Continua l’ascesa dello streaming, secondo i dati Nielsen in America l’incremento è esponenziale.

Streaming, incremento del 40% negli USA
Streaming, incremento del 40% negli USA.

Nonostante lo streaming non sia più una nuova tecnologia, continua a stupire e soprattutto a crescere. Nielsen, leader nelle ricerca di mercato, ha attestato che, nei primi nove mesi del 2017, il numero di stream audio (Spotify, Tidal, Apple Music, etc) e video (Netflix e altri analoghi) è aumentato del 40% rispetto allo scorso anno. La testata giornalistica Rockol ha riportato la differenza dei dati raccolti tra audio e video, attestando una crescita del 59% di streams solo per il comparto audio. Quindi si può intuire quanto la libertà di accesso e di scelta di contenuti abbia portato l’utente ad una stimolazione dell’interattività che porterà, di conseguenza, alla volontà di espansione dell’interattività su altri strumenti, non per forza mediatici.

L’utente vuole poter scegliere quale contenuto fruire, non vuole più subire gli strumenti di comunicazione di massa, vuole essere attivo, come un “re” che impartisce ordini continui alla servitù. Ecco perché molti artisti sono contenti del fenomeno dello streaming, perché sanno di poter diventare Top Artist senza dover necessariamente passare in radio oppure saranno gli stream a dettare che un artista venga scelto per essere passato in radio.

C’è anche una conseguenza dettata dal fenomeno dello streaming: l’ascolto spot, che amplifica la necessità della canzone “radiofonica”. Di fronte alla miriade di uscite settimanali, produrre una canzone che abbia molti stream vuol dire che debba avere un gancio (melodico, ritmico, testuale) che catturi l’attenzione per evitare lo skip. Quindi, a questo punto, c’è da chiedersi se gli ascoltatori che prediligono lo streaming sono ancora interessati a nuovi album da 10 o più tracce, dove non tutti le canzoni potranno essere delle hit. C’è ancora il tempo e la voglia di ascoltare un intero album o viene preferito un EP? Magari torneranno di moda i singoli.

Prime dichiarazioni al TG1 di Claudio Baglioni, direttore artistico del Festival di Sanremo, che hanno già definito la rivoluzione della kermesse

 

Baglioni rivoluziona Sanremo 2018

Addio cover, addio eliminazioni, addio vecchio limite di minuti per le canzoni. Tre frecce importanti scagliate da Claudio Baglioni alla prima uscita ufficiale da direttore artistico del Festival di Sanremo. Non si può sapere se sarà una formula azzeccata, ma sicuramente rispetto agli ultimi anni sarà una rivoluzione. Addio cover significa maggior spazio alle canzoni in gara, scelta più che lecita, impreziosita dalla serata dei duetti, che permetterà di cogliere nuove sfumature tra le tracce proposte (da non escludere la possibilità che piaccia più il duetto dell’originale). Canzoni che non avranno più un limite di durata di tre minuti e quindici, ma quattro minuti. Addio eliminazioni suona sacrosanto: togliere una dinamica “da talent” è innovativo ormai, sarà curioso scoprire le modalità di votazione (solitamente le più discusse. Eliminare il televoto sarebbe davvero rivoluzionario).

“La musica sarà al centro del Festival”, così ha concluso Baglioni nell’anteprima del TG1 serale dell’11 ottobre: una frase che è stata sentita più volte, sia dalla critica che dagli ex conduttori, ma da un cantautore ha un altro valore, un’altra responsabilità.

Nel toto-vallette sembrano sempre più probabili Miriam Leone e Ilaria D’Amico, spuntano tra le ipotesi anche Sabrina Ferilli e Virginia Raffaele. Tra gli ospiti, invece, si vocifera la presenza di Gianni Morandi e Francesco De Gregori. Baglioni non condurrà, farà da conducente ed è ancora molto il lavoro da svolgere da qui a Febbraio.

In attesa di nuove dichiarazioni ufficiali, per il prossimo appuntamento bisognerà attendere SaràSanremo 2018, la serata televisiva che farà conoscere gli otto finalisti della categoria Nuove Proposte, in diretta da Villa Ormond il 15 Dicembre. Inizia l’atmosfera del Festival, c’è ancora tanto da scoprire.

