Giuliano Palma: «Voglio farvi ballare con il mio Groovin’»
Il cantante pubblica un nuovo disco, che conta due soli brani inediti (uno con Cris Cab) e undici cover di canzoni italiane e internazionali del repertorio anni Sessanta e Settanta, reinterpretate (con alcune collaborazioni).
«Il groove ce l’ho dentro e voglio contagiare gli altri facendoli ballare» esordisce Giuliano Palma all’incontro con la stampa per presentare il suo ultimo album, “Groovin’” appunto (quando si dice, un nome un programma…), in uscita l’1 luglio per la Universal Music Italia.
Solo un brano inedito, “Un pazzo come me” scritto dal cantante con David Florio, oltre al brano “Bada Bing” feat. Cris Crab. Per il resto, “Groovin’”, che prende il nome dal brano, qui reinterpretato, dei Young Rascal, è un disco di cover, anzi, di celebrazione di alcune canzoni della storia della musica italiana e internazionale, con un occhio di riguardo per quella anni ’60-’70, tanto cara a Palma, che ricorda come la madre canticchiasse “Eternità”, e per gli autori che ama da sempre, come Vasco Rossi, di cui ripropone “Splendida giornata”.
«Sono pigro ai limiti con l’accidia nello scrivere canzoni, preferisco celebrare autentici capolavori piuttosto che pubblicare canzoni brutte», scherza in risposta quando gli si fa notare che ci si aspettava un album di novità, piuttosto che cover.
Dedicato al produttore Carlo Ubaldo Rossi, con cui aveva lavorato al disco precedente di inediti “Old Boy” e scomparso nel 2015, “Groovin’” contiene collaborazioni con Fabri Fibra (“Splendida giornata”), Clementino (con cui canta “I say I’sto cca” di Pino Daniele) e Chiara Galiazzo (“Don’t Go Breaking My Heart” di Elton John).
Nonostante si tratti di un disco di cover, “Groovin’” segna una svolta nel modus operandi di Giuliano Palma, che per una volta ha allentato le redini del controllo sulla produzione e post produzione dell’album, affidandosi con soddisfazione ai nuovi musicisti (con cui è partito per il Groovin’ Tour a giugno) e ai produttori Fabrizio Ferraguzzo e Riccardo Di Paola.
Palma, appassionato di calcio, ha voluto cantare anche “You’ll never walk alone” di Rodgers/Hammerstein, che è ormai l’inno della squadra di Liverpool, e ha riproposto anche “Alleluja! Tutti jazzisti” (il celebre brano del cartoon “Gli Aristogatti”), presente anche nel progetto precedente “We love Disney”.
Tracklist di “Groovin’”
01. Bada Big (Cris Cab feat. Giuliano Palma)
02. Splendida giornata (feat. Fabri Fibra)
03. Eternità
04. You’ll never walk alone
05. Un pazzo come me
06. I say I’sto ccà (feat. Clementino)
07. Gli occhi verdi dell’amore
08. Qui e là
09. Don’t go breaking my heart (feat. Chiara)
10. Groovin’
11. Canzone
12. Alleulja! Tutti jazzisti
13. I’m in the mood for love
Afterhours: «Folfiri e Folfox è un disco che parla di reazione alla malattia, di chiusure di cerchi, di liberazione dal dolore»
Auto-analisi, catarsi, una rinnovata energia (anche nella formazione): sono gli ingredienti dell’ultimo album della rock band di Manuel Agnelli, che ha raccontato il dolore in musica per cominciare la rinascita.
«La musica per noi è la possibilità di sublimare ciò che è successo, come catarsi e anche come forma di auto-analisi. I pezzi che facciamo sono spesso pesanti e oscuri perché servono a liberarci dalle tossine. È una fortuna per i musicisti poter mettere queste tossine in musica e liberarsi dal dolore che altrimenti ti tiene in gabbia». Vale più che mai per gli Afterhours, spiega Manuel Agnelli a proposito del loro ultimo album, “Folfiri e Folfox”, in uscita il 10 giugno per la Universal Music Italia.
Un doppio disco di diciotto canzoni che esce a distanza di 4 anni dal precedente, perché «Facciamo un disco solo se abbiamo qualcosa da dire – racconta Manuel, che recentemente ha perso il padre, appena ritrovato dal punto di vista affettivo, a causa di un tumore – Siamo molto legati alla nostra vita, per cui non facciamo un disco ogni anno. La funzione di un gruppo come il nostro è quella di raccontare storie che altri non raccontano, usando un linguaggio che altri fanno più fatica ad usare. È un disco che parla di cose pregne, abbastanza pesanti. È a tratti ostico, ma secondo noi è un disco con un senso non solo estetico, perché racconta appunto le nostre storie».
La storia della malattia si riflette perfino della titletrack, “Folfiri o Folfox” che non è uno scioglilingua ma il nome di due farmaci chemioterapici. Manuel, che ammette di essersi sentito come un bambino abbandonato e nel contempo obbligato a diventare definitivamente adulto, ha scritto i testi, portando inevitabilmente la propria visione in un album che, però, rappresenta tutti gli Afterhours, nell’attuale formazione – con Stefano Pilia, chitarrista dei Massimo Volume e Fabio Rondanini, batterista dei Calibro 35, al posto rispettivamente di Giorgio Ciccarelli e Giorgio Prette.
Dice infatti Rodrigo D’Erasmo: «Il cambio di line up ha influenzato non poco lo sviluppo di questo album, i cambi di formazione sono quasi sempre stati una molla scatenante nella storia degli After, generando energia che porta a rimettersi in discussione e spostare l’asticella nella scrittura, nella sonorità, arrangiamenti. Non volevamo perdere ciò che avevamo conquistato con “Padania”, perché ci eravamo spinti abbastanza in là nel nostro discorso di sperimentazione sonora e stravolgimento di scrittura canonica della forma canzone. Qui abbiamo cercato di andare ancora oltre in termini di suono e scrittura, che è tornata a una comunicazione più scoperta. Siamo stati tutti coinvolti in una messa a nudo che rende il disco più immediato dal punto di vista comunicativo. “Folfiri o Folfox”, per le tematiche che abbiamo deciso di affrontare, è sicuramente un disco più caldo di “Padania” e più sentito, ci tocca in maniera più profonda».
