Rudeejay, il dj che è stato conosciuto grazie alla sua “The Rhythm is magic“, è uscito con un nuovo brano. Noi di Musica361 lo abbiamo intervistato.

Rudeejay: il dj, dopo The Rhythm is magic, esce con Under the same sky
Rudeejay esce con il nuovo brano Under the same sky.

«Ogni volta che un dj sostiene di suonare, un musicista muore» afferma Rudeejay, che sa bene che il suo mestiere non è visto sempre di buon occhio. Con la sua passione e la sua esperienza, però, lui cerca sempre di dimostrare il contrario, così come con “Under the same sky“, il suo ultimo brano. Il dj di “The Rhythm is magic” si è raccontato a noi di Musica361.

Il tuo ultimo singolo si intitola “Under the same sky” e parla delle relazioni a distanza. Come mai hai deciso di trattare questo tema?
“Under the same sky” è un brano che esce a mio nome ma c’è un featuring con Lili. Io mi sono occupato dell’arrangiamento e della linea melodica, ma lei ha scritto le parole. Si tratta di un brano autobiografico perché la cantante sta vivendo una storia a distanza.

Hai detto che «ogni volta che un dj sostiene di suonare, un musicista muore». Secondo te, come mai a volte si è così scettici verso il tuo lavoro?
È una convinzione che ho sempre avuto, fin da ragazzo, e negli anni, avendo avuto la fortuna di collaborare con tanti musicisti di talento, mi sono accorto di quanto questa visione delle cose sia reale. I musicisti hanno un modo di porsi nei confronti dei dj un po’ snob perché pensano che il dj non faccia nulla: al contrario, è un mestiere che si basa sull’intuito e sulle sensazioni di quello che c’è intorno infatti dico sempre che dj si nasce, non si diventa. Nel caso specifico di “Under the same sky” e del suo video abbiamo cercato di spiegare che non è vero che i dj non fanno nulla, soprattutto in studio di registrazione, dove hanno un ruolo fondamentale, tanto quello del musicista, perché sono loro a decidere quali strumenti devono entrare e in che modo. È molto difficile spiegare le sensazioni e una cosa così astratta come il nostro mestiere.

Come è stato collaborare con le 5 musiciste per il tuo nuovo lavoro?
Si è trattato di un’esperienza inedita. La cosa più bella è che queste musiciste non si conoscevano, hanno suonato per la prima volta insieme in occasione della registrazione del video, ma in realtà sembra una band reale, nata tanti anni fa, con una perfetta sinergia.

Hai lavorato per 10 anni al Papeete di Milano Marittima. Che cosa hai imparato da quell’esperienza?
Mi ha dato la mia prima piccola grande notorietà. Ho iniziato a lavorare nel 2005 e ho avuto la possibilità di girare in inverno tutta Italia. Ad oggi sono l’unico che è durato lì dentro 10 anni ed è una cosa che mi riempie di orgoglio, oltre ad essere stata una fantastica gavetta perché lì ero una sorta di padrone di casa. Ho avuto la fortuna di condividere la console con alcuni dei nomi più importanti del panorama italiano e devo tanto anche alla riviera romagnola, che è un posto che porterò sempre nel cuore.

Hai collaborato con dj di fama internazionale. Chi di loro ti ha insegnato di più?
Quello che mi ha insegnato più di tutti è stato Marvin. Oltre che cantante, è un grande musicista e un grande tecnico di studio: ho lavorare quotidianamente con lui dal 2013 al 2015 e tuttora collaboriamo per i miei singoli. Lavorare con lui mi ha aperto un mondo perché ho cominciato ad ascoltare la musica con un orecchio diverso.

Rudeejay: il dj, dopo The Rhythm is magic, esce con Under the same sky
Rudeejay: il dj ha raggiunto la popolarità con The Rhythm is magic.

Hai lavorato anche al di fuori dell’Italia. Dove ti sei trovato meglio e perché?
Mi sono trovato meglio in Italia, nonostante abbia avuto delle esperienze fuori, le più recenti in Croazia, che sono state bellissime. Dico l’Italia perché gli italiani hanno un calore e un cuore che il resto d’Europa, a parte qualche zona, non ha. Le regioni italiane più cariche sono, in ordine, la Sicilia, il Veneto, la Romagna, la Lombardia e le Marche. Anche la Puglia, però, che in questi ultimi anni che è diventata un po’ l’Ibiza italiana: al Samsara, dove ho la fortuna di lavorare da tre anni a questa parte, vengono organizzati dei beach party che, pur vendendo da 10 anni di Papeete, mi lasciano a bocca aperta.

