Tommaso Imperiali: “Le lune di Giove”, la dolcezza di chi, di fronte alla rassegnazione, si aggrappa per un ultimo lungo istante alle illusioni condivise, cercando bellezza persino nel dolore e nell’addio
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Tommaso Imperiali è un giovane cantautore comasco che dall’età di 16 anni suona con il gruppo dei Five Quarters, di cui è frontman e chitarrista. Il suo curriculum conta 150 live all’attivo, molto energici e con un sound caratteristico che permettono alla band di creare un rapporto sempre più vivo con un pubblico numeroso, diventando una delle realtà più seguite della scena musicale locale. Il suo nuovo singolo è una ballad intrisa di malinconia e speranza che esplora la delicatezza di un rapporto che tenta di resistere, anche quando tutto intorno sembra crollare. Il brano si chiude dando una risposta alla domanda di apertura “Ne vale ancora la pena?”; come le lune di Giove che si scaldano a vicenda per sopravvivere, così anche gli esseri umani sembrano trovare la forza solo restando vicini, continuando a viaggiare insieme, anche a costo di illudersi e soffrire.
A Musica361 oggi abbiamo il piacere di stare in compagnia con Tommaso Imperiali. Benvenuto nel nostro spazio, come stai?
Buongiorno a tutti voi, piacere mio essere qui. Sto bene e sono carico per il futuro. I giorni dopo la pubblicazione del singolo sono sempre i più divertenti e vivaci.
Nuovo anno, nuovo singolo. Parlaci di questa canzone, come ha preso forma?
Mi sono imbattuto in un articolo per caso tramite un post su Instagram che titolava: le lune di Giove bruciano per scaldarsi a vicenda. Mi è parsa subito un’immagine suggestiva e tenera: due lune che nel buio, nel freddo e nel silenzio dell’universo bruciano e quindi si consumano per scaldarsi a vicenda e per farsi forza. Ho provato a raccontare una storia che esponesse nel lato umano le relazioni tra persone. Ho raccontato la storia di questi due ragazzi che si fanno forza a vicenda in un mondo sempre più ostile intorno a loro, con il rischio di scottarsi e rimanere delusi.
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Era un tipo di brano che volevi scrivere?
Forse è stato un brano meno istintivo rispetto agli altri nel processo di scrittura, l’ho presa come una sfida in più. C’è stato un lavoro più ragionato, ho messo in ordine i concetti e la musica è stata più elaborata. Voglio fare un grande ringraziamento a Lorenzo Cazzaniga, il mio produttore, che ha curato gli arrangiamenti.
Cosa speri che gli altri vedano dentro questa canzone?
Spero che ognuno possa vedere sé stesso e le persone che ha intorno. Secondo me una canzone funziona quando l’ascoltatore non vede me o l’attore del videoclip ma vede sé stesso nelle proprie dinamiche. Di solito, le canzoni che hanno scritto la storia sono proprio quelle che a distanza di anni ancora ti parlano.
Perché girare il videoclip proprio sul lago di Como?
Il videoclip racconta la storia in cui io sono il narratore e i due protagonisti interpretano i due personaggi della canzone. La prima scelta è stata capire che ruolo avere nella scena. Sono sempre accanto ai personaggi e canto la loro storia; non volevo avere troppa importanza. L’ambientazione ha fatto sì che la storia diventasse collettiva, infatti la festa finale coinvolge tutto il paese. Abbiamo scelto il lago per sentirsi a casa e ricevere il calore del posto, un’atmosfera casalinga. Quella cornice va sfruttata dato che ci vengono da tutto il mondo.
Ti senti a casa a Como?
Sì, è una città che mi ha dato tanto, sono molto contento di esserci cresciuto. Fino a qualche anno fa è stata molto viva musicalmente, anche se non sembra. Ci ha dato tante opportunità per suonare, ogni volta che suoniamo lì c’è veramente una grande atmosfera, è sempre una festa. Adesso però comincio a sentirla un po’ stretta. Soprattutto, in questo momento, che studio a Bologna al DAMS sto notando le differenze. È un ambiente che dà tanti stimoli, sia dentro che fuori l’università, spero di rimanerci ancora per qualche anno.
Cosa studi a Bologna?
Al DAMS ho appena cominciato un master che si chiama Produzione e Promozione della Musica. Tutta una carriera universitaria di pari passo con quella artistica. Sto studiando proprio per farla diventare la mia professione.
Da bambino che ricordi hai della musica?