I testi, pregni ma comunicativi, sono arrivati dopo la musica e questo, spiega il cantautore degli Afterhours, è stato il tocco segreto dell’album: «In questo disco i testi erano centrali, più ancora che in passato, però non volevamo esplicitare in maniera sinistra, infatti la musica è nata prima. Abbiamo quasi finito l’album (senza arrangiamenti e mixer) prima che scrivessi il primo testo. Questo ci ha aiutato a non fare un disco troppo scuro, non volevamo fare un disco auto-compiacente e “piangino”, perché c’era molta energia e voglia di reagire. È un album che non parla solo di morte e di malattia, ma di reazione alla malattia, è un album che parla anche di chiusure di cerchi, di liberarsi di quello che hai dentro per poter ripartire, perché anche se le cose sono finite, finché non te ne liberi interiormente,ti tengono legato a una certa visione. La musica mi ha aiutato molto a scrivere i testi in una certa maniera, lasciandomi la libertà di essere pesante dove volevo esserlo ma una via da seguire più energica e leggera. Se avessi scritto prima i testi sarebbero state tutte ballate lente e molto oscure, l’album sarebbe stata l’elaborazione di un lutto. Parlo di cose mie private, ma c’è stato molta ricerca da parte di tutti, sul tipo di linguaggio da usare, cosa raccontare e cosa no, c’è stato un lavoro di grande complicità, molto bello. È il senso di tutto il disco, la rinascita è questa: partire da cose negative e trovare una nuova energia».
Energia che vedremo sul palco, con il tour che parte l’8 luglio da Genova; energia che Manuel Agnelli porterà nella giuria di X Factor 2016, alla faccia di tutte le polemiche che l’hanno investito all’annuncio di Sky e del rischio di «fare la scimmietta in gabbia», volendo trasmettere al grande pubblico, con un esempio concreto, che la reazione e la volontà di cambiare le cose passa anche dalle piccole cose e non dalle rivoluzioni di altri.
Alla fine della presentazione di “Folfiri o Folfox” si legge: «Voglio essere felice e non me ne frega più un cazzo se è la cosa più banale del mondo». Eccola, l’anti-reazione della band di Manuel Agnelli, che spazia dalla condizione esistenziale alle etichette musicali, troppo strette e forzate per descrivere lo spirito reazionario degli Afterhours: «Ho sempre voluto essere felice, ma nel mio ambiente sono in tanti a fare i maledetti perché è affascinante, ma non ci riguarda. A noi piace il pop, ma siamo stati chiusi in una gabbia, è uno dei limiti da cui vorrei uscire: facciamo musica in modo libero, non dobbiamo rendere conto a tavole della legge o assemblee di farisei che decidano se siamo adatti. Un conto è essere criticati perché non piace una cosa, un conto è essere criticati perché una cosa non ci riguarda. Non voglio che mi si dica a cosa sono adatto o meno. Se poi non sono in grado di fare una cosa è un conto, ma tutto mi riguarda. Io voglio fare pop, voglio avere la libertà di fare cose che escono dall’immaginario che le persone hanno di noi. Altrimenti si diventa prevedibili e questa per un gruppo rock è la morte. Non vogliamo fare musica pop, facciamo ciò che vogliamo, ma ci sono anche spazi interni in cui ci piacerebbe fare incursioni, nel pop, che intendo come Elvis Costello o i Blur, è pop intelligente».
Tracklist di “Folfiri o Folfox”
Disco 1
01. Grande
02. Il mio popolo si fa
03. L’odore della giacca di mio padre
04. Non voglio ritrovare il tuo nome
05. Ti cambia il sapore
06. San Miguel
07. Qualche tipo di grandezza
08. Cetuximab
09. Lasciati ingannare (una volta ancora)
Disco 2 01. Oggi
02. Folfiri o Folfox
03. Fa male solo la prima volta
04. Noi non faremo niente
05. Né pani né pesci
06. Ophryx
07. Fra i non viventi vivremo noi
08. Il trucco non c’è
09. Se io fossi il giudice.
J-AX, gli amici e i suoi primi 24 anni di carriera
L’artista festeggia la carriera con un doppio album delle sue maggiori hits e collaborazioni, dagli esordi con gli Articolo 31 in poi, raccolte in J-AX & Friends
Non è una cifra tonda, ma allo “zio” non è mai importato niente di fare come gli altri, che seguono la tradizione precisa degli anniversari: per J-AX nel 2016 scoccano i 24 anni di carriera e così l’artista, venerdì 20 maggio, ha pubblicato un doppio cd. Anzi, triplo nella versione deluxe, perché un solo disco non bastava certo a raccontare tutta la carriera dell’inventore del “rap’n’roll”, dai suoi esordi con gli Articolo 31 fino ai suoi ultimi lavori da solista.
E per non passare per autoreferente, AX ha deciso di ripercorrere le sue hits attraverso duetti (o “featuring”, come dicono gli addetti ai lavori) con molti colleghi del panorama musicale italiano.
Nasce così J-AX & Friends, 37 brani in un doppio cd per l’edizione standard e 54 per tre dischi nella versione deluxe, disponibile mentre lo “zio” si gode il successo del nuovo singolo con Fedez Vorrei ma non posto, già record di visualizzazioni su Youtube.
Rapper, cantautore e produttore, da qualche anno anche in televisione – prima a The Voice, attualmente ad Amici di Maria De Filippi – e fautore della “mainstreamizzazione” del rap in Italia, J-AX descrive questa raccolta di ricordi artistici in note: «Sono passati ormai 24 anni dai miei esordi discografici ed in tutto questo tempo ho condiviso musica con un sacco di artisti: dai compagni di sempre a quelli che ammiravo, e che poi… sono diventati Amici! Questo progetto contiene molte collaborazioni, tutte nate e pensate in sintonia con gli altri artisti e che hanno caratterizzato gran parte della mia vita discografica. Mi dispiace di non aver potuto inserirle tutte perché sono davvero tante ma… Per i miei seguaci da sempre e soprattutto per i nuovi questo è J-AX con i suoi “Amici”. Bella Zio».
Ipse dixit: non ci saranno tutti gli amici di AX, ma nella raccolta se ne contano davvero tanti, da Nina Zilli e Chiara Galiazzo, passando per Neffa e Gianni Morandi, fino a Pino Daniele, Jovanotti, Elio, Enzo Jannacci e Paola Turci e moltissimi altri, da scoprire nella ricca tracklist di Vorrei ma non posto.