“The rhythm is Magic” è uno dei tuoi brani più famosi. Quanto ci sei legato?
Tantissimo perché è stato il mio primo successo reale, la prima cosiddetta hit dance made in italy indiscussa di quell’estate. Ci sono legato anche perché il brano era stato cantato da Jenny B, che in Italia ha avuto una risonanza enorme e con cui ho creato un bellissimo rapporto: da quel successo abbiamo fatto tanti live insieme in discoteca e in dei Festival. E poi perché da quella cover arrivò il contatto con Marie Claire D’Ubaldo, la cantante del brano originale, con la quale l’anno successivo ho scritto e composto il seguito, Suenos.

Che progetti hai per quest’estate?
Il tour che mi terrà impegnato con circa una cinquantina di date da qua fino a metà settembre in tutta Italia e anche fuori dai confini nazionali. Poi mi troverò in studio con Lili per confezionare quello che ci auguriamo possa diventare il degno successore di “Under the same sky“, che tanto ci rende orgogliosi e che tanto sta piacendo.

Thomas Moschen ha raccontato l’esperienza dei Thema a Musica361: dall’album d’esordio fino alla loro partecipazione al Festival Show

Thomas Moschen ha raccontato l'esperienza dei Thema
Thomas Moschen e i Thema.

La band formata da Thomas Moschen, Stefano Parmigiani, Raffaele Littorio, Mattia Missagli e Luca Ferrara fa una musica che è una via di mezzo tra quella impegnata e quella spensierata, parlando dell’amore, protagonista indiscusso dei loro brani. Thomas si è raccontato a Musica361, parlando a nome dei Thema: ecco tutto quello che c’è da sapere sui cinque componenti

A settembre uscirà il vostro album d’esordio. C’è una canzone alla quale siete più affezionati?
Ho scritto praticamente quasi tutto ed è un po’ difficile. Se proprio devo portare il pensiero del gruppo in assoluto penso “Accendo la fantasia” perché è la canzone che dà il titolo all’EP di maggio cha portato ad accendere la fantasia. Senza la fantasia il mondo sarebbe il nulla più totale.

L’amore è il protagonista indiscusso dei vostri brani. Come mai avete deciso di puntare su questo tema in particolare?
Attraverso la nostra musica rappresentiamo un po’ noi stessi: vogliamo essere una via di mezzo tra la musica impegnata e la musica spensierata. I testi sono anche molto autobiografici -veri e semplici- e quando uno deve evadere, deve far accendere la fantasia, facendolo attraverso il sentimento più grosso che è l’amore. Parlare di politica e di problemi esistenziali non è il nostro intento: noi vogliamo fare musica per gente che l’ascolta in macchina e a casa per divertirsi, per volare con la fantasia per quei tre minuti.

Quest’estate ci esibire sul palco del Festival Show. Vi aspettavate di vincere i casting?
No assolutamente perché è nato tutto per caso. Per gioco abbiamo partecipato: ci siamo iscritti e alla fine siamo passati. Non ce lo aspettavamo, anche se in quello che facciamo ci crediamo fortemente perché altrimenti non saremmo qui a parlare in questo momento: se non ci crediamo noi è difficile che qualcuno possa credere in quello che facciamo. Credo che quando ci si butta in queste cose con la spensieratezza giusta si affrontano nel modo migliore e vengono meglio perché si è più veri e rilassati: se ti diverti, diverti, se ti emozioni, emozioni.

Torniamo proprio al vostro inizio. Ci racconti come è nata la band?
Ero in un locale dove suonavo quella sera e mi sono messo a parlare con Mattia -il bassista- e Luca -il batterista- e abbiamo voluto mettere giù le mie idee. Poi, abbiamo deciso che ci servivano altri due chitarristi. I miei compagni sono veramente musicisti con la M maiuscola.

Thomas Moschen ha raccontato l'esperienza dei ThemaIl vostro stile è un mix tra pop/rock ed elettronica. Avete dei modelli di riferimento quando fate la vostra musica?
I modelli di riferimento sono i nostri ascolti e le nostre esperienze: se prendiamo questi di ognuno di noi, tocchiamo tutti i genere. Credo che chi fa pop sia quello che è più aperto verso la musica: non snobba nulla e apprezza le cose di qualità di ogni genere.

Cosa pensate riguardo ai talent musicali? Vi piacerebbe partecipare?
È un discorso che non abbiamo mai affrontato, non perché snobbiamo i talent, ma perché crediamo un po’ più nel discorso artistico. Se quest’ultimo funziona in un talent ben venga, non chiudiamo le porte a nessun tipo di possibilità. Ovviamene dobbiamo sentirci artisti, altrimenti preferiamo continuare a suonare nei pub.

