A tu per tu con la giovane artista vercellese, attualmente in rotazione con un brano sarcastico che esorcizza la paura del futuro.
Tra gli artisti che si sono fatti notare nel corso dell’ultima edizione di Musicultura, spicca la talentuosa Francesca Sarasso, che si è aggiudicata sia il Premio della Critica, che il Premio per la Miglior Musica con il suo singolo d’esordio intitolato “Non c’incontriamo mai”. A pochi mesi da questo importante debutto, torna con un brano arguto e al tempo stesso accattivante, che descrive questa epoca incerta con estrema leggerezza.
Ciao Francesca, benvenuta su Musica361. Partiamo dal tuo nuovo singolo “Leggimi la mano”, cosa rappresenta per te questa canzone?
Rappresenta me stessa, le domande e i dubbi che mi accompagnano nel quotidiano, il momento che sto affrontando e descrive, nella maniera più giusta, tutta l’incertezza che sto vivendo. Questo pezzo mi è servito per esorcizzare la paura del domani, al punto da arrivare ad un’unica conclusione: la vita merita di essere vissuta senza preoccuparsi troppo del futuro.
Personalmente credi nell’astrologia e nei tarocchi?
No e questa esperienza mi è servita per avvalorare la mia laicità nei confronti di questo tema, per questo motivo ho voluto parlarne in maniera ironica. Sono sicuramente incuriosita da quello che sarà domani, perché ho molta fame di sapere e sono parecchio ambiziosa, ma affronto l’argomento con un po’ di sano scetticismo, senza prenderlo troppo sul serio.
Quando hai capito esattamente che avresti voluto vivere di musica?
Subito, da bambina, quando ho iniziato a studiare il pianoforte. Ho trascorso la mia infanzia a chiedere ai miei amici e ai miei compagni di scuola di creare una band, mentre loro avevano altri interessi, naturalmente. Suonare è sempre stato il mio chiodo fisso.
Lo scorso anno hai partecipato a Musicultura, una manifestazione di cui non si parla mai abbastanza, o almeno quanto meriterebbe. Come descriveresti questa esperienza?
Piena, perché mi ha fatto attraversare ogni genere di stato d’animo, dall’ansia alla felicità, e che mi ha portato a crescere in maniera esponenziale, anche se sono passati pochi mesi, non mi sento più quella di prima. E’ un Festival che merita di essere maggiormente conosciuto, non solo dagli addetti ai lavori. Musicultura è una fabbrica di opportunità, che ti permette di conoscere realtà diverse dalla tua, un aspetto che ho sempre trovato stimolante.
E’ vero, come dicono, che è un tipo di rassegna dove si avverte meno la competizione?
Dal mio punto di vista mi sono concentrata solo sulla mia performance, per dare tutta me stessa e fare a tutti i costi bella figura. C’è sicuramente competitività, perché si tratta pur sempre di un concorso, ma viene vissuta in maniera sana, perché c’è stima e confronto tra gli artisti in gara.
La tua musica in qualche modo unisce il cantautorato al pop dimostrando, contrariamente al parere degli scettici un po’ snob, che tra i due generi c’è del feeling. Quale credi sia il loro filo conduttore?
Più che un filo conduttore credo che possano tranquillamente coesistere entrambe le forme, trovo sbagliato inscatolare ed etichettare ogni tipo di genere. Personalmente penso che si possa fare cantautorato in modo fresco e che la musica pop non sia per niente frivola, anzi, creare una canzone leggera e apparentemente spensierata non è per niente facile. Trovo che siano due mondi paralleli, che debbano più spesso incontrarsi, conciliarsi e fondersi in un unico abbraccio musicale.