Label jazz con un’esperienza quasi ventennale e un metodo di lavoro solido e professionale.

Auand Records

Il jazz è un’espressione elegante della musica. Mai banale. Che va dalle radici alla contemporaneità. È un bel panorama musicale, che, a volte, viene riassunto in un fenomeno di nicchia. Il jazz è molto più di questo, fa parte di un mercato discografico che punta al rinnovamento, alle nuove leve e alla valorizzazione del patrimonio tramandato negli anni. Marco Valente, fondatore e direttore di Auand Records, ha raccontato a Musica361 il ruolo di una label nel jazz.

Come è nata l’etichetta?

Auand è nata nell’ormai lontano, soprattutto in termini di cambiamento del settore, 2001 per dare voce alla nuova scena di giovani jazzisti italiani che in quegli anni stava prendendo piede. Pariamo della generazione di Petrella, Bollani, Bearzatti, Bosso, tutti musicisti ormai noti a livello internazionale.

Qual è la vostra linea artistica?

Siamo apertissimi alle più svariate sperimentazioni. Abbiamo deciso di convogliare le produzioni in 4 diverse collane: una dedicata al jazz contemporaneo, una al piano trio, una alle songs (di qualunque genere) e una all’elettronica. Ogni collana ha la sua estetica e quello che ci preme è dare una panoramica attenta sulle nuove generazioni. Abbiamo iniziato lanciando il disco d’esordio di Gianluca Petrella e abbiamo continuato così, prediligendo sempre esordi discografici e idee nuove.

Qual è il vostro criterio di talent scouting?  

Il pay off dice chiaramente quali sono gli elementi che cerchiamo nella musica da produrre: “ENERGY, RISK, CONVICTION AND THE UNEXPECTED!”.

In che modo gli artisti possono contattarvi per inviare nuove demo?

Puntando da sempre soprattutto ai giovani, investiamo molto tempo nell’ascolto dei demo che possono essere inviati in qualunque forma agli indirizzi indicati sul sito. In 17 anni crediamo di avere risposto sempre a tutti e se per caso ne abbiamo mancata qualcuna approfittiamo di questo spazio per scusarci!

Ovviamente ascoltiamo molto anche dal vivo ogni qualvolta se ne presenti l’opportunità.

Qual è il percorso che imbastite con un nuovo artista del vostro roster? 

Quando è possibile partiamo dalla selezione delle composizioni, poi cerchiamo di capire quale potrebbe essere il suono del gruppo per poi cercare di arrivare alla stampa del CD e alle uscite digitali con una bella storia da raccontare. E la storia la raccontiamo soprattutto nei live.

Quanta importanza ha il digitale nel jazz? È frequente anche in questo genere l’utilizzo delle piattaforme social e streaming?

Ormai credo che sia frequente per tutti i generi. Forse una certa generazione di ascoltatori di jazz (e di classica) è ancora legata al supporto fisico ma parliamo di numeri abbastanza ridotti.

Il ritorno del vinile, un mercato in costante crescita, gioca a favore della musica jazz?

Abbiamo provato a stampare qualche vinile con alterne fortune. Sembra che in alcuni settori più sperimentali sia apprezzato. Ma non sempre è così.

Quali sono i prossimi progetti in uscita?

Sono appena usciti due progetti a cui tengo tantissimo e che ci stanno dando moltissime soddisfazioni. L’ultimo lavoro del pianista pugliese Mirko Signorile “Trio Trip” e il nuovo album di Francesco Diodati “Never The Same” con i suoi Yellow Squeeds. La critica ha accolto entrambi con grande enfasi e ne siamo ovviamente molto fieri. Musica Jazz, rivista di settore, li ha scelti entrambi come Disco del Mese.

Andiamo oltre allo show. Cosa accade quando i cantanti scendono dal palco dell’Ariston? È tutto in mano ai team delle etichette discografiche.

Sanremo 2019: da “Tv, Sorrisi e canzoni”, testo dei testi

Il Festival di Sanremo, agli occhi dello spettatore, è una competizione tra artisti sull’abilità di comporre e cantare una canzone italiana. Ovviamente è molto di più. Per la città è il periodo in cui “fare da formica” e trarre profitto dal proprio territorio. Per tutti gli operatori del settore è un polo mediatico, il paese dei balocchi della musica. Ogni cantante in gara ha alle sue spalle un team discografico che vive, in parallelo, una settimana da 18 ore di lavoro al giorno. E quella settimana è solo la ciliegina sulla torta di un planning durato mesi, tra perplessità e tensioni, che potrebbe tradursi in un successo o in un completo disastro in base all’esito della canzone presentata. Per questi motivi sarebbe riduttivo pensare al Festival soltanto come una competizione tra artisti. È giusto raccontare cosa accade dietro le quinte e quale sia il ruolo del mondo della discografia: un settore in cambiamento perpetuo, che ha mutato anche il rapporto con la kermesse nel corso della sua storia.

Sanremo 2019: il ruolo della discografia durante il Festival
Monica Landro

Ad aiutarci in questo compito una donna che ha maturato un’esperienza ventennale da discografica e da giornalista, Monica Landro: “La discografia è fondamentale, è un team di lavoro che fa da supporto all’artista a riflettori spenti e prima di salire sul palco. Un cantante che sta per esibirsi al Festival rimane nella Green Room dell’Ariston (dal pavimento verde) e attende, insieme ai propri discografici, di essere chiamato. Il ruolo di chi affianca gli artisti è quello di farli sentire tutelati, in pace con se stessi. Questo vale per tutti i contesti, compresi i concerti. La squadra è determinante. Un esempio: l’anno in cui Elisa vinse Sanremo con Luce, io ebbi la netta sensazione di vedere un team di lavoro talmente coeso, stabile e strutturato da essere stato la chiave di tutto. La canzone era bellissima, ma quello non basta“.

Il Festival di Sanremo è una macchina da milioni di euro che lavora giorno e notte. Un punto di vista da considerare è il budget. Sarebbe ingenuo pensare che un artista, per quanto importante sia il suo status, non abbia dei costi da ammortizzare. Senza un piano delle spese, con un’ingente copertura, sarebbe impossibile fronteggiare questa settimana. Parliamo di decine di migliaia di euro per ogni voce sul palco, senza considerare la produzione dell’album legato alla canzone in gara e del videoclip ad essa associato: “Una volta i discografici venivano contattati dal Comune di Sanremo e si affittava un palo della luce sul quale appendere la foto del cantante in gara. Quando le persone arrivavano per le vie, vedevano i lampioni colmi di tutti gli artisti. Oggi non è più a budget questo tipo di operazione, mentre un tempo, se non la facevi, avresti perso in comunicazione e credibilità. Stiamo parlando di un periodo in cui le spese rientravano grazie alle vendite dei dischi. Oggi questo non si può più dire.