Quali sono i vostri progetti per quest’estate, prima dell’uscita del disco?
Ufficialmente c’è solo il Festival Show. Penso che avremmo altre date nell’hinterland milanese e nel Lazio, però non c’è niente di sicuro.

E per dopo avete già nuove idee?
Si, l’unica cosa che non ci manca sono i pezzi: per certi versi avremo già un altro album.

Compositore e direttore d’orchestra, Vito Lo Re racconta il suo nuovo album e le sue esperienze a Musica361.

Vito Lo Re,compositore e direttore d'orchestra
Vito Lo Re,compositore e direttore d’orchestra.

Compositore e direttore d’orchestra, con un talento innato e una grande voglia di raccontarsi attraverso la musica. Vito Lo Re è uscito con il suo primo album, dal titolo “35mm”, in cui, attraverso un lavoro del tutto innovativo, unisce le sue passioni e spiega qualcosa di sé al pubblico. Noi di Musica361 lo abbiamo intervistato.

Domani esce il tuo disco d’esordio, “35mm”. Ci dici qualcosa in più su questo album?
È un album molto particolare perché ho voluto fare una cosa abbastanza innovativa: parlo di me utilizzando un mezzo, quello della grande orchestra, e un linguaggio, quello della musica strumentale, con un’orchestra di 55 elementi. Si tratta di qualcosa di innovativo, colossale ed impegnativo dal punto di vista produttivo.

A quale dei 23 brani sei più affezionato?
Probabilmente quello di apertura perché mi ricorda un momento molto particolare della mia vita. Tutti, però, sono parte di me perché rappresentano una fase o un momento della mia vita, che può essere triste, gioioso, malinconico o grottesco. Preferiamo ricordare le cose belle, ma anche le cose brutte fanno parte del nostro vissuto e di quello che poi diventiamo.

Hai dei modelli a cui ti ispiri per fare la tua musica?
Qualunque artista che ti dica che non ha dei modelli a cui si ispira si sta mentendo. I miei punti di riferimento sono estremamente vari perché ascolto di tutto: rock, pop, cantautori, musica etnica, musica folk, colonne sonore, musica lirica e sinfonica. Sono carente solo nel jazz perché è un genere che non mi emoziona.

Vito Lo Re,compositore e direttore d'orchestra
Vito Lo Re in abiti di scena.

Sei compositore e direttore d’orchestra, ma a cosa ti senti più vicino?
Io nasco come compositore perché la composizione in me è innata: ho iniziato suonando la chitarra classica e dopo due settimane ho avuto l’istinto di fare dei pezzi miei. Adoro fare il direttore d’orchestra – ho fatto esclusivamente quello quasi per 12 anni – ma preferisco fare il compositore.

Hai scritto anche commedie musicali, musical, colonne sonore per corti, documentati, film e trasmissioni tv. C’è un lavoro tra i tanti che ti è piaciuto particolarmente?
Non ne ho uno in particolare, il mio preferito è sempre il prossima che devo fare, che fa parte del mio percorso e nel quale metto tutto quello che sono riuscito a fare fino a quel momento.

Hai lavorato anche all’estero. Hai imparato qualcosa che qui in Italia nessuno ti aveva insegnato?
Oggi a livello artistico l’Italia è mediamente molto bassa e di questa cosa ti rendi conto quando vai a lavorare all’estero. Anche per questo ho voluto fare un progetto così ambizioso, contro il mercato e che nessuno in Italia ha mai fatto.

Che progetti hai per il futuro?
Un grosso progetto di cui, per ragioni contrattuali, non posso ancora parlare. Appena potrò lo annuncerò.

È partito da X Factor ed è arrivato fino alla collaborazione con il rapper Clementino: Diego Conti si è raccontato a noi di Musica361

Diego Conti: da X Factor alla collaborazione con Clementino
Diego Conti.

A pochi giorni dall’uscita del suo singolo d’esordio, dal titolo “L’impegno”, Diego Conti si è raccontato a Musica361. La sua carriera è iniziata nel migliore dei modi, passando per X Factor, esperienza che ha vissuto alla grande, fino alla collaborazione da chitarrista e compositore per Clementino.

“L’impegno” è il tuo singolo d’esordio. Di che cosa parla?
“L’impegno” è tutta colpa di una ragazza bionda caramello e luci rosse che mi ha messo ko. L’ho scritta circa cinque anni fa, con occhi innocenti e puri, ed è il primo singolo che anticipa il mio primo album. Sicuramente è l’unica canzone innocente che ho: avevo il desiderio di rivedere le cose come fosse la prima volta.

