Alle spalle ha esperienze musicali in paesi stranieri, lavori in altri campi artistici e la partecipazione come componente di una band: ecco che Luca Gemma racconta di tutto ciò e del nuovo disco a Musica361.
La felicità di tutti è il nuovo album di Luca Gemma. Un artista che ha alle spalle esperienze musicali all’estero, esperienze lavorative in altri ambiti artistici – la televisione, la radio, il cinema e il teatro – e un passato come componente di una band e che si sta mettendo in gioco facendo conoscere questo suo nuovo lavoro che definisce come «una questione di attimi».
La felicità di tutti è il tuo sesto album. In cosa si differenzia dai precedenti e cosa aggiunge? Definisci con un aggettivo i tuoi sei album.
Un disco nuovo significa avere qualcosa di nuovo da raccontare, provando a scrivere canzoni più belle, senza la paura di cambiare, ma anzi sfruttando la sorpresa e a volte anche l’errore. Su questo io e Paolo Iafelice, che produce insieme a me, andiamo molto d’accordo: quando ci mettiamo al lavoro sappiamo solo in parte dove andremo a finire. Nella fattispecie questo disco credo abbia quell’intensità e quella verità che ho sempre cercato, ma che trovavo più spesso e più facilmente nelle ballad lente. Invece i brani di questo nuovo lavoro sono tutti molto ritmici e intensi al tempo stesso. E di questo sono contento.
Per definire i miei dischi direi che Saluti da Venus è ingenuo e liberatorio, Tecniche di Illuminazione è denso e complicato, Folkadelic è potente e carnale, Supernaturale è leggero e carnale, Blue Songs è intenso e malinconico, La Felicità di tutti è intenso e ballabile ed è il migliore.
Il titolo dell’album colpisce molto e rimanda ad un concetto che nella società odierna si insegue molto. è un augurio? Come mai lo hai scelto? Che cos’è per te la felicità?
Per me la felicità è una questione di attimi, nel senso che non ho la presunzione di vivere in uno stato di gioia perenne. Però penso che per cogliere quei momenti bisogna farsi trovare pronti. Il titolo, invece, parte dalla constatazione che nella società odierna la ricerca della felicità individuale porta a fregarsene completamente di quella altrui. Io invece penso che la propria felicità, così come la libertà, trovi il suo limite laddove comincia l’infelicità di un altro. E quindi la felicità di tutti è un’ambizione un po’ fricchettona, un invito a mettersi nei panni degli altri e a uscire dall’egoismo sfrenato, che è una caratteristica che governa il mondo e i rapporti interpersonali di questi tempi.
La copertina del tuo nuovo disco è molto particolare, ispirato a Exile on Main St. dei Rolling Stones del 1972. Ci racconti nel dettaglio qual è il messaggio che vuoi arrivi ai tuoi fan? I Rolling Stones sono una scelta casuale o hanno influenzato la tua musica? Che cos’è per te la musica?
Gli Stones sono così grandi e iconici da aver influenzato la musica di tutti, quindi anche la mia. L’idea di comporre un puzzle di foto in copertina mi è venuta dal loro disco e dall’aver scelto per il mio album un titolo al plurale, appunto La felicità di tutti. Avevo poi la fortuna di poter disporre delle numerose foto in formato quadrato scattate dalla fotografa Glu La, alle quali si è aggiunto un mio ritratto del maestro Ray Tarantino e un autoritratto dell’artista e poetessa Tiziana Cera Rosco. Guardando le foto che compongono la cover avrai un’idea dei protagonisti delle canzoni dell’album, ovvero quelli che a buon diritto reclamano la felicità.
Nel tuo disco hai inserito Cajuina di Caetano Veloso. Perché proprio questa canzone?
Perché è una canzone bellissima di un artista che mi piace molto. Quando nei miei dischi ho interpretato canzoni di altri, da Modugno a Morricone a Paul Weller, ho sempre scelto pezzi molto belli: diciamo che ho buon gusto. In questo caso poi mi sono preso la libertà di scrivere e aggiungere un testo in italiano, lavorando molto sul suono delle parole, perché è stato proprio il suono del testo originale di Veloso a colpirmi al primo ascolto.
Hai scritto brani per altri cantanti, per la televisione, per la radio, per il cinema e per il teatro. Come cambia la musica nei vari ambiti?
Sono tutti casi in cui le canzoni o la musica che scrivi sono funzionali ad altri media. In pratica sei costretto a muoverti all’interno di confini precisi dati da altri o da altre forme espressive, ma usi questa costrizione come grimaldello per fare uscire qualche idea, un po’ di creatività. è molto stimolante.
Hai fatto tour non solo in Italia, ma anche in Australia, Francia, Lussemburgo e Inghilterra. Come è stato emotivamente? Hai vissuto e sentito delle differenze tra il pubblico straniero e quello italiano?
Ho montato un piccolo film sul tour australiano del 2016, visibile su YouTube. Si chiama 15 Minutes in Australia, a sottolineare per paradosso la sensazione fortissima di lontananza che ho provato arrivando “laggiù”. Oltre alle 22 ore di volo che danno il senso della distanza geografica, ti accorgi della mancanza totale delle sovrastrutture culturali tipiche che abbiamo noi europei. è un luogo giovane, selvaggio, ingenuo e quindi molto affascinante. Il pubblico francese invece mi piace sempre molto perché ha una forte predisposizione all’ascolto e ha un orecchio raffinato, con una grande attenzione per le parole. è un pubblico ancora avvezzo ai silenzi e alle pause.
Quando frequentavi l’università a Milano hai fondato i Rossomaltese insieme a Pacifico. Quanto sei maturato musicalmente con l’esperienza in un gruppo? Quanto è importante secondo te accettare e condividere idee musicali?
Un gruppo musicale è sempre frutto di un’alchimia umana che porta allo sviluppo di un suono: due cose fondamentali che caratterizzano e danno senso a una band. Così è stato anche per i Rossomaltese. E io ho imparato tantissimo in quei dieci anni da tutti i miei compagni di viaggio. Dopodiché la musica ha sempre una componente di solitudine e una di condivisione con altri musicisti, prima di essere condivisa definitivamente con chi ti ascolta.
Farai un tour di promozione del nuovo album? Se si, quali saranno le prime tappe?
Abbiamo cominciato il 13 e 14 ottobre con i primi due concerti, molto belli, in Francia. Il 4 novembre suoniamo all’Acqua Cheta a Tremezzina (Co) e il 21 novembre presento il disco a Milano, a La Salumeria della Musica, all’interno della Milano Music Week. Poi faremo uno showcase radiofonico a Nizza, a France Bleu Azur, la radio nazionale che ci ha ospitato già con il disco precedente. Con me dal vivo, come sul disco, ci sono Roberto Romano, fiati e percussioni, Nik Taccori, batteria, e Andrea Viti, basso e percussioni. E sono molto bravi.