Tracklist di “J-AX & Friends”
Tracklist CD 1
01. Domani (Articolo 31 feat. Paola Folli)
02. Tocca qui (Articolo 31 feat. Lory Asson)
03. Perché si! (Articolo 31 feat. Kurtis Blow)
04. Guapa loca (Articolo 31 feat. Carmelo Saenz Mendoza)
05. L’impresa eccezionale (Articolo 31 feat. Lucio Dalla)
06. Come uno su mille (Articolo 31 feat. Gianni Morandi)
07. Io zak e la tromba (Articolo 31 feat. DJ Zak)
08. Strada di città (2000 version) (Articolo 31 feat. Chief, Mia Cooper)
09. Senza regole (Articolo 31 feat. Bengi – Ri Li Llo)
10. Stella sola (Articolo 31 feat. Francesca Tourè)
11. Buon sangue non mente (Articolo 31 feat. Grido)
12. Fuck You (Articolo 31 feat. Paola Turci)
13. Gente che spera (Articolo 31 feat. Reverendo)
14. Tu mi fai cantare (Articolo 31 feat. Paolo Brera – Xsense)
15. Come una pietra scalciata (Articolo 31 feat. Bob Dylan)
16. Desolato (Enzo Jannacci feat. J-AX and Paolo Jannacci)
17. Il sole dentro di me (Pino Daniele feat. J-AX)
Tracklist CD 2
01. Vecchia scuola (J-AX feat. Jovanotti)
02. Faccia come il cuore (Due Di Picche)
03. Rap N’Roll (J-AX & Guè Pequeno)
04. Due su Due (Articolo 31 feat. Grido)
05. Fare a meno di te (Due Di Picche)
06. Vai bello (Articolo 31 feat. Spaghetti Funk)
07. Tre paperelle (J-AX & Irene Viboras)
08. Il commercialista (J-AX feat. Marracash)
09. Anni amari (J-AX feat. Pino Daniele), 10. + Stile (J-AX & The Styles)
11. La mia ragazza mena (Articolo 31 feat. Bruno De Filippi)
12. I gelati sono buoni (J-AX feat. Freak Antoni)
13. Reci-Divo (Live) (J-AX con Jake La Furia)
14. Questi ragazzini (Live) (J-AX con Cane Secco e Mistaman)
15. Intro (J-AX con Bianca Atzei)
16. Maria Salvador (J-AX con Il Cile)
17. Bimbiminkia4life (J-AX con Fedez)
18. Uno di quei giorni (J-AX con Nina Zilli)
19. Man of Simple Pleasures (Remix) (Kasabian feat. J-AX)
20. Duedipicche (Dogozilla Rmx) (Due Di Picche feat. Don Joe)
Tracklist CD 3 (nell’edizione deluxe)
01. Old Skull (J-AX coi Club Dogo)
02. Caramelle (J-AX con Neffa)
03. La tangenziale (J-AX con Elio)
04. L’uomo col cappello (J-AX con Pau)
05. Nati così (J-AX con Chiara)
06. Mr. Fucker (Mondo Marcio feat. J-AX)
07. Una moneta e un sogno (Rocco Hunt feat. J-AX & Guè Pequeno)
08. Uomo nero (Two Fingerz feat. J-AX)
09. Senza fine (Gemelli Diversi feat J-AX & Space One)
10. A cena dai tuoi (Emis Killa feat. J-AX)
11. Spaghetti Funk Is Dead (Gemelli Diversi feat. J-AX, Space One, Dj Zak)
12. Sempre noi (Max Pezzali feat. J-AX)
13. A.A.D.D.S.S. (Space One feat. Spaghetti Funk)
14. …Quando ero vivo (Marracash feat. J-AX)
15. Dai dai dai (Don Joe feat. J-AX, Shablo)
16. Mollami (Remix) (Guè Pequeno feat. J-AX)
17. Il solito italiano (Boomdabash feat. J-AX).
Marco Carta, il naufrago torna a cantare in Come il mondo
Dopo l’esperienza televisiva all’Isola dei Famosi, Marco Carta torna sulla scena musicale con un nuovo album, più rock che «parla al mondo, perché la musica è l’unica cosa vera».
«È un bel momento, sono molto felice, perché davanti a me vedo delle possibilità artistiche molto buone. Questo disco è stato un lavoro che è cresciuto nel tempo, si è sviluppato in due anni e non vedo l’ora che esca» esordisce Marco Carta alla presentazione di Come il mondo, il suo nuovo album in uscita il 27 maggio per la Warner Music Italia.
Ex vincitore di Amici (nel 2008), ex trionfatore di Sanremo (nel 2009), Marco adesso è anche un ex naufrago, poiché ha partecipato all’ultima edizione dell’“Isola dei Famosi”, da cui, racconta, è tornato estremamente cambiato, più di quanto si aspettasse: «L’isola dei famosi è stata sicuramente un’esperienza: non ho mai detto di esserci andato per ritrovare me stesso, per me era una sfida personale. Certo, mi è servito per promuovere il disco in uscita, anche se poi mi sono scoperto più forte e sensibile, ma anche poco autonomo, mi sono mancate tantissimo la mia famiglia e tutte quelle persone che hanno un ruolo fondamentale nella mia vita, avevo sottovalutato i miei angeli custodi».
L’esperienza forte dell’Isola è arrivata dopo la registrazione di Come il mondo, spiega Marco, ma per una serie di fortunate coincidenze, molte canzoni del disco sembrano fare riferimento alle riflessioni del cantante, rimasto particolarmente colpito dalla povertà della gente dell’Honduras e dalla sua capacità di affrontare la vita con il sorriso, nonostante l’estrema miseria in cui versa. «Questo disco capita a fagiolo perché parla al mondo e nasce dal profondo bisogno di farsi sentire. In particolare questi temi emergono in due canzoni; la title-track, Come il mondo, parla di un mondo che non vuole cambiare, dei suoi aspetti negativi ma anche di quelli positivi, di cui sembriamo non volerci accorgere. Poi c’è un’altra canzone che associa la musica al mondo, solo la musica può parlare al mondo itero con il suo linguaggio universale che va oltre etnie, razze, orientamenti di qualsiasi tipo, la musica rimane l’unica cosa vera».
In Come il mondo i due singoli Splendida ostinazione e Ho scelto di no hanno un tiro più rock, che Carta ha commentato: «Il marchino rock c’è sempre stato, ma quando sono uscito da Amici ho mantenuto un’impronta di stile pop-ballad che ha avuto successo. Sentivo che il pubblico voleva quello e io, che ero anche quello, l’ho assecondato. Il mio lato rock mi faceva un po’ paura, ma quando poi è arrivata Splendida ostinazione ed è andata bene, non ho più temuto nulla» e a ragione, visto che il primo brano è diventato disco di platino e il secondo d’oro.
Nel futuro artistico di Marco c’è già il progetto di un lavoro incentrato su tutte le emozioni e le riflessioni emerse in lui durante il soggiorno sull’Isola e la volontà di cimentarsi nella scrittura, nonostante il cantante sia soddisfatto anche del suo essere interprete, ruolo che calza solo quando è convinto: «Il prezzo dell’interprete, la bravura dell’interprete è sapersi calare nelle emozioni che altri hanno scritto per te. È quasi un lavoro attoriale. Però io devo sentire la canzone, da subito o lavorandoci sopra, non canterò mai qualcosa che non riesco a sentirmi addosso. Ma penso che nel prossimo album arriveranno anche canzoni scritte da me».
