Alle spalle ha esperienze musicali in paesi stranieri, lavori in altri campi artistici e la partecipazione come componente di una band: ecco che Luca Gemma racconta di tutto ciò e del nuovo disco a Musica361.

La felicità di tutti è il nuovo album di Luca Gemma
Luca Gemma.

La felicità di tutti è il nuovo album di Luca Gemma. Un artista che ha alle spalle esperienze musicali all’estero, esperienze lavorative in altri ambiti artistici – la televisione, la radio, il cinema e il teatro – e un passato come componente di una band e che si sta mettendo in gioco facendo conoscere questo suo nuovo lavoro che definisce come «una questione di attimi». 

La felicità di tutti è il tuo sesto album. In cosa si differenzia dai precedenti e cosa aggiunge? Definisci con un aggettivo i tuoi sei album.
Un disco nuovo significa avere qualcosa di nuovo da raccontare, provando a scrivere canzoni più belle, senza la paura di cambiare, ma anzi sfruttando la sorpresa e a volte anche l’errore. Su questo io e Paolo Iafelice, che produce insieme a me, andiamo molto d’accordo: quando ci mettiamo al lavoro sappiamo solo in parte dove andremo a finire. Nella fattispecie questo disco credo abbia quell’intensità e quella verità che ho sempre cercato, ma che trovavo più spesso e più facilmente nelle ballad lente. Invece i brani di questo nuovo lavoro sono tutti molto ritmici e intensi al tempo stesso. E di questo sono contento.
Per definire i miei dischi direi che Saluti da Venus è ingenuo e liberatorio, Tecniche di Illuminazione è denso e complicato, Folkadelic è potente e carnale, Supernaturale è leggero e carnale, Blue Songs è intenso e malinconico, La Felicità di tutti è intenso e ballabile ed è il migliore.

Il titolo dell’album colpisce molto e rimanda ad un concetto che nella società odierna si insegue molto. è un augurio? Come mai lo hai scelto? Che cos’è per te la felicità?
Per me la felicità è una questione di attimi, nel senso che non ho la presunzione di vivere in uno stato di gioia perenne. Però penso che per cogliere quei momenti bisogna farsi trovare pronti. Il titolo, invece, parte dalla constatazione che nella società odierna la ricerca della felicità individuale porta a fregarsene completamente di quella altrui. Io invece penso che la propria felicità, così come la libertà, trovi il suo limite laddove comincia l’infelicità di un altro. E quindi la felicità di tutti è un’ambizione un po’ fricchettona, un invito a mettersi nei panni degli altri e a uscire dall’egoismo sfrenato, che è una caratteristica che governa il mondo e i rapporti interpersonali di questi tempi.

La felicità di tutti è il nuovo album di Luca Gemma
La felicità di tutti è il nuovo album di Luca Gemma.

La copertina del tuo nuovo disco è molto particolare, ispirato a Exile on Main St. dei Rolling Stones del 1972. Ci racconti nel dettaglio qual è il messaggio che vuoi arrivi ai tuoi fan? I Rolling Stones sono una scelta casuale o hanno influenzato la tua musica? Che cos’è per te la musica?
Gli Stones sono così grandi e iconici da aver influenzato la musica di tutti, quindi anche la mia. L’idea di comporre un puzzle di foto in copertina mi è venuta dal loro disco e dall’aver scelto per il mio album un titolo al plurale, appunto La felicità di tutti. Avevo poi la fortuna di poter disporre delle numerose foto in formato quadrato scattate dalla fotografa Glu La, alle quali si è aggiunto un mio ritratto del maestro Ray Tarantino e un autoritratto dell’artista e poetessa Tiziana Cera Rosco. Guardando le foto che compongono la cover avrai un’idea dei protagonisti delle canzoni dell’album, ovvero quelli che a buon diritto reclamano la felicità.

Nel tuo disco hai inserito Cajuina di Caetano Veloso. Perché proprio questa canzone?
Perché è una canzone bellissima di un artista che mi piace molto. Quando nei miei dischi ho interpretato canzoni di altri, da Modugno a Morricone a Paul Weller, ho sempre scelto pezzi molto belli: diciamo che ho buon gusto. In questo caso poi mi sono preso la libertà di scrivere e aggiungere un testo in italiano, lavorando molto sul suono delle parole, perché è stato proprio il suono del testo originale di Veloso a colpirmi al primo ascolto.

Hai scritto brani per altri cantanti, per la televisione, per la radio, per il cinema e per il teatro. Come cambia la musica nei vari ambiti?
Sono tutti casi in cui le canzoni o la musica che scrivi sono funzionali ad altri media. In pratica sei costretto a muoverti all’interno di confini precisi dati da altri o da altre forme espressive, ma usi questa costrizione come grimaldello per fare uscire qualche idea, un po’ di creatività. è molto stimolante.

Hai fatto tour non solo in Italia, ma anche in Australia, Francia, Lussemburgo e Inghilterra. Come è stato emotivamente? Hai vissuto e sentito delle differenze tra il pubblico straniero e quello italiano?
Ho montato un piccolo film sul tour australiano del 2016, visibile su YouTube. Si chiama 15 Minutes in Australia, a sottolineare per paradosso la sensazione fortissima di lontananza che ho provato arrivando “laggiù”. Oltre alle 22 ore di volo che danno il senso della distanza geografica, ti accorgi della mancanza totale delle sovrastrutture culturali tipiche che abbiamo noi europei. è un luogo giovane, selvaggio, ingenuo e quindi molto affascinante. Il pubblico francese invece mi piace sempre molto perché ha una forte predisposizione all’ascolto e ha un orecchio raffinato, con una grande attenzione per le parole. è un pubblico ancora avvezzo ai silenzi e alle pause.