Il palco dell’Ariston è una vetrina da quasi 50% di share (10 milioni di spettatori circa) a sera. Può segnare in maniera positiva e negativa la carriera dei partecipanti, a partire dai conduttori. Questo è un forte boost sulla visibilità di un progetto artistico, ma, escludendo la vittoria, non costituisce necessariamente una base su cui ampliare gli ascolti del proprio disco e la propria fanbase. Per lavorare in quella direzione, il team di un’etichetta discografica organizza, con mesi d’anticipo, la settimana sanremese, tramite la calendarizzazione delle conferenze stampa, le interviste, gli showcase e le azioni di marketing: “Il planning degli incontri è necessario farlo in anticipo per non farsi colpire dall’ondata di impegni. Vengono presi accordi con i network nazionali (tv e radio), successivamente spalmati nel corso della kermesse. È chiaro che, quando sei lì, si creano delle dinamiche che spostano gli equilibri, come nel caso di uno sfavorito che diventa favorito. A quel punto gli impegni aumentano e l’artista viene cercato molto di più. Ci sono delle radio regionali, che nel proprio territorio hanno più ascolti dei network, le quali entrano nel planning. A perderci sono le realtà private più piccole, soprattutto in un Festival come questo dove non ci sono le Nuove Proposte, artisti più semplici da reperire per le interviste. La discografia si dà da fare per andare incontro a coloro che lavorano nella Sala Stampa del Palafiori, organizzando delle round-table negli hotel a cui possono partecipare più giornalisti di realtà minori. 

Ci si potrebbe chiedere se la competizione sia reale oppure se sia architettata solo per la promozione discografica. Anche su questo Monica Landro è stata molto chiara: “Il senso competitivo non si perde mai. Non dimentichiamoci che chi vince resta nella storia. Il secondo e il terzo posto no. Chiunque fa una gara vuole vincere, capita che ci sia qualcuno che dica di non farci caso, ma un posto negli annali interessa a tutti. C’è anche da dire che oggi il Festival non è più l’unica vetrina. Si può fare un grande successo senza passare da lì. Uno su tutti, anche se a me non piace, è Salmo. Devo riconoscere che i suoi concerti sono più seguiti di alcuni artisti che tutti gli anni presenziano a Sanremo. Dipende dal percorso discografico”.

Un parere a caldo sulle esibizioni della prima serata del Festival, in cui si sono esibiti tutti i cantanti in gara.

Sanremo 2019: da “Tv, Sorrisi e canzoni”, testo dei testi

Il primo ascolto premia il ritmo, l’interpretazione e il suono. Traspare meno, invece, il significato del testo, che arriva al completo dopo diverse riproduzioni. Nessuno è davvero giudice, dal più esperto all’ascoltatore occasionale. Ecco un parere a caldo dopo la prima serata del Festival di Sanremo, in attesa delle prossime, che chiariranno i dubbi e confermeranno le note positive, negative, ma soprattutto soggettive:

1. Francesco Renga – “Aspetto che torni”

L’audio Rai non lo aiuta in partenza, voce bassa rispetto alla base. È un Renga padrone del palco. Una canzone che emergerà ancor di più nel corso delle prossime serate.

2. Nino D’Angelo e Livio Cori – “Un’altra luce”

C’era un alone di mistero dietro a questa coppia partenopea. Svelati sono meno innovativi del previsto.

3. Nek – “Mi farò trovare pronto”

Chitarre distorte ed energia. Canta: “Sono pronto”, ad andare in rotazione radiofonica.

4. Zen Circus – “L’amore è una dittatura”

Tante parole. Il testo è il valore principale della canzone. È facile farsi tradire dalla complessità del pezzo. Merita più ascolti, magari con il testo di fronte.

5. Il Volo – “Musica che resta”

Partono pop, concludono tenori.  Cantano: “Siamo il sole in un giorno di pioggia”. La frase riassume l’originalità della canzone.

6. Loredana Berté – “Cosa ti aspetti da me”

La voce “maledetta” della Bertè si sposa con la penna di Curreri. Se nelle prossime sere migliorerà l’interpretazione è probabile che la vedremo nella top10 del Festival.

7. Daniele Silvestri – “Argento vivo”

Testo e groove al centro di questa canzone. Silvestri ha sempre la capacità di mandare messaggi chiari e forti, Rancore amplifica il tutto. Storytelling.

8. Federica Carta e Shade – “Senza farlo apposta”

Irraggiungibile parte 2. Cantano: “Aspetto ancora una risposta”, magari arriverà tramite una nota vocale.

9. Ultimo – “I tuoi particolari”

Uno dei favoriti di questa edizione. Una canzone che piacerà ai suoi fan. Vedremo se avrà le carte per vincere il Festvial, nulla è deciso.

10. Paola Turci – “L’ultimo ostacolo”

“Diluvio universale” a parte, canzone con un buon potenziale. Da riascoltare.

11. Motta – “Dov’è l’Italia”

Difficile dare un parere, “mi sono perso” come canta lui stesso.

12. Boomdabash – “Per un milione”

Reggae e colore sul palco dell’Ariston. Restano coerenti al loro mood, per fortuna.

13. Patty Pravo e Briga – “Un po’ come la vita”

Distratti dai problemi tecnici, riescono a fronteggiare queste problematiche con una canzone dal testo vincente.

14. Simone Cristicchi – “Abbi cura di me”

Testo musicato, poetico e teatrale. Anche lui storyteller.

15. Achille Lauro – “Rolls Royce”

Lo hanno decantato in molti. Una canzone d’impatto, diretta e trasgressiva. Da primo ascolto.

16. Arisa – “Mi sento bene”

Un’artista che ha cambiato tante maschere artistiche. Questa volta musical?

17. Negrita – “I ragazzi stanno bene”

Forse ci si aspettava qualcosa di più ruvido. Molto coerenti con l’ambiente del Festival.

18. Ghemon – “Rose viola”

Soul e sensuale. Ritornello con una linea melodica forte, che probabilmente verrà premiata nei prossimi ascolti.

19. Einar – “Parole nuove”

Si difende. Da volto televisivo post-Amici, Einar verrà premiato dal televoto?

20. Ex-Otago – “Solo una canzone”

Forti. Quotati ultimi dai bookmakers, poco prima dell’inizio saliti a metà classifica. E se finissero sul podio?

21. Anna Tatangelo – “Le nostre anime di notte”

Pezzo sanremese DOC. Considerando il percorso della Tatangelo c’è da chiedersi se sia un’evoluzione o un’involuzione.

22. Irama – “La ragazza con il cuore di latta”

Canzone epica con ritornello gospel. Scaltro parafulmine o scacco vincente?

23. Enrico Nigiotti – “Nonno Hollywood”

Un Nigiotti senza chitarra dedica un toccante ricordo.

24. Mahmood – “Soldi”

La mano di Charlie Charles si sente. Coreografia dell’orchestra approvata. Molto radiofonica.

Tante esibizioni dividono i primi ascolti dalla finale. Cruciale sarà la serata dei duetti. È un Sanremo da vivere, come sempre.

Dalla fine degli anni ’70 la label ha vissuto a pieno il mondo della discografia italiana: dall’italo disco al mercato della sincronizzazione.

Expanded Music

Expanded Music è una delle etichette più longeve del panorama musicale italiano. Dopo sua nascita, nel 1977, l’etichetta diventa un punto centrale della musica disco, in particolare dell’italo disco, un genere che ha divulgato la musica italiana nel mondo. “Agli esordi avevamo un’etichetta new wave che si chiamava Italian Records – racconta Giovanni Natale, direttore di Expanded Music – Sono nati da noi gli Skiantos, Johnson Righeira, Raf. Importavamo anche dischi da tutto il mondo. Negli anni ’80 ci siamo aperti verso la dance, un mercato che ha fatto la storia”. 

