La storia di ogni artista è contraddistinta dal rapporto con i propri fan, Musica361 vuole raccontare quella dei fanclub.

Fanclub italiani, quali sono?
Fanclub italiani, quali sono?

I fan italiani sono tra i più calorosi al mondo, lo dicono gli artisti nostrani ai concerti, ma anche quelli provenienti dall’estero, accolti da tutta la forza e l’energia delle persone che popolano parterre e tribune. Musica361 vuole conoscere la storia dei fanclub per poterla raccontare. Aneddoti, fotografie, autografi, follie, ma soprattutto l’esperienza di condividere la stessa passione tra tante persone.

Siamo a disposizione, pronti con la penna e il registratore, per lasciare traccia di quel che è stato il passato dei fanclub dei quali fate parte, e non solo. Considerando la molteplicità di eventi annessi alle attività di questi tipi di associazione, siamo interessati anche al futuro, ai prossimi appuntamenti, per far conoscere nuove realtà a chi non è ancora iscritto e comunicare quante opportunità vengono offerte.

Potete contattarci sulla pagina Facebook di Musica361 – Il Giornale della Musica, oppure via mail a redazione@musica361.it con oggetto “Fanclub”.

Questo articolo è per voi, che popolate gruppi e pagine Facebook, che andreste in capo al mondo per il vostro artista preferito. Condividete l’articolo e scriveteci, abbiamo tanta voglia di raccontare la vostra storia.

La prima risorsa per lo studio dell’handpan, strumento a percussione sempre più noto, è stato scritto da Loris Lombardo, un percussionista italiano.

Libro per imparare a suonare l'handpan
Loris Lombardo.

Loris Lombardo, 32 anni, musicista e compositore, ha scritto il primo libro al mondo sull’handpan, uno strumento affascinante e virale, che si può trovare spesso nelle esibizioni degli artisti di strada apprezzate dalle visualizzazioni. Loris, da musicista, ha fatto un’ampia ricerca a riguardo che è culminata con la redazione di un manuale e ha costruito uno spettacolo moderno completamente attorno a questo particolare strumento.

Per iniziare, come descriveresti l’Handpan?
È uno strumento che nasce in Svizzera nel 2000 non come strumento musicale, ma per accompagnare la persona che lo suona alla meditazione e allo yoga. Quindi parte da un principio diverso rispetto agli altri strumenti. I suoni che emana hanno un qualcosa di onirico che catapulta l’ascoltatore in una atmosfera singolare. È uno strumento di metallo che unisce il ritmo alla melodia, ha varie note, non tutte come in un pianoforte, ma è basato su scale pentatoniche o scale ideate da chi lo costruisce. Per me, che arrivo dallo studio della batteria, è stato il massimo dell’evoluzione strumentale.

Il manuale per handpan che hai scritto è una risorsa unica sullo studio di questo strumento?
Questo è il primo libro al mondo dedicato a questo strumento, accompagnato da un DVD, tutto in italiano. A breve uscirà anche in inglese, tante persone lo stanno richiedendo dall’estero perché interessate anche al DVD nonostante non capiscano la lingua. Da qui è nata la volontà di tradurlo in inglese, per renderlo accessibile a tutti. Il libro è disponibile nelle maggiori librerie e negozi di musica, sui digital store e sul sito www.lorislombardo.it.

Libro per imparare a suonare l'handpan
La copertina del libro.

Come è strutturato il manuale?
Si parte da un’introduzione storica, da come nasce lo strumento, perché chi l’ha costruito si è ispirato ad altri strumenti come le tabla indiane, il gong orientale, lo steel drum caraibico. Si passa a come si è evoluto, dalle scale presenti sui diversi tipi di strumenti a come si tiene in mano, come si posiziona e come si percuote. A quel punto inizia tutta una parte tecnica. Il libro è strutturato anche per chi non conosce la musica: ho creato delle tablature come quelle da chitarra, che sono delle raffigurazioni di handpan stilizzati e per capire quale dito utilizzare per ogni nota tutte le dita sono state numerate, la destra va dall’uno al cinque, la sinistra va dal sei al dieci. È fondamentale guardare anche il DVD, 5 ore e mezza utili per vedere anche i movimenti corretti da eseguire.