Quando frequentavi l’università a Milano hai fondato i Rossomaltese insieme a Pacifico. Quanto sei maturato musicalmente con l’esperienza in un gruppo? Quanto è importante secondo te accettare e condividere idee musicali?
Un gruppo musicale è sempre frutto di un’alchimia umana che porta allo sviluppo di un suono: due cose fondamentali che caratterizzano e danno senso a una band. Così è stato anche per i Rossomaltese. E io ho imparato tantissimo in quei dieci anni da tutti i miei compagni di viaggio. Dopodiché la musica ha sempre una componente di solitudine e una di condivisione con altri musicisti, prima di essere condivisa definitivamente con chi ti ascolta.

Farai un tour di promozione del nuovo album? Se si, quali saranno le prime tappe?
Abbiamo cominciato il 13 e 14 ottobre con i primi due concerti, molto belli, in Francia. Il 4 novembre suoniamo all’Acqua Cheta a Tremezzina (Co) e il 21 novembre presento il disco a Milano, a La Salumeria della Musica, all’interno della Milano Music Week. Poi faremo uno showcase radiofonico a Nizza, a France Bleu Azur, la radio nazionale che ci ha ospitato già con il disco precedente. Con me dal vivo, come sul disco, ci sono Roberto Romano, fiati e percussioni, Nik Taccori, batteria, e Andrea Viti, basso e percussioni. E sono molto bravi.

 

Se le vostre passioni più grandi sono la musica e i videogiochi, allora questo è l’articolo che fa per voi.

Master di I Livello in Musica per videogiochiD’ora in poi, nessuno più vi potrà dire «Stai sempre attaccato al joystick e non studi mai» perché l’Accademia Italiana Videogiochi e il Conservatorio di Santa Cecilia hanno istituito un nuovo corso di studi che mette insieme questi due campi: stiamo parlando del Master di I Livello in Musica per videogiochi.

Ma di che cosa si tratta nello specifico? ll Master, che dura solamente un anno, mette a punto un percorso ad hoc per chi nella vita desidera scrivere musica per videogiochi.

Gli sbocchi professionali previsti sono molti e variegati: si parte da figure che possono lavorare nell’industria del videogioco o in start up innovative, fino ad arrivare a programmatori sonori, compositori, orchestratori, arrangiatori, music editor e sound designer.

Il piano di studi, formato da 364 ore di frequenza, si divide essenzialmente in due parti. La prima prevede attività formative di base, come quelle dello studio e della composizione della musica; la seconda, invece, attività più specifiche, come il campionamento sonoro, la programmazione midi e l’orchestra virtuale. Nel corso delle lezioni ci saranno anche incontri importanti con realtà produttive nel territorio e con aziende leader del settore, sia nazionali sia mondiali.

Per la prova finale gli studenti devono essere in grado di comporre una colonna sonora con la C maiuscola, per dimostrare al meglio ciò che hanno appreso durante l’anno. Inoltre, tutti i partecipanti hanno la possibilità di realizzare delle composizioni, che poi sono anche registrate da un’orchestra professionale.

«Siamo molto soddisfatti di questa nuova collaborazione che dimostra la qualità della nostra offerta didattica, l’expertise che siamo capaci di garantire e, soprattutto, le opportunità formative e gli sbocchi lavorativi che il mondo dei videogiochi può offrire. Nell’ambito del Master AIV si occuperà dell’insegnamento delle materie affini e integrative relative la programmazione e il game building, attraverso lo studio di Unity e dei linguaggi C# e Javascript» ha dichiarato Luca De Dominicis, Fondatore e Direttore dell’Accademia Italiana Videogiochi.

Per poter partecipare al Master, che è riconosciuto ufficialmente dal Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca, oltre al diploma di Conservatorio o alla laurea triennale, occorre superare la prova di ammissione che consiste in un elaborato scritto e in colloquio motivazionale.

Personalità forte, stile elegante e naturale. Il tutto racchiuso in un nome: Linda D.

È appena uscito il suo nuovo singolo, Senza indugio, ed è pronta a sbarcare al cinema con un lungometraggio che racconterà tutta la sua vita. Stiamo parlando di una ragazza dalla personalità forte, dallo stile elegante e naturale. Il tutto racchiuso in un unico nome: Linda D.

Intervista a Linda D.: la musica e un film sulla sua vita
Intervista a Linda D.: la musica e un film sulla sua vita.

Senza indugio, il tuo ultimo singolo, quanto ti rappresenta? Quanto c’è di te in questa frase e in questa canzone?
Molto. Nella vita bisogna osare e non fermarsi mai davanti agli ostacoli, trasformare gli eventi negativi. Mi alzo ogni mattina e sorrido perché la vita può sbocciare anche senza il sole.