Un genere che, a detta di molti, avrebbe potuto continuare a trarre i suoi frutti, invece si è fermato nel tempo, non sfruttando tutte le potenzialità che aveva: “Le ragioni della fine dell’italo disco sono state tante: siamo stati molto creativi e poco imprenditori. In Italia siamo in ritardo sulle infrastrutture. Basti pensare che YouTube ha aperto da noi anni dopo rispetto agli altri paesi europei. La banda larga in Germania, in Olanda, in Inghilterra, in Svezia è stata accessibile prima. Paesi che sono stati importatori della musica italiana hanno avuto questi vantaggi e li hanno sfruttati per far crescere le proprie etichette. Quando arrivi in ritardo perdi il treno”.

Oggi Expanded Music si è concentrata sulla musica sincronizzata, aprendo su un portale innovativo, Expanded Music Sync, dedicato a questo mercato:”Tutto il nostro repertorio può essere utilizzato per la musica sincronizzata. Collaboriamo con tanti musicisti che hanno materiale di grande qualità, utilizzabile e mai uscito discograficamente. Il mercato del sincro è in forte espansione vista l’esplosione dei media audiovisivi: non solo cinema, pubblicità e televisione, ma video sul web e progetti interattivi. Abbiamo organizzato il catalogo dando la possibilità di sfogliarlo in maniera creativa. Ad esempio, oltre alle canoniche classificazioni di genere, mood o parole chiave, abbiamo introdotto nuovi filtri, uno di questi è cercare la musica per colore. Lo diceva anche il Grande Gatsby: ‘Suonavano musica gialla’, musica solare. E funziona davvero. Ogni colore ha un’emozione connessa. 

Expanded Music Sync
Immagine tratta dal sito Expanded Music Sync – Classificazione per colore

Ci sono diverse licenze disponibili sul sito per l’utilizzo dei contenuti che mettiamo a disposizione. Quando ci troviamo a contrattare per grandi produzioni, come accade per il cinema, allora si procede con licenze personalizzate, dove entra in gioco anche la riscossione dei diritti d’autore. 

A proposito di diritto d’autore, l’esperienza di Giovanni Natale è centrale nel cogliere il mercato odierno e le potenzialità future sulle quali operare: “Oltre ad aver fatto il discografico, sono stato consigliere d’amministrazione della SIAE per otto anni. Un’esperienza che mi ha portato in polemica con molti colleghi, perché a mio avviso è stata sottovalutata la responsabilità che hanno gli associati nei confronti di questo ente molto importante. Mi sono riavvicinato al mondo associativo con la nascita del MIA, perché riconosco a Federico Montesanto (Presidente del MIA) di essere un operatore multimediale italiano con la corretta visione di dove sta andando il mercato. La rendicontazione dei proventi del diritto d’autore più sarà analitica meglio è. Con Expanded Music abbiamo rilanciato dischi di trent’anni fa, senza il digitale non avremmo potuto avere lo stesso guadagno. Ma allo stesso tempo non vengono presi in considerazione tutti gli utilizzi e i passaggi di questi dischi. Ad esempio, uno dei problemi maggiori in cui siamo incorsi è il campionamento illegale delle tracce di nostra proprietà. È una battaglia continua trovare questi brani su piattaforme come iTunes o Spotify e toglierli dal mercato. Se la tecnologia ci consentirà anche di essere remunerati correttamente, cosa che oggi non avviene, per il reale valore che i nostri repertori hanno apportato al mercato digitale, allora la rivoluzione tecnologica premierà tutti. Ci sono mercati enormi, dall’Africa alla Cina, nuovi orizzonti ai quali puntare. Una maggiore cultura di tutti gli operatori del settore sulla difesa del diritto d’autore sarebbe necessaria. 

La label romana mette al centro dei contenuti la vita e le storie del proprio roster.

Etichette361: Romolo Music racconta storie

“Storytelling” è un termine abusato nella comunicazione: raccontarsi non è facile, ma è necessario. Soprattutto nella musica, dove si è veri se si è autentici. Romolo Dischi, etichetta indipendente romana, ha deciso di cavalcare la nuova wave, indie e trap, mettendo in primo piano le storie dei propri artisti. Una scelta coraggiosa, in un periodo storico dove un tipo di linguaggio universale, compatibile e trans-generazionale, sembra aver monopolizzato il mercato. Una storia non è uguale per tutti, è simile a quella di altri (di molti, di pochi), ma può essere altrettanto lontana agli stessi.

«Chi ha una storia da raccontare, rimane – il protagonista di questa settimana è Fabio Lauteri, in carica nel collettivo che si occupa della direzione artistica di Romolo DischiSantandrea, artista del nostro roster, fa il portiere di notte in un albergo nel centro di Roma. Nei suoi testi traspare il vuoto delle ore notturne, le persone che vede passare. Le albe che non arrivano mai.

Nicoletta Noè è eclettica, tangente alla scena indie, più vicina al cantautorato, con suoni contemporanei. Vive la musica a pieno, trasformandosi in continuazione. Non a caso è un’appassionata di David Bowie. In lei vive la dicotomia tra passione e cervello, tra cuore e ragionamento.

In aggiunta, abbiamo un gruppo trap che evade dalla linea canonica del genere. Gli MSNR (Massuoneria, scena toscana) spostano l’asse verso la parola che veicola un messaggio impegnato. I Monkey Tempura che spaziano dall’indietronica al nu soul. Infine, stiamo intercettando un’artista che si chiama Galassia (scena bresciana). Cerchiamo di conquistarla, ‘abbiamo mandato una sonda’ (sorride)».

Nel parlare degli inizi nel 2018 e dello scopo per cui è nata questa realtà, è emerso anche lo status del panorama musicale romano, in continua crescita grazie agli exploit degli artisti locali, ormai diventati fenomeni a livello nazionale. Le etichette indipendenti stanno vivendo un periodo florido, questo grazie, in parte, alla musica digitale. Come già affrontato, la bolla delle visualizzazioni “comprate” è una problematica che danneggia il mercato e soprattutto gli artisti emergenti. Capita che i numeri sotto i video non coincidano, in negativo, con gli spettatori ai concerti. «Noi lavoriamo cercando di dare all’artista una crescita reale – racconta Fabio – Pirames International, a cui affidiamo la distribuzione, ci fornisce tutti gli strumenti per operare al meglio. Chiediamo ai nostri artisti di utilizzare le piattaforme social in modo intelligente, con una presenza qualitativa. L’importante è essere originali, coerenti e sinceri. Anche per un artista è poco gratificante fare numeri sul web, andare a contatto diretto con il pubblico e vedere che non è la stessa cosa. Il digitale, grazie ad associazioni come il MIA, ha la possibilità di dare migliori condizioni agli artisti, ai produttori e a tutti coloro che si occupano di un progetto. La filosofia che seguiamo è come una foto di un edificio di archeologia industriale abbandonato, dove immagini il suo passato, ne osservi il presente, ne progetti il futuro. Lavorare sull’immaginario, mescolandolo con un nuovo neorealismo. Epica ed estetica, leggenda e geostoria si compenetrano.».