In un futuro più prossimo, c’è la volontà di concentrarsi sulla promozione di Come il mondo, anche perché tra gli obiettivi c’è anche una sorta di “crociata alle radio”: «Sono quattro anni che non esco con un disco, è un momento molto delicato: è un banco di prova, nonostante i due brani precedenti siano andati bene. Voglio promuovere questo disco al massimo, l’ho fatto con tutte le mie energie e vorrei far capire come e perché l’ho fatto: voglio fare un tour radio. Ho dei problemi con le radio, nel senso che sono molto selettive con la musica italiana. Adesso, esci da Amici e vieni lanciato: molte persone che stimo artisticamente, come Alessandra Amoroso, Emma Marrone, i The Kolors, i Dear Jack, Alessio Bernabei, non hanno subito i pregiudizi che ho vissuto io. Spero di conquistarmi un buon posto negli ascolti delle radio, perché sinceramente penso che Non so più amare meriti, è energico, estivo, ha tutte le caratteristiche radiofoniche».
Nell’album Come il mondo, che Marco Carta promuoverà con un Instore Tour a partire da venerdì 27 maggio, c’è anche la canzone che ha proposto a Sanremo 2016: «L’album contiene il pezzo che avevo proposto per Sanremo, anche se non dico ancora qual è. È un sogno tornare a Sanremo, vedremo!».
Videoclip Non so più amare:
Tracklist di Come il mondo:
Anche quando
Come il mondo
L’ultima cosa vera
Lasciami adesso
Splendida ostinazione
Non so più amare
Ho scelto di no
Una semplice notizia
Guarda le stelle
Stelle.
Carroponte 2016, tutti i numeri della settima edizione
Giovedì 2 giugno prenderà il via la settima edizione dell’ormai storica kermesse alle soglie di Milano, teatro di concerti e tante altre attività culturali davvero imperdibili.
Tre palchi, 150 concerti, quattro mesi di manifestazione, per un totale di 100 giorni all’insegna di cultura a 360 gradi tra musica, cinema, calcio, cibo e attività varie: sono solo alcuni dei numeri di Carroponte 2016, kermesse arrivata alla settima edizione e che continua a vivacizzare le estati milanesi in quel di Sesto San Giovanni, nella storica area dell’ex Breda.
Cosa è il Carroponte? Un appuntamento imperdibile, per il pubblico ma anche per gli artisti, come spiega Ghemon – che quest’anno ha l’onore di aprire la stagione dei concerti, dopo l’annullamento causa pioggia del suo live durante la torrida estate 2015 – alla conferenza stampa: «Quando dico che suonerò a Carroponte, la reazione è “Wow, Carroponte!”», confermando l’ottima reputazione della manifestazione dal punto di vista dei live e dell’organizzazione dell’intera kermesse.
Il via è fissato per giovedì 2 giugno con la prima tappa del festival culturale itinerante Fuori Luogo – Racconti e Incontri di Letteratura Migrante, mentre la stagione dei concerti parte il giorno dopo.
I concerti
Saranno esattamente 150 i concerti che si svolgeranno a Carroponte nell’arco dei quattro mesi (100 giorni, per la precisione) stabiliti dal cartellone. Si comincia venerdì 3 giugno con Ghemon che, come “risarcimento” per aver dovuto saltare al data dell’anno scorso a causa della pioggia, quest’anno sarà il primo ad esibirsi, inaugurando la lunga kermesse musicale che ospiterà star della musica italiana e internazionale. Si finisce invece con Patty Pravo, che si esibirà nel giorno di chiusura, domenica 11 settembre.
Nel programma di Carroponte 2016 ce n’è davvero per tutti i gusti: gli Stadio, Daniele Silvestri ,Carmen Consoli, Max Gazzé, Brunori Sas, Ex-CSI (Maroccolo, Canali, Zamboni), Francesco Magnelli e Ginevra Di Marco, Dinosaur Jr, i Counting Crows, i Blackberry Smoke, i Vintage, i Diaframma, i Giuda, i Sum 41, i Punkreas, i Limp Bizkit – la band nu metal americana che suona al Carroponte il 22 agosto nella sua unica data italiana –, i Lukas Graham, i Monaci Del Surf, Tyler The Creator, Gue Pequeno, Assalti Frontali , i Vallanzaska , Damian Marley – the Junior Gong, i Radici Nel Cemento, Lissie, Zibba, Glen Hansard, la band Vino Raro per l’omaggio a Rino Gaetano, Parov Stelar.
Questi sono solo alcuni dei nomi che accenderanno di musica il palco di Carroponte, che ospiterà anche serate speciali dedicate alla musica techno, alle serate a tema (’50, ’80, ’90, etc) e feste speciali come l’Irish Summer Fest (dal 4 al 7 agosto) e gli Emergency Days (18 – 19 giugno).
Cinema
Novità assoluta del Carroponte 2016 è la rassegna dedicata al cinema italiano d’autore, chiamato “L’Italia che non si vede” che proietterà pellicole speciali, troppo spesso trascurate dalla programmazione canonica nelle sale.
Un megaschermo per le partite
Estate significa anche partite di calcio guardate all’aperto anziché al solito bar, così il megaschermo del Carroponte alternerà la proiezione dei film della rassegna (di cui sopra) alle sfide sportive degli Europei di calcio.
Mangia & Bevi
Quattro ristoranti, quattro punti bar, con accanto nuovissimi distributori di acqua gratuita, grazie alla collaborazione tra Arci Milano, Gruppo Cap e Comune di Sesto San Giovanni. Tra i quattro locali per la ristorazione, ci sono graditi ritorni come la Pizzeria Tank e la griglieria Biko, che si contenderanno i palati con le new entry 2016: le lasagne di SorryMama e il carrettino street&smart BigFood. Ovviamente, oltre all’acqua gratuita, non mancherà l’offerta beverage di Beck’s, rigorosamente pensata per gli adulti e per i bambini, per cui sono state pensate aree family friendly e menù kids.
Per tutte le informazioni, il programma dettagliato, gli aggiornamenti e il countdown ufficiale, non resta che connettersi al nuovo sito www.carroponte.org, per vivere al meglio il Carroponte 2016.
Radio Italia Live, doppio appuntamento con la V edizione del concertone
Parte il countdown per Radio Italia Live 2016, uno degli eventi estivi più attesi, che quest’anno raddoppia con due serate in diretta da Piazza del Duomo a Milano con 18 artisti tutti da scoprire.
Quest’anno Radio Italia Live – Il concerto raddoppia: per il quinto appuntamento con l’ormai consueto evento live di Radio Italia, saranno non una, ma ben due serate all’insegna della musica italiana.
L’8 e il 9 giugno, piazza del Duomo a Milano riaccenderà i riflettori sui principali cantanti del Bel Paese, per un totale di 18 artisti che verranno svelati man mano durante il countdown cominciato durante la presentazione stampa, che quest’anno si è tenuta presso la Triennale anziché a Palazzo Marino perché, ha scherzato Mario Valenti (editore e direttore di Radio Italia), è «un evento fuori dal comune».