Nel 2013 sei stata finalista a Sanremo Giovani con Anima rotta, canzone dal titolo significativo. Qual era il messaggio che volevi trasmettere al tuo pubblico? Pensi che Sanremo abbia portato il tuo messaggio?
Quello di gridare, pregando e cantando il dolore e l’orrore. Attraverso la musica tirare fuori quello che a volte le donne violentate, stalkerizzate e a volte uccise, non hanno il coraggio di fare. Sanremo, si sa, è molto seguito dai media. 

Anima rotta è anche il titolo del tuo secondo album, con il quale hai iniziato una battaglia contro il femminicidio. Quanto è importante per te e per la tua musica trattare un tema così attuale?
È fondamentale e vitale,: attraverso le mie canzoni mi sento utile. Ho vissuto nella violenza, so cosa significa, e cantando affronto quello che è  un problema e una piaga sociale.

Il brano Anima rotta è stato anche tradotto in spagnolo, Alma quebrada. Grazie a quest’ultimo hai ricevuto i complimenti dalle più alte cariche dell’America Latina perché trasmetti il messaggio che “la vita è un dono”. Quali consigli ti senti di dare a chi si trova in un momento difficile?
Sicuramente quello di non chiudersi. Bisogna parlare, denunciare, essere forti.

Intervista a Linda D.: la musica e un film sulla sua vita
Intervista a Linda D.

Sei apparsa in numerose trasmissioni tv. Come mai hai deciso di parlare di te al pubblico in maniera così profonda?
Raccontando la mia storia di vita spero di poter essere di aiuto agli altri, soprattutto a  quelle persone che nel buio non riescono a trovare una via d’uscita, che si sono perse nel male, dentro l’amarezza di questa vita, e far si che abbiano la forza di ricominciare al di là del male. Voglio portare una speranza.

Nella scena musicale vanti numerose collaborazioni, anche con artisti internazionali. Quali sono le differenze tra il modo di fare musica italiano e straniero?
Ho trovato più umiltà negli artisti americani: mi hanno insegnato che,  per essere grandi, bisogna imparare ad essere prima piccoli.

Hai vinto premi e riconoscimenti in Italia, come il Premio Ettore Scola, il Premio Lando Buzzanca e la nona edizione di Tulipani di Seta Nera Festival Internazionale del Corto sezione Social Clip. Qual è l’ingrediente in più, secondo te, che ti ha portato al primo posto sul podio?
Al primo posto non mi ci sento e neanche lo vorrei, troppo impegnativo. La formula vincente è la semplicità,  l’essere vera, genuina e umile. Io sono diretta con il mio pubblico.

Che cosa ci riserverai per il futuro? Hai già in mente nuovi progetti? Ci parli del lungometraggio che porterà la tua storia al cinema?
Tante cose belle, tra cui un film che racconterà la mia magnifica vita, piena di ostacoli da saltare, e il mio metodo segreto per poterli superare.

Per la prima volta una mia canzone farà parte di un film! Semplice,  il mio nuovo singolo, sarà la colonna sonora del nuovo film di Federico Moccia.

Semplice di Elodie nella colonna sonora del film di Moccia
La locandina del nuovo film di Federico Moccia.

Esordisce così sui social Elodie Di Patrizi, cantante italiana che si è fatta conoscere ad Amici di Maria De Filippi  e che con la sua voce particolare e il suo stile inconfondibile ha conquistato il pubblico, e non solo: infatti, Federico Moccia ha voluto che partecipasse al suo nuovo film. Non in veste di attrice, ovviamente, ma facendo sì che una sua canzone, Semplice, uscita lo scorso 6 ottobre, entrasse a far parte di Non c’è campo, al cinema dal 1° novembre.

Si tratta di un film che viene definito un «esperimento sociale» dallo stesso regista. Non si ha rete per telefonare, si sta senza WhatApp, Instagram, Facebook e Twitter. La nostra vita cambierebbe radicalmente senza i social? Vivremmo meglio o peggio? Questo è quello che il film, con artisti quali Vanessa Incontrada, Gian Marco Tognazzi, Mirko Trovato, Eleonora Gaggero e Neva Leoni, ci vuol far comprendere. Il tutto attraverso una divertente gita scolastica in un paesino pugliese in cui alunni e professoresse si ritrovano “senza campo”, a riscoprire il mondo senza tecnologia.

La colonna sonora del film viene arricchita con il brano di Elodie, il terzo singolo estratto dal suo ultimo album, dopo Tutta colpa mia, presentato al Festival di Sanremo 2017, e Verrà da se. Per la cantante, classificatasi al secondo posto della quindicesima edizione del talent show di Canale 5 vincendo anche il premio della critica Vodafone e il premio RTL 102.5 si tratta della prima esperienza cinematografica.

Nel mondo musicale, ha già a suo attivo due dischi d’oro e uno di platino. Ha partecipato a numerosi eventi tra cui il festival di Sanremo, ad Amiche in Arena all’Arena di Verona, Mtv Music Awards in Piazza del Popolo a Roma e Radio Italia Live in Piazza Duomo a Milano. Il suo successo è segnalato anche sui social, dove conta milioni di followers e di like.

Chrysma, rapper giovanissimo e con una carriera di tutto rispetto alle spalle, ci parla delle sue esperienze passate, del nuovo album e dei progetti futuri.

Intervista a Chrysma, il rapper parla del nuovo album
Intervista a Chrysma, il nuovo album è “Giganti”.

