“Le canzoni alla radio” è il nuovo disco di Max Pezzali, con inediti e i successi che hanno segnato i suoi 25 anni di carriera
Max Pezzali con Francesco Renga e Nek insieme nel singolo “Duri da battere“, ma non solo: “Le canzoni alla radio”, il nuovo disco di Max, contiene due cd con inediti e una selezione dei suoi successi (sì, “Hanno ucciso l’Uomo Ragno” c’è).
Come ricorda Max, 25 anni fa aveva 25 anni, e la voglia che tutti potessero ascoltare alla radio le sue canzoni. Non solo è riuscito a realizzare questo sogno, ma dopo tutto questo tempo le sue canzoni si ascoltanto ancora, piacciono ancora.
Sei diventato una sorta di jukebox intergenerazionale.
Sì, (ride, nda), tanti miei brani sono entrati nel vissuto collettivo. L’obiettivo di chi scrive canzoni è intercettare i gusti e tradurre emozioni per renderle decodificabili dagli altri, e quando si riesce a farlo è molto gratificante. Senti anche la responsabilità di non deludere le aspettative di chi ti segue, o quantomeno devi essere onesto il più possibile in quello che scrivi. Questa è la chiave per far sì che le canzoni restino nel tempo: mi racconto in maniera diretta. Non c’è altro modo per me di lavorare.
Vediamo di definire questo album: “Le canzoni alla radio” contiene sette canzoni nuove più un remix, un singolo in trio, un greatest hits.
Sì, siccome sono 25 anni di carriera per me, e tutti mi avrebbero chiesto di questo passaggio, ho pensato di raccogliere le canzoni del passato. Per me “Tutto ciò che ho” è stato un po’ sottovalutato, e invece lo trovo un brano molto attuale per come mi ci identifico: per questo ho voluto farne un remix. E poi, dovevo chiudere “Duri da battere”, ma non girava. La soluzione è stata chiedere a Francesco e Filippo (Renga e Nek, nda). Il problema me lo hanno risolto le loto voci. Siamo contrabbasso, violoncello e violino, strumenti diversi ma che suonano molto bene insieme. Questa in trio è una delle cose più stimolanti che potessero succederci, penso di poterlo dire anche per gli altri.
Che rapporto hai con la radio?
Oggi come tutti ho cambiato il mio modo di ascoltare la musica: abbiamo un rapporto più attivo, abbiamo tutta la musica del mondo a disposizione. Però quando ci sono troppe voci, forse ti disamori un po’. La radio per me era la vetrina che mi mostrava le canzoni che poi compravo. Oggi non è più così, ma il fascino della radio per me resta: mi serve che ci sia qualcuno che mi fa ascoltare qualcosa scelto da lui, dando il suo punto di vista e facendo in qualche modo la sua selezione. Mi dà ancora il brivido sentire le mie canzoni in radio e pensare che tante persone le stiano ascoltando nello stesso momento.
In 25 anni com’è cambiato il ruolo del cantante?
È difficile parlare di “un ruolo” perché devi fare i conti con un mercato e un pubblico che cambia i gusti velocemente. Devi gestire i media, social o meno, devi tenere d’occhio tutto, devi fare un tot di Instagram stories, devi essere un po’ “imprenditore” di te stesso. Il pubblico passa in fretta a qualcosa di più cool in quel momento.
Tu sei sempre cool, visto che le tue canzoni ci accompagnano nel tempo. Cosa resterà secondo te della musica di oggi?
Non tutto. Io credo che resteranno quelle canzoni che superano la stretta attualità, sganciate dalla contingenza del momento. Un testo rimane se a distanza di tempo continua a evocare qualcosa, emozioni indipendenti dagli oggetti usati per raccontarle. Bisogna attaccarsi alle persone e non ai tempi che hanno generato la canzone. Io ricordo le emozioni che hanno fatto nascere le mie canzoni, e l’evoluzione di quelle emozioni: oggi ne canto la memoria.