Per il quarto anno consecutivo, a fare da padroni di casa saranno Luca Bizzarri e Paolo Kessisoglu, mentre Daniele Bossari sarà nel backstage a “dirigere il traffico” e raccogliere le emozioni degli artisti. Anche quest’anno, ci penserà l’Orchestra Filarmonica Italiana, diretta dal maestro Bruno Santori ad accompagnare le performance.
L’organizzazione del cast artistico di Radio Italia Live
Il concerto 2016 è stato particolarmente complesso, sia a causa del doppio appuntamento, sia degli impegni dei cantanti, cosa che per esempio ha reso necessaria l’assenza di Eros Ramazzotti, a giugno impegnato in tour dall’altra parte dell’Oceano Atlantico.
I nomi dei 18 artisti verranno rivelati gradatamente, anche se è stata dato un primo elenco di cinque: Alessio Bernabei, Benji e Fede saranno la quota «3.0» (cioè, young) del cast, di cui fanno parte anche Alessandra Amoroso, Lorenzo Fragola e Emma Marrone.
L’evento, anzi, il doppio evento del concerto da piazza del Duomo verrà trasmesso in diretta in contemporanea su Radio Italia, Radio Italia Tv (canale 70 del digitale terrestre, canle 725 di Sky e 35 di TvSat) e in streaming su radioitalia.it e sulla app “iRadioItalia”, disponibile gratuitamente per iPhone, iPad, Android, Kindle Fire, Windows e Windows 8. Come secondo tradizione, Radio Italia Live 2016 verrà replicata su Italia 1 poco tempo dopo (non si conoscono ancora le date esatte).
L’evento sarà molto strutturato anche sui social, che seguiranno in tempo reale i momenti dello show, con aggiornamenti precisi sulle varie pagine officiali di Facebook, Twitter, Instagram e Snapchat – con gli hashtag ufficiali di Radio Italia in collaborazione con lo sponsor CheBanca!: #rilive e #yellowexperience.
Per l’occasione del doppio concerto, verrà allestita una “social arena”, uno spazio fisico (non virtuale) che ospiterà influencer e social star che contribuiranno a rendere davvero virale uno degli eventi musicali (e televisivi) dell’estate che, a Milano, quest’anno diventerà ancora più interessante: Radio Italia Live.
Il concerto, infatti, è il primo evento della più complessa manifestazione “Metti Milano in Nota 2016”, che proseguirà fino al 10 settembre (MitoSettembreMusica ) con tanti appuntamenti, tra cui i concerti estivi a San Siro, alla Assago Summer Arena, al Carroponte, al Market Sound, a Villa Arconati; i live di musica classica della Filarmonica della Scala, di Milano Arte Musica, dell’Orchestra Verdi e de I Pomeriggi Musicali; i concerti jazz de Il Ritmo delle Città ; gli eventi al Castello Sforzesco e l’offerta dei più noti locali di musica live cittadina come il Blue Note, l’Alcatraz e il Circolo Magnolia.
Il ritorno di Vinicio Capossela con il patrimonio popolare delle “Canzoni della Cupa”
Il cantautore pubblica un nuovo album composto da due lati, “Polvere” e “Ombra”, che uniscono le storie della tradizione italiana alle forme canzoni del folk statunitense.
«Non è un disco di folk revival, né un lavoro filologico, è un disco che attinge a patrimonio che ci appartiene». Se lo dice Vinicio Capossela, il cantautore più folk del panorama italiano, c’è da fidarsi: a 5 anni dall’ultimo lavoro di inediti, l’artista torna con un nuovo, doppio album, intitolato “Canzoni della Cupa”, disponibile dal 6 maggio per la Warner Music, con un artwork tutto da scoprire, letteralmente.
Ventinove canzoni divise in due parti, anzi, lati, come specifica Capossela, chiamati “Polvere” e “Ombra”: un disco di cui «sono contento di liberarmi – confida alla stampa nella suggestiva location dell’Albergo Diurno Venezia (patrimonio FAI a Milano) – Se lasciassi ancora lì questa creatura, rischierebbe di riprodursi ancora, già così è un disco complesso da fruire ma che può andare avanti tutto l’anno, ce n’è per diverse stagioni. Questa musica – ballate, folk – ha bisogno di pratica, perché non nasce e non muore con noi, ma si inserisce in discorso più ampio: deve dare spazio alle voci che non hanno risonanza normale, ma che ne hanno nel cuore, perché ci appartengono profondamente».
“Canzoni della Cupa” è cominciato tredici anni fa, con una prima tranche di registrazioni nel settembre del 2003, nella «natura polverosa da paesaggio western» di Cabras, nel golfo di Oristano. Lì, con due violini, un cimbalo, un contrabbasso e la voce di Vinicio, accompagnato per la prima volta dalla sola chitarra senza piano, sono state gettate le “basi” per “Polvere”, il primo lato dell’album, in cui ha giocato molto l’ispirazione delle canzoni di Matteo Salvatore.
Dalla tradizione della “cumversazione” (il canto corale) di Calitri, il paese d’origine del padre di Vinicio Capossela, il cantautore ha preso «un giacimento di storie», poi trasformate in italiano nelle forme di ballate e canzoni mutuate dal folk statunitense, di Bob Dylan e dei maestri del genere.
Dalla storia della comunità, che spesso ammicca al mito e alle credenze più arcaiche, derivano per lo più i brani confluiti in “Ombre”, il secondo lato del disco, in cui prendono vita personaggi del folklore popolare, le vere “Creature della Cupa”, come “Il pumminale” (il lupo mannaro, ndr).
Nel disco trovano spazio anche il concetto di “frontiera”, declinato attraverso artisti di varia provenienza, tra cui Flao Jimenez, Calexico, Howe Gelb e Los Lobos, Victor Herrero, Los Mariachi Mezcal e la volontà di dare voce alla cultura mediterranea, con gli italiani Giovanna Marini, Enza Pagliaa, Antonio Infantino, La Banda della Posta, e tanti altri (stranieri e nostrani).
La dualità di “Canzoni della Cupa” si riflette anche nel tour, che seguirà una suddivisione nominale (come i due lati del disco) e stagionale, con un primo round a partire da fine giugno e una seconda tranche in autunno: «Le canzoni che affondano nei solchi di questo doppio disco sono canzoni forti e contorte come le radici. Il concerto che ne ricaveremo sarà un concerto radicale. Radicale nei timbri, nel repertorio e nella formazione. Doppio è il disco e doppio il concerto. All’aria aperta, nella stagione calda, il concerto denominato “Polvere”. Nel chiuso dei teatri, nell’autunno, il concerto denominato “Ombra”. La sostanza della Polvere sarà di timbri forti, marcati e netti che uniscano in forma di quadri, anzi di stasimi, come nella tragedia greca, i blocchi di cui è costituita la materia emotiva del concerto: e cioè l’ancestrale, l’arcaico, il folk, la serenata, la ballata, la frontiera, la fiesta y feria, e la mitologia».