Giovane e già con lavori e collaborazioni importanti alle spalle. Stiamo parlando di Chrysma, rapper originario di Parma, che ha da poco pubblicato il suo album d’esordio. Alcune delle canzoni al suo interno appartengono al genere del trap, ma lui non si definisce un trapper, preferendo mantenere una linea del tutto personale. 

Sei giovanissimo, ma già da anni sei entrato a far parte del panorama del rap e dell’hip hop. Hai studiato da autodidatta o hai seguito dei corsi?
Assolutamente no, non ho mai intrapreso corsi: ho imparato a rappare ascoltando molta musica, provando e riprovando sempre sugli stessi beats e imparando ad andare a tempo. Piano piano vedevo che ci stavo riuscendo, così ho potuto poi trovare la corrente giusta, il mio stile. Per i testi, invece, è stato ancora più semplice perché scrivevo già poesie: il mio approccio con la scrittura era già nato tempo prima.

Hai fondato anche una tua crew, la Master Prod, poi hai collaborato con Naym e infine hai intrapreso un percorso da solista. In quale veste ti senti più te stesso?
Non nego che mi sono divertito tantissimo con loro; avere una crew t’insegna sempre tanto, soprattutto a non pensare solo a te stesso ma ad un collettivo. Quando sei in gruppo hai delle responsabilità come le hanno tutti gli altri, l’opinione di tutti va ascoltata (almeno nella mia crew era così) e hai più menti che ragionano. Se devo essere sincero, però, ora come ora mi trovo meglio da solo: la mia mente è cambiata e sono maturato molto artisticamente. Non nego che nel futuro mi piacerebbe collaborare di nuovo con Naym, eravamo un bel duo.

Hai avuto modo di collaborare indirettamente con artisti come Mondo Marcio, Raige ed essere giudicato da Gue Pequeno, cosa c’è di loro nella tua musica?
Quando sei piccolo e apri il concerto di qualche artista che ti piace e che stimi, sei gasato al mille per mille: era il 2012/2013 quando coi Master Prod ho aperto i concerti di Mondo Marcio e Raige nella mia città natale, Parma. Fu un periodo bellissimo, credetemi: ero piccolo, ultra spensierato, mi stavano capitando cose molto positive e quell’età pensi solo a spaccare il mondo. Per quanto riguarda Guè, quel concorso che facemmo online ebbe i suoi frutti: in città cominciarono più a parlare di me e Naym e, anche se non vincemmo il concorso, avemmo molte views al brano ai tempi. 

Nel tuo curriculum compare anche una partecipare a Italia’a Got Talent. Raccontaci qualche aneddoto riguardo quest’esperienza.
Fu divertentissimo, anche se eravamo molto agitati perché portavamo un brano d’amore a cappella, poiché ci avevano detto di non portare basi. Quando arrivammo scoprimmo invece che potevamo portarle. Naym per l’emozione si scordò un pezzo di canzone, ma non ci fermammo dalla vergogna o dal timore, tanto se ci eravamo giocati la possibilità di vincere lo avevamo già fatto. Un’esperienza davvero interessante ma che non rifarei: c’erano pochi cantanti e pensavamo di poter fare la differenza, ma non è stato così.

Nel 2016 sei anche arrivato in finale a Area Sanremo 2016 con il brano La prima volta. Quanto sei cresciuto dopo il Festival?
Area Sanremo è stata un’esperienza che, senza ombra di dubbio, mi ha segnato, emotivamente e artisticamente. Ho avuto a che fare con professionisti del settore, ho potuto ascoltare consigli, opinioni  e soprattutto confrontarmi con altri artisti, senza mai cadere nelle rivalità. Sono felice per chi è riuscito a salire sul palco dell’Ariston: significa che se lo meritava veramente. Dopo quel periodo sicuramente sono maturato molto e non nego che mi piacerebbe riprovarci. 

Da poco è uscito il tuo album d’esordio, dal titolo Chrysma. Che cosa rappresenta per te questo disco?
Rappresenta il mio primo “amore”. L’espressione vera e propria di Chrysma tocca ogni parte interiore di me che ho vissuto fino ad ora, ogni tasto dolente e/o positivo viene rappresentato in questo album. Sicuramente, essendo il mio album d’esordio, ho la possibilità di cercare di arrivare a più persone possibili, per farmi capire a pieno e andare oltre le apparenze di quello che sembro al pubblico. Sono orgoglioso di quello che abbiamo realizzato con Giuliano Boursier.

Intervista a Chrysma, il rapper parla del nuovo album
La cover di Giganti.

Hai definito Giganti, una delle canzoni dell’album, un brano trap. Ci spieghi meglio di che genere musicale si tratta?
Giganti è senza dubbio un brano trap, soprattutto per la strumentale. Ho definito il mio disco “crossover” perché volevo esprimermi in più stili del rap. Non voglio essere messo nella categoria dei “trapper”, quel genere che ora in Italia sta spopolando a dismisura, voglio mantenere una linea mia. Ci sono tre brani trap nel mio disco oltre a Giganti, proprio perché ho voluto pensare a quei fan a cui può piacere più quel genere rispetto a un rap più classico. La trap è la nuova espressione rap che si è creata nel nostro paese, un diverso modo di esprimersi e di rappare. L’artista trap più in voga in questo momento è sicuramente Ghali.

