In occasione del 15° anniversario della morte dell’iconico cantautore milanese Musica361 vi racconta un curioso aneddoto riguardante la sua scoperta artistica da parte di un insospettabile Mogol
Giulio Rapetti, conosciuto da tutti come Mogol, noto per aver firmato alcune delle più belle canzoni della tradizione italiana per Lucio Battisti e non solo, prima di diventare il celebre paroliere che conosciamo cominciò ancora giovane, alla fine degli anni ’50, a lavorare in Ricordi come contabile: «Facevo il computer», ricorderà nella sua biografia. Quella gavetta in azienda come “computer” si concluse quando un giorno finalmente gli fu proposto di occuparsi degli aspetti della promozione discografica e, occasionalmente, di scouting. E fu proprio in veste di presunto talent scout che, in una serata milanese come tante, fece un incontro determinante.
Non era solito frequentare sale o balere ma il caso volle che capitò in uno dei locali più alla moda di Milano per il cabaret, la musica leggera e il rock, nato nel 1951 all’angolo di una via dietro il Duomo e conosciuto in città come “il tempio del jazz”: il Santa Tecla. Quella sera si esibiva un gruppo il cui frontman, un ventenne semisconosciuto e molto magro, cantava accompagnandosi con la chitarra: appena Giulio prese posto nel locale e si mise ad ascoltarlo rimase subito colpito da quella voce. «Che timbro particolare» continuava a pensare mentre quel giovane suonava. Finita l’esibizione Mogol si avvicina al palco, raggiunge quel ragazzo dal naso pronunciato con la chitarra in mano e si presenta per non lasciarsi sfuggire una bella occasione: «Complimenti canta in una maniera molto originale! Come si chiama?». E il ragazzo: «Grazie, fa sempre piacere essere apprezzati! Mi chiamo Giorgio». Senza perdere altro tempo o lasciarserlo scappare Rapetti aggiunge subito: «Me ne intendo sa? Mi chiamo Giulio Rapetti e lavoro per la Ricordi». Poi mette una mano nella tasca interna della giacca, estrae un biglietto da visita e lo porge al ragazzo: «Qui c’è il mio numero di telefono con l’indirizzo del mio ufficio: le interessa venire domani pomeriggio da me per fare due chiacchiere? Si potrebbe anche pensare ad un contratto discografico». Il ragazzo prende il biglietto, legge in silenzio sorridendo poi ringrazia e annuisce esclamando un energico «Senz’altro!», facendo intendere che fosse cosa fatta.
La mattina seguente Rapetti arrivò in ufficio pregustando la sua scoperta e dopo pranzo si preparò all’incontro. Attese ininterrottamente ora dopo ora e alla fine trascorse l’intero pomeriggio e venne sera. Uscito perplesso dall’ufficio e non avendo contatti, dopo il lavoro decise di tornare al Santa Tecla per chiedere di Giorgio. Appena mise piede nel locale lo vide appoggiato ad un tavolo: «Giorgio?! Sono Giulio della Ricordi…l’appuntamento di oggi?! È tutto il giorno che la aspetto in ufficio, perché non è passato?» Il ragazzo si volta, fa un altro gran sorriso e stringendogli la mano gli dice: «Certo, il responsabile della Ricordi! Bello scherzo!» «Ma quale scherzo?! Lavoro davvero per la Ricordi!» replica Rapetti. Dopo ulteriori e dettagliate spiegazioni Rapetti riuscì a convincere Giorgio del suo ruolo e fissarono per il giorno successivo un altro incontro.
Questa volta Giorgio si presentò puntuale alla casa discografica e cantò, accompagnato dalla sua chitarra, una delle sue migliori canzoni appena composte, Non arrossire. Probabilmente però si rese definitivamente conto che non si trattava di uno scherzo quando, subito dopo quell’audizione, gli porsero il contratto promesso da firmare. Era ancora giovane e dunque soddisfatto di quel primo risultato anche se ancora non immaginava che da allora avrebbe avuto inizio la sua carriera incidendo e scrivendo ben altri successi col nome d’arte di Giorgio Gaber, fino al 2003. Così come Giulio Rapetti ancora non sapeva che di lì a breve, da inedito scopritore di nuovi talenti, avrebbe dato inizio alla sua carriera di paroliere col nome d’arte di Mogol. Ma questa è un’altra storia.
Non arrossire (1959)