L’anno scorso sei stato uno dei protagonisti di X Factor. Che cosa ti ha lasciato questa esperienza?
X Factor mi ha lasciato polvere di stelle e qualche asteroide, felice di aver vissuto questa esperienza davvero incredibile: cantare davanti a milioni di persone non capita tutti i giorni e mi eccita da impazzire. I ricordi più bello sono la Home Visit di Torino, il ricevere i complimenti ed il lasciapassare da Patty Pravo, che mi ha steso, dato che l’ho sempre amata.

Quali sono, secondo te, i pro e i contro dei talent show?
Il talent è una buona occasione per farsi conoscere dal grande pubblico, per vivere emozioni galattiche e incontrare persone speciali. I contro non mi riguardano: io ho vissuto bene l’esperienza, senza perdere la testa e godendomi sia i momenti belli che quelli scivolosi. Mi sono divertito e, soprattutto, sono rimasto me stesso dall’inizio alla fine del percorso all’interno del programma.

Quali sono i modelli a cui ti ispiri per fare la tua musica?
Amo Keith Richards, gli Stones, Joe Cocker, Jovanotti, Vasco Rossi, Lucio Dalla e tantissimi altri. Non sono uno che classifica le cose, ascolto di tutto, non mi privo di nulla. Ma il rock è il mio Dio, merito di mio fratello e di mio padre che mi portavano sempre ai concerti di Springsteen, Rolling Stones, Paula Simon, Bob Dylan, Robert Plant e AC/DC. Quando scrivo le mie cose, però, cerco di non pensare a niente.

Diego Conti: da X Factor a Clementino
Un’altra immagine di Diego Conti.

Hai collaborato all’ultimo album di Clementino. Quanto è stato importante per te questo lavoro come chitarrista e compositore?
Ho sempre sognato di lavorare con Clementino, da quando mi entrò in testa “O’ vient”. Ho registrato le chitarre per i brani di Sanremo “Quando sono lontano” e “Ragazzi fuori” e sono uno dei compositori della musica di “Deserto”, settima traccia del nuovo album “Vulcano”: questo grazie a Dj Shablo e Giovanni Valle di Thaurus Music, che mi hanno coinvolto nel progetto. Amo Napoli e ho profonda stima per Clementino: questa collaborazione mi rende davvero felice ed onorato.

Si sentirà il mondo del rap nel tuo disco?
Nel disco ci saranno le mie canzoni, non vi anticipo niente.

Hai altri progetti in arrivo?
Sono chiuso a chiave in studio con Davide Maggioni a registrare il disco che sicuramente uscirà dopo l’estate per Rusty Records. Sarà un album lunatico: le mie canzoni si spaccano in due, quelle che scrivo di giorno e quelle che scrivo di notte.

Dall’esordio in Disney alla collaborazione con Will.I.Am: Arianna racconta la sua carriera a Musica361.

Intervista ad Arianna: il legame con l'America dalla Disney a Will.I.Am
Arianna.

Una carriera iniziata nel mondo Disney, a soli 14 anni, e continuata con gli americani, fino ad arrivare all’ultima collaborazione con Will.I.Am. Stiamo parlando di Arianna, cantante italiana che ha accumulato grandi successi al di fuori del nostro paese, arrivando a rappresentarlo in un video molto particolare. L’artista si è raccontata a Musica361.

Hai preso parte a “Mona Lisa Smile”. Come è stato collaborare con Will.I.Am?
Mi chiedeva di rappresentare uno dei quadri più famosi della storia, nella versione più italiana possibile: è stato emozionante e mi sono sentita responsabile per lui e per il mio paese, visto che sono italiana e cantavo la versione italiana con le mie parole. Lui è una persona che sa quello che vuole, ha le idee molto chiare e sa dirigere molto bene gli artisti: è stato emozionante essere diretta da lui e da Michael Jurkovac, il regista del video che credo sia uno dei più belli della musica. È stato tosto ed impegnativo realizzarlo: ci è voluto più di un anno perché sono quadri viventi. Ha fatto un’opera d’arte tra le opere d’arte.

Hai accumulato grandi successi in America. Hai notato differenze tra il mondo musicale italiano e quello americano?
Quando lanci un brano in America vuol dire che lanci un brano nel mondo. Loro non hanno confini e questo li rende più aperti mentalmente di noi a conoscere e sentire qualsiasi tipo di esperienza musicale.

La tua carriera è iniziata a 14 anni, lavorando per la Disney. Come ricordi questa esperienza e quanto è stata importante per la tua carriera?
È stata l’esperienza formativa più importante. Per me gli americani hanno significato tanto perché loro mi hanno scelta fin dall’inizio e poi mi hanno dato le chances più importanti della mia carriera. Il filo di Arianna è legato agli americani. Il mio metodo di lavoro – di precisione, puntualità, professionalità ed impegno – me lo ha insegnato la Disney. L’Italia è piena di gente professionale però il modo degli americani di non dare nulla per scontato li rende quello che sono nel mondo.