Dopo l’uscita dell’album hai già in mente nuovi progetti?
Certamente non sto smettendo di scrivere canzoni. Sto pensando a quale singolo buttare fuori nei prossimi mesi  e a un possibile disco futuro, ma è ancora tutto da decidere. Sono molto lunatico, un giorno penso una cosa, un altro giorno un’altra:  sono un disastro. Per adesso penserò al progetto che è uscito: di lavoro ce n’è ancora molto dietro questo disco.

Il duo formato dall’albanese Redi Hasa e la salentina Maria Mazzotta pubblica a breve il nuovo album, dal titolo Novilunio

Hasa Mazzotta: Novilunio è il nuovo album
Hasa Mazzotta: duo formato da Redi Hasa e Maria Mazzotta.

Hasa Mazzotta, il duo formato da Redi Hasa e Maria Mazzotta, è pronto a pubblicare il suo secondo album. Il titolo è Novilunio e presenta otto canzoni inedite, un brano della tradizione albanese, quella di Hasa, e uno della tradizione italiana, quella di Mazzotta.

Come loro stessi raccontano «Novilunio è l’inizio di un nuovo capitolo, il tentativo di cimentarci nella scrittura e creazione di un nostro linguaggio musicale. Per la realizzazione di questo progetto abbiamo collaborato con grandi musicisti che ci hanno permesso di aprire lo sguardo verso nuove culture e sonoritá, come Bijan Chemirani (bendir, daf, zarb, cymbals) dall’Iran e Mehdi Nassouli (guembri, karkabs, bendir, tarr, voce) dal Marocco. Questo disco è il risultato del nostro sodalizio, nel rispetto delle radici e allo stesso tempo creativo e sperimentale, un’unione simbolica tra l’archetipo della notte e quello della luce».

Hasa Mazzotta: Novilunio è il nuovo album 1
La cover di “Novilunio”.

Il disco esce il 13 ottobre per Ponderosa Music Records, ma è già disponibile in pre-order su iTunes, con l’instant gratification del brano inedito Aux Souvenirs e 25 Trecce, secondo brano scelto dal nuovo lavoro. Dal 19 novembre, invece, parte il loro tour, che però è in costante aggiornamento. Si parte dal Centro Culturale Candiani di Mestre, per continuare il 20 novembre a Milano, alla Salumeria della Musica in occasione della Milano Music Week e il 27 novembre al Comedy Club di Parigi. Il 2 dicembre Redi e Maria saranno al Theatre Molière di Bruxelles, il 22 dicembre al Folk Club di Torino, il 18 gennaio alla Sala Studio dell’Auditorium Parco della Musica di Roma e il 19 aprile al Teatro dei Rinnovati di Siena.

Per chi non conoscesse bene i due artisti, Redi è un violoncellista albanese, mentre Maria una cantante salentina. La loro collaborazione è nata nel 2010: i due hanno deciso di creare un progetto di lirica che legasse le loro qualità, il potente violoncello e la leggerezza vocale. Il contenuto è ancora più spettacolare perché entrambi traggono ispirazione dai propri mondi, proprio come è successo nel primo album, dal titolo Ura, che mette in luce i legami possibili tra i repertori di Balcani e Carpazi e le regioni meridionali dell’Italia. Attraverso la musica, Hasa e Mazzotta cantano le rispettive terre, raccontandoci tutto nei particolari.

Inoltre, i due hanno un curriculum di tutto rispetto. Lui è molto amato da Ludovico Enaudi ed è stato chiamato per suonare nell’ultimo disco di Robert Plant; lei è una delle protagoniste del Rinascimento salentino ed ex-voce del Canzoniere Grecanico Salentino.

Alberto, Francesco, Leonardo, Davide e Francesco, i cinque componenti del gruppo, si raccontano a Musica 361.

Cinque uomini sulla cassa del morto: "La musica è una possibilità espressiva"
Alberto, Francesco, Leonardo, Davide e Francesco, i cinque componenti del gruppo

Cinque ragazzi, ognuno con una formazione professionale differente, ma che è stata fondamentale per creare quel bagaglio di conoscenze e quella sensibilità che sono caratteristiche peculiari del gruppo. Un gruppo che ha anche un nome particolare, Cinque uomini sulla cassa del morto, che ha da poco pubblicato il primo album e che spera di poter portare la sua musica in giro per l’Italia.

“Cinque uomini sulla cassa del morto”, un nome molto particolare per un gruppo. Come mai avete fatto questa scelta?
Il nome è stato scelto in maniera decisamente democratica: una sera di quattro anni fa ognuno di noi ha scritto delle proposte su dei foglietti e i vari nomi sono stati poi votati da tutti. Il più votato è stato il nome scelto, tratto dalla canzone piratesca “Quindici uomini sulla cassa del morto” citata da Stevenson nel romanzo “L’isola del tesoro. Il nome è un rimando al mondo immaginario dei pirati: cinque amici dispersi su un’isola nascosta in mezzo all’Oceano.

Siete insieme da tre anni. Che cosa vi ha spinto a creare questa band?
Il gruppo è nato dall’esigenza di fare musica insieme, tra amici, creare una famiglia e divertirsi. Sin da subito l’idea era quella di fare musica allegra, in generale positiva e ricca di energia e coinvolgimento del pubblico. Anche la scelta dell’italiano come lingua prediletta ad esprimerci è stata presente sin dall’inizio del progetto.