Negli obiettivi futuri di Romolo Dischi vi è avere un roster solido, forte nello scrivere canzoni e apprezzato dal vivo. Essere un tassello nella scena culturale. Le basi ci sono, la volontà, ambiziosa, pure. Tutto deve partire dal talent scouting, che dall’etichetta viene definito ‘hortus’, il giardino dove coltivare con cura le nuove scoperte. Gli artisti possono contattare la label alla mail info@romolodischi.it, accedendo alla pagina Facebook o alla pagina Instagram.

Sebbene la realtà indipendente sia un’etichetta autonoma, essa ha un legame, tramite soci in comune, a Filibusta Records, la quale pubblica dal jazz alla canzone d’autore, dal rock alla poesia performativa, all’avant. In catalogo possiede molti artisti, tra i quali Federica Michisanti, che ha appena avuto il riconoscimento della rivista Musica Jazz come Miglior Nuovo Talento Italiano del Top Jazz 2018 (il suo album è stato votato nei primi dieci album dell’anno) e Diana Tejera, cantautrice con una partecipazione a Sanremo (autrice anche per Tiziano Ferro e Chiara Civello). Francesca Romana Perrotta cantautrice (tre volte vincitrice a Musicultura e un Premio De André), Barbara Eramo, anche lei con due Sanremo passati e un progetto sperimentale in uscita con la label (Seacircle), Valentina Gullace, artista sospesa tra canzone d’autore e jazz, e, in ordine casuale, DOS Duo Onirico Sonoro, Gloria Trapani, Francesco Mascio, Acchiappashpirt, Eleonora Bianchini, Milena Angelè, Ajugada Quartet, Chiara Padellaro, Marco De Gennaro, Mino Lanzieri.

Un altro spin off è Electron Dom Records, che comprende nel roster Allegra Lusini (due Festival di Sanremo alle spalle, cantautrice e autrice che ha virato sul pop, electro pop, cantando in inglese) e le Opa Opa Invasioni Balcaniche (esplosivo duo di musiciste, che unisce una poetessa/performer, Jonida Prifti (Albania), e la musicista/compositrice Iva Stanisic (Serbia).

Una realtà a favore dell’arte e degli artisti, dove la parola chiave è la “meritocrazia digitale”.

Etichette361: Noise Symphony

Erich Fromm, famoso psicologo e sociologo, si interrogava sulla differenza tra essere o avere. Allo stesso modo, nella discografia, siamo in un periodo storico in cui l’essere viene rappresentato dal valore del lato artistico di un progetto musicale, mentre l’avere è la mera rappresentazione di un dato insipido, volatile ed effimero. In questo mare, Francesco Tosoni, produttore musicale , ci ha raccontato Noise Symphony, di cui è direttore artistico, progetto nato a favore degli artisti emergenti. Un’opportunità anche per gli ascoltatori di fare parte di una community attenta alle novità musicali che partono dal basso.

Noise Symphony è un progetto variegato composto da diversi ambiti, tra cui una sezione discografica. Per cominciare, come è nato?

La nostra mission è seguire la musica emergente per portare nuovi artisti al grande pubblico. Il progetto nasce nel 2009, questo è il suo decimo anno. Il mercato è cambiato e noi siamo evoluti insieme ad esso per rimanere al passo con i tempi. Oggi c’è una sovrapproduzione, c’è un ascolto distratto e serve un filtro che veicoli le migliori proposte alla community musicale. Un buon ambiente in cui inserire il mercato genera una competizione sana e stimola gli artisti. Questo è un altro dei nostri obiettivi.

Facciamo finta che io sia un nuovo utente, come posso aderire al progetto e che possibilità ho?

Appena arrivato sul nostro sito, un artista scopre le diverse parti di Noise Symphony: un’etichetta discografica, un magazine (Noiseletter) e una web radio (Indieffusione – 24 ore su 24, 7 giorni su 7). Abbiamo una sinergia con Radio L’Olgiata (Roma) in cui viene dato uno spazio alla musica che segnaliamo. Ciò che vogliamo creare è una community di persone che possa condividere la musica indipendente, da quella più pop, già emersa, a quella che è nascosta e deve emergere. Siamo un amplificatore. Offriamo anche la possibilità agli artisti di avere delle valutazioni sui propri progetti, sia per farli presentare ad altri addetti del settore, sia per entrare nel nostro roster di produzioni. Abbiamo anche diverse partnership con alcuni festival, altra opportunità per chi ci contatta.

Tutto ciò che hai raccontato sembra riassumersi nella “meritocrazia digitale”. 

Assolutamente si, ce n’è bisogno. Bisogna fare questo mestiere con rispetto, senso di crescita, senza privilegiare sempre “il numero”. Dare all’ascoltatore un’esperienza artistica a 360 gradi.

La rubrica Etichette361 vuole andare proprio a scoprire il lato nascosto della discografia, per capire dove c’è un vero interesse artistico e dove, invece, l’attenzione viene spostata sui dati, freddi e impersonali. Un progetto come quello di Noise Symphony è nato da un rottura? Da una voglia di cambiamento rispetto a qualcosa che non andava?

Durante la mia esperienza da produttore artistico ho visto diverse fasi, perché, come già detto, il mercato è cambiato in tanti modi. Una di queste è stata la bolla delle views (che non è ancora scoppiata), l’ossessione delle visualizzazioni comprate. Risultati digitali che non si traducevano in persone che compravano un biglietto per un concerto. Di conseguenza, mi capitava spesso di vedere la caduta tragica degli artisti dopo che avevano prodotto qualcosa, perché non c’era alcuna attenzione dal punto di vista discografico. La volontà delle major e delle etichette indipendenti più importanti era quella di ricevere un progetto che fosse già a uno stato avanzato, sul quale non ci fosse da investire da zero. Nel preparare gli artisti a queste realtà, per un anno ho pensato se buttarmi o meno e creare qualcosa che servisse proprio a questo. Così è nato Noise Symphony.

Oggi, con la nuova ondata di musica, a Roma stanno riaprendo i locali, dal punto di vista live è una rinascita e noi possiamo fare sfruttare l’esperienza maturata per raccogliere i frutti del lavoro svolto, imbastendone di nuovo. Nell’ultimo anno abbiamo avuto un grande appoggio da Pirames International nella distribuzione. Abbiamo aderito al MIA, che ha una mission importante per quanto riguarda la rendicontazione analitica, ma non solo, anche per la classifica delle radio. Ci sono tanti artisti che passano in radio minori, ma non hanno punteggio Earone. Per questo noi abbiamo scelto di puntare sulla nostra web radio e su una nostra classifica, appoggiata dal MEI,  un’istituzione per le etichette indipendenti. Tutte le persone che fanno parte della nostra community possono segnalare gli artisti da votare. Il risultato settimanale verrà distribuito anche nella newsletter del MEI.

In che modo potete essere contattati da nuovi artisti che vogliono proporsi a Noise Symphony?

