strade.
Ricordiamoci che persino a Sanremo, quest’anno, c’erano ancora molte limitazioni. I cantanti rilasciavano interviste solo chiusi negli alberghi. I tamponi erano il necessario test di ingresso per partecipare alle conferenze stampa. Insomma fino a pochi mesi fa abbiamo vissuto un clima che oggi sembra inverosimile. Ecco perché Torino 2022 ha dato una svolta, ricordandoci quanto fosse bello vivere certi eventi.
Parliamo quindi della questione morale. In un periodo come questo, in cui il mondo ha gli occhi rivolti a quanto sta accadendo in Ucraina, una partecipazione così ampia è stata una boccata d’ossigeno. Kiev ha ragione a candidarsi per il prossimo anno dimostrando di non avere paura. Sentimento d’altronde inevitabile ma che si sconfigge guardando oltre, senza impedire di sognare. Ecco, a Torino il pubblico ha sognato dimenticando per qualche giorno quanto stesse accadendo a Kiev e dintorni. E quel voto popolare che ha dato la vittoria alla Kalush Orchestra, pur non c’entrando nulla con la musica (la canzone non era indimenticabile), ha un’importanza morale di grande impatto.
Non possiamo sottovalutare la questione economica.
A Torino sono arrivati oltre 220 mila turisti. La città per l’occasione ha potuto rinnovare la sua immagine, uscendo dal luogo comune che la vuole quale metropoli di sole industrie. Torino ha potuto così incrementare il suo turismo, già forte con numerose fiere ma ora popolare anche televisivamente.
Si è stimato un ricavo pari a sei/sette volte l’investimento.
E anche questo è uno dei motivi principali per cui è fondamentale portare l’Eurovision a Kiev il prossimo anno.
Un Paese intero deve poter ripartire con una ricostruzione forte. Certo, fingere che non stia accadendo nulla è sbagliato, ma la speranza non può morire a un anno dall’evento.
Infine la questione musicale. Non accadeva da otto anni, quando aveva vinto Conchita Wurst, che una canzone non italiana entrasse nelle graduatorie delle classifiche Fimi. La Kalush Orchestra, con Stefania, si è portata al trentatreesimo posto dopo la prima settimana. Non male, considerando che storicamente noi italiani tendiamo a disinteressarci dei successi europei della kermesse. In tutto questo, Brividi è la canzone più scaricata dell’edizione nella maggior parte dei Paesi partecipanti. Un motivo di orgoglio azzurro.
Torino 2022 ha dato importanti segnali almeno sotto quattro aspetti. Ora non resta che attendere Kiev.