Nelle vostre canzoni unite musica popolare, soprattutto irlandese, e cantautorato italiano. Quali sono le caratteristiche che più vi colpiscono di questi generi?
Come detto la scelta dell’italiano rimanda alla musica dei grandi cantautori del passato (su tutti De André) ma anche in particolare dei Modena City Rambers. Entrambi hanno preso molto dalle tradizioni popolari dell’Italia e non solo, nella musica ma anche nei temi trattati e nelle forme espressive. Inevitabilmente per i nostri ascolti questi artisti ci hanno influenzato fortemente. Poi c’è anche un costante rimando alla musica popolare, soprattutto irlandese, tramite l’uso del violino e di sonorità folk che da sempre ci piacciono molto. In questo è forte l’influenza di gruppi come ad esempio i Mumford and Sons.

Cinque uomini sulla cassa del morto: "La musica è una possibilità espressiva" 1
La band “Cinque uomini sulla cassa del morto” durante un concerto

5 componenti e 5 percorsi di studio differenti. Quanto quello che studiate influenza la vostra musica? In che modo?
Per alcuni di noi la musica è un rifugio, per altri evasione dalla quotidianità, per altri ancora una scelta professionale di vita. Per tutti però è una possibilità espressiva, un’occasione di dare realizzazione ad un lato creativo e comunicativo che è presente in tutti noi. Chiaramente ognuno ha il suo percorso formativo che lo influenza e fa sì che porti al gruppo un bagaglio di conoscenze e una sensibilità tutta sua.

Avete partecipato a diversi festival, confrontandovi con realtà musicali differenti. Che cosa avete imparato da queste esperienze?
Confrontarsi con realtà diverse e nuove è sempre stato per noi un qualcosa di emozionante ed entusiasmante. Conoscere altri musicisti, ascoltarsi, imparare dagli altri. Partecipare ad eventi di questo tipo si rivela spesso un’occasione per ricevere molto, oltre che per dare ciò che abbiamo da dare a chi ci ascolta. Farci conoscere è sempre l’imperativo, ma ogni volta torniamo a casa un po’ più ricchi di esperienza e di storie da raccontare. E questo non ha prezzo, ma ha grande valore.

Il 7 aprile è uscito il vostro primo disco, “Blu”, con 9 brani inediti. Qual è quello che più vi rappresenta e perché?
È molto difficile rispondere, il disco contiene brani molto diversi fra loro, scritti da tutti noi ed ognuno con il suo sound e le sue peculiarità. Forse il brano che più ci rappresenta è Il Sole da Solo, scelto come primo singolo appunto perché non si sbilanciava troppo in una direzione ma al contrario raccoglieva diversi spunti narrativi e sonori. Dentro c’è il viaggio, la voglia di avventura, la spensieratezza e la gioia ma anche una certa introspezione, riflessione e nostalgia: forse per questo può essere un brano adatto a cogliere e rappresentare diversi aspetti del nostro progetto.

Per la vostra musica avete dei modelli di riferimento? Se si, quali?
Tutto quello che ascoltiamo. Abbiamo gusti e influenza diversi, ma ciò che ci accomuna è il desiderio di trasmettere emozioni, di scrivere canzoni che abbiano un contenuto vero e sincero, che diano qualcosa a chi le ascolta. Colpire il pubblico ed emozionarlo è un nostro obiettivo comune, nonostante le divergenze. E poi ovviamente divertirci sempre e cercare di non porci limiti espressivi. Quando abbiamo un’idea proviamo sempre a realizzarla anche se a prima vista ci appare esagerata o non in linea con un’idea di sound, che in realtà va definendosi proprio da tutte queste piccole intuizioni.

Qual è il vostro sogno nel cassetto? Sognate di duettare con qualche cantante in particolare?
Ognuno di noi ha il suo sogno. C’è chi vorrebbe suonare a Wembley e chi invece sogna i teatri storici italiani, chi è affamato di esperienze e chi invece è solamente dedito alla musica, al solo e semplice suonare. In ogni caso le esperienze di apertura ad artisti affermati (Tre Allegri Ragazzi Morti, Creedence, Franz Ferdinand) sono sempre occasioni incredibili di arricchimento e di confronto che portiamo nel cuore e che accogliamo sempre con gioia e gratitudine. Per ora possiamo tutti ritenerci più che felici di avere un seguito di persone che vengono ad ascoltarci, ci seguono, ballano ai nostri concerti e cantano le nostre canzoni. Questo è davvero magico.

Avete già altri progetti per il futuro?
Per l’immediato futuro abbiamo in progetto un nuovo disco. Per la prossima estate speriamo davvero di poter portare la nostra musica in giro per l’Italia intera.

Alessandra Nicita, di origine salentina ma adottata dal capoluogo emiliano, è cantautrice e scrittrice: con ciò che scrive vuole trasmettere emozioni.