Abbiamo diversi modi per essere contattati. Siamo presenti fisicamente ai maggiori eventi del MEI con un nostro desk. Il nostro staff può aiutare chi ne avesse bisogno su vari ambiti della discografia, a partire dal diritto d’autore e dalla gestione delle edizioni. Sul nostro sito web c’è una sezione dedicata appositamente alle demo. Diamo anche la possibilità di entrare in rotazione nella nostra radio con le proprie canzoni. Alcune di questi progetti verranno poi selezionati per un incontro in studio.

Di recente è uscito il nuovo singolo di Giorgio Baldari, ‘Fermo a pensare‘. Lui è venuto tre anni fa da noi con un centinaio di bozze che duravano circa un minuto e da lì abbiamo capito che aveva una penna molto interessante. Prima di uscire ci abbiamo messo un anno. Metà album è pronto. Stiamo costruendo un percorso in crescita con Giorgio, siamo riusciti a farlo, considerando che questo è il quarto singolo e già dal terzo abbiamo visto crescere i risultati. Vederlo suonare sul palco del Concerto del Primo Maggio a Roma è stata una grande soddisfazione.

I Martìri sono un gruppo indie romano. Sono estremamente colorati e freschi. Con loro siamo entrati nelle playlist di Spotify ‘Scuola Indie’ e ‘Viral 50’ che hanno permesso una grande visibilità. Considerando che i Martìri hanno 9 mesi di vita siamo molto contenti loro percorso.

 Abbiamo parlato tanto di cambiamenti del mercato. Buttando l’amo verso l’orizzonte, quali saranno le prossime mosse della discografia?

La discografia dovrebbe riprendere il proprio ruolo di supervisore del prodotto, essere un filtro su ciò che entra nel mercato. Questa cosa sarà sbilanciata dal momento in cui gli artisti potranno caricare autonomamente i propri contenuti su piattaforme come Spotify. In quel momento non ci saranno più filtri, ma già adesso ci sono delle pubblicazioni che se fossero passate per una casa discografica non avrebbero mai avuto accesso a questi servizi per mancanza di requisiti minimi. Non sono un bacchettone, ne una persona totalmente legata al passato, anzi, sono favorevole alla tecnologia, ma il rischio è quello di saturare l’offerta e andare a togliere attenzione ai prodotti che meritano. Non chiudiamo il mercato a questa possibilità, ma che la discografia si elevi a filtro e certificazione della qualità, con un sano confronto artistico.

 

Il celebre speaker di m2o, tra i fondatori di Bang Record, ha raccontato la realtà discografica del suo genere di riferimento e l’importanza di ritagliarsi uno spazio nel mercato.

Etichette361: Bang Record raccontata da Dj Ross

Se siete stati almeno una volta in discoteca negli ultimi 11 anni, avrete ballato uno o più successi firmati Bang Record. La musica dance è, da sempre, un mercato florido, che unisce intrattenimento da club a vere rivoluzioni musicali. Se l’Italia è entrata a far parte di questo circuito, a livello internazionale, lo si deve al lavoro di chi, dal basso, è riuscito a divulgare la propria professionalità fuori dallo Stivale. Ne abbiamo parlato con Dj Ross, programmatore musicale e voce storica di m2o Radio, in onda dalle 13.00 alle 14.00 con The Bomb, insieme al partner-in-crime Alessandro Viale. Tolte le cuffie, Ross, Rossano Prini, è un discografico arguto, dal quale si può cogliere il senso dell’esperienza nel settore e la “visione” in prospettiva. Bang Record è l’esatta applicazione della morale di questa intervista: trovare il proprio spazio è fondamentale.

Come è nata Bang Record? 

Bang Record è nata, in primo luogo, come un gruppo di produzione. Insieme ad Alessandro Viale, dopo un’importante sinergia da dj producers, abbiamo deciso di creare questa realtà e di continuare a lavorare a stretto contatto. Successivamente, con il tempo, abbiamo iniziato a prendere altri prodotti esterni, da altri produttori, fino a quando, insieme a Gianluca Rossi, abbiamo deciso di aprirci totalmente al mercato discografico. Così Bang Record è diventata un’etichetta allo stato puro. Siamo arrivati nel momento peggiore della discografia, in poco tempo ci siamo ritagliati uno spazio nel mercato italiano e straniero. Da quasi quattro anni abbiamo ottenuto grandi risultati nel marketshare di Earone. Abbiamo avuto una crescita costante.

Sono canzoni come ‘Feel The Love’ di Marchi’s Flow (progetto parallelo di Cristian Marchi), che hanno segnato diverse generazioni, ad aver contribuito a questa crescita costante?

‘Feel The Love’ è stato il primo successo internazionale: numero uno in Francia, con licenza in diversi paesi del mondo (Germania, Austria, Svizzera, Spagna). Un altro grande successo è stato ‘The Riddle’ di Prezioso & Marvin. Tutt’ora questo disco spopola in un paese diverso ogni anno (Messico, Australia, Arabia Saudita) e ne sono passati 10 dalla sua uscita.

Discograficamente la musica elettronica ha avuto un percorso “più intelligente” rispetto ad altri generi, aprendosi subito a quelle che, un tempo, erano nuove piattaforme di pubblicazione di contenuti, come Soundcloud. Si può dire che il digitale sia stato più rivoluzionario per i dj producers che per altri?

Inizialmente non c’erano stati benefici. Il nostro genere (la musica dance commericale) non rientrava nei canoni del neonato Beatport (famoso store di musica elettronica, nda). Invece, con l’arrivo dello smartphone, le persone hanno iniziato a smettere di scaricare illegalmente le canzoni (divenute più accessibili). Oggi è cambiato ulteriormente il sistema, considerando che Spotify è il riferimento più importante per gli utenti.

È cambiata anche la struttura dei brani con lo streaming musicale?

Certo, è l’epoca del “tutto e subito”, quindi devi concentrare tutto in due minuti e mezzo. L’utenza media mantiene per poco tempo l’ascolto, devi dargli qualcosa che soddisfi senza far cambiare canzone. Per quanto riguarda la nostra musica, abbiamo avuto una crescita costante anche grazie ai buoni rapporti con realtà internazionali. Con i risultati e la professionalità ci siamo costruiti una credibilità che ha portato contatti e accordi commerciali. A novembre abbiamo pubblicato il brano di Corti & Lamedica & Andry J – Boss Shit feat. Carlprit, il quale ha prodotto grandi risultati in Italia, in Spagna e ci ha permesso di instaurare un rapporto con Ultra Music (Ultra Records), la quale ha preso la traccia in licenza per quasi tutti i paesi del mondo.

Nell’ultimo anno anche artisti internazionali hanno deciso di scegliere Bang Record per le proprie produzioni. Tom & Hills, artisti finlandesi, usciranno licenziati da Universal il primo febbraio con un singolo scritto da Sandro Cavazza. Come dicevo, è cambiato l’approccio al mercato. Bisogna lavorare al giusto piano dietro ad ogni brano per ritagliare lo spazio e l’attenzione che merita.

Il tuo lavoro da discografico si fonde alla tua esperienza radiofonica. La radio sarà oggetto di un grande cambiamento digitale entro il 2020. Questo mischierà ancora le carte in tavola? 