Per un cliente soddisfatto e informato è arrivato un bot che lo aiuterà nella scelta dei concerti.

Bot per concerti creato da Livenation
Livenation e il bot che darà informazioni dettagliate su artisti e concerti

Livenation, leader mondiale nell’organizzazione dei concerti, ha lanciato un bot su Facebook Messenger che aiuterà gli utenti a sapere quali artisti si esibiscono vicino a casa loro oppure a conoscere tutta l’offerta di Livenation.

I bot sono degli algoritmi che, tramite una piccola intelligenza artificiale, permettono di dare informazioni sempre più dettagliate, verosimilmente come accade quando si contatta un operatore. Sono diversi i servizi che usufruiscono di bot per gestire la propria clientela, con l’ingresso di Livenation, e del settore musicale, in questa branca di tecnologia, si evidenzia chiaramente una tendenza all’aumento di informatizzazione nella gestione dei concerti.

Aziende come Livenation non guardano all’oggi, ma al domani, quando i live non saranno fruibili solo in un palazzetto o in uno stadio, ma anche da casa, dal proprio divano, tramite le nuove tecnologie immersive come le riprese a 360° o i visori. Un futuro che non è così lontano: i Coldplay, con la partnership di Samsung VR, hanno trasmesso il concerto di Chicago del 17 Agosto 2017 completamente in livestream dalle telecamere a 360° presenti sul palco. Chi non ha potuto essere negli USA, è riuscito a godere del concerto anche dalla propria camera, con punti di vista che nemmeno le persone presenti dal vivo hanno potuto vedere.

Ecco perché iniziare a testare nuove possibilità smart di accessibilità ai contenuti risulta fondamentale per non farsi trovare impreparati al progresso.

Sarà curioso provare a chattare con il bot di Livenation, vedere se già da subito riuscirà a darci tutte le informazioni con precisione. L’intelligenza artificiale utilizzerà delle tecniche di profilazione dell’utente per imparare a conoscere le sue preferenze e migliorarle in ogni conversazione. Mai più clienti insoddisfatti, questo è l’obiettivo.

 

L’innegabile potenza economica dei servizi di streaming potrebbe diventare la nuova discografia. Proviamo a giocare con il futuro.

Se Spotify o simili investissero sugli artisti
Spotify, la famosa piattaforma di servizio streaming

I servizi di streaming come Spotify, Apple Music e Tidal non si limitano solo al proprio compito, quello di diffondere la musica ai propri utenti. Hanno contenuti esclusivi dei migliori artisti, live registrati presso i propri studi e stanno sostituendo la radio per diverse generazioni di utenti. Ebbene sì, quest’ultima affermazione non sarà facile da digerire per gli appassionati di radiofonia, ma il target 15-25 ormai è molto più legato a qualsiasi servizio di streaming piuttosto che alla radio di flusso (quella con maggior presenza di musica).

Quindi, lo strapotere di queste piattaforme continua a crescere, considerando che non hanno spese di produzione di dischi e qualsiasi casa discografica necessita del servizio, affinché tutti gli utenti possano ascoltare la nuova musica in uscita. Proviamo a gettare l’amo e guardare lontano, al futuro. Cosa potrebbe accadere?

La questione “Value gap” è sempre aperta e, con il crescere degli introiti, se Spotify o simili gestissero i concerti degli artisti, non solo aumenterebbero i propri proventi, ma potrebbero dare il via a nuovi servizi come la trasmissione in live stream (a pagamento) di un concerto. Un’altra possibilità sarebbe quella di produrre dei dischi per avere un ritorno dalle edizioni.

Visto il cambiamento del mondo negli ultimi 10 anni, a meno che le case discografiche non si ribellino togliendo i dischi dai servizi di streaming, l’accessibilità alla musica online, e ai contenuti relativi ad essa, continuerà ad essere sempre maggiore. È probabile che non abbiamo ancora visto nulla e che tutto sia ancora da scoprire.