Tracklist di “Canzoni della Cupa”
Tracklist “Polvere”:
01.Femmine
02. Il lamento dei mendicanti
03. La padrona mia
04. Dagarola del Carpato
05. L’acqua chiara alla fontana
06. Zompa la rondinella
07. Franceschina la calitrana
08. Sonetti
09. Faccia di corno
10. Pettarossa
11. Faccia di corno – l’aggiunta
12. Nachecici
13. Lu furastiero
14. Rapatatumpa
15. La lontananza
16. La notte è bella da soli
Tracklist “Ombre”
01. La bestia nel grano
02. Scorza di mulo
03. Il Pumminale
04. Le creature della Cupa
05. La notte di San Giovanni
06. L’angelo della luce
07. Componidori
08.Il bene mio
09. Maddalena la castellana
10. Lo sposalizio di Maloservizio
11. Il lutto della sposa
12. Il treno
“Non smetto di ascoltarti”, l’omaggio alla musica italiana in jazz di Fabio Concato, Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello
A coronamento di una lunga serie di concerti che li hanno visti protagonisti di un’operazione di reinterpretazione in chiave jazz dei brani più importanti della musica italiana, esce il disco del trio Concato-Bosso-Mazzariello.
In principio, furono “Canzoni”, cioè lo spettacolo che il trio costituito da Fabio Concato, Fabrizio Bosso e Julian Oliver Mazzariello ha portato in giro per l’Italia per più di un anno. Poi, a viaggio concluso, è nato un album, intitolato “Non smetto di ascoltarti”, disponibile dal 6 maggio per l’etichetta Warner Music.
Un disco che raccoglie una bella selezione dell’esperienza di “Canzoni”, la rivisitazione in chiave jazz di alcune delle canzoni più significative della musica italiana. Un ritorno alle origini, in senso storico e anche in senso melodico, poiché l’approccio ai brani è quello di un’esplorazione che li priva di tutti gli orpelli commerciali, per coglierne e valorizzarne la potenza espressiva.
A proposito del disco, i tre artisti raccontano: «“Non smetto di ascoltarti” è un lavoro spontaneo, nato sul palco. Non c’è premeditazione, ma solo la presa d’atto che fare musica insieme per noi tre è naturale ed è diventato necessario. Dopo tanti concerti è stato altrettanto naturale fissare in un disco quello che via via, sui diversi palcoscenici, abbiamo costruito. Ognuno di noi porta in dote le proprie emozioni e quello che nasce è la verità di quell’istante unico e irripetibile eppure continuamente rinnovato. Con questo disco desideriamo condividere con il pubblico il nostro amore per questi brani e per i loro Autori, per poi ricominciare daccapo a raccontarci e raccontarvi altre canzoni che abbiamo nel cuore».
I brani e i cantautori omaggiati nell’esperienza del trio Concato-Bosso-Mazzariello sono tanti, ma per questioni logistiche nell’album “Non smetto di ascoltarti” ne sono confluite solo quattordici. Abbastanza, in ogni caso, per apprezzare la magica atmosfera di quel jazz melodico e familiare che i tre artisti hanno creato.
Così, tra tante rivisitazioni di alcuni brani dello stesso Fabio Concato, risuonano anche canzoni di Zucchero, di Lucio Dalla, Mogol, Endrigo, De Gregori.
La voce inconfondibile del cantautore dialoga dolcemente con la tromba di Bosso e il piano di Mazzariello, dando una nuova vita, che sa di eleganza fresca ma anche di casa, di calore rassicurante, ad alcune delle più belle canzoni italiane.
La storia di “Non smetto di ascoltarti” non comincia con lo spettacolo “Canzoni” (da cui è tratto il disco), ma inizia anni prima. Nel 2001, Fabrizio Bosso e Fabio Concato si conoscono in occasione della partecipazione del cantautore al disco del contrabbassista Massimo Moriconi, che porta in tour sia Concato che Bosso.
Anni dopo, nel 2014, è lo stesso cantautore a invitare a suonare al suo concerto al Teatro Petruzzelli di Bari il trombettista Bosso: i due si ritrovano a condividere il palco, le note e la sintonia che avevano scoperto casualmente tempi prima.
Proprio Bosso, quando registra l’album “Tandem” con Mazzariello, si ricorda del cantautore, che viene chiamato per interpretare nel disco la canzone “Gigi”, il suo celebre brano dedicato al padre jazzista Gigi Concato.
Il sodalizio del trio si trasforma nel tour di “Canzoni” prima e nell’album “Non smetto di ascoltarti”, di cui i tre artisti hanno dato una splendida anteprima nei due concerti del 22 e 23 aprile a Milano, presso l’Unicredit Pavillon.
Tracklist di “Non smetto di ascoltarti”
01. Canto
02. Nessuno al mondo
03. Non smetto di ascoltarti
04. L’arcobaleno
05. L’Armando
06. La casa in riva al mare
07. Diamante
08. Rosalina
09. Anna verrà
10. Mille lire al mese
11. Io che amo solo te
12. Domenica bestiale
13. 051/222525
14. Scrivimi.
Zucchero, il ritorno con “Black Cat”: «un album libero come un gatto e nero come la musica afro»
Il bluesman italiano è tornato con un disco di inediti in uscita mondiale che sintetizza l’essenza di Sugar Fornaciari, sempre «diavolo e acqua santa» e un po’ «slempito»
Zucchero è tornato, nel senso più vero e blues che si possa intendere. Con un album, “Black Cat”, in uscita in tutto il mondo il 29 aprile per la Universal Music, disco di inediti che arriva parecchi anni dopo “Chocabeck” (2010), in mezzo solo “La sesión cubana” (2012).
Un ritorno, quello di Sugar Fornaciari, da tanti punti di vista: secondo la prospettiva italiana, perché inaugurerà il tour mondiale proprio con le dieci date a settembre all’Arena di Verona – per le quali sono attesi ospiti, ancora da invitare e confermare.
Un ritorno alla libertà di “Oro, incenso & birra” (1989) , perché “Black Cat”, racconta il cantautore alla stampa nella splendida cornice di Palazzo Clerici a Milano, è un disco «anarchico, nel senso che ha maggiore libertà dei precedenti»: «durante la carriera, qualsiasi artista cerca di fare un disco che funzioni in radio e in classifica, però seguendo questo “format”, si è meno liberi. Questa volta ho fatto un lavoro a ritroso e mi sono chiesto “Perché ai tempi di ‘Oro, incenso & birra’ ero più libero?”. Perché avevo meno da perdere, ma anche ora non ho poi molto da perdere: se perdo qualcosa a 60 anni, non è la fine del mondo».
