Manuel Agnelli leader degli Afterhours è giudice di X-Factor, un uomo giusto nel posto giusto, nonostante le apparenze.
Se dovessimo incoronare il Re della musica alternative Italiana degli ultimi trent’anni sicuramente Manuel Agnelli sarebbe uno dei candidati al trono, probabilmente in lizza con Giovanni Godano dei cugini Marlene Kuntz e (permettetemi) Federico Fiumani dei Diaframma, (che li guarderebbe storto durante la premiazione), ma questa è un’altra storia.
Potrebbe vincere la corona Manuel non per altro se non per quello che ha prodotto e rappresentato in Italia dalla metà degli anni 80 ad oggi, con o senza i suoi Afterhours.
Ne è passata di acqua sotto i ponti da quando gli Afterhours pubblicarono il singolo My bit boot che anticipava il mini album All the good children go to hell per Toast records, storica etichetta nel quale catalogo tra gli altri troviamo: Yo Yo Mundi, Marlene Kuntz, Statuto, Gang e Massimiliano Casacci (meglio noto come Max Casacci).
I lavori seguenti sono usciti per la Vox Pop etichetta da lui fondata insieme tra l’altro a Mauro Ermanno Giovanardi (La Crus).
Nel ‘95 la svolta con l’album Germi, il primo cantato in italiano, da qui in poi non lasceranno più la lingua natia e chi conosce gli Afterhours sa che, con il senno di poi, questa è stata una scelta vincente,
Ma prima di questo, gli Afterhours erano stati segnalati dalla Alternative Press, nota rivista americana ed erano stati corteggiati dal Gary Gersh della Geffen. Gary si sarebbe consolato diventando A&R dei Nirvana.
È una scommessa che in quegli anni vince anche la Mescal che li mette poi sotto contratto in un’epoca prolifica per la discografia, per così dire, alternativa e indipendente.
Questa è storia passata, il presente invece ci mostra un Manuel Agnelli seduto in un Talent Show, accanto ad Arisa, che dimostra che avere un dono vocale enorme non significa capire di musica e di discografia, perché in fondo è questo di cui stiamo parlando. È a questo che mira X Factor, trovare un prodotto discografico, e di prodotti discografici il signor Agnelli ne capisce più di tutti dietro quella scrivania, e io non sono uno di quelli che pensano che il mondo sta per finire perché Rovazzi vende più di Daniele Silvestri, penso che il mondo cambia e le persone rimangono.
Vedere Manuel Agnelli lì seduto mi piace perché in fondo è coerente con il suo percorso ai limiti del pop, quel pop da violentare, ironizzare, estremizzare, stravolgere ma del quale il futuro Re della musica alternative italiana non riesce a fare a meno.
Articolo di Gianluca Trunzo.