Francesco Sacco “B – Vita, Morte, Miracoli”, il mio viaggio introspettivo in musica
Il 19 maggio è uscito “B – Vita, Morte, Miracoli”, il terzo lavoro in studio di Francesco Sacco cantautore, compositore e producer milanese, resident al Plastic di Milano, fondatore di Cult Of Magic, collettivo di performer e musicisti basato a Milano che fonde diversi linguaggi e pratiche artistiche.
Pensato come completamento del precedente “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”, il nuovo “B – Vita, Morte, Miracoli” è un nuovo modo di vivere e condividere musica nelle sue declinazioni artistiche trasversali, un album improntato meravigliosamente sulla sperimentazione, che vede la fusione tra cantautorato, techno e citazioni classiche.
A livello tematico, diversamente dal primo capitolo del progetto che era un disco impregnato di critica sociale e di temi di attualità, indaga l’interiorità, i sentimenti e la magia in uno stimolante viaggio introspettivo.
Sicuramente il live rappresenta un momento in cui godere appieno questo lavoro: appuntamento quindi il prossimo 31 maggio nella splendida cornice dei giardini di Triennale Milano (Viale Emilio Alemagna, 6), dove Francesco presenterà l’album, una serata che trasformerà il giardino di Triennale Milano in un club a cielo aperto,
Francesco, puoi descrivere il processo creativo che ti ha portato a fondere cantautorato, techno e citazioni classiche nel tuo nuovo album “B – Vita, Morte, Miracoli”? Quali sono state le principali sfide e ispirazioni durante la creazione di questo lavoro?
“B. Vita, Morte, Miracoli” è un lavoro molto stratificato, come si può immaginare dalle influenze che lo caratterizzano, che sono tante e molto diverse fra loro.
Il cantautorato è la forma attraverso la quale mi esprimo praticamente da quando ho iniziato, ma ricevo anche molte ispirazioni che vengono da fuori, come, appunto, la techno o la musica classica.
Diciamo che ho deciso di mettere in secondo piano la coerenza in funzione dell’eclettismo, scelta che ho trovato sicuramente più stimolante in fase di creazione, ma che mi appaga di più anche come ascoltatore: siamo di fronte ad un momento di crisi dei generi musicali, delle categorie e delle barriere in generale, trovo quindi che il prodotto debba essere più liquido innanzitutto a livello di processo creativo.
“B. Vita, Morte, Miracoli” è un album che indaga l’interiorità, i sentimenti e la magia. Qual è stato il tuo intento principale nell’esplorare queste tematiche e come hai cercato di trasmettere tali concetti attraverso la tua musica?
È stata una scelta molto naturale: mentre il suo predecessore “A – Solitudine, Edonismo, Consumo” parla soprattutto del mondo che sta fuori, quindi è pieno di idee, descrizioni e racconti sulla società, sul sistema e su tutto ciò che sta fuori di noi, quando ho approcciato la scrittura di “B” mi è venuto spontaneo tornare dentro di me, e mettere queste tematiche in relazione con l’individuo.
Il live del tuo nuovo album si terrà nei giardini di Triennale Milano. Qual è il significato di questo luogo per te e come pensi che l’atmosfera del concerto si mescolerà con le sonorità techno e le performance di Cult of Magic?
Triennale Milano è un’istituzione che mi ha sempre supportato e che stimo moltissimo a prescindere dal rapporto fra noi.
Offre alla città una proposta artistica a 360 gradi che va dall’architettura al teatro, dal design alla musica, quindi sicuramente è già l’ambiente a suggerire un abbattimento delle barriere di genere in virtù di una visione di arte totale.
Sarà un bellissimo esperimento e sono molto curioso del risultato: il medium del concerto spesso rischia di prendere delle derive molto revival, mentre il club è un mondo fresco, spontaneo e non filtrato.
Sarà molto stimolante mettere in relazione divertimento e arte, musica techno e testi cantautorali, pattern già scritti e improvvisazione.
Come hai vissuto l’evoluzione del tuo percorso musicale, passando da autore e produttore per altri artisti a cantautore e polistrumentista?
Sicuramente lavorare per altri mi ha insegnato moltissimo: lavorare sulle proprie cose è sempre molto delicato, si rischia di perdere in fretta un punto di vista oggettivo, quindi in questo senso dedicarsi a sviluppare il materiale di altri fa molto bene, perché crea una pratica che, se riesci ad assorbire, torna utile a non perdere la bussola quando lavori a cose tue, nelle quali ovviamente l’oggettività del risultato rischia di perdersi in un mare di segni personali e di affezione al contenuto.
Il collettivo di arti performative “Cult of Magic” ha svolto un ruolo importante nel tuo percorso artistico. Puoi parlarci di come è nato il collettivo e come si integra con la tua musica? Quali sono le sinergie tra le diverse discipline artistiche rappresentate all’interno del collettivo?
Ho fondato Cult of Magic prima ancora di iniziare a lavorare nell’arte e nella danza contemporanea: immaginavo un luogo nel quale discipline diverse si potessero fondere senza stare troppo a riflettere sul risultato, sulla scena e sulla vendibilità del prodotto.
L’idea era quella di creare un contenitore a prescindere dal suo contenuto, un luogo di libertà. Poco dopo ho conosciuto Giada Vailati e Samira Cogliandro, e con loro la danza contemporanea. Ho iniziato a firmare direzioni musicali, poi regie e infine spettacoli interi.
Lavorare nel campo del teatro e della danza contemporanea mi ha insegnato a dare moltissimo peso alla drammaturgia, mentre credo di aver portato in quei campi un tocco più pop, più violento ed immediato.
Articolo a cura di Alberto Nano