Questo libro deriva da una ricerca che hai svolto tra le percussioni. Quale è stato il “viaggio” che ti ha permesso di conoscere tutte queste tecniche?
Ho avuto la fortuna di iniziare a suonare a 2 anni la batteria, perché mio papà è un batterista. Arrivato a 14 anni ho deciso di studiare e sono andato nella scuola di Tullio De Piscopo a Milano, dove ho continuato batteria e le materie complementari. Finito ciò ho mi sono iscritto al conservatorio, ho fatto dieci anni di percussioni classiche e mi sono laureato, grazie a questo sono riuscito a studiare vibrafono, marimba, timpani sinfonici, xilofono, tamburo e anche il pianoforte, perché complementare per potersi avvicinare ad alcuni strumenti a percussione. Successivamente mi sono interessato alle percussione etniche. Tutto questo mi ha portato a capire che si potevano avere voci diverse rispetto alla batteria, con gli strumenti a percussione potevi diventare India, Turchia, Asia, Cuba, Africa. Continuo tuttora a studiare queste tecniche, non si finisce mai. Quando ho scoperto l’handpan, durante l’accademia di De Piscopo nel 2003/2004, mi ha subito interessato, finché molto più avanti sono riuscito ad averne uno. Visto che non c’era materiale sullo strumento, ho preso tutti gli studi che avevo fatto e li ho riadattati ad hoc. Il risultato ha funzionato, mi ha dato qualcosa di nuovo.

Come inserisci questo strumento nel tuo spettacolo dal vivo?
Il concerto che porto in scena si intitola Handpan Percussion Concert (Handpan – Percussioni dal mondo) e prevede l’handpan protagonista, insieme ad altre percussioni come cornice. Suono utilizzando i quattro arti, avendo studiato la batteria, e poi utilizzo anche la loopstation, che mi permette di registrare live quello che sto eseguendo e sovra inciderci altri strumenti sopra. Sembriamo in 7-8 sul palco, ma in realtà sono solo io a suonare.

Quando possiamo sentirti? Quali sono i tuoi prossimi appuntamenti?
Sarà molto importante il concerto del 23 novembre al Teatro Pime a Milano, in via Mosè Bianchi, dove ci saranno delle sorprese speciali. Sto per iniziare a lavorare all’album nuovo, nel quale ci saranno degli ospiti da tutto il mondo, una contaminazione di stili, con l’handpan e altri strumenti a percussione protagonisti. Ci sarà sicuramente un riferimento all’India, perché ormai sono molto appassionato di quello stile. Sto anche lavorando ad un altro progetto didattico sull’handpan, ma non posso svelare ancora nulla.

Spotify, Deezer e SoundCloud insieme per cambiare il mercato e parlare con le istituzioni. Musica e diritti al centro dei primi progetti.

Digital Music Europe: Spotify, Deezer e SoundCloud
Nasce Digital Music Europe.

Spotify, Deezer e SoundCloud, tre leader europei dello streaming mondiale, hanno dato vita a Digital Music Europe, una sorta di associazione di categoria volta alla comunicazione con le istituzioni. Lo scopo è quello di promuovere i successi della musica digitale in Europa e di occuparsi di diverse questioni, quali le problematiche legate al copyright, l’accesso alle piattaforme online, il trattamento e il trasferimento dei dati e la tassazione dei servizi. Una delle prime volontà è quella di far divenire l’Europa un mercato unico, eliminando le problematiche di geoblocking, che non permettono in tutti i paesi l’accesso a determinati contenuti. La musica deve necessariamente vivere in libertà, senza limiti di territorio.

Questa unione tra servizi di streaming sembra avere sicuramente degli interessi nobili, ma sembra esserci anche un’interessante mossa tattica nei confronti di colossi quali Google, Amazon, Apple e Facebook. Questi sono i nemici numeri uno dei servizi di streaming, perché se dovessero muoversi definitivamente verso lo streaming musicale potrebbero completamente cambiare il mercato. Sembra leggere tra le righe una possibile paura di un contrattacco e prima dello scontro finale le fazioni si studiano in stallo.

Inoltre, non è da escludere la possibilità di un futuro dello streaming nella produzione musicale, altro motivo per il quale un’unione tra le piattaforme potrebbe venire particolarmente utile. In un mercato in cui lo streaming sembra essere parte fondamentale delle classifiche, il vinile ha ripreso vita, mentre il CD sembra aver perso completamente terreno, la remota possibilità che alcuni artisti vengano prodotti in futuro direttamente dalle piattaforme che oggi distribuiscono la musica in streaming non è così impossibile. Il Digital Music Europe non sappiamo dove porterà, ma potrebbe essere l’inizio di una rivoluzione.

