Lo scorso 6 luglio, ospite della rassegna cultural musicale “I magnifici 7” tenuta da Enzo Gentile presso il foyer del Teatro degli Arcimboldi a Milano, il giovane Emanuele Fasano ha presentato per la prima volta dal vivo i brani del suo primo disco, oggi nella Top 10 di Itunes. Musica361 ha intervistato il “pianista delle stazioni”.
La sua storia, cominciata poco prima di Natale 2015, è nota: Emanuele (23 anni) perde il treno che deve portarlo da Milano, dove vive con la madre, a Roma dove lo attende il padre. Nell’attesa della successiva corsa scopre in stazione un pianoforte, si siede e comincia a suonare: intorno a lui un capannello di persone che si ferma ad ascoltarlo, tra cui un viaggiatore che, entusiasta, lo riprende con il cellulare. È Alberto Simone, regista con base fra Roma e Los Angeles, a Milano per una coincidenza. Il brano ripreso è Non so Come Mai, una delle composizioni di Emanuele. Il giorno successivo Alberto posta il video sul proprio profilo Facebook e quello che diventerà “il pianista della stazione” in pochi giorni ottiene 4 milioni di visualizzazioni, 74.000 condivisioni, 90.000 like e oltre 6000 commenti. Anche Caterina Caselli lo vede e incuriosita lo contatta per ascoltare altre composizioni di Emanuele: gli propone una collaborazione con la sua etichetta discografica, Sugar.
Lo scorso 7 aprile è uscito sulle principali piattaforme digitali in download, streaming e CD La mia ragazza è il piano. Abbiamo parlato con Emanuele in occasione della presentazione dal vivo dei suoi brani.
Il brano da cui tutto ha avuto origine, quello della stazione, è Non so come mai. Quando l’hai composto?
La stesura iniziale risale al febbraio 2014 in seguito a un “no” ricevuto da una ragazza cosa che, prima di allora, senza modestia, non mi era mai capitata (sorride). L’ho composto poco per volta, nel corso di diverse settimane, aggiungendo nuove parti fino alla versione definitiva. Anche se nel video on-line si può sentire solo la parte finale, quando l’ho suonata in stazione era già finita.
A proposito di on-line: la storia di Emanuele senza internet come sarebbe stata secondo te?
(Pensa) Non lo so…perché internet invece c’è stato. Ed è stato determinante. Probabilmente avrei continuato a suonare negli hotel e nei locali o in qualche altra serata con mio padre Gianfranco. Non so però fino a che punto sarebbe stato efficace. Non basta solo piacere al pubblico, quello che conta sempre è incontrare la persona giusta nel posto e nel momento giusto. E in questo caso la persona giusta, quella che ha fatto il video, l’ho incontrata. E poi internet ha fatto la sua parte per lo meno per mostrare le mie capacità, dato che, per quante persone abbiano visto quel video non è detto che altrettanti sappiano ancora che quel ragazzo è Emanuele Fasano. Ora, poco per volta, stiamo cercando di farglielo capire! (sorride)
Prima della pubblicazione del disco l’esperienza a Sanremo. So che hai pianto. Cosa hai provato invece prima di salire?
Fino a 5 minuti prima di salire ero tranquillissimo, poi di colpo mi è cominciata a salire l’ansia! Fortunatamente c’era con me lo chef Carlo Cracco e mi sono distratto parlando un po’ con lui. E poi via: quando metti piede sul palco di Sanremo è come trovarsi a tirare il rigore decisivo, devi segnare, non puoi sbagliare.
La metafora calcistica per Sanremo non credo venga a caso. So che hai anche un’altra passione oltre alla musica, vero?
I miei sogni erano il calcio e la musica ma alla fine se ne è avverato solo uno. Il calcio è sempre stata una mia passione ma, sebbene abbia avuto possibilità – avrei potuto avere interessanti raccomandazioni per una squadra di serie A – non ho mai avuto lo stimolo totale a seguire quella strada. La musica invece, fin da quando seguivo mio padre Gianfranco nei suoi concerti, mi è sempre rimasta dentro. È poi è venuta fuori (sorride).