Lavori anche come attrice, sia in tv che in teatro. Quale dei due mondi preferisci e perché?
La più grande passione incontrollabile che ho è il teatro, in tutte le sue forme, perché è la chance di essere sempre artisti live e avere il contatto continuo con la gente e ti dà anche la possibilità di vivere più vite contemporaneamente. Il teatro ti rende la vita più belle e l’emozione che ti crea non te la può creare nient’altro. In televisione si può fare nelle fiction, anche se purtroppo si interrompono.

Intervista ad Arianna Bergamaschi
Arianna Bergamaschi.

Tra tutte le collaborazioni che hai avuto con artisti di fama internazionale ce n’è una che ti è rimasta particolarmente a cuore?
Collaborare con Will.I.Am è stato meraviglioso. Un’altra collaborazione che mi ha emozionato è quella con Michael Bolton, perché è il cantante di riferimento della mia infanzia, come tecnica vocale e come timbro. Quando conosci un cantante con il quale cresci è più emozionante che conoscere le ultime star internazionali.

Hai partecipato anche al progetto UNICEF #foreverychildren. Cosa ti ha colpito di quell’esperienza?
Mi ha colpito essere stata l’unica cantante che ha cantato nella sua lingua. Nel video sono presenti molti personaggi internazionali, ma sono stata onorata dal fatto che Yoko Hono e Michael Jurkovac, nel video definitivo, abbiano scelto me come unica artista italiana, cantando nella mia lingua, perché hanno detto che la poesia dell’italiano non ha paragoni. Come dicevo prima, siamo noi italiani a non considerarci abbastanza bravi, giusti ed intelligenti: l’unica cosa che ci manca è l’autostima.

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Sto lavorando ad un singolo da solista.

Hai qualche altro sogno nel cassetto?
Il mio sogno è tornare a Sanremo, al quale ho partecipato nel 1999. Credo che per chiunque Sanremo sia un punto di riferimento per il mercato italiano.

Luca Bassanese, “personaggio anomalo di questi tempi”, si è raccontato a Musica361: ecco la sua musica, il suo nuovo album e i progetti futuri.

Intervista a Luca Bassanese, dopo l'uscita di Colpiscimi di felicità
Luca Bassanese.

Colpiscimi di felicità è il nuovo album di Luca Bassanese, artista molto particolare che vuole rendere la sua musica importante a livello emotivo e non solo. Ecco tutto quello che Luca ci ha rivelato sulla sua musica e del suo nuovo album.

Il 12 maggio è uscito il tuo nuovo album. Di che cosa parla “Colpiscimi di felicità”?
Parla della felicità che a volte si nasconde, ma che tocca a noi scovare, come in un eterno gioco di scoperta, e a volte, quando meno te lo aspetti, lei è li che ti guarda come a dire: «Ma non lo sapevi che ero già qui?».

Sei stato definito dalla Francia “personaggio anomalo di questi tempi”. Come mai?
Perché sono arrivato in Francia con la mia teatralità e come un pazzo mi sono lanciato sul palco a raccontare dell’Italia, delle sue bellezze e delle sue contraddizioni.

Hai collaborato anche con un artista nord africano. Hai notato differenze rispetto al panorama musicale italiano?
Con Bachir Charaf ho potuto respirare un sentimento meraviglioso nel suo canto berbero: ho avuto la certezza di come attraverso una voce si possa ascoltare la storia di un popolo.

La tua musica è legata a movimenti ambientalisti e di impegno civile. Quanto è importante questo per te?
Per me e per Stefano Florio, mio coautore e produttore, è sempre stato importante raccontare il mondo che ci circonda e lo abbiamo fatto, talvolta, destrutturando la realtà, cercando di consegnare canzoni utili come strumento per un nuovo mondo possibile nel quale crediamo

Intervista a Luca Bassanese, dopo l'uscita di Colpiscimi di felicità
Luca Bassanese.

Le tue canzoni vengono utilizzate nelle scuole per trattare tematiche di attualità come il femminicidio, l’inquinamento ed il razzismo. Questo ti rende ancora più orgoglioso del tuo lavoro?
Mi fa capire quanto importante è il messaggio che passa attraverso una canzone e come sia delicato questo meccanismo. Siamo responsabili, come diceva il Piccolo Principe, della nostra rosa e per me quella rosa sono le nuove generazioni in cui confido.

