Una manciata di note tengono in ballo momenti, emozioni e ricordi. Lasciamo un pezzo di noi nell’arte. A noi restano gli attimi spesi a cercare quel pezzo.
Alcune canzoni sono nostre. Tutti ascoltiamo determinate canzoni, eppure abbiamo la sensazione che alcune canzoni siano nostre. Chi le ha scritte le ha donate alla comunità, è consapevole di questo. E fa strano quando incontri qualcuno che ha in comune la tua stessa canzone: avrà provato le tue stesse sensazioni al primo ascolto? Quale parte gli piace di più, la prima strofa o il ritornello?
Che mi dici, invece, quando proprio quella canzone parte a un concerto? Quale tipologia di esplosione atomica si sente dentro? È innegabile, alcune canzoni sono proprio nostre. E le ascoltiamo, a volte le consumiamo, ma non dovremmo. Ci vorrebbe una posologia. Sono delle gocce per la vita, un calmante sano, un energizzante naturale.
La verità è che lasciamo un pezzo di noi nell’arte, qualunque essa sia. Non l’abbiamo creata, ma ci sentiamo dei fruitori possessivi. Quel pezzo non se ne va, non si cancella, anche negli anni, anche se è stato calpestato dalle vicende. Le canzoni sono come i profumi, le riconosceresti anche in mezzo a un autobus all’ora di punta. Per questo dobbiamo cullarle come un figlio, consegnarle solo alle persone più fidate. Più saranno nascoste nei dischi, più saranno salve dalla rotazione musicale. Più ci appassioneremo ad artisti poco conosciuti, più scopriremo delle perle per pochi.
La musica accompagnerà ogni fase importante della nostra vita. Poco importa se in mezzo alla strada vi tornerà in mente un amore infranto o se al lavoro vi ricorderete della vostra serata migliore. L’epifania avverrà nel momento in cui il vostro cervello ricondurrà quella somma di note a quella precisa emozione. È una questione di attimi. Il tempo di dirlo ed è già passato. Quella, ma prioprio quella, si chiama felicità.