Sanremo è stato un palco decisivo anche per tuo padre, Gianfranco Fasano. Quanto pesa la responsabilità di un cognome come il tuo?
Vivo questa responsabilità con orgoglio. Anzi, se un domani riuscissi ad avere grande successo vorrei sfruttarlo anche per far riscoprire il talento di mio padre, per lo meno per quello che ancora non gli è stato pienamente riconosciuto come autore, interprete e cantante. Mi piacerebbe che anche un ragazzo di 20 anni come me potesse conoscere Gianfranco Fasano, non solo perché è mio padre ma perché ha scritto dei pezzi bellissimi. Ho la fortuna che uno dei miei cantautori preferiti sia mio padre e vorrei che potesse ancora diventare il cantautore preferito di tantissime altre persone.
Mai pensato dunque ad un nome d’arte?
Ci sto pensando in questo periodo perché sto realizzando, in un progetto parallelo, musica commerciale. Sto collaborando con un musicista molto bravo, Giordano Franchetti: se qualcuno di questi pezzi avrà successo ci inventeremo un nome d’arte.
Il primo risultato di questo percorso comunque l’hai raccolto lo scorso aprile con la pubblicazione del tuo primo disco, La mia ragazza è il piano. Perché questo titolo?
La scorsa estate ero al telefono con Caterina Caselli, la mia produttrice, e chiacchierando le dissi che avevo appena chiuso una storia con una ragazza. Lei mi consolò affettuosamente dicendomi qualcosa come “non importa” e io le risposi “Ma sì, in fondo la mia ragazza è il piano!” A lei piacque tantissimo e propose di utilizzarlo come titolo. Così qualche tempo dopo, al momento della scelta, ci tornò in mente questa idea.
In quanto tempo hai composto il disco?
Qualche brano è nato anche 4 o 5 anni fa, altri nella stessa settimana in cui sono andato a registrarli.
Hai definito la tua musica “pop per pianoforte”. Che significa?
Le mie composizioni per piano, fatte di rapidi passaggi dalla quiete intimista all’esplosione gioiosa, hanno una linea melodica nella quale si potrebbero sostituire delle parole per essere cantate: non sono pezzi classici assoluti, ci sono accordi molto semplici, pop appunto, come quelli che si possono trovare nelle canzoni di Katy Perry, Justin Bieber o Ariana Grande. A partire da una tecnica che viene dalla musica classica ma pensando in chiave pop, ho incrociato questi due elementi nel mio stile: ecco il “Pop per pianoforte”. Ogni pezzo ha la sua storia comunque.
So che uno dei brani del disco che hai più a cuore è Amsterdam’s sky.
Sì, per due motivi. Intanto perché sono onorato che questo brano sia stato scelto come colonna sonora per lo spot della nuova campagna di Medici Senza Frontiere, on air dal 3 luglio. Le mie fonti di ispirazione sono il sogno e l’amore, l’attesa e la speranza: credo che siano sentimenti universali che si sposano perfettamente a questa causa. E poi perché si riferisce all’episodio più toccante che ho vissuto nella mia breve carriera, prima ancora dell’esperienza alla stazione centrale di Milano: nel novembre 2014 ero in vacanza con amici alla stazione di Amsterdam e loro mi hanno incoraggiato a suonare uno dei pianoforti che si trovavano lì. In quel momento, per la prima volt, si sono fermate diverse persone ad ascoltarmi, un signore mi ha persino abbracciato e regalato una bottiglia di vino. Quello è stato il primo episodio che mi ha fatto capire, quanto sia importante far conoscere la mia musica anche al di là del confine, pur credendo anche nell’Italia.
Caratteristica dei tuoi brani, pur pop, è l’essere privi di testo. É una scelta precisa? Qual è tuo rapporto con le canzoni come autore?