Comprare le visualizzazioni è davvero così facile? Quali sono le conseguenze?

Doping delle classifiche: comprare le visualizzazioni 1
Si possono comprare le visualizzazioni ma anche like, dislike e commenti e tanto altro

Per chi non lo sapesse ancora, le visualizzazioni su Youtube si possono comprare. Ebbene si, chi lo sa o sfrutta questo trucco o tace, chi non lo sa speriamo lo venga a sapere almeno adesso. Sembra tutto celato dietro una battuta mai verificata: “Quello si è comprato le visualizzazioni!”. Nessuno va a controllare, rimane tutto in superficie, mentre invece la realtà dei fatti risulta molto interessante.

Ho provato a cercare su Google “comprare le visualizzazioni su Youtube”. Più esplicito di così. Pensare che da buonista avevo anche paura di non trovare nulla, pensavo che fossero tutte operazioni segrete da deep web. Mi sbagliavo. Esistono tonnellate di siti, autorevoli o meno, che promettono massimo funzionamento al miglior prezzo. Funzioneranno? Non funzioneranno? Non ho ancora testato l’efficienza visti i prezzi. Ciò che più mi ha sconvolto, però, è il mondo che si cela dietro a questi siti: si possono comprare like, dislike, iscritti, commenti e tanto altro. Eticamente (e penso anche legalmente) è una frode a pieno titolo: si inganna la rete, gli iscritti, gli spettatori e magari anche le aziende.

Così mi sono chiesto perché Spotify non potesse essere compreso in qualcosa del genere. Infatti, come volevasi dimostrare, ci sono alcuni siti che promettono di aumentare gli stream per una somma di denaro. Qui, per quanto riguarda la musica, la faccenda si fa più seria, perché da qualche anno è stato ufficializzato che lo stream digitale contribuisce alla destinazione dei dischi d’oro e di platino. A questo punto, se questi servizi fossero veritieri, che tipo di controlli ci sono per garantire che tutti gli stream siano “onesti”?

Doping delle classifiche: comprare le visualizzazioni
Aumentare gli stream per una somma di denaro

Dopo questa immagine, facciamo due calcoli:

50 000 di stream per 500,00 euro è come dire 30 000 000 di stream (teoricamente circa il disco d’oro) per 300 000,00 euro. Non è una cifra bassa per i comuni mortali, ma sono sicuro di non aver trovato il servizio più economico, ho aperto solo il primo della lista.

Molte volte mi è capitato di vedere video o tracce fare dei balzi di visualizzazioni disumani, attribuendo sempre il merito al web e alle grandi capacità degli artisti? E se non fosse sempre così? E se sporadicamente ci fosse del doping nei numeri degli stream?

Detto questo è da precisare come servizi quali Youtube o Spotify non hanno nulla a che fare direttamente con questi siti. Nulla di tutto ciò è paragonabile alle sponsorizzazioni di Facebook o di Instagram, dove è spiegato che, all’ammontare di una somma di denaro lecita, il contenuto verrà veicolato all’interno del servizio seguendo alcuni criteri di categorizzazione (target) del prodotto.

Anche le Iene fecero un servizio concreto a riguardo, testando un servizio di autobuy (cioè auto acquisto di un singolo) su iTunes e riuscendo a mandare in top ten un brano anonimo. I costi erano nettamente inferiori rispetto a quelli presentati precedentemente.

Restiamo a disposizione per approfondire l’argomento: chiunque volesse contattare la redazione può farlo via Facebook o tramite i contatti sul sito.

Il nuovo direttore artistico ha spaccato a metà le opinioni della critica.

Claudio Baglioni a Sanremo come direttore artistico
Il Teatro Ariston a San Remo.

Si dice così nei pressi dell’Ariston: «Perché Sanremo è Sanremo». Più che un simil proverbio, è una risposta ai dogmi della kermesse, che da sempre è accompagnata dalle polemiche per qualsiasi scelta, giusta o sbagliata che sia. Non ha nemmeno fatto in tempo ad essere proclamato direttore artistico che in un attimo, Claudio Baglioni, si è sentito piovere addosso i giudizi. Domande che non avranno risposta fino a febbraio, finché non si potranno ascoltare le canzoni, valutare le scelte fatte, ma soprattutto riscontrare gli ascolti.

