Nuovi mezzi, nuove idee. Le reactions sembrano un nuovo metodo aperto a tutti per la critica musicale. Quali sono i pro e i contro di tutto ciò?
Le reactions sono video di “reazioni” alle novità musicali (video, singoli, album), nelle quali, una o più persone, esprimono le proprie opinioni a caldo su quello che hanno appena visto o sentito. Una grande idea, un format veloce, che colpisce un target ben preciso (gli amanti della musica) e che genera intrattenimento. Il pubblico apre il video aspettandosi una reazione, chiedendosi sempre: “Che cosa succederà questa volta?”. All’aumentare delle visualizzazioni e dell’importanza di questo format, chi esprime un’opinione ha assunto sempre maggior rilievo, tanto da scaturire delle reazioni dai cantanti, i quali, in caso di giudizi negativi, hanno risposto in malo modo alle critiche.
Superficialmente si potrebbe accostare la reaction ad una recensione, anche se effettivamente non c’è somiglianza. Una recensione necessita di un ascolto approfondito, è quindi il risultato di più reazioni, ma soprattutto può non generarne. Le reactions sono “obbligate” a contenere reazioni, questo è un limite che spesso fa dubitare di ciò che si vede, perché in alcuni canali Youtube è chiara l’ostentazione dell’emozione al fronte della monetizzazione del contenuto. Cattiva pratica.
Appurati i differenti mondi della recensione e della reactions, quest’ultima è figlia delle nuove generazioni, dei nuovi media e dell’ascolto in stile Spotify: la grande proliferazione di contenuti musicali vuole un ascolto rapido e immediato, un gancio che attragga subito, per non cadere nella gogna dello skip. Ecco che, questi format, aumentano la necessità di avere contenuti musicali (e video) che piacciano dopo 20-30 secondi, perché se no la reazione non c’è. È anche vero che nessuna reazione è comunque un tipo di emozione, il problema è quello di abituare gli ascoltatori a dover fruire per forza della hit, quando il messaggio, in molti traccie storiche, arriva alla fine dell’ascolto e soprattutto non al primo.
I nodi vengono al pettine quando alcuni leader d’opinione (Yotuber o altri influencer) stroncano un pezzo dopo un ascolto, avendo parlato sopra alla traccia oppure avendola stoppata più volte. Tralasciando la possibilità che a volte proprio chi giudica ha grosse lacune musicali, avere decine di migliaia di visualizzazioni per trasmettere opinioni scontate, false o non corrette significa sfruttare male un mezzo che si ha a disposizione, veicolando un messaggio sbagliato.
Detto questo, ci sono anche influencer che nei propri video vanno a giudicare i testi delle canzoni, gli autori, le scelte delle videoproduzioni e le melodie, inquadrando i contenuti nel mercato musicale, giudicando il prodotto nella propria interezza e aggiungendo anche pillole di gradevole intrattenimento. Questi sono contenuti molto validi, che danno uno spaccato onesto del panorama musicale.