Intervista a Nicita: "Per me è importante scrivere le emozioni"
Alessandra Nicita: il suo ultimo album “Canzoni di nascosto” uscita a Marzo 2017

Cantautrice di origine salentina

Cantautrice di origine salentina ma adottata da Bologna. Lei è Alessandra Nicita, un’artista eclettica e vivace che con le sue canzoni vuole aarrivare al cuore della gente che la ascolta. La sua esperienza nel mondo della musica è iniziata nel 1997, quando ha incontrato Lucio Dalla. Da quel momento in poi la sua carriera è stata tutta una salita, fino ad essere scelta come Ambasciatrice per l’Italia in Moldavia e a scrivere anche due libri. Perché comunque per lei l’importante è «scrivere le emozioni». 

Nel 1997 hai conosciuto Dalla e quest’incontro è stato decisivo per la tua vita. Che insegnamenti ti ha lasciato Lucio?
Lucio era un uomo coltissimo e incredibilmente curioso, proprio come sono curiosa io. Mi ha ricordato che è importante osare, e io non sono una che si tira indietro. Una volta, qualche anno dopo averlo conosciuto, mi disse che avrei dovuto fare questo mestiere, ma  «da  grande»; in quel  momento ero troppo «sensibile e delicata» e avrei dovuto  imparare a fregarmene un po’. Solo adesso comprendo a pieno il senso delle sue parole.

Il tuo singolo Carolina Carolina ha ottenuto un grande successo. Quanto sei legata a questo brano?
Indubbiamente tanto e per un motivo ben preciso: con Carolina Carolina ho iniziato a pensare che le cose che scrivevo non erano più così improponibili. Era giunto il momento di cantare. È un brano che tratta la discriminazione omosessuale: sarebbe cosa buona e giusta comprendere che l’amore è universale e che tutte le persone hanno il diritto di amare ed essere amate.

A maggio è uscito il tuo album Canzoni di nascosto. Che cosa devi nascondere con le tue canzoni?
Da adolescente mi nascondevo nella mia camera per suonare. La mia camera era arredata con microfoni, amplificatori, tre chitarre, una batteria e una tastiera.  Non mi riconoscevo nei desideri e non inseguivo i sogni delle mie compagne di classe: io volevo solo tornare a casa e suonare. Mi nascondevo nella mia camera perché improvvisavo canzoni, mi muovevo suonando la chitarra, saltavo sul letto e immaginavo un pubblico pronto  ad ascoltarmi. In realtà non credo di nascondere nulla cantando quello che canto, semplicemente mi metto anch’io nell’ombra che appartiene a tutti, sperando poi che ognuno di noi scelga la luce e una sana consapevolezza che non guasta mai.

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Intervista a Nicita: "Per me è importante scrivere le emozioni" 1
A destra: Alessandra Nicita

Il disco contiene sei brani brillanti, in cui il filo che le lega è sempre quello dell’amore. Come mai hai deciso di soffermarti proprio su questo tema? Che cos’è per te l’amore?
Non è una scelta che faccio razionalmente. L’amore mi interessa perché rende migliori, perché porta vita e coraggio: che senso ha vivere senza essere innamorati di qualcosa o qualcuno? Amare per me ha un significato più ampio: significa amare la vita e, prima di ogni altro, se stessi.

Hai dichiarato che ti piacerebbe duettare con Zucchero, De Gregori e Levante, oltre a scrivere una canzone con Cremonini e Bersani. Qual è la caratteristica che ti affascina di ognuno di questi artisti?
Di Zucchero mi piace la grinta che si sposa con l’eleganza degli arrangiamenti, di De Gregori ho sempre amato tutto, dalla voce alla sua classe innata, alle cose che canta, al modo in cui dice le cose. Levante mi piace perché ha presenza scenica, si muove con grazia e ha la forza di una pantera, è tenera e non, allo stesso tempo. Cremonini che incontro spesso per Bologna mi ricorda mio fratello, eclettico e simpatico: ha l’aria di essere uno generoso. Bersani è un poeta dal profumo meraviglioso. Quando ci siamo conosciuti gli ho detto «Sai che una notte stavo per addormentarmi e mi hai svegliato?» Lui parlava al telefono nel cortile che portava allo studio di registrazione di Lucio, io dormivo da Stefano Cantaroni, straordinario artista e amico di Dalla. Abbiamo parlato come se ci conoscessimo. In fondo abbiamo avuto in comune un “incontro” speciale.

Sei stata Ambasciatrice per l’Italia in Moldavia. Quanto è stato importante per te rappresentare il tuo Paese all’estero e che cosa ti porti dietro da questa esperienza? Raccontaci qualche curiosità che ti ha particolarmente colpito della loro cultura musicale.
Mi porto dietro l’orgoglio di un’esperienza così importante e anche un po’ la responsabilità. Sono stata accolta dall’Ambasciatrice italiana Valeria Biagiotti  che si è messa a disposizione per sostenermi ed aprire nuovi progetti di collaborazione ed eventi artistici.  Non sapevo che tipo di pubblico avrei potuto trovare: è stato un pubblico caloroso ed accogliente che mi ha fatto sentire a casa.  Mi fermavano per strada facendomi i complimenti per la mia musica e per l’emozione che ho saputo trasmettere. Andando in giro in taxi ho notato che i conducenti ascoltano ad altissimo volume musica tecno e spagnola incuranti del passeggero.   

