Ispirato da maestri come Dalla e De Gregori e citando De André nel testo, Cortellino ci comunica che mediante la potenza dell’amore si può uscire fuori dai guai
Enrico Cortellino cantautore di Trieste, cresciuto con gli strumenti musicali tra le mani, ci offre una riflessione onirica ancorata alla realtà, una descrizione di un attimo di follia in cui l’amore prende il sopravvento nella nostra vita, rendendoci euforici e pieni di energie. Con un sound tipicamente anni ’70, la traccia si inquadra in un’atmosfera particolare, in cui l’amore viene descritto come un’ancora in grado di salvarci dai guai che pervadono il mondo.
Vorrei aprire questa intervista riavvolgendo un po’ il nastro del tuo passato. Quando e come è iniziata questa tua passione per la musica?
Fin da piccolissimo ricordo che avevo già una batteria e un organo giocattolo ed ero stimolato dal fare musica, anche influenzato da mia zia che era pianista. Poi ho ritrovato una chitarra vecchia di mio padre in cantina e ho cominciato a strimpellare. Quando frequentavo la scuola, mi ha comprato sia la chitarra elettrica che quella acustica.
Quando hai scritto la tua prima canzone?
Sono sempre stato un creativo, nei primi tempi più che vere e proprie canzoni componevo delle prove di espressione d’emozioni, ho fatto anche alcune demo. Le prime canzoni che si possono definire tali risalgono all’età di 25 anni circa, registrate alle SIAE e pubblicate ufficialmente. La prima produzione ufficiale è datata 2007.
Prima il tuo pseudonimo era “Cortex”: come mai hai deciso di cambiarlo?
È una questione d’identità. Di cognome faccio Cortellino e quindi ho optato per questa scelta. “Cortex” era lo pseudonimo di mio nonno che faceva i quadri e ci ero legato emotivamente, però alla fine alla SIAE già risultava un gruppo anni ’70 che faceva rock psichedelico, io ero ignaro di tutto ciò quindi ho dovuto cambiarlo a causa di questa incongruenza. Da quando ho cambiato, ho cominciato ad ammorbidire il sound anche per testimoniare questa mia evoluzione sotto il punto di vista strumentale.
Ci racconti la genesi de “Il mondo pieno di guai”?
È un brano nato molto tempo fa, è una riflessione sulla realtà e su come l’amore ti può cambiare da un momento all’altro. All’interno del testo c’è anche un’importante citazione di De André, ossia “voglio lasciar scoprire”: ho voluto prediligere un sound anni ’70 che richiami quello dei Banana Republic, un tour fatto all’epoca da De Gregori e Dalla insieme negli stadi. Ho voluto ricreare quell’ambiente particolare con delle sonorità old style.
Per te Dalla e De Gregori sono fonti d’ispirazione?
Assolutamente sì, sono pietre miliari della storia del cantautorato italiano che mi hanno influenzato notevolmente. Ho fatto anche la cover di Caruso.
Questo stile anni ’80-’90 te lo porti ancora dietro oggi?
Mi porto dietro tutto quello che mi piace e che mi ha influenzato. Alcuni amici, ad esempio, mi hanno fatto notare che nei miei testi ricorre sempre il mare, non me ne ero mai accorto ma poi ho realizzato quanto fosse vero.
Cosa vuoi comunicare con il tuo ultimo singolo?
La potenza dell’amore perché al giorno d’oggi è una cosa sottovalutata; se ci pensi il mondo è pieno di guai effettivamente, ma grazie all’amore si può uscirne fuori. Sono del parere che è meglio che ci rovini l’amore anziché ci roviniamo noi con le nostre mani. Inoltre, questa traccia una volta aveva un altro titolo, si chiamava “La testa tra le nuvole” e l’avevo fatta uscire nel 2012. Ho voluto fare una ri-edizione cambiando l’intro perché era un po’ stucchevole. È un brano molto sentito dal mio pubblico, me la chiedono sempre. L’ho rifatta 2.0 dopo tanti anni dalla prima pubblicazione perché volevo rinnovarla.
Ho letto che nel testo fai riferimento al buio, alla solitudine e alla disperazione. C’è una canzone in particolare che ascolti quando sei in difficoltà?
Sì, quando voglio piangere mi ascolto “Since I’ve Been Loving You” dei Led Zeppelin. C’è quel meraviglioso assolo che mi ricorda quei momenti in cui devo sfogare il mio animo.
Ci spieghi la scelta di utilizzare l’intelligenza artificiale nel videoclip del brano?
Questo singolo fa parte di un EP che contiene anche un altro singolo già uscito dal titolo “Rivoluzione digitale”; è un concept che voglio portare avanti, ovvero realizzare l’intero progetto con l’ausilio dell’intelligenza artificiale. Il risultato che ne è venuto fuori l’ho trovato molto psichedelico. Il videoclip non è un qualcosa che ho manipolato in prima persona ma mi sono trovato subito molto d’accordo con questa scelta e mi è piaciuta.
Con “Rivoluzione digitale” mi hai servito un assist: mi aggancio a questo binomio per chiederti che rapporto avete tu e i social?
Amore e odio, io sono un po’ un orso da questo punto di vista. Sono una persona alla quale piace stare isolata e farsi i fatti propri. Ad oggi noi musicisti ci svegliamo sui social quando dobbiamo annunciare o pubblicare un nuovo contenuto. Personalmente mi leva tempo ed energia stare dietro ai canali social. All’età di 40 anni mi dà anche un po’ fastidio questa situazione.
Qual è la tua canzone biglietto da visita?
Direi “Viversi per comprendersi”, un brano che risale al 2014.
E invece il verso di una tua canzone che ti racconta meglio?
Bella domanda! Ti direi un verso in “Elettra” che parla della libertà:
«Io mi son chiesto che cos’è la libertà
È non dipendere da nessuno
Se no finisce in schiavitù
Siamo tutti dipendenti dalla società
È una cosa che non puoi capire
Forse la puoi immaginare
Se non hai più il tempo nemmeno per respirare
Amico fermati a pensare
Guarda che bello è il mare»
Che valore pensi abbia attualmente la libertà?
Non dipendere da nessuno, la libertà è tutto nella vita. È un diritto, un qualcosa a cui tutti dobbiamo ambire con le stesse possibilità.
Se non avessi fatto il musicista cosa avresti fatto nella vita?
Credo che avrei fatto il cuoco, è una cosa che mi è sempre piaciuta fare fin da piccolo.
Qual è il tuo più grande sogno musicale?
Mi piacerebbe fare tanti live nei teatri. Quando mi è capitato di suonare nei teatri è uscita fuori sempre una roba meravigliosa perché la gente è lì per te e ti dà attenzione. Al teatro si spengono le luci e si accede a un livello di concentrazione molto elevato.
C’è un artista con il quale ti piacerebbe duettare?
Sicuramente Bennato.
Hai già dei programmi precisi per il futuro?
Nel futuro prossimo stiamo per pubblicare altri singoli e un EP che li racchiuderà tutti.
Articolo a cura di Simone Ferri