La radio digitale avrà una migliore qualità sonora e la vera rivoluzione sarà (ed è già) poter ascoltare i network da ogni parte del mondo. Io stesso tutti i giorni ascolto radio estere come MegaStar (Spagna) o NRG (Francia). Questo perché voglio capire cosa accade in altri orizzonti, fuori dall’Italia. Quando esce una traccia la promozione è fondamentale, la fai online o tramite le radio. Penso che il mezzo radiofonico sia sempre il migliore, perché determina il vero successo di un brano.

Nel vostro genere c’è anche un’altra componente da non sottovalutare, ovvero la possibilità di far suonare una traccia nei dj set in giro per il mondo.

Questo dipende dal tipo di disco. Ad esempio, una traccia club viene inviata prima ai dj che alle radio. Se poi viene messa in pista allora ci muoviamo con i network. Nel contesto radiofonico devi avere sempre qualcosa da dire con i tuoi brani, perché ne arrivano così tanti che deve esserci qualche ragione specifica per scegliere il tuo. Oggi le radio italiane sono molto parlate, alcune mettono 4-5 dischi in un’ora, di cui uno solo è una novità. La selezione è tanta.

In che modo preferite essere contattati per ricevere nuove demo dai produttori? Quali saranno le prossime uscite su Bang Record?

Etichette361: Bang Record raccontata da Dj Ross 1

Sul sito bangrecord.it c’è un form da compilare per l’invio delle demo, oppure tramite la mail info@bangrecord.it. Ascoltiamo tutto, con i tempi necessari perché ci arriva tanto materiale. Abbiamo anche due sublabel, la Club Bang e la Bang Floor. Con quest’ultima stiamo facendo un esperimento importante: rilanciare l’italo dance. A breve avremo in uscita l’ultimo disco di Dj Jump, dal titolo ‘Back to the Feat’, in licenza a Sony. All’interno delle 14 tracce saranno presenti featuring cantati dalle voci storiche degli anni ’90 e 2000, tra cui Jeffrey Jey (Eiffel 65), Haiducii (di Dragostea Din Tei) e molti altri. Abbiamo deciso di fare questo disco perché molte persone sono ancora affezionate a questo genere, siamo fiduciosi del risultato. Ci teniamo a differenziarci dagli altri. Altri brani in uscita e da tenere d’occhio sono TW3LV ft. Cimo Fränkel – Picture Of Us e SMACKM – We Care ‘Bout Nothing.

Da studio di registrazione a etichetta discografica, Aereostella è un capitolo della storia della musica italiana che continua a essere scritto tutti i giorni.

Etichette361: Aereostella, la PFM e i nuovi orizzonti

Esperienza, ex-per-ire, “uscire passando attraverso”. Solo dopo aver vissuto qualcosa se ne può parlare. Per questo Iaia De Capitani, titolare, insieme a Franz Di Cioccio (PFM), di Aereostella, può raccontare, ad ampio spettro, il panorama discografico attuale e paragonarlo a quello passato. Insieme a lei abbiamo parlato della label, di industria musicale e della rivoluzione possibile.

Come nasce Aereostella? 

All’origine Aereostella era uno studio di registrazione con edizioni musicali. La proprietà è stata rilevata al 50% percento da me e Franz nel 1989. In quel periodo lavoravamo per Mediaset. Dopodiché, quando PFM ha ricominciato il proprio percorso artistico, lo studio è stato chiuso, è rimasta solo la gestione delle edizioni musicali. Abbiamo successivamente rilevato tutta la proprietà e aperto l’etichetta discografica nel 1992. Da lì è iniziato il viaggio di Immaginifica, un marchio di Aereostella che si occupa di progressive, e FermentiVivi, destinata ai giovani e al rock. Nel frattempo è nata anche una parte dedicata ai libri, con distribuzione Messaggerie Italiane. Stiamo abbandonando la carta stampata a favore del digitale, per questo siamo fermi con la sezione dell’editoria del libro, ripartiremo totalmente digitali. Questa è storia della nascita di Aereostella.

Abbiamo citato PFM e il progressive, com’è il mercato per questo genere?

Inizio con una premessa, PFM non è progressive. Tu mi dirai: “Ma come non è progressive?!”, lo è stata, ma non lo è più da tempo. Dal terzo/quarto disco PFM ha allargato gli orizzonti con sperimentazioni jazz, rock, senza dimenticare l’esperienza con Fabrizio De Andrè, dove la poesia si è unita al rock, uno dei punti più alti del mercato italiano. A tal proposito nel 2019 corre il quarantesimo anniversario dall’esperienza con Fabrizio, che PFM celebrerà con un tour che inizierà il 12 marzo a Bologna, 32 date in due mesi. Sul palco ci saranno anche Flavio Premoli alle tastiere e Michele Ascolese alla chitarra classica.

Come PFM non è progressive, non consiglio agli artisti che si presentano di farsi comprendere in un solo genere. Anche perché il mercato prog in Italia è pochissimo, all’estero c’è un giro più ampio, specialmente nella lingua anglofona. Come nel metal, all’estero trovi delle “famiglie”, delle comunità, che seguono un genere coralmente.

FermentiVivi, invece, si occupa di rock. Nell’undergroud italiano sta tornando il rock emergente, possiamo sperare nel ritorno delle chitarre come è accaduto per i sintetizzatori?

Il rock non morirà mai, il ritorno delle chitarre ci sarà. Dal vivo la chitarra è fondamentale, i riff di chitarra sono quelli che hanno fatto la storia. Ho notato che molti giovani stanno guardando indietro per copiare e secondo me questo è sbagliato. Ascoltano i grandi ed emulano. È giusto farsi contaminare, però poi bisogna mettere del proprio, ciò che sei tu. Devi suonare te stesso. Siamo aperti all’ascolto di chiunque volesse inviarci demo e materiale, contattateci all’indirizzo mail info@aereostella.it.

Stavo sfogliando il vostro catalogo e avete prodotto così tanti dischi che sarebbe difficile citarli tutti. In FermentiVivi ho trovato un disco di Luca Leoni, oggi guru della comunicazione digitale e delle videoproduzioni con l’azienda Showreel. È lui?

Si, è proprio lui. Luca è una persona estremamente intelligente e molto attiva. Aveva prodotto il disco, noi l’abbiamo preso in licenza. Sono passati tanti anni, sono molto felice della sua carriera.

Colgo l’occasione per spostarci sul mercato digitale. Aereostella ha vissuto tanti modelli di business musicale e altrettanti supporti sui quali ascoltare le canzoni. L’orizzonte che abbiamo di fronte, lo streaming, dove può portare? C’è qualcosa che rimpiangi del mercato dell’epoca?

Ogni era ha il proprio modo di esprimersi, i suoi pro e i suoi contro. Oggi il digitale domina il mercato. Il CD è destinato a scomparire come la musicassetta. La musica liquida, però, è talmente veloce che brucia subito, il prodotto diventa usa e getta. Per questo c’è bisogno di avere qualcosa di fisico, da toccare, da tenere in libreria, non a caso il mercato del vinile è rinato. C’è un rito di ascolto: prendi il disco, lo metti sul giradischi, poggi sopra la puntina. Lo devi volere, sei preparato psicologicamente ad ascoltare quel disco. L’ascolto è più caldo e il packaging è un mondo parallelo che aumenta l’esperienza sonora (la copertina, il libro all’interno, le immagini, i testi). Vivi davvero ciò che stai ascoltando.