Il risultato di questo approccio più libero è appunto “Black Cat”, che è blues al 100% e riassume tutto quello che Sugar è – tra “italianità” autentica, passione per la cultura afroamericana e collaborazioni con i più grandi musicisti e produttori statunitensi – e ciò che ama, in termini di suggestioni artistiche a tutto tondo. Si capisce dal titolo: «“Black Cat”, un gatto nero o una gatta nera… Quando ho dato questo titolo non ho pensato al gatto nero che attraversa la strada, questo è piuttosto ovvio. Per gli afroamericani il gatto nero è sempre indice di buon auspicio, contrariamente a noi. Per loro è un modo di dire, si salutano dicendo “Hey cat, how are you?”, come a dire “Hey man”, è un saluto confidenziale, amichevole. Ho deciso di dare questo nome al disco perché, più degli altri, è un album nero, con radici nella musica afroamericana. È un album libero come libero è il gatto. Il gatto è selvatico come questo album, i suoni sono ruvidi, marci, ma è anche un disco un po’ anarchico, perché il gatto non è così domestico, come può esserlo il cane. Il suono delle parole ‘Black Cat’ mi è piaciuto subito e mi sembrava che fosse in sintonia con l’album stesso».
La libertà di “Black Cat” si percepisce bene anche nel suono che, ha spiegato l’artista, nasce dalle evocazioni delle piantagioni di cotone, dalle canzoni degli schiavi in catene, derivate da un tour di 38 date negli stati del Sud degli U.S.A. e dalle evocazioni dei film “12 anni schiavo”, “Il colore viola”, “Django Unchained”.
A proposito di suono, in “Black Cat” colpisce l’uniformità sonora delle tracce, in cui l’unico denominatore comune è la voce inconfondibile di Sugar: tutti i brani sono stati suonati da musicisti diversi – scelti tra i vari numeri uno dei vari strumenti nell’ampio orizzonte artistico statunitense «perché non si può utilizzare gli stessi musicisti per tutti i brani. Devi prendere qualcuno di adatto, ogni brano ha dei musicisti diversi, che è quello che ho messo in questo disco, d’accordo col produttore. Mark Knopfler non è stato chiamato perché è una leggenda, ma perché ha quel suono e quel modo di suonare con le dita, il tipo di arpeggio già sentito nei dischi con i Dire Straits che volevo avere io in Streets of Surrender».
Soprattutto, ci sono tre giganti del panorama internazionale alla produzione, curata da T Bone Burnett, Brendan O’Brien e Don Was. Così diversi tra loro per stile, eppure capaci, grazie anche alla supervisione di «maestro Adelmo», di mettere insieme un disco dal suono marcatamente omogeneo.
Miracolo? Non proprio: c’entra il rispetto per il lavoro reciproco, in aggiunta all’organizzazione di Zucchero, che aveva scritto 40 canzoni nuove, ne ha selezionate 21 e ne ha affidate sette a ciascun produttore. Forte di precedenti collaborazioni, il cantautore ha assegnato i pezzi secondo le caratteristiche di due dei 3 produttori: i pezzi più soul e R’n’B a Don Was e le ballate a Brendan O’Brien. T Bone Burnett rappresentava l’incognita e a lui Zucchero ha assegnato i pezzi che voleva fossero stravolti maggiormente.
Tra le collaborazioni artistiche in “Black Cat”, si trovano anche la chitarra di Mark Knopfler nei brani “Ci si arrende” e “Streets of Surrender (S.O.S.)”, e la firma di Bono, affranto per i fatti di Parigi e la tragedia al Bataclan, nel testo di “Streets of Surrender (S.O.S.)”.
Il ritorno di Zucchero con un disco di inediti è anche la conferma del binomio che da sempre caratterizza il cantautore, che anche in “Black Cat” affronta temi di attualità e spessore – per esempio, “Hey Lord” e la già citata ““Streets of Surrender (S.O.S.)” – alternandoli a brani più sensuali e giocosi, come “La tortura della luna”, perché «Il diavolo e l’acqua santa sono sempre io, fanno entrambe parte di me».
Forse anche questo rientra nella «slempito» (da “Partigiano Reggiano”, ndr), parola del dialetto della Bassa reggiana, patria di Zucchero che indica quel coraggio, quell’energia, forse un po’ esplicita anche nel parlare di sesso, che aggiunge genuinità a questo cantautore che si mostra aperto e disponibile alla stampa, perfino quando si parla del tour mondiale – anzi, della prima tranche, perché per le date del 2017 bisogna pazientare ancora un po’ – che lo vedrà protagonista, dopo i dieci concerti italiani, di vari spettacoli, tra cui tre serate all’Olympia di Parigi (dove è ormai di casa) e due presso la Royal Albert Hall di Londra, primo artista italiano a suonare per due giorni consecutivi in quel (prestigioso teatro) di Londra, per poi arrivare in Giappone per la prima volta.
“Black Cat” esce in contemporanea mondiale e in più versioni, oltre a quella italiana, in edizione internazionale, spagnola e asiatica. “Partigiano reggiano” è il primo singolo per l’Italia, “Voci” per l’edizione internazionale.
L’edizione italiana è stata adattata per quella internazionale, in cui Elvis Costello ha scritto “Turn the world down; “Fatti di sogni” diventa il duetto “Hechos de suenos” con Alejandro Sanz nell’edizione spagnola; per l’edizione giapponese, il musicista hard rock Hotei suonerà la chitarra in “Ti voglio sposare”.
Tracklist di “Black Cat”
01. Partigiano reggiano
02. 13 buone ragioni
03. Ti voglio sposare
04. Streets of surrender (s.o.s.)
05. Ten more days
06. L’anno dell’amore
07. Hey Lord
08. Fatti di sogni
09. La tortura della luna
10. Turn the world down
11. Terra incognita
12. Voci
13. Ci si arrende.
Niccolò Fabi, l’essenzialità per comunicare meglio nel nuovo album “Una somma di piccole cose”
Intervista a Niccolò Fabi: il nuovo disco, scritto e registrato in solitudine, è un regalo per il cantautore romano e un “farmaco” dedicato alle persone che combattono per la vita.
«Qui dentro c’è robetta, da produttore ho pensato che per il mio tipo di linguaggio, che non è mai troppo violento e il mio modo di cantare, mai troppo esplicito, fosse meglio avere silenzio intorno»: il lavoro di sottrazione estrema di Niccolò Fabiper il suo ultimo disco ha reso “Una somma di piccole cose” un gioiello di essenzialità, che va oltre il concept album di un cantautore che vuole ancora, dopo vent’anni, farsi ascoltare, forse con più attenzione di prima.
Il disco, pubblicato con Universal il 22 aprile, propone nove tracce, che spaziano dalle canzoni d’amore (“Una mano sugli occhi”; “Le chiavi di casa”) ai brani più propriamente dedicati all’ecologia (“Ha perso la città”; “Filosofia agricola”), dalla ninna-nanna (“Facciamo finta”) alla cover degli Hellasocrate (“Le cose non si mettono bene”), fino a “Vince chi molla”, traccia che lo stesso Fabi definisce «uno psicofarmaco».