Secondo te, la musica può diventare uno dei mezzi principali per comunicare determinati concetti? Se si, cosa si dovrebbe fare nella nostra società?
Non credo si debbano far passare concetti, ma proporre discussioni. La mia è una canzone di proposta, non di protesta, e con questo cerco di narrare ogni nuova scoperta.

Tra tutte le tue collaborazioni, ce n’è una in particolare che ti ha lasciato qualcosa di più delle altre?
Ognuna mi ha lasciato dentro un bagaglio di esperienze inevitabilmente importante e appena avrò il piacere di incontrarti di persona sarò ben felice di raccontarti ogni dettaglio perché è li che si nasconde ogni nuova scoperta.

Hai qualche progetto per il futuro?
Concerti, nuovi video, e molte idee per un prossimo album. Ma intanto auguro a tutti che la felicità possa sempre illuminare ogni nuova scoperta.

Giulia Pratelli si racconta a Musica361: ecco il suo nuovo disco, il suo amore per la musica e i suoi progetti futuri.

Giulia Pratelli si racconta a Musica361
Giulia Pratell, il suo album “Tutto bene” è uscito il 12 maggio.

Il 12 maggio è uscito il nuovo disco di Giulia Pratelli, artista giovanissima che si è già fatta strada nel mondo della musica, raccontando la sua vita attraverso le sue canzoni e vantando collaborazioni importanti. Noi di Musica361 abbiamo intervistata Giulia, che ci ha raccontato del suo nuovo disco, della sua vita e dei suoi nuovi progetti.

Il 12 maggio è uscito “Tutto bene”. Di che cosa parli nel tuo nuovo disco?
In questo disco ho raccontato le mie sensazioni, le mie paure e le mie aspettative. Per me è la fotografia del momento che stavo vivendo quando ho scritto le canzoni: un momento di attese e di incertezze ma anche di cambiamento e di voglia di ricominciare.

Le tue canzoni hanno a che fare con la tua vita privata?
Sì, sempre. Anche quando voglio raccontare qualcosa che vedo o che riguarda altre persone, inevitabilmente passo dalla mia sfera emotiva e dal mio modo di sentire le cose.

Giulia Pratelli si racconta a Musica361
Giulia Pratelli ha già lavorato con grandi artisti.

Quando è nato il tuo amore per la musica?
Non riesco a collocarlo nel tempo, c’è sempre stato. Da piccola ascoltavo tanta musica e quando ero da sola fingevo di avere il microfono giocando con le spazzole e altre cose così.

Oltre al canto, hai altre passioni?
Più che “il canto” direi la musica. È vero che ho studiato per anni come conoscere e usare meglio la mia voce, ma quello che davvero mi appassiona sono la musica e le canzoni. Oltre a questo mi piace molto leggere e guardare film, ma anche passeggiare e scoprire posti nuovi.

Hai lavorato con Zibba, Fiorello, Marco Masini, Grazia Di Michele ed Enrico Ruggeri. Come sono nate queste collaborazioni?
Sono entrata in contatto con Grazia di Michele, Masini e Ruggeri grazie a conoscenze lavorative comuni, che mi hanno permesso di far conoscere loro la mia musica e poi di percorrere un tratto di strada insieme. Fiorello invece mi ha accolta nella famiglia di EdicolaFiore dopo essermi presentata al bar un giorno di gennaio nel 2014, più per curiosità personale che sperando di potermi esibire. E sempre lì all’Edicola ho conosciuto Zibba, dopo il suo Sanremo, e siamo diventati amici: così è nata la nostra collaborazione.

Quali sono i tuoi modelli di riferimento?
Principalmente i cantautori italiani: Fossati, De Andrè e Dalla, ma anche Niccolò Fabi, Silvestri e Carmen Consoli.

Con l’uscita del nuovo disco partirà anche un tour promozionale?
Sì, stiamo lavorando per completare un calendario e partire con le date per portare in giro questo disco il più possibile.

Hai qualche sogno nel cassetto?
Sì, mi piacerebbe tantissimo lavorare ad una colonna sonora, scrivere una canzone per un film.

Il cantaviatore Enrico Giaretta si racconta a Musica361: musica, album, collaborazioni e tanto altro in quest’intervista.

Enrico Giaretta, intervista a Musica361
Enrico Giaretta si racconta in questa intervista a Musica361.

Definito il cantaviatore perché oltre ad essere un cantautore e un pianista, è anche un pilota di linea, Enrico Giaretta ha raccontato il suo mondo a noi di Musica361. Dai suoi album, alle esperienze con i grandi artisti, fino ai progetti solidali legati alla sua musica.