È una possibilità per avere classifiche più vere in prospettiva?

Il MIA – Musica Indipendente Associata sta lavorando proprio in questo senso. Rendere le classifiche reali, comprendendo anche tutti i servizi digitali. Io lavoro in questo settore e a volte mi capita di vedere artisti che fanno numeri importanti in termini di visualizzazioni senza averli mai sentiti. Sono già delle star e non so chi siano (riferendosi ad exploit più grandi del dovuto, nda).

Quindi, oltre a una rendicontazione analitica dei proventi del diritto d’autore, come quella proposta dal MIA, servirebbe anche una regolamentazione sulla fruizione dei numeri di views e di stream a favore del consumatore e di chi lavora nel settore. 

MIA è attiva anche in questo. Si stanno instaurando rapporti anche con Google e YouTube, ad esempio, per creare un panorama migliore e facilitare il dialogo tra distributori di servizi, discografici, addetti ai lavori e utenti. Il nostro è un lavoro. Non è un gioco fare l’artista, l’editore, il discografico. Se il mercato non è regolarizzato, ci sono dei furti. Anche la SIAE e altri enti stanno lavorando in questo senso. Tutta l’Europa è in moto per cambiare gli orizzonti del mercato musicale.

Un grande lavoro di squadra, che ha la possibilità di fare una vera rivoluzione. In conclusione, quali sono le prossime uscite di Aereostella?

Su Immaginifica è uscito il disco “Aerostation” del gruppo omonimo formato dal tastierista Alex Carpani e dal batterista Gigi Cavalli Cocchi. Dal vivo viene aggiunto un terzo elemento, il bassista Jacopo Rossi. Altri artisti appena usciti sono gli OAK (Oscillazioni Alchemico Kreative), hanno fatto un concept album solo in vinile (con il supporto digitale annesso e regalato) sulla vita di Giordano Bruno. All’estero sta spopolando nel prog. Su FermentiVivi non si può non citare “L’attesa” di Vittorio De Scalzi e recentemente è uscito “Due di noi”, disco in duo con Nico Di Palo. Stiamo anche lavorando ai nuovi dischi del cantautore Gregor Ferretti e di Tiziano Tamisari.

Vent’anni di esperienza nella musica a cappella, nelle produzioni vocali e nella musica sincronizzata per film, televisione, pubblicità e comunicazione.

Etichette361: Preludio Music e la sincronizzazione

La nicchia è un mercato difficile, a volte inesplorato, da collezionisti e intenditori. Questa è la dimensione di Preludio Music, leader nelle produzioni di musica corale e a cappella, ma anche nella sincronizzazione. In un mondo sempre più improntato sul dialogo tra suono e immagine, abbiamo parlato con Andrea Thomas Gambetti, direttore della label, di come si naviga in un mercato di nicchia e della grande importanza (poco conosciuta) della musica sincronizzata.

Come nasce Preludio Music e qual è la linea artistica?

Preludio Music nasce nel 1998, abbiamo fatto 20 anni quest’anno. Ha iniziato a produrre album di musica a cappella ed è diventata il riferimento italiano per questo genere. È l’etichetta della voce e della musica di qualità. Ci occupiamo anche di musica corale e di artisti che utilizzano la voce in modo particolare. Curiamo tutte le nostre edizioni e abbiamo in catalogo anche musica contemporanea. Il nostro target è il prodotto di nicchia, perché crediamo che i progetti ai quali ci dedichiamo meritino di avere un ampio respiro.

Qual è la formula per far emergere i prodotti di nicchia?

Offriamo un servizio di alta qualità sulla produzione di dischi, ci affianchiamo a professionisti di ogni settore, dalla musica, alla grafica, alla comunicazione. Abbiamo cercato di ridurre la filiera discografica, rinunciando alla distribuzione del supporto fisico. Tutti i nostri album sono distribuiti digitalmente tramite Pirames International e, dal 2007, abbiamo creato un nostro e-commerce. Una scelta avanguardista per l’epoca, che poi si è confermata un trend adottato da tutto il mondo. Spediamo in qualsiasi continente, abbiamo clienti anche da Hong Kong o dal Giappone.

Anche se fate musica “non commerciale”, la nicchia, quando ci si affaccia sul mercato mondiale, e non solo su quello italiano, non è più una vera nicchia. 

Grazie all’e-commerce vendiamo ovunque. La nostra musica rimane di nicchia, il mercato è limitato, ma chi cerca questo tipo di prodotto lo trova da noi. Inoltre, Preludio Music si occupa anche di musica per la comunicazione. Abbiamo una rete di sub-publisher in tutto il mondo, i quali si occupano di proporre e inserire le nostre edizioni come musica sincronizzata (film, serie tv, video aziendali, ecc). Questa è la nostra peculiarità e anche la nostra visione, guardano la situazione attuale e un futuro proiettato sull’immagine, sul video, con una continua necessità di musiche ad hoc.

Qui apriamo un argomento centrale. Non si parla spesso di diritto di sincronizzazione, mentre invece è grande una possibilità per autori, musicisti e artisti.

Un’etichetta, per avere possibilità di sincronizzazione, non dovrebbe muoversi in solitaria, ma affidarsi a una rete di contatti, che noi abbiamo costruito in 20 anni.  Il nostro lavoro è quello di far conoscere ai clienti (nell’industria delle videoproduzioni) i nostri prodotti tramite la promozione, inoltre i nostri sub-publisher lavorano per garantire che gli artisti abbiano inserimenti di rilievo. Nel momento in cui una musica viene utilizzata in un film di Hollywood, questa fa il giro di tutto il mondo e agli autori spettano i diritti da tutte le collecting societies. Non è soltanto il pubblico che non conosce questo sistema, anche alcuni addetti ai lavori trascurano o sottovalutano la sincronizzazione. Il cosiddetto diritto di sincronizzazione spetta agli aventi diritto per valutare se concedere un opera e relativo fonogramma in abbinamento alle immagini. Ad una azienda che, ad esempio, volesse utilizzare una traccia musicale, non si “vende” la traccia stessa, ma si concede una licenza di utilizzo. Ci sono alcuni artisti che, ad esempio, non vogliono essere sincronizzati, per ragioni etiche o commerciali. Magari un cantante non ha piacere ad essere ricordato per la canzone della pubblicità della mortadella, oppure ci si può rifiutare a cedere musiche per film a luci rosse. Ognuno ha i propri criteri, l’importante è non cedere il master, ma cedere l’uso in licenza. Affidarsi a noi è una scelta giusta, perché conosciamo il valore di un prodotto e della relativa campagna di comunicazione, pertanto siamo in grado di tutelare in modo più efficace gli aventi diritto e valutare meglio il valore del diritto di sincronizzazione.

Tornando sul roster di Preludio Music, Alti & Bassi sono un gruppo di spicco per la vostra realtà. Confermi? 