Nell’epoca dei tutorial, eccone uno per imparare nuovamente a dedicare il giusto tempo alla musica.

Tutorial per imparare ad ascoltare la musica
© Foto di Mitchel Lensink.

“How to”, una delle pratiche diffuse di questo millennio, il tutorial. Tutti abbiamo bisogno di imparare, da autodidatta, qualcosa che non conoscevamo o abbiamo disimparato. Con la musica è successo negli anni, il vinile è diventato CD, il walkman è diventato iPod e la musica è diventata lo spazio tra una commissione e l’altra. Abbiamo disimparato ad ascoltare gli album, ma non temete, ecco un breve tutorial:

  1. Scegliere accuratamente il disco che si vuole sentire
  2. Mettersi comodamente sul proprio divano
  3. Rilassarsi
  4. Accendere il proprio impianto Hi-Fi
  5. Schiacciare play
  6. Ascoltare il disco più di una volta

Nel leggere questa lista, veritiera, sul buon ascolto di un album, avete trovato qualcosa di anacronistico o difficilmente fattibile? Probabile, in primo luogo il rispetto del tempo. Ascoltare un disco significa rispettare le tempistiche delle tracce, senza avere fretta di sapere cosa c’è dopo. Vuol dire non dovere fare altro, annullare il multitasking. Vuol dire rilassarsi, fermare il tempo, lasciarlo scandire dalle note, perché in questa vita veloce la realtà è che non ci fermiamo mai, nemmeno per ascoltare una canzone. Quante volte la musica è stata solo il sottofondo di tante altre faccende quotidiane, quante volte non ci ricordiamo nemmeno cosa abbiamo ascoltato. La musica non è stata fatta per essere subita, la musica va ascoltata, e il verbo ascoltare presume l’attenzione.

In un mondo completamente interconnesso, dove l’opinione pubblica è così spontanea da essere perlopiù critica, c’è da chiedersi se tutte le persone che esprimono un parere sulla musica, dagli ascoltatori ai giornalisti, si fermino davvero ad ascoltare. I video reactions su YouTube vivono sulla reazione dei protagonisti al primo ascolto, il giornalismo musicale sembra avere l’obbligo di fare il record di recensioni perché l’importante è attribuire delle stelline. Ma chi l’ha detto? Chi ha detto che il primo ascolto è per forza quello vincente? Chi ha detto che una canzone deve essere bella subito? Se qualcuno ci dicesse di aver letto solo le prime pagine di ogni capitolo di un libro, saremmo fiduciosi della sua recensione? Ne dubito fortemente. E allora forse l’unica soluzione è far diminuire le parole, ma aumentare gli ascolti. La conoscenza si raggiunge con il rispetto del tempo, soprattutto quello che si dedica ad un’opera d’arte, un album, una canzone.

La band di Pharrell Williams torna sulle scene pronta a cambiare nuovamente le carte in tavola.

I NERD sono tornati e porteranno la novità
I NERD sono tornati e porteranno la novità.

No one Ever Really Dies, questo l’acronimo di N.E.R.D, che calza a pennello con il loro ritorno. La band, capitanata dal produttore Pharrell Williams, insieme a Chad Hugo e Shae Haley, ha conquistato il mercato discografico nella metà degli anni ‘2000 con le hit “She wants to move” e “Hot-N-Fun” (con Nelly Furtado). Un genere il loro che non è definibile, puro crossover tra hip hop, soul, rock e altre influenze. Molto originali, così sperimentali da diventare pop, una magia inspiegabile.

Il loro ritorno è fondamentale, perché in questi anni in cui tutto sembra avere un ordine maniacale, dove tutte le canzoni hanno un genere o un mood (parafrasando Spotify), serve qualcuno che rompa gli schemi, che guardi oltre la siepe di leopardiana memoria. E se a farlo è un gruppo capitanato da Pharrel Williams, probabilmente uno dei produttori più influenti degli ultimi 10 anni, è probabile che ci sia davvero qualcosa di grosso che sta per arrivare.