Hai scritto anche due libri: Sono stata molto delusa dai mirtilli e Arrivò l’amore e non fu colpa mia. Che differenze trovi tra scrivere un libro e un testo per una canzone? In quale ruolo ti trovi più a tuo agio?
Per me è importante scrivere le emozioni, i pensieri e il vissuto, che siano parole per un libro o una canzone non fa differenza. Mi trovo a mio agio in entrambi i ruoli, anche se il mio grande amore resta la canzone.

Cosa vuoi fare da grande?
Voglio essere un’allegra signora rock’n’roll.

Il capolavoro operistico di Giacomo Puccini rivive sul palco della Royal Opera House grazie ad una nuova produzione.

La Bohème rivive sul palcoscenico della Royal Opera House
La Bohème sul palco della Royal Opera House

Martedì 3 ottobre, alle ore 20.15, torna l’appuntamento con la Royal Opera House al cinema, programmata da Nexo Digital in collaborazione con Classica HD, MYmovies.it, Sky Arte HD, Amadeus, Danza&Danza e Danzadove, Sipario-La Rivista dello Spettacolo, British Council. La stagione 2017/2018 si è aperta con Il Flauto Magico ed è pronta a continuare con La Bohème, il capolavoro operistico di Giacomo Puccini, che dal prestigioso palcoscenico di Londra viene trasmesso su più di 1500 schermi cinematografici di tutto il mondo, compresi quelli italiani.

La Bohème, trasmessa via satellite, rivive sul palco londinese e sugli schermi mondiali grazie alla nuova produzione del regista Richard Jones, insieme ad Antonio Pappano. I due dirigono un cast di giovanissimi e promettenti talenti, tra cui ricordiamo Nicole Car, Michael Fabiano e Mariusz Kwiecien.

Per chi non se lo ricordasse, l’opera di Giacomo Puccini, ripresa da Richard Jones in questa nuova produzione, tratta le vite di un gruppo di giovani artisti che sbarcano il lunario ai margini di Parigi. Le vicende si svolgono quando la Ville Lumière è capitale dell’Ottocento ed è in una veste molto bohémienne. Il regista riprende questo famoso classico, anche grazie alle scenografie da mozzare il fiato. Queste ultime sono realizzate da Stewart Laing, che si ispira agli anni ’50 dell’Ottocento, quando l’atmosfera era del tutto romantica. L’opera che ha conquistato tutto il mondo, quindi, torna a vivere al giorno d’oggi, con musiche indimenticabili e catturando l’attenzione e il cuore del pubblico con una storia d’amore tratta dalla vita quotidiana.

Dopo il Flauto Magico e La Bohème, i prossimi appuntamenti sono con Alice nel paese delle meraviglie (23 ottobre), Lo Schiaccianoci (5 dicembre), Rigoletto (16 gennaio), Tosca (7 febbraio), The Winter’s Tale (28 febbraio), Carmen (6 marzo), Bernstein Centenary (27 marzo), Macbeth (4 aprile), Manon (3 maggio) e Il lago dei cigni (12 giugno).

“Marco Masini in concerto” è il nuovo disco live del tour del cantautore fiorentino, disponibile dal 29 settembre.

Marco Masini: il 29 settembre esce il disco live del tour
Il cantautore fiorentino Marco Masini © Angelo Trani

Si è da poco concluso il tour di successo dell’album Spostato di un secondo, ma Marco Masini è già pronto a tornare sulla scena con il nuovo disco. Il 29 settembre, infatti, esce Marco Masini in concerto, che contiene i successi dell’ultimo album -tutti in versione live- più due canzoni speciali. La prima è La borsa di una donna, in versione studio: si tratta di un brano scritto per Noemi e che il cantautore fiorentino interpreta per la prima volta. La seconda, invece, è Signor Tenente, nuovo singolo in radio e cover dell’amico e collega Giorgio Faletti. Questo brano è stato portato da Faletti alla 67° edizione del Festival di Sanremo, dove è riuscito a ottenere il podio.

Marco Masini: il 29 settembre esce il disco live del tour 1
Marco Masini in concerto, nuovo album dal 29 settembre

Il tour di Spostato di un secondo, prodotto e organizzato da ColorSound, ha avuto un grande successo in tutta Italia. Marco e tutta la sua band, composta da Massimiliano Agati (batteria), Cesare Chiodo (basso), Antonio Iammarino (tastiere), Alessandro Magnalasche (chitarra elettrica ed acustica) e Stefano Cerisoli (chitarra elettrica ed acustica), hanno creato un album electro pop molto moderno, ma anche tanto variegato, che ha come tema principale quello del tempo trascorso con consapevolezza, lasciandosi dietro la nostalgia.

Anche questo nuovo album otterrà lo stesso seguito? Nel’attesa di una nuova tournée, sempre a partire dal 29 settembre, data d’uscita di Marco Masini in concerto, inizia l’instore, durante il quale Marco Masini incontra i fan e firma le copie del disco. Si parte il 29 settembre da Firenze, alla Galleria del Disco alle ore 18, e si continua il 30 settembre a Verona, al centro commerciale Auchan Porte dell’Adige alle 17. Il 1° ottobre l’incontro si tiene a Bologna, al Centro Commerciale Vialarga alle ore 17, il 7 a Cuneo al Centro Commerciale Auchan alle ore 17 e si finisce l’8 ottobre a Milano allo Scalo Milano Shopping Village, sempre alle ore 17.

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