Ma l’evento musicale più importante dell’anno non sarebbe tale senza le polemiche, perché la realtà è che lo si sente più vicino, accorcia i tempi, fa emergere il fremito della novità. Che Festival sarà? Sicuramente non sarà facile proseguire dopo la perfezione di Carlo Conti, che ha riportato un tono autorevole a questa competizione, ha centrato gli obiettivi degli ascolti, ha vinto su tutti i fronti, concludendo con la ciliegina sulla torta, Maria De Filippi, la regina della televisione, a condurre insieme a lui.

Si è parlato tanto di rivoluzione, di necessità di migliori tecnologie per la trasmissione, di innovazione sulla scaletta, sugli spazi, ma la realtà è diversa. In tante edizioni si è provato a cambiare o a snaturare il Festival nel tentativo di vincere una scommessa egocentrica, quando ciò che ha davvero incoronato Conti è stato dare maggior spazio alla musica, il vero interesse del pubblico. Ed ecco che allora, più che il dovere di soddisfare l’immagine dello spettatore, Claudio Baglioni dovrà utilizzare la sua esperienza per dare un’opportunità a chi davvero merita il palco di Sanremo: ai musicisti, ai cantautori, alle nuove scoperte, cercando di allontanare i compromessi discografici, i soliti artisti e quelli per i quali ci si chiede ogni anno: “Ma questo, perché l’hanno fatto partecipare? Hanno davvero ascoltato la sua canzone in gara?”.

Spazio ai giovani, ad un Festival che valorizzi il concorso delle nuove proposte. Facce nuove e soprattutto tanta buona musica, più del 70% percento di canzoni con la C maiuscola. Se mai fosse così, per Baglioni sarebbe una vittoria e il “perché Sanremo è Sanremo” diventerebbe solo sinonimo di qualità.

Considerata la tanto acclamata regressione che ha subito qualitativamente la community di Youtube, ecco una possibile soluzione al problema.

#NoHating: come Youtube potrebbe rivoluzionarsiYoutube è uno dei media più influenti del XXI secolo, ha dato a tutti la possibilità di esprimersi, di comunicare in libertà e di arrivare simultaneamente a tutto il mondo. Questo gioiello, che per molto tempo è stato accostato alla nuova televisione, sta subendo da parecchio tempo critiche severe dalla propria community per la scelta dei contenuti in primo piano, considerati non meritevoli del piedistallo. Un grande problema per un mezzo di comunicazione che è sempre stato sinonimo di meritocrazia.

Ma il vero problema da debellare è un altro: l’hating. Purtroppo da molti anni la community è davvero piena di commenti d’odio, sconclusionati, volutamente offensivi, diffamatori, che sfociano quindi in categorie come il cyberbullismo, il razzismo e simili. Insulti gratuiti coperti dalla famosa libertà d’espressione, capro espiatorio nominato invano a salvare tutti i maleducati online. Peccato che essere liberi di esprimersi non voglia dire essere liberi di insultare. Le critiche costruttive ai contenuti, come i dislike o i commenti che riportano un non gradimento sono assolutamente giuste, ma la moltitudine di commenti disprezzanti e senza senso stanno distruggendo una piattaforma. A questo problema sembra non esserci una vera soluzione.

E allora perché non proporre un’idea? Youtube avrebbe la possibilità di rivoluzionarsi facendo un passo indietro e uno avanti per debellare il cancro dell’hating e del flaming. Ai tempi dei forum online, gli amministratori nominavano dei moderatori che dovevano calmare le acque o segnalare chi espellere dalla community. Visto che Youtube è così vasto da non potersi limitare a dei moderatori 2.0, la vera opportunità sarebbe quella di promuovere una campagna di segnalazione degli haters da parte degli utenti. Se la community fosse la prima a muoversi verso il rispetto comune, sarebbe più facile gestirla.