Da quando ho cominciato a comporre ho sempre pensato che la mia musica dovesse essere solo una melodia priva di parole. Qualche canzone con il testo l’ho scritta ma al momento non è ciò a cui ambisco. Non ho mai voluto inserire testi italiani o inglesi nelle mie canzoni perché sento che la mia musica così perde di intenzionalità. Se poi la mia carriera andrà bene mi toglierò lo sfizio di scrivere qualche canzone per l’interpretazione di chi sappia darle il giusto feeling (ammicca).
Da chi ti piacerebbe sentir cantare un tuo pezzo?
Andrea Bocelli ma anche Ariana Grande o Katy Perry.
Alcuni titoli dei tuoi brani però sono in inglese, altri in italiano. Come li scegli?
Il titolo può derivare dal desiderio di fotografare un’emozione, come per Amsterdam’s sky: quando ho inaugurato quel pezzo, uscito dalla stazione, ho visto il cielo di Amsterdam. Oppure dalla musica stessa: Non so come mai suonava bene su quelle note. Se sento un’improvvisazione soddisfacente cerco di dare, nel ritornello, un titolo in base a quella musicalità, come se dovessi cantarci sopra. Così scelgo i titoli. È sempre la musica che domina.
Qual è il tuo modo di comporre solitamente, da dove cominci?
Generalmente mi riesce facile mettermi al piano, suonare senza pensare a niente e sentire cosa esce. Se invece mi capita di seguire un’emozione, solitamente lo stato d’animo ideale è la tristezza.
Quanto dedichi alla musica quotidianamente?
Forse dirò qualcosa che i pianisti classici non vorrebbero mai sentire ma in effetti dipende da come mi sento. La composizione al piano, a mio parere, va presa poco per volta. Non bisogna suonare troppo altrimenti il piano diventa un nemico anziché un amico. Sempre nella filosofia de La mia ragazza è il piano: se passi infinitamente il tempo con la tua ragazza perdi poi quella voglia di vederla o l’emozione di rincontrarla. Anche quando devo suonare in concerto cerco di non toccare il piano per qualche tempo, così ci ritorno sempre con grande voglia, riuscendo a trasmettere al meglio tutte le emozioni con le giuste note.
Dopo il lavoro in studio come vivi finalmente l’esibizione live?
So bene che la gente viene a vedermi per ascoltare “quei” miei brani ma a me piacerebbe suonare improvvisando tutto il tempo, esprimendo e condividendo tutte le emozioni che ho dentro in quel momento. Ogni concerto dovrebbe essere sempre diverso perché solo improvvisando si riesce veramente a esprimere l’anima di un artista.
Chi riconosci effettivamente come tuo pubblico?
Quando scrivo penso a chiunque. Succede comunque continuamente di sentirmi apprezzato anche da ascoltatori “improbabili” che magari amano rap, hip hop o heavy metal. È trasversale. E sorprendente.
Cosa ti piace ascoltare lontano dal lavoro?
Non vado ad artista ma a canzone: da Justin Bieber a Ludovico Einaudi o Avril Lavigne. Quando sento una canzone che mi piace me la segno e me la ascolto.
Cosa stai ascoltando in questo periodo?
La mia ragazza mi sta facendo ascoltare ossessivamente I’m the one di Justin Bieber e Dj Kalhed! (sorride)
Data la giovane età e le responsabilità artistiche, come stai vivendo questo momento?
Ho tanta voglia di fare, non sto nella pelle! Ora sto aspettando di cominciare una vera stagione di attività e soprattutto concerti. Per ora non ci sono date ma so che stanno bollendo in pentola un po’ di progetti. Stay tuned!
La mia ragazza è il piano (2017)
- Non so come mai
- Lost in your eyes
- Il silenzio è la risposta
- Waves On The World
- On the paddleboard
- Il buio nell’anima
- Amsterdam sky
- La mia ragazza è il piano
- Disperso
- Mare Catalano
Emanuele Fasano Non so come mai a Sanremo 2017.