Shady ha pubblicato un ep che porta il suo nome. “Amici” in eredità le ha lasciato esperienza e un mentore importante, Boosta dei Subsonica
Al primo disco hai l’opportunità di lavorare con Boosta? Reagisci sfoggiando una convinta poker face, «Ma dentro di me ballavo per la felicità». Questo ha fatto Shady Cherkaoui quando il produttore artistico di “Amici” ha scommesso sul suo talento producendo il suo primo ep, “Shady”.
Con queste sei canzoni, tra cui il singolo apripista “Come next to me” e la cover di “Rolling in the deep” di Adele, Shady ha salutato “Amici” e fatto il suo ingresso nelle classifiche di streaming e download.
Cosa ti ha lasciato “Amici”?
Avvia a un percorso di professionalità a cui nessuno di noi ragazzi aveva avuto accesso, in precedenza. Abbiamo avuto l’opportunità preziosa di fare quello che fa un artista affermato, ci è stato dato un assaggio di quello che è l’ambiente lavorativo del mondo della musica: è stato fondamentale.
“Amici” ti ha anche offerto l’occasione di lavorare con Boosta (cofondatore dei Subsonica, produttore e arrangiatore dell’ep di Shady, nda).
Con lui mi sono sempre trovata d’accordo su tutto, però non mi aspettavo che si sarebbe proposto come produttore dei miei brani. Ho fatto l’impassibile ma dentro avevo una gioia esplosiva.
Da quando sei uscita dalla bolla della tv sei molto presente sui social…
Ho due telefoni, uso Whatsapp e Telegram, ho tanti gruppi e parlo il più possibile con le persone. Mi mandano video in cui cantano i brani dell’album, e questa è una cosa che scalda il cuore. Poi sono attiva sui social. Sicuramente non si può piacere a tutti, ma finora ho letto e sentito belle cose su di me e sulla mia musica.
I tuoi brani hanno un timbro elettropop. A te cosa piace ascoltare?
Sono fan della contaminazione e ascolto generi diversi. Forse non mi è affine il reaggaeton perché mi sembra che le canzoni suonino abbastanza uguali. Sogno un duetto con i Daft Punk.
Le tue canzoni sono in inglese, francese e italiano: ti viene naturale passare da una lingua all’altra?
Scrivo canzoni che non hanno nazione ma che possono andare in altri paesi: ecco perché scelgo l’inglese. Da madrelingua, però, mi rendo conto che quando ascolto una canzone in italiano arriva molto di più. Invece, non ho scritto in francese prima di “Je n’ai marre”, che è nell’ep: mi sembra suoni bene.