Rudeejay, il dj che è stato conosciuto grazie alla sua “The Rhythm is magic“, è uscito con un nuovo brano. Noi di Musica361 lo abbiamo intervistato.
«Ogni volta che un dj sostiene di suonare, un musicista muore» afferma Rudeejay, che sa bene che il suo mestiere non è visto sempre di buon occhio. Con la sua passione e la sua esperienza, però, lui cerca sempre di dimostrare il contrario, così come con “Under the same sky“, il suo ultimo brano. Il dj di “The Rhythm is magic” si è raccontato a noi di Musica361.
Il tuo ultimo singolo si intitola “Under the same sky” e parla delle relazioni a distanza. Come mai hai deciso di trattare questo tema?
“Under the same sky” è un brano che esce a mio nome ma c’è un featuring con Lili. Io mi sono occupato dell’arrangiamento e della linea melodica, ma lei ha scritto le parole. Si tratta di un brano autobiografico perché la cantante sta vivendo una storia a distanza.
Hai detto che «ogni volta che un dj sostiene di suonare, un musicista muore». Secondo te, come mai a volte si è così scettici verso il tuo lavoro?
È una convinzione che ho sempre avuto, fin da ragazzo, e negli anni, avendo avuto la fortuna di collaborare con tanti musicisti di talento, mi sono accorto di quanto questa visione delle cose sia reale. I musicisti hanno un modo di porsi nei confronti dei dj un po’ snob perché pensano che il dj non faccia nulla: al contrario, è un mestiere che si basa sull’intuito e sulle sensazioni di quello che c’è intorno infatti dico sempre che dj si nasce, non si diventa. Nel caso specifico di “Under the same sky” e del suo video abbiamo cercato di spiegare che non è vero che i dj non fanno nulla, soprattutto in studio di registrazione, dove hanno un ruolo fondamentale, tanto quello del musicista, perché sono loro a decidere quali strumenti devono entrare e in che modo. È molto difficile spiegare le sensazioni e una cosa così astratta come il nostro mestiere.
Come è stato collaborare con le 5 musiciste per il tuo nuovo lavoro?
Si è trattato di un’esperienza inedita. La cosa più bella è che queste musiciste non si conoscevano, hanno suonato per la prima volta insieme in occasione della registrazione del video, ma in realtà sembra una band reale, nata tanti anni fa, con una perfetta sinergia.
Hai lavorato per 10 anni al Papeete di Milano Marittima. Che cosa hai imparato da quell’esperienza?
Mi ha dato la mia prima piccola grande notorietà. Ho iniziato a lavorare nel 2005 e ho avuto la possibilità di girare in inverno tutta Italia. Ad oggi sono l’unico che è durato lì dentro 10 anni ed è una cosa che mi riempie di orgoglio, oltre ad essere stata una fantastica gavetta perché lì ero una sorta di padrone di casa. Ho avuto la fortuna di condividere la console con alcuni dei nomi più importanti del panorama italiano e devo tanto anche alla riviera romagnola, che è un posto che porterò sempre nel cuore.
Hai collaborato con dj di fama internazionale. Chi di loro ti ha insegnato di più?
Quello che mi ha insegnato più di tutti è stato Marvin. Oltre che cantante, è un grande musicista e un grande tecnico di studio: ho lavorare quotidianamente con lui dal 2013 al 2015 e tuttora collaboriamo per i miei singoli. Lavorare con lui mi ha aperto un mondo perché ho cominciato ad ascoltare la musica con un orecchio diverso.
Hai lavorato anche al di fuori dell’Italia. Dove ti sei trovato meglio e perché?
Mi sono trovato meglio in Italia, nonostante abbia avuto delle esperienze fuori, le più recenti in Croazia, che sono state bellissime. Dico l’Italia perché gli italiani hanno un calore e un cuore che il resto d’Europa, a parte qualche zona, non ha. Le regioni italiane più cariche sono, in ordine, la Sicilia, il Veneto, la Romagna, la Lombardia e le Marche. Anche la Puglia, però, che in questi ultimi anni che è diventata un po’ l’Ibiza italiana: al Samsara, dove ho la fortuna di lavorare da tre anni a questa parte, vengono organizzati dei beach party che, pur vendendo da 10 anni di Papeete, mi lasciano a bocca aperta.
“The rhythm is Magic” è uno dei tuoi brani più famosi. Quanto ci sei legato?
Tantissimo perché è stato il mio primo successo reale, la prima cosiddetta hit dance made in italy indiscussa di quell’estate. Ci sono legato anche perché il brano era stato cantato da Jenny B, che in Italia ha avuto una risonanza enorme e con cui ho creato un bellissimo rapporto: da quel successo abbiamo fatto tanti live insieme in discoteca e in dei Festival. E poi perché da quella cover arrivò il contatto con Marie Claire D’Ubaldo, la cantante del brano originale, con la quale l’anno successivo ho scritto e composto il seguito, Suenos.
Che progetti hai per quest’estate?
Il tour che mi terrà impegnato con circa una cinquantina di date da qua fino a metà settembre in tutta Italia e anche fuori dai confini nazionali. Poi mi troverò in studio con Lili per confezionare quello che ci auguriamo possa diventare il degno successore di “Under the same sky“, che tanto ci rende orgogliosi e che tanto sta piacendo.