La lista di commenti segnalati potrebbe arrivare ad una sezione di Youtube dedicata alla moderazione, che potrebbe verificare i commenti del singolo utente sulla piattaforma e giudicare se bannarlo, sospenderlo o magari punire chi ha segnalato (perché non dimentichiamoci che ci sono utenti che segnalano contenuti e commenti con l’intento di bannare immotivatamente un utente).

È arrivato il momento di cambiare questa brutta tendenza e di smettere di nascondersi dietro alla libertà di espressione. Basta commenti diffamatori e insulti gratuiti. #NoHaters

Tanti artisti nazionali e internazionali hanno deciso di far uscire le loro nuove opere in autunno.

Autunno 2017, i nuovi album in uscita
Autunno 2017, i nuovi album in uscita.

Se pensavate che l’estate fosse un grande calderone di musica accattivante, non avete idea di cosa accadrà in autunno. Molti artisti hanno deciso di assegnare la release del proprio album proprio in questa stagione. Scelta discografica? Difficile pensarlo vista la grande mole di musica che ci investirà.

Partendo dall’Italia sono attesi gli LP di Nina Zilli, Elisa, Il Cile per la parte pop; Ghemon, Ensi, Rkomi, Fred De Palma nell’hip hop, lasciando un importante spazio a Caparezza, che da sempre merita un genere tutto suo. Uscirà anche una raccolta di inediti di Fabrizio De Andrè, attesa da tanti appassionati di cantautorato italiano.

Sul fronte internazionale è difficile riuscire a citare tutti gli artisti che hanno scelto questo periodo per la propria uscita discografica, vi è Demi Lovato, la quale sembrerebbe cercare di ritornare alla qualità del primo album, Taylor Swift, che dovrà bissare il successo di 1989, e davvero tanti altri: The Script, Neil Young, Robin Shulz, Anastasia, Foo Fighters, The Killers, Macklemore (in solitaria senza Ryan Lewis), Miley Cyrus, Liam Gallagher, Pink, Chris Brown, Robbie Williams.

Una lista completa la potete trovare su AOTY – Album of the year.

Prima di riempire il web di recensioni, reactions e altrettante impressioni, sarà curioso vedere quanto potranno accavallarsi queste uscite importanti in così poco tempo. È certo che con questa ondata di dischi si andrà a concludere un 2017 veramente ricco dal punto di vista musicale, che ha segnato probabilmente la storia nel panorama italiano, con un ritorno nel mainstream di nuovi artisti partiti dalle etichette indipendenti e di un’impronta sonora legata agli anni ’80. Staremo a sentire quanto di nuovo ci verrà proposto entro la fine dell’anno.

Nuovi mezzi, nuove idee. Le reactions sembrano un nuovo metodo aperto a tutti per la critica musicale. Quali sono i pro e i contro di tutto ciò?

Reactions musicali, cosa sono? I pro e i controLe reactions sono video di “reazioni” alle novità musicali (video, singoli, album), nelle quali, una o più persone, esprimono le proprie opinioni a caldo su quello che hanno appena visto o sentito. Una grande idea, un format veloce, che colpisce un target ben preciso (gli amanti della musica) e che genera intrattenimento. Il pubblico apre il video aspettandosi una reazione, chiedendosi sempre: “Che cosa succederà questa volta?”. All’aumentare delle visualizzazioni e dell’importanza di questo format, chi esprime un’opinione ha assunto sempre maggior rilievo, tanto da scaturire delle reazioni dai cantanti, i quali, in caso di giudizi negativi, hanno risposto in malo modo alle critiche.

Superficialmente si potrebbe accostare la reaction ad una recensione, anche se effettivamente non c’è somiglianza. Una recensione necessita di un ascolto approfondito, è quindi il risultato di più reazioni, ma soprattutto può non generarne. Le reactions sono “obbligate” a contenere reazioni, questo è un limite che spesso fa dubitare di ciò che si vede, perché in alcuni canali Youtube è chiara l’ostentazione dell’emozione al fronte della monetizzazione del contenuto. Cattiva pratica.