Il nuovo singolo si chiama Lemon, ha un featuring importante con Rihanna e per provare minimamente ad entrare nel ritmo che impone il gruppo bisogna ascoltare la canzone più volte, non basta fermarsi al primo ascolto. Ecco un primo punto di rottura, in un mondo dallo skip veloce chiedere di riascoltare la canzone per capirla vuol dire: «Hey, questa è musica, non è roba usa e getta». E ne vale davvero la pena. Grande uso delle bassline alla Pharrell, Rihanna che non canta, scandisce la metrica come un flow rap, è tutto una novità. Pronti via si sono già presi nuovamente il ruolo da anello mancante tra presente e futuro. Non è rap, non è hip hop, non è trap, non è soul. Che cos’è? Sono tornati i Nerd.

Come capire se una canzone avrà successo o meno? Una nuova startup olandese sembra aver trovato una soluzione tecnologica.

Hitwizard, intelligenza artificiale che scopre le hit
La home page di Hitwizard.

Si chiama Hitwizard l’algoritmo olandese legato all’intelligenza artificiale che promette di indovinare i futuri successi radiofonici. È stato presentato all’Amsterdam Dance Event, l’evento dedicato alle novità musicali, ai diritti e alle innovazioni del settore.

Funziona in questo modo: la canzone scelta e analizzata dal software viene messa a confronto con i dati delle classifiche olandesi radiofoniche e di Spotify in base a parametri come il tempo (in battiti per minuto), il genere e molti altri.

La forza del progetto della startup Ard Boerd di Goldmund Wyldebeast & Wunderliebe è aver creato un’intelligenza artificiale per gestire questo algoritmo che, in parole povere, significa avere la possibilità di far incrociare una vasta mole di dati per avere risultati sempre più accurati.

Per ora è stato stimato che il 66% delle volte, Hitwizard capisce se una canzone sarà un successo, mentre nel 93% dei casi riesce ad intuire se sarà un flop. Inoltre, tornando sull’intelligenza artificiale, un sistema così complesso cresce all’aumentare dei dati acquisiti, quindi, nel caso in cui venissero incrociate anche le preferenze degli utenti sui social network o su YouTube, l’incremento dell’intelligenza crescerebbe ancora di più, migliorando le prestazioni di netto.

La scoperta appare rivoluzionaria, anche se alcuni A&R (Artists & Repertoire, i talent scout delle etichette) sostengono di avere già degli strumenti per valutare dati incrociati sulle classifiche. Resta comunque interessante capire quanto ancora la tecnologia possa essere determinante in ambito musicale, anche in campi dove nessuno si aspetterebbe la rivoluzione.

Hitwizard è appena stato presentato e quindi ha un ampio margine di miglioramento, con nuove caratteristiche di ricerca da aggiungere che potrebbero restituire numerose informazioni collaterali, come l’influenza radiofonica nella definizione di una hit (e di quali radio nello specifico), l’importanza dello streaming, dei video su YouTube nella valutazione complessiva della viralità di una canzone. Insomma, c’è ancora tanto da scoprire: che la tecnologia ci illumini il sentiero, ancora. 

Le novità introdotte da Facebook con Oculus Go sembrano avvicinare sempre di più la possibilità di vivere concerti in realtà virtuale.

Oculus Go di Facebook: cos'è e che novità porta nella musica
Oculus Go di Facebook.

Non è più una novità sentire parlare di visori 3D o di realtà virtuale, eppure vengono ancora definiti parte una nicchia chi li possiede e soprattutto chi conosce le potenzialità di questi strumenti. Fino ad oggi i costi erano difficilmente accessibili (tranne che per il Playstation VR) e gli usi venivano ristretti alla ricerca universitaria o agli appassionati di tecnologia. Facebook, proprietaria dell’azienda Oculus, specializzata in visori, ha annunciato tramite il suo CEO Mark Zuckerberg l’arrivo sul mercato di Oculus Go, un visore a 199 dollari, che potrà segnare un nuovo passo avanti per questa tecnologia.

Tra le applicazioni possibili di questo visore ci sarà Oculus Venues, che permetterà di vivere eventi live e performance in realtà virtuale. Con l’introduzione di queste tecnologie, aumenterà la possibilità di immersione dell’utente nell’esperienza di un concerto, anche quando questo sarà a migliaia di chilometri da casa. Immaginiamo per un attimo il futuro (nemmeno così lontano) quando, dal nostro divano di casa in Italia, potremmo gustarci i Red Hot Chili Peppers da diverse angolazioni del palco, durante un’esibizione a New York. Anche gli introiti dei concerti aumenterebbero, perché oltre alle entrate dei biglietti classici si aggiungerebbero quelli della pay-per-view.