È uscito il tuo ultimo disco. C’è un brano al quale sei più legato? Se si, perché?
Un brano a cui sono molto legato si chiama Blu, che è quello che dà il titolo all’album. Questa canzone è nata in uno studio di registrazione con un produttore che io amo molto, che si chiamava Lilli Greco: era  stato il talent scout più famoso che c’era stato nella casa discografica e primo produttore anche di Paolo Conte e Francesco De Gregori. In 48 ore nacque questo brano, che a Lilli piacque molto e si commosse, dato che in quel periodo stava poco bene. Mi disse che anche se non sapeva cosa avrei fatto della mia carriera, sicuramente questo era un paletto importante. Insomma, ne vado fiero.

Nell’altro album sono presenti anche due canzoni particolari: l’inno degli Amici Cucciolotti e Black Rhino, legate ad un progetto solidale. Di che cosa si tratta?
Amici Cucciolotti è una collezione di album e figurine che esiste ormai da 11 anni in Italia e da qualche anno in tutto il mondo. è un successo devastante tra i bambini perché è una collezione eticamente molto alta e famosa per salvare gli animali, cosa di cui i bambini sono consapevoli. Questo progetto nasce dalla mia amicizia con Dario Pizzardi, che un bel giorno mi chiama per mettere in musica questo album, che era fatto solo di figurine: è nato l’inno e dall’inno l’idea di fare un disco. Abbiamo poi deciso di coinvolgere Paolo Conte, che è un grandissimo appassionato di animali. Paolo, naturalmente, quando ha conosciuto Dario se n’è innamorato, sono due persone molto simili, solitarie, selettive, un po’ sopra le righe.

Oltre ad essere un pianista ed un cantautore, sei un pilota di linea. Questo tuo lavoro influisce sulla tua musica e sul tuo percorso musicale?
Assolutamente si perché metto tutte le note che ho suonato nei cieli che volo e metto tutti i cieli che ho volato nella mia musica: c’è proprio uno scambio reciproco. Il complimento più bello che mi ha fatto un mio collega in atterraggio è stato “Questo non è un atterraggio da pilota, ma da musicista” perché c’era brutto tempo e ho fatto un buon atterraggio.

Enrico Giaretta, intervista a Musica361
Un’altra immagine di Enrico Giaretta.

Paolo Conte ha parlato molto bene di te, dicendo di aver trovato finalmente un allievo. Quanto è importante il suo giudizio e che rapporto hai con lui?
Il suo giudizio conta molto perché lo stimo come uomo e musicista. Sulla sua frase ci scherzo sempre su, anche con lui, e dico che si è pentito di averla detta qualche minuto dopo, ma ormai era troppo tardi perché l’avevo già raccontato a tutti. L’anno scorso per la prima volta mi ha chiamato maestro e mi ha detto che potevamo darci del tu: per me è stata una grande soddisfazione. Ho un ottimo rapporto con lui, io lo stimo molto e lui piano piano ha imparato a stimarmi e a fidarsi di me perché poi abbiamo iniziato a collaborare e non ho mai tradito la sua fiducia artisticamente, facendo sempre quello che era giusto per lui.

Sei stato per anni il pianista di Franco Califano. Che cosa ti ha dato l’esperienza al suo fianco?
È stata una grandissima esperienza in quanto Califano ha cambiato molti pianisti e musicisti, ma sicuramente io vanto una convivenza con lui di 10 anni e penso di essere stato l’unico. Per me è stato come un padre: ci siamo visti e frequentati fino all’ultimo giorno.

Hai collaborato anche con tanti altri artisti. C’è qualcosa che porti sempre con te di ognuno di loro?
Da ognuno ho preso molto. Ho frequentato un periodo Renato Zero – con Califfano andavo spesso a casa sua – e da lui ho preso l’umiltà e la semplicità, nonostante lui fosse un grande artista e una persona fantastica. Quando lo incontro, per timidezza e per discrezione, non gli vado incontro ed è sempre lui poi a fermarmi per strada. Questo mi fa molto piacere.

Ti piacerebbe collaborare con qualche altro artista in particolare?
Sembra strano, ma ho sempre amato Vasco Rossi. Mi sarebbe piaciuto molto collaborare con lui perché è molto divertente e un bravo artista.

Hai altri progetti per il futuro?
Si, ne ho cinque esattamente. Sto facendo tre dischi di solo pianoforte, che inizieranno ad uscire da settembre: mi sto divertendo molto con questa cosa e sono passato da Piano City Milano il 21 maggio. Inoltre, ho fatto un trio per un piccolo progetto di musica elettronica, nel quale molto probabilmente coinvolgerò anche Paolo, e continuo il mio percorso con i Cucciolotti. Sto portando avanti tutto insieme, tra un decollo, un atterraggio e una registrazione.

Il rapper pugliese, dopo tre anni dall’ultimo album, è pronto a tornare sulla scena con un nuovo disco e un nuovo tour promozionale in partenza alla fine dell’anno.

Dopo tre anni dal successo di Museica, il suo ultimo album, Caparezza è pronto a tornare sulla scena con un nuovo disco e un tour nei palasport, durante il quale presenterà tutte le sue nuove canzoni. Il disco non ha ancora un nome, ma è sicuro che uscirà il prossimo 15 settembre. Per i concerti, invece, si dovrà aspettare fino a metà novembre.

Caparezza nuovo album e tour 2017
L’artista Caparezza

Ma quali sono le date del tour promozionale che si terrà alla fine del 2017? Il rapper di Molfetta inizia il 17 novembre ad Ancona, al PalaPrometeo Estra, e continua il giorno dopo, il 18 novembre, a Bari, al PalaFlorio. Il 24 e il 25 novembre, invece, il cantante sarà rispettivamente a Firenze, al Mandela Forum, e a Bologna, all’Unipol Arena. Si va avanti con le esibizioni nelle città di Napoli e a Roma: nella prima il 28 novembre al Palapartenope, mentre nella seconda il 29 novembre al Palalottomatica. Il tour continua il 1° dicembre al PalaGeorge a Montichiari e il 2 al Kioene Arena di Padova. Il cantante pugliese si esibisce, poi, al Mediolanum Forum a Milano il 6 dicembre e al Pala Alpitour di Torino il 7.

Per ora queste dieci date sono le uniche annunciate dal cantante e dal suo staff per questo nuovo tour, ma potrebbero esserci delle aggiunte. I biglietti per i concerti sono disponibili sul sito di ticketone dalle ore 10 di venerdì scorso, 12 maggio. Il costo di ogni biglietto in prevendita è a partire dai 25 euro.

Si tratta del settimo disco di Caparezza. La pubblicazione dell’ultimo, Museica, risale al 22 aprile del 2014. Quest’ultimo è stato certificato disco di platino e grazie ad esso il cantate si è aggiudicato la targa Tenco per il miglior album. Il suo lavoro, infatti, era molto particolare, in quanto influenzato dal mondo dell’arte: ogni traccia prendeva spunto da un’opera pittorica. Da ognuna di esse, poi, il cantante ha sviluppato un concetto specifico o una critica alla società odierna. Non ci resta che aspettare per sapere come sarà quest’ultimo album.

Il gruppo musicale torna in Italia con un’unica data, quella del 31 agosto all’Home Festival di Treviso.

Duran Duran in Italia a Treviso: ecco quando
Duran Duran in Italia a Treviso: ecco quando.

L’11 settembre del 2015 è uscito Paper Gods, il quattordicesimo album dei Duran Duran, presentato durante un tour mondiale che in Italia prevede un’unica data. Il gruppo musicale si esibirà a Treviso, per l’ottava edizione dell’Home Festival, che si terrà in zona ex Dogana da mercoledì 30 agosto e domenica 3 settembre 2017.

Duran Duran in Italia a Treviso: ecco quandoQuesto festival, che lo scorso anno ha avuto 88 mila presenza ed è stato ritenuto il miglior festival italiano, quest’anno si arricchisce quindi con un ospite d’eccezione, di fama mondiale. Questo gruppo new wave e synth pop inglese, nato a Birmingham nel 1978, ha una carriera notevole, durante la quale ha venduto più di cento milioni di dischi. Tra le canzoni, più di 20 si sono piazzate nella Billboard Hot 100, la classifica americana dei singoli più venduti, mentre circa 30 sono stati nella Top 40 del Regno Unito. Tra i brani ricordiamo Planet Heart, il primo successo inglese, Rio, di fama internazionale, Hungry Like The Wolf, che è stata uno tra le più ascoltate, e Save a Prayer, la ballata più popolare. Ma come dimenticare Is There Something I Should Know?, The Reflex e A View to a Kill che è stata colonna sonora del film di James Bond? Tra le hit degli anni Novanta, invece, impossibili da non conoscere Ordinary World e Come Undone, mentre tra le più recenti ci sono Sunrise e What Happens Tomorrow.

I Duran Duran hanno anche un grande merito, quello di essere stati i precursori dei videoclip musicali, creando delle immagini diverse da quelle dei video di allora, caratterizzate da uno stile del tutto originale, che li ha portati ad avere ancora più fortuna. Nel 2008, infatti, Rio è stato eletto dagli spettatori di MTV di tutto il mondo il Greatest Music Video of All Time. Anche Hungry Like The Wolf ha avuto grande successo, entrando al 15esimo posto tra i video più visti di tutti i tempi.

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