Ho cominciato a suonare la chitarra alle scuole medie, all’inizio non ero né bravo né appassionato. Il punto di svolta è stato entrare nella band a 14 anni. Abbiamo fatto delle aperture ai genitori dei ragazzi della band, vedevamo loro adulti che si divertivano e suonavano insieme. Questo ci ha spinto a prenderli come modello e come spunto.
La tua famiglia ti ha influenzato nell’ascolto?
Sì, tantissimo, papà è un fan di De Gregori, De André e Fossati; invece, mia madre è un’anima discomusic anni ‘80 quindi musica da discoteca come Earth, Wind & Fire, Chic. Queste due influenze si sentono nel mio sound, ho mischiato le due eredità.
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Chi è stato il tuo punto di riferimento?
Il mio modello principe è stato sicuramente Bruce Springsteen, è l’artista con il quale sono cresciuto. È un idolo, ho visto una decina di concerti suoi in giro per l’Europa. In Italia ti faccio il nome di Brunori Sas, è un riferimento importante.
In che direzione va il tuo stile/genere?
Il mio genere sarebbe cantautorato rock ma non saprei definirtelo bene. Spero di riuscire a tener insieme questi due mondi: voglio conservare il sound di una rock band tenendo una scrittura ricercata.
Qual è stato il momento più alto della tua carriera?
Ho in mente un concerto qui a Como, all’Isola che c’è, un festival locale; nel 2019 è stato uno dei primi concerti in cui cantavo io, davanti avevo circa 300 persone. Il primo grande live da frontman.
Che differenze hai notato dal passaggio da una band a solista?
La premessa è che il passaggio è stato semplice e non brusco. La band rimane con le stesse persone per i miei concerti, lavoro da solo in studio ma suono con loro nei live. Nella scrittura ovviamente cambia l’approccio, da solista scrivi in modo più personale. Quando sei solo devi dire pretendere di più da te stesso. La soddisfazione più grande e vedere come i ragazzi della band sono stati molto entusiasti di suonare insieme le mie canzoni, non lo davo per scontato. Ci mettono enfasi, è il primo segno di fiducia che ho riscontrato in questo progetto. Inoltre, quando di solito scrivo un pezzo me lo immagino già come verrebbe durante un live. Forse è questa la ricetta giusta, è un processo inconscio che aiuta i ragazzi ad esibirsi. Siamo un’entità unica, io conosco loro e loro conoscono me.
Cosa avete in comune che vi caratterizza?
Il divertimento. Ogni volta che suono alle prove sono emozionato di andarci. Ho conservato questo ingrediente perché è il motore di tutto.
C’è un pezzo con cui hai un legame affettivo particolare?
Ragazzini viziati, il primo pezzo dell’album “Meccanismi di difesa”; secondo me è la più bella per distacco. È quella che tiene meglio la dimensione mia personale ma allo stesso tempo arriva a tutti, raccontando ciò che abbiamo vissuto durante e post covid. All’interno del testo ad un certo punto dico: “c’è che serve un concerto e urlare tutto questo, in mezzo alle canzoni così fa meno impressione”. Davanti ad un mondo che si fa sempre più freddo la soluzione è cantare che tutto sta andando male in un concerto. Fa meno paura se urlato in mezzo alla gente.
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Hai qualche hobby che pratichi nel tempo libero?
Ascolto tanta musica, vado a tanti concerti. Il mio hobby coincide col mio lavoro. Nella mia vita c’è anche tanto cinema sia per studio che per passione, in particolare il western. La domenica vado allo stadio a vedere il Milan con mio padre.
Come ti piace gestire i tuoi canali social?
Ultimamente mi ci sto dedicando di più. Prima ero scettico, oggi sono molto più attivo. Il tentativo è mostrare cosa c’è dietro le canzoni, che spesso non si riesce a scoprire. Il dietro le quinte è la parte più curiosa perché appunto le persone non lo vedono. Cerco sempre di mostrarlo senza un’eccessiva serietà o pomposità. Voglio far vedere che siamo persone genuine che si divertono, voglio togliere quell’aura di cantautore.
Ti aiutano a costruire una fan base solida?
Sì, assolutamente, la stiamo allargando sempre di più. Inizialmente erano amici che si appassionavano alla band, adesso è iniziato il processo inverso: la gente è prima fan e poi amica. Si presentano ai concerti e si costruisce un certo tipo di rapporto.
Novità in arrivo per il futuro?
Abbiamo già messo le mani su nuovi pezzi, andranno a far parte di un album. Nei prossimi mesi uscirà qualche altro singolo, per l’intero album se ne parla verso fine anno.
Un sogno musicale?
Aprire un concerto di Bruce Springsteen, sarebbe l’apice di tutto.