Gli esperimenti, con altri dispositivi, sono già iniziati: i Coldplay, grazie ad una partnership con Samsung e Live Nation, hanno trasmesso il loro concerto del 17 agosto, al Soldier Field di Chicago, in diretta streaming sui visori Samsung Gear VR. Questo vuol dire che non manca molto a un netto cambiamento.

Tornando sul neonato Oculus Go, queste saranno le specifiche: schermo LCD da 2560 x 1440 pixel, lenti di ultima generazione con un ampio angolo visivo, sistema audio integrato, con possibilità di collegamento cuffie tramite un jack da 3,5 mm.

Il futuro è alle porte, dobbiamo soltanto farlo entrare.

Le dichiarazioni di Manuel Agnelli, durante la conferenza stampa che ha anticipato i live di X Factor 2017,  hanno portato ad una riflessione importante sugli autori delle canzoni portate in finale.

X Factor: polemica di Manuel Agnelli su inediti e autoriFuochi d’artificio dentro e fuori la conferenza stampa di X Factor 2017, tenutasi in virtù dei live che porteranno il programma alla finale del 14 dicembre al Forum di Assago (Milano). Oltre agli ospiti annunciati (Negramaro, Sam Smith, Noel Gallagher,  Dua Lipa, Harry Styles, le Ibeyi), dopo la conferenza è iniziata una polemica tra Rockol e Manuel Agnelli a proposito delle canzoni inedite date agli artisti del talent.

«L’anno scorso abbiamo fatto fatica a trovare gli inediti per i nostri ragazzi, dopo lo show. Capisco che gli autori li tengano per i big, fare l’autore è un mestiere come un altro. Ma è sbagliato non investire sui giovani», queste le parole di Manuel Agnelli riportate da Rockol, alle quali la testata ha risposto tramite il proprio direttore editoriale, Franco Zanetti, da sempre a favore della parte autorale nel mondo della musica, perché in sordina senza giustificazioni.

«Gli avrei risposto – scrive Zanetti – che è sbagliato anche non investire sui giovani autori. È sbagliato soprattutto da parte di una trasmissione come X Factor, che se volesse potrebbe tranquillamente farlo. Certo che se per comodità, per pigrizia, per abitudine, si chiedono canzoni agli autori già noti e ampiamente utilizzati, si capisce perfettamente che quelli rispondano picche, e preferiscano tenersi da parte le loro produzioni migliori per i cantanti già affermati. Ma se invece si coinvolgessero i giovani autori, e ce ne sono di bravi, nella costruzione della trasmissione, invitandone otto a scrivere ognuno una canzone per un finalista, si darebbe la possibilità anche ai giovani autori – e non solo ai giovani cantanti – di farsi valere».

Non fa una piega il discorso di Zanetti. Giovani cantanti emergenti senza canzoni e altrettanti autori sconosciuti che potrebbero scrivergli i testi, ma questo per ora non avviene. E se X Factor, che sta aumentando la dose di tecnologia ogni edizione, istituisse una casella mail o un sito dove ogni giovane autore possa inviare la propria demo? D’altronde, se talent scout deve essere, che lo sia su tutti i fronti.

Le serie Vinyl e The Get Down hanno raccontato due importanti culture musicali, ma sono state cancellate dalla programmazione sugli schermi. Come mai?

Vinyl e The Get Down, perchè sono state cancellate
Vinyl e The Get Down, perchè sono state cancellate?

Quest’epoca è sicuramente contraddistinta dalle “serie tv”, anche se in realtà si vedono sul pc. È una dipendenza alla quale molti di noi sono assuefatti: arrivare a casa, accendere il computer e continuare la propria serie preferita, mettendo in pausa la routine. Anche la musica ha iniziato a far parte di questo mondo.

Quando annunciarono Vinyl, nel 2015, rivelarono subito l’importante collaborazione nella produzione tra Martin Scorsese e Mick Jagger. Si parlò subito di serie epocale. Risultato? Chiusura dopo una stagione: secondo la rete i costi erano esageratamente eccessivi rispetto alla percentuale di audience raggiunta. Vinyl raccontava gli anni ’70: gli eccessi, la droga, la corruzione, la musica rock con i suoi personaggi, la radio e il mercato discografico. Uno spaccato di cultura che ha diviso a metà la critica, chi l’ha odiata, ma anche chi l’ha amata (come il sottoscritto, nda).

