Agnese Contini e lo sguardo malinconico del futuro in “Desert Earth” , l’essere umano si trova in una realtà che lo conduce alla distruzione, alla privazione, all’inaridimento
È disponibile, da venerdì 11 ottobre, “Desert Earth” (INRI Classic / Universal Music Italia), il nuovo brano strumentale della chitarrista salentina Agnese Contini. Con questo brano, la Contini vuole raccontare la sua visione della natura e nei rapporti umani: in un mondo in cui l’aridità è protagonista, l’essere umano si trova in una realtà che lo conduce alla distruzione, alla privazione, all’inaridimento e alla demolizione dei legami con gli altri e con la natura stessa.
Il rischio, per l’artista, è che questo immobilismo possa amplificare una situazione di per sé già grave e con uno sguardo malinconico al passato, ritrova nella realtà un futuro a rischio. La volontà, quindi, è quella di trovare una soluzione e muoversi, prima che sia troppo tardi.
Composto dalla stessa Contini, “Desert Earth” vede la chitarrista salentina accompagnata al violoncello da Ester Ambra Giannelli.
Noi di Musica 361 abbiamo raggiunto Agnese Contini per una piacevole chiacchierata.
L’11 ottobre è uscito il nuovo singolo, ma qual è l’esigenza che si nasconde dietro questo brano?
L’idea del brano nasce da aspetti emotivi e personali, ma anche dall’esigenza di raccontare un processo negativo come la desertificazione. La volontà dietro questo progetto è quindi di voler riflettere e far riflettere, su quello che capita intorno a noi, con noi, che invece di fare qualcosa, rimaniamo fermi a guardare. Ecco, voglio raccontare questa situazione, voglio rappresentare questa lotta contro la passività di certi argomenti.
Quindi racconti questa desertificazione della terra, ma nel brano è presente anche una certa aridità nei rapporti. C’è un punto d’incontro tra questi temi?
Certamente sì! Questo immobilismo passivo di fronte agli eventi che ci accadono, l’ho rivisto anche nelle relazioni interpersonali. Come se, questi rapporti e questa desertificazione in atto, non ci toccassero minimamente. Invece non è così! Anzi, dobbiamo trovare la soluzione per tornare ad ascoltarci e a vivere pienamente il mondo che ci circonda.
Tra le emozioni di questo progetto, immagino che sia presente anche una forma di malinconia per quello che è stato, per quello che è oggi, ma anche per quello che sarà…
Indubbiamente la malinconia entra tra le emozioni dominanti. Probabilmente la malinconia è stata l’emozione scatenante per la realizzazione di “Desert Earth”. Nell’osservare quei luoghi a me cari, che ho visto cambiare in maniera negativa, ho provato malinconia e tristezza; così mi sono chiesta: “ma veramente stiamo andando incontro a questa fine?”
Come mai la volontà di fare un brano esclusivamente strumentale per raccontare questo problema a te caro?
Mi trovo meglio a lavorare su brani strumentali e la scelta, per questo progetto, è stata dettata dal voler esprimere me stessa con la musica piuttosto che con le parole. Poi, per questo tipo di argomento, non credo che siano utili tante parole. Affido quindi alla musica il compito di comunicare questi pensieri.
Lo scorso anno è uscito il tuo primo album “Dinamiche di volo”, ma “Desert Earth” in questo momento della tua carriera, dove si colloca?
Sta sicuramente segnando un periodo di grandi cambiamenti in me. È una fase di transizione dove sto studiando e cambiando approccio alla musica. Rispetto al mio precedente lavoro, c’è una sorta di evoluzione e “Desert Earth” è così una nuova tappa del mio cammino.
Ci sarà anche un nuovo album dopo l’uscita di questo brano e di altri singoli?
Al momento, l’intento è di uscire con nuovi brani e farmi conoscere il più possibile. Poi, in futuro, mi piacerebbe raccogliere i vari brani in un lavoro completo. Ad oggi, però, la sto vivendo tranquillamente e senza ansie, poi chi vivrà vedrà.