Da vent’anni possono essere cosiderati gli artisti di punta della nostra etichetta. Siamo arrivati all’ottavo album, con un grande successo in Italia e all’estero. Dopo tanti dischi di cover, caratteristica della musica a cappella, escono in questi giorni con una raccolta interamente di inediti. Primo album in assoluto in Italia di inediti per musica a cappella, il titolo è “Ce l’avevo quasi fatta“, dieci canzoni che spaziano tra differenti generi: jazz, rap, swing, rock fino a un mood medievale, citazione a Branduardi e De Andrè. Un disco completo, che merita di essere premiato dal pubblico. Trovate tutte le informazioni su www.altiebassi.it.

Alti&Bassi

In conclusione, un artista come può contattare la vostra etichetta?

Noi ascoltiamo tutto e rispondiamo sempre a tutti. Sul nostro sito preludiomusic.com si trova il form per inviarci link e file, oppure questi sono i nostri contatti: info@preludiomusic.com – tel. +39 02 26.11.63.08 / 02.89.05.27.76. La nostra volontà è quella recuperare il valore del rispetto nella discografia.

Il produttore Alessandro Forte racconta Rivoluzione Dischi, nuova realtà nel panorama discografico indipendente italiano.

Un intrigante velo di mistero dietro l’etichetta romana Rivoluzione Dischi, che ha come direttore artistico Alessandro Forte, produttore italiano protagonista del successo di Galeffi. Linea artistica variopinta, su differenti generi. Roster folto (Scrima, The Castaway, Aiello, Xavier, Bora, Astenia, LK e Svevo Susa), che sta già riscuotendo i primi risultati importanti, nonostante la giovane età di questa realtà. Scopriamo meglio un nuovo faro nell’underground italiano.

Etichette361: Rivoluzione Dischi

Come nasce Rivoluzione Dischi?

La label è gestita da due amministratori che vogliono mantenere l’anonimato, i quali mi hanno contattato per iniziare il progetto dopo il successo del disco “Scudetto” di Galeffi che ho prodotto. Sono stato monitorato e mi è stato assegnato il ruolo di direttore artistico e produttore. Nell’etichetta c’è anche Ludovico Lamarra (bassista de “Il Muro del Canto”), che si occupa del management. Ho proposto, tra i vari artisti, Scrima e adesso stiamo puntando su di lui. È andato molto bene: il primo singolo “Sofia” è ancora nella playlist Indie Italia di Spotify e da pochi giorni è uscita “Elisa”, che ci fa ben sperare.

Capita spesso di parlare di streaming in questa rubrica. Da direttore artistico, che rapporto hai con la musica digitale?

Adesso è tutto digitalizzato, c’è una forte crisi sulle vendite e sul download. Stiamo puntando molto sullo streaming con la nostra etichetta, fare risultato sulle piattaforme è un grande goal per noi. Oggi Spotify è la forma di promozione e distribuzione fondamentale per tutti gli artisti.

Visto che hai parlato di Scrima in Indie Italia, qual è l’iter che deve seguire un artista per poter entrare in una playlist così importante?

Sia Indie Italia che Scuola Indie sono gestite da algoritmi. Il consiglio che mi capita di dare ai ragazzi è quello di essere promotori di se stessi: molto attivi sui social, indipendenti, che vadano oltre a un discorso vecchio stampo sulla promozione discografica. Instagram sta soppiantando Facebook, quindi è molto importante avere una comunicazione originale, unica, che parta prima di tutto dall’artista. Il pubblico ha sempre più interesse a interagire con chi canta e chi suona. È cambiato molto il mercato da questo punto di vista, un tempo un artista era inavvicinabile: lo vedevi, lo idolatravi. Era difficile entrare in contatto con lui. Oggi puoi scrivergli in direct e ricevere subito risposta. Tornando sulle playlist, sicuramente ci sono anche dei termini tecnici di indicizzazione e poi la potenza dell’etichetta ha la sua valenza. Comunque, il parterre di contatti che crea ogni artista è centrale, quanto suonare all’interno di locali inseriti in determinati circuiti. In questo modo sarà possibile farsi notare dagli addetti ai lavori e aver maggior facilità d’ingresso a una playlist molto ascoltata.

Rimanendo su questo argomento, il MIA – Musica Indipendente Associata sta lottando per far ottenere agli indipendenti gli stessi diritti delle multinazionali. Tu aderisci alla causa, pensi che ci sia ancora meritocrazia nella musica digitale?

Nella vita servirebbe sempre meritocrazia. Soltanto che oggi la situazione è così tanto sotto gli occhi di tutti che paradossalmente viene accettata. Ad esempio, ci sono artisti che non hanno tour all’attivo e magari entrano al primo posto in una playlist, o scalano le classifiche dal giorno alla notte. Non c’è neanche il tempo che l’algoritmo riesca ad elaborare il risultato per ottenere tutto ciò. Quindi, è chiaro che ci sia qualcosa che non torna talvolta. Sarebbe necessario avere maggiore trasparenza e sincerità in virtù della bellezza di ciò che facciamo. Perché un nome di un determinato calibro non merita di essere messo in maggior rilievo rispetto a un artista minore, che magari ha un prodotto più valido.

Quindi serve una regolamentazione.

Manca una regolamentazione e anche dei competitor che rendano il mercato più aperto. Da associato del MIA, insieme all’associazione vogliamo dare gli stessi diritti a tutti coloro che intervengono nella scena musicale. C’è una bolla di sapone che presto scoppierà. Esiste un confronto continuo tra la vecchia e la nuova discografia indipendente, dove però, a volte, di indipendente c’è poco e nulla. Parliamoci chiaro, nel momento in cui un’etichetta è sostenuta da una major che ne cura le edizioni e la distribuzione come fa a chiamarsi “indipendente”. Un altro fattore molto importante è conoscere i propri diritti legali quando si vive la discografia, anche da artisti. Mi è capitato di lavorare con persone che non sanno cosa siano le royalties o le edizioni. Se non conosci ciò che ti spetta di diritto nel momento in cui non percepisci nulla è tardi. Proprio per questo motivo l’offerta del MIA è molto interessante. Tra i punti è presente anche la proposta della rendicontazione analitica dei diritti d’autore, a discapito di quella odierna (forfettaria), una vera rivoluzione.

E su questa parola torniamo a parlare di Rivoluzione Dischi. In che modo viene svolto il lavoro di talent scouting e qual è la linea artistica?

Il reclutamento degli artisti avviene tramite materiale che viene mandato via mail a rivoluzionedischi@gmail.com oppure ci capita di conoscere persone che ci stimolano artisticamente e con le quali imbastiamo nuovi progetti. Ad esempio, Galeffi fu un allievo della scuola di musica dove insegno a Roma, rimase deluso da un’esperienza musicale televisiva tanto da voler smettere di cantare. Io lo andai a cercare, lo forzai a continuare e adesso ha avuto il percorso che tutti conosciamo. Scrima, allo stesso modo, mi è stato presentato da un fotografo che lavora nell’ambiente discografico (Matteo Casilli). Ci siamo visti e mi sono innamorato dei suoi pezzi. La particolarità di Rivoluzione Dischi è che abbiamo progetti molto differenti tra loro, dalla musica elettronica all’indie. L’idea è quella di creare una famiglia di artisti che si aiutino tra loro, com’era nella vecchia ideologia delle case discografiche.

Ludovico Lamarra (a sinistra) e Alessandro Forte (a destra)
Ludovico Lamarra (a sinistra) e Alessandro Forte (a destra)
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