Omaggio di Mauro Ermanno Giovanardi alla musica italiana degli anni ’90 con l’abum “La mia generazione”
“La mia generazione” di Mauro Ermanno Giovanardi è un disco di una bellezza folgorante. Si volta indietro senza nostalgia per guardare in faccia l’oggi; lo fa recuperando brani che hanno segnato gli anni ’90 della musica italiana (quando si capì che il rock – e non solo – cantato nella nostra lingua dava frutti originali e vibranti), rendendoli personalissimi e attuali. Ne è nato un disco che cattura dal primo ascolto.
Grazie perché mi hai fatto ricordare belle canzoni che non riascoltavo da un po’.
È uno dei motivi per cui ho scelto di fare un album come “La mia generazione”. Ho recuperato la nostra esperienza più alternativa – mia e di molti amici cantanti, sottolineando la bontà di queste composizioni. L’idea era di fare di questi brani dei classici.
Questo non è un disco di cover.
No, ci avrei messo una settimana a farlo se fosse stato quello l’intento, invece ci ho impiegato più di un anno. Penso che questo sia il mio album più difficile: ci ho messo tantissimo cuore, onestà, umiltà e testa, elementi necessari perché questo è un disco pericoloso. È stato un banco di prova per me come interprete, perché non mi sono mai confrontato con così tanti generi diversi, hip hop, rock, rap, cose salmodiate, altre quasi declamate… Mi sono messo a disposizione delle canzoni, recuperando lo spirito di quando sono nate ma realizzando qualcosa di originale.
Come hai affrontato questo progetto?
Volevo fare un omaggio agli artisti e alle canzoni che ho scelto (ho dovuto tralasciare alcuni brani molto significativi, purtroppo), senza retorica né nostalgia.
La canzone più complicata da affrontare qual è stata?
“Aspettando il sole”, di Neffa. Volevo trasformare questa canzone come fosse stata fatta nel 1952, riportando l’hip hop alle sue radici blues. Ho dovuto cantarla per prima per verificare se fosse il caso di lasciarla perdere: quello è stato lo slancio per tutto il disco.
Il tuo album racconta la scena musicale italiana degli anni ’90, e lo fa con la complicità di alcuni ospiti che sono stati protagonisti di quel periodo.
Nel disco ci sono canzoni di Afterhours, Marlene Kuntz, Subsonica, Casinò Royale e tanti altri (c’è anche “Nera signora” dei La Crus, storico gruppo di Giovanardi, nda); ho invitato colleghi e amici a cantarne alcune con me: Manuel Agnelli, Rachele Bastreghi (dei Baustelle, nda), Emidio Clementi (Massimo Volume, ma con collaborazioni vari e molto ampie, nda) e Cristiano Godano (Marlene Kuntz, nda), e Samuel (Subsonica, nda) con cui ho cantato “Cieli neri” dei Bluvertigo. Tutti sono stati protagonisti di quel momento magico degli anni ’90, i Baustelle penso ne siano i figli legittimi e dunque ho cantato “Baby Dull” degli Üstamamò con Rachele.
I duetti non sono tanti…
No, per scelta: altrimenti sarebbe stato un disco di duetti, appunto, e non un mio album.
Questo disco avrà una vita live?
Certamente. L’11 novembre inizierò il tour, e avrò come ospiti anche amici che non compaiono nel disco. Quando suonerò a Roma voglio invitare Raiz, che ha una voce pazzesca. È stato un dispiacere non inserire un duetto con lui nel disco, ma come ho detto “La mia generazione” è stato un album molto pensato. Mi sono dato dei paletti, che nei concerti non avrò. Canterò 20 brani, inserendo in scaletta altre canzoni degli anni ’90 come quelle dei Tiromancino o dei Prozac+.
Tu che canti i Prozac+, sarà divertente.
Ma sì, vediamo quale loro canzone mi calza meglio (ride, nda).