Allo stesso modo The Get Down, serie sulla cultura hip hop, sul getto, sulle difficoltà delle comunità emarginate, sulle componenti fondamentali di questa espressione artistica: writer, b-boy, dj e mc. Anche in questo caso, grandi aspettative su questa serie prodotta da Netflix, conclusasi in una stagione da 12 episodi divisa in due parti.

C’è da chiedersi perché queste serie non abbiano raggiunto i loro obiettivi di ascolto. Probabilmente perché, nonostante il mondo della musica sia uscito dalla crisi, il pubblico in media non ha ancora raggiunto una curiosità tale da potersi interessare alle dietrologie di una cultura musicale. Se una serie di livello mondiale, tradotta in diverse lingue, riesce solo a comunicare agli appassionati di musica avrà sicuramente sbagliato qualcosa. L’ascoltatore medio non è ancora disposto ad andare oltre all’ascolto.

Si può dedurre, quindi, quanto risulti difficile far trasparire che la società di oggi si sia formata anche grazie ai cambiamenti radicali che ha permesso la musica, creando comunità e aggregando le persone, le quali, con qualcosa in cuffia, si sono soltanto limitate a cambiare il mondo.

Nuove tecnologie e brevetti permetteranno alla radio di diventare interattiva. Ma la rivoluzione ci sarà davvero?

Radio interattiva in futuro, possibile con nuove tecnologie
Radio interattiva in futuro, possibile con nuove tecnologie?

On demand per tutti: il nuovo sistema brevettato da Axis, in collaborazione col partner tecnologico NS12 SpA, lascerà libero l’ascoltatore d’interagire con programmi, trasmissioni, eventi e anche con la  pubblicità. Il cambiamento radicale sarebbe possibile grazie all’integrazione della radio 4G, un dispositivo wifi con display touch, che garantirebbe l’ascolto e la visione di contenuti anche in assenza di segnale DAB/FM, grazie alla presenza di un modulo dedicato alla rete dati 4G. Questa “nuova” tecnologia permetterebbe all’utente di fruire contenuti mirati, ma soprattutto di inserire la radiodiffusione in un contesto “iper-mediale”. Sarebbero diverse le funzioni integrate da poter compiere senza interrompere l’ascolto: identificazione delle canzoni che passano in onda, possibilità di inserirle nelle playlist delle app di streaming musicale del proprio device tramite sincronizzazione, visione in tempo reale di tutte le notizie di traffico e mobilità su una mappa grazie alla geolocalizzazione.

Interessanti anche le informazioni mirate all’utente da un punto di vista commerciale. L’idea è quella di non destinare più all’ascoltatore una serie di pubblicità random, ma degli spot scelti dal sistema sugli interessi presi dai cookies, o da altri big data, lasciati dall’utente. Se si dovessero desiderare altre informazioni sull’oggetto reclamizzato, un pulsante digitale sulla radio consentirà di essere indirizzati sul sito di shopping on line dove sarà possibile acquistarlo in pochi istanti. Tutto molto bello, il problema principale è che le radio dovranno riuscire ad avere così tanti spot da poter coprire qualsiasi target di utente, dall’appassionato di musica barocca alla casalinga con la passione del giardinaggio. In questo senso la rivoluzione sarà ancora più complessa (nel caso dovesse accadere), perché allora la pubblicità non sarà più raccolta soltanto dal settore commerciale delle radio, ma ci saranno singole aziende che investiranno direttamente su determinati target da colpire, inserendo il proprio contenuto in un calderone, che verrà successivamente destinato alle radio dal sistema, come accade da tempo su Youtube.

Insomma, l’idea che la radio si apra a nuovi spiragli è sempre ben accetta, sono anni che ogni nuova tecnologia cerca di portare un cambiamento radicale nella radiodiffusione, eppure non ci sono ancora state delle rivoluzioni veramente efficaci dal fenomeno del “tune-out” (la possibilità di skip digitale tra una radio e un’altra, nda).

Se dovessero prendere piede, questi servizi potrebbero funzionare sia sulle future radio o autoradio, che sulle smart TV. I nuovi brevetti Axis verranno presentati al Web Radio Festival di Roma, il prossimo 28 ottobre. Chissà che la radio non inizi proprio quel giorno una vera e propria rivoluzione.

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