Appurati i differenti mondi della recensione e della reactions, quest’ultima è figlia delle nuove generazioni, dei nuovi media e dell’ascolto in stile Spotify: la grande proliferazione di contenuti musicali vuole un ascolto rapido e immediato, un gancio che attragga subito, per non cadere nella gogna dello skip. Ecco che, questi format, aumentano la necessità di avere contenuti musicali (e video) che piacciano dopo 20-30 secondi, perché se no la reazione non c’è. È anche vero che nessuna reazione è comunque un tipo di emozione, il problema è quello di abituare gli ascoltatori a dover fruire per forza della hit, quando il messaggio, in molti traccie storiche, arriva alla fine dell’ascolto e soprattutto non al primo.

I nodi vengono al pettine quando alcuni leader d’opinione (Yotuber o altri influencer) stroncano un pezzo dopo un ascolto, avendo parlato sopra alla traccia oppure avendola stoppata più volte. Tralasciando la possibilità che a volte proprio chi giudica ha grosse lacune musicali, avere decine di migliaia di visualizzazioni per trasmettere opinioni scontate, false o non corrette significa sfruttare male un mezzo che si ha a disposizione, veicolando un messaggio sbagliato.

Detto questo, ci sono anche influencer che nei propri video vanno a giudicare i testi delle canzoni, gli autori, le scelte delle videoproduzioni e le melodie, inquadrando i contenuti nel mercato musicale, giudicando il prodotto nella propria interezza e aggiungendo anche pillole di gradevole intrattenimento. Questi sono contenuti molto validi, che danno uno spaccato onesto del panorama musicale.

 

All’aumentare della grandezza della città aumenta la presenza di artisti di strada, quanto è importante fermarsi ad ascoltare?

Artisti di strada: quanto è importante fermarsi ad ascoltare
Artista di strada.

C’è chi è a favore, chi contro, in qualsiasi caso l’artista di strada è una vera e propria categoria sociale. Ogni comune ha una regolamentazione propria, a volte più di una, infatti capita di vedere ragazzi con gli strumenti sulle spalle girare per la città mandati via dal proprio posto. Anche questo fa parte del gioco.

L’importanza degli artisti di strada risiede nella libera volontà di espressione, che teoricamente dovrebbe poter far esprimere tutti in qualsiasi modo, in realtà, usando il buon senso, permette a giovani musicisti davvero talentuosi di avere il palcoscenico più vero che esista. “Facile” esibirsi quando tutti hanno già pagato il biglietto, quando tutti ti conoscono e soprattutto conoscono le tue canzoni. Molto più difficile e coraggioso è sedersi nella piazza principale della propria città e mostrare a tutti le proprie doti, senza filtri, col rischio di fare una brutta figura. Certo, in quel caso si cadrebbe dal basso rispetto a fare brutta figura in uno stadio, eppure quando si ascoltano certi artisti non si riesce a scindere la strada dal palazzetto.

Monaco di Baviera, 31 Dicembre. Il capodanno era alle porte e in centro c’era la neve e il freddo, tutti volevano andarsi a riparare in qualche birreria. Mi capitò di incontrare un gruppo di musicisti, alcuni loro strumenti avevano sopra lo scotch (si intende nastro adesivo, una piccola dose del sinonimo alcolico probabilmente l’avevano in corpo, nda). Non mi aspettavo nulla di entusiasmante, sbagliavo, perché i Konnexion Balkon sono stati fenomenali. Presenza scenica, tecnica, gusto, sonorità, ritmo, insomma puro talento. Conservo ancora il loro CD comprato in quell’occasione.

Oppure potrei parlare di Gerry Vega, un busker che partì dall’Inghilterra in bicicletta e girò l’Europa cantando con la sua chitarra. Fece tappa a Genova, vidi un mucchio di ragazzine intorno a lui ad ascoltarlo, da lontano sentii il suo timbro folk. È stato un eroe per me, partire in bicicletta per girare l’Europa e suonare. Applausi.

Le storie che si nascondono dietro agli artisti di strada sono curiose, toccanti e ricche di peripezie. A volte basta qualche centesimo per dire: «Sei forte, continua così». Fermarsi un attimo ad ascoltare, in questa vita veloce, non guasta mai.

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