Dopo due anni con il trio “I padroni della festa”, un disco così essenziale è una reazione?
Era l’unica scelta possibile per tante convergenze. I due anni con Daniele (Silvestri) e Max (Gazzè) sono stati due anni bellissimi e molto intensi, in un gruppo è più divertente, si cazzeggia e diminuiscono le responsabilità. È stato un carico enorme in termini di suggestioni e esperienze, che da solo non avrei fatto: ha significato un viaggio in Africa, quindici giorni nei club di Europa, suonare nei palazzetti in Italia, all’Arena di Verona. La standing ovation all’Arena di Verona è un riconoscimento che, se ti arriva al 20°anno di carriera e non al primo, è quasi un premio alla carriera.
Quali sono le altre convergenze?
Negli ultimi cinque anni ho avuto conferme che prima non avevo; queste, unite al momento di collettività con Daniele e Max, mi hanno reso necessario un momento per sputare fuori tutto quello che avevo accumulato. Non mi ero praticamente mai fermato da “Ecco” (album del 2012, ndr), che aveva una sua innaturale estroversione, perché avevo il desiderio di allontanarmi da un momento terribile [la perdita della figlia piccola nel 2010, per una meningite fulminante, ndr]. C’erano davvero tante cose, una somma di dolore e anche di gioia derivante dal momento forse più bello della mia carriera: avevo bisogno di un tempo tutto mio, senza nessuno né distrazioni.
“Una somma di piccole cose” suona molto essenziale perfino per la tua cifra stilistica.
È stato un regalo per me, anche perché mi sono detto “O lo faccio ora o non lo faccio mai più”, anche perché so che dev’essere ascoltato da vicino e approfitto del momento favorevole, di maggiore vicinanza del pubblico. Qui dentro c’è robetta, ho tolto tutti gli artifici possibili e ridotto all’osso gli strumenti. Da produttore ho pensato che per il mio tipo di linguaggio, che non è mai troppo violento e il mio modo di cantare, mai troppo esplicito, fosse meglio avere silenzio intorno. Le stesse cose possono perdersi nella confusione o risultare più emozionanti e comprensibili senza rumore di fondo.
Hai detto che vorresti che questo disco venisse usato come farmaco, perché?
Recentemente ho scoperto per caso che la mia canzone “Costruire” (da “Novo Mesto”, 2006) è stata usata in psicoterapia e ho letto molti commenti bellissimi su come le mie canzoni, e quella in particolare, fossero stati rimedi e sostegni forti nella vita di chi testimoniava in momenti importanti. Anche io da ascoltatore so quanto alcuni dischi in certi momenti della mia vita siano stati fondamentali come farmaco, come soffio per far ripartire l’aereo. Per me la musica e la natura sono due farmaci più importanti per ritrovare equilibrio: la musica lo fa restituendo uno stato d’animo umano facendoti sentire compreso e uguale agli altri, la natura lo fa in modo diverso, è un respiro eterno.
“Vince chi molla” è a tutti gli effetti uno psicofarmaco, qualcosa che ho utilizzato veramente per le ragioni per le quali si assumono ansiolitici e serotoninergici, quelle molecole che ci aiutano a ricollocare la nostra percezione dal baratro alla positività. Questo disco è dedicato a tre miei amici che non stanno bene, e a tutte le persone che combattono per la loro vita, per le quali ascoltare un disco può essere veramente un farmaco per la nostra vitalità. Sarei felice se questo disco venisse usato per ciò che è stato fatto, come un balsamo.
L’eco-sostenibilità è uno stile di vita?
Essere sostenibile non è un gesto, una campagna, una canzone che parla di ecologia, tutte cose che hanno un tempo di vita tendenzialmente minore rispetto a un esempio che pratichi ogni minuto, non solo per le canzoni che scrivi, ma anche in quello che emerge ciò che fai e che sei: diventa una traduzione pratica, un linguaggio. Ciò che trasmetti è un’esplicitazione maggiore di uno slogan. Il mio percorso è stato più lungo di altri, perché non amando gli slogan, ho dovuto essere prima credibile come persone per fa r sì che ciò che dicevo tra le righe diventasse chiaro.
I testi funzionano perfettamente anche senza melodia, come hai fatto?
Per me è sempre stata una priorità conservare la musicalità nei testi. Questo disco è stato proprio scritto e registrato in due mesi, prima di entrare in quella casa io non avevo niente. Ho evitato di registrare qualsiasi cosa, ho preparato solo un po’ di accordi, di giri, mi sono portato qualche libro e appunto. Quando “ho aperto le gabbie”, gli accordi e i giri sono andati a scontrarsi con gli appunti scritti, ho visto che tra loro si accendeva una magia naturale, così ho registrato tutto lì. Le parole sono già uscite con quella levigatezza da funzionare con la melodia, ma anche senza musica. Con l’esperienza, so già che un certo tipo di metrica nelle parole si adatta più facilmente alla mia ritmicità, negli anni sono diventato più istintivo, ma solo perché per me era una priorità.
Puoi dirci qualcosa del tour, della scaletta e dei nuovi musicisti (Alberto Bianco, Damir Nefat, Filippo Cornaglia, Matteo Giai)?
A ogni tour aumentano le canzoni, mentre io preferisco tenere costante la durata dei concerti: non per pigrizia, ma visto che il mio repertorio è molto, non reggo più di 2 ore né fisicamente né emotivamente. Ovviamente suonerò le canzoni nuove, ma non so quante e in quale momento del concerto. Ho la presunzione di credere che il mio pubblico avrà piacere ad ascoltare i nuovi brani, perché sono l’esaltazione di quella caratteristica che negli anni è stata poi di me apprezzata di più. Faccio lacrimare, però è un concerto anche vitale, energico, per quanto intenso. Ho un gruppo completamente nuovo, perché la mia “banda” storica era entusiasta, ma erano impegnati in modo impossibile da coordinare per un tour. Avevo visto un concerto di Alberto Bianco di qualche mese prima. Anche lui è un cantautore e io adoro circondarmi sul palco di altri cantautori, hanno un modo di interpretare le canzoni da musicisti cantautori e non da musicisti strumentisti. Mi aveva colpito il suo gruppo, anche per gli equilibri e l’atmosfera tra loro, così ho fatto la telefonata e ora stiamo facendo le prove. Siamo tutti galvanizzati, anche perché sono bravissimi e mi sembra che le canzoni vengano bene. Sarà una bella scaletta, un viaggione: portatevi qualche fazzoletto e una pancera per attutire i colpi.
Tracklist di “Una somma di piccole cose”
01. Una somma di piccole cose
02. Ha perso la città
03. Facciamo finta
04.Filosofia agricola
05. Non vale più
06. Una mano sugli occhi
07. Le cose non si mettono bene
08. Le chiavi di casa
09. Vince chi molla.
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