Nel nuovo album uscito il 15 aprile, Francesco Renga si proietta verso il futuro, tra collaborazioni con autori giovani e una rivoluzione nel canto.

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Francesco Renga: l’album “Scriverò il tuo nome” è uscito il 15 aprile.

«È un disco che canta in modo chiaro e semplice l’unica cosa di cui si parla sempre in tutte le canzoni, perfino in quella più politica»: naturalmente è l’amore il fil rouge dei dodici brani inediti (quattordici, nella versione deluxe) del nuovo album di Francesco Renga, uscito il 15 aprile. Si intitola “Scriverò il tuo nome” (come la terza traccia della tracklist) e, appunto, è un disco che parla d’amore, declinato in tante forme.

«Questo sentimento muove tutto, o almeno così mi piace pensarlo, sicuramente muove la mia vita, così ho voluto raccontarlo attraverso un disco che fosse una dichiarazione d’intenti piuttosto precisa – racconta Renga alla stampa – L’amore per me è difficile da definire, è come per uno scienziato tentare di definire la vita».

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Francesco Renga

Sarà per questo, per la difficoltà di definire in modo univoco il sentimento, che nei commenti ai brani il cantante utilizza spesso l’espressione «è il nome dell’amore» e tanti sono i nomi che si intravedono sulla copertina del disco: «Quando si racconta l’amore, si parte sempre dentro di noi, con un volto che ha un nome. Quando viene raccontato, quel volto cambia nome, viene trasfigurato nel mondo di chi l’ascolta. Questo gioco di rimandi tra i volti e i nomi dell’amore che diventa altro, è il concetto del disco».

Scriverò il tuo nome” arriva due anni dopo “Tempo reale”, il disco precedente, di cui prosegue la facoltà – dell’artista, ma anche del produttore Michele Canova – di scegliere i brani da un repertorio molto più ampio. «Sono stati due anni di lavoro molto intenso, durante i quali ho lavorato a molte canzoni, infatti i 14 pezzi che compongono “Scriverò il tuo nome” sono stati estrapolati da una rosa di brani molto ampia», ammette Renga, che definisce Canova come il deus ex machina del disco (come di “Tempo Reale”), perché al produttore si deve il percorso di brani poi confluiti nel nuovo album.

Dal punto di vista stilistico, è un disco che lo stesso cantante definisce eterogeneo, anche se entro delle linee precise: sono tante le mani, anzi, le penne, che firmano con Renga i brani di “Scriverò il tuo nome”, tra collaborazioni riconfermate, altre nuove e autori giovani.

“Scriverò il tuo nome”: le collaborazioni dell’album

Nel nuovo album di cantautore, infatti, torna Fortunato Zampaglione in “Spiccare il volo”, “Perfetto”, “Migliore”, “Così diversa”; torna