Label jazz con un’esperienza quasi ventennale e un metodo di lavoro solido e professionale.
Il jazz è un’espressione elegante della musica. Mai banale. Che va dalle radici alla contemporaneità. È un bel panorama musicale, che, a volte, viene riassunto in un fenomeno di nicchia. Il jazz è molto più di questo, fa parte di un mercato discografico che punta al rinnovamento, alle nuove leve e alla valorizzazione del patrimonio tramandato negli anni. Marco Valente, fondatore e direttore di Auand Records, ha raccontato a Musica361 il ruolo di una label nel jazz.
Come è nata l’etichetta?
Auand è nata nell’ormai lontano, soprattutto in termini di cambiamento del settore, 2001 per dare voce alla nuova scena di giovani jazzisti italiani che in quegli anni stava prendendo piede. Pariamo della generazione di Petrella, Bollani, Bearzatti, Bosso, tutti musicisti ormai noti a livello internazionale.
Qual è la vostra linea artistica?
Siamo apertissimi alle più svariate sperimentazioni. Abbiamo deciso di convogliare le produzioni in 4 diverse collane: una dedicata al jazz contemporaneo, una al piano trio, una alle songs (di qualunque genere) e una all’elettronica. Ogni collana ha la sua estetica e quello che ci preme è dare una panoramica attenta sulle nuove generazioni. Abbiamo iniziato lanciando il disco d’esordio di Gianluca Petrella e abbiamo continuato così, prediligendo sempre esordi discografici e idee nuove.
Qual è il vostro criterio di talent scouting?
Il pay off dice chiaramente quali sono gli elementi che cerchiamo nella musica da produrre: “ENERGY, RISK, CONVICTION AND THE UNEXPECTED!”.
In che modo gli artisti possono contattarvi per inviare nuove demo?
Puntando da sempre soprattutto ai giovani, investiamo molto tempo nell’ascolto dei demo che possono essere inviati in qualunque forma agli indirizzi indicati sul sito. In 17 anni crediamo di avere risposto sempre a tutti e se per caso ne abbiamo mancata qualcuna approfittiamo di questo spazio per scusarci!
Ovviamente ascoltiamo molto anche dal vivo ogni qualvolta se ne presenti l’opportunità.
Qual è il percorso che imbastite con un nuovo artista del vostro roster?
Quando è possibile partiamo dalla selezione delle composizioni, poi cerchiamo di capire quale potrebbe essere il suono del gruppo per poi cercare di arrivare alla stampa del CD e alle uscite digitali con una bella storia da raccontare. E la storia la raccontiamo soprattutto nei live.
Quanta importanza ha il digitale nel jazz? È frequente anche in questo genere l’utilizzo delle piattaforme social e streaming?
Ormai credo che sia frequente per tutti i generi. Forse una certa generazione di ascoltatori di jazz (e di classica) è ancora legata al supporto fisico ma parliamo di numeri abbastanza ridotti.
Il ritorno del vinile, un mercato in costante crescita, gioca a favore della musica jazz?
Abbiamo provato a stampare qualche vinile con alterne fortune. Sembra che in alcuni settori più sperimentali sia apprezzato. Ma non sempre è così.
Quali sono i prossimi progetti in uscita?
Sono appena usciti due progetti a cui tengo tantissimo e che ci stanno dando moltissime soddisfazioni. L’ultimo lavoro del pianista pugliese Mirko Signorile “Trio Trip” e il nuovo album di Francesco Diodati “Never The Same” con i suoi Yellow Squeeds. La critica ha accolto entrambi con grande enfasi e ne siamo ovviamente molto fieri. Musica Jazz, rivista di settore, li ha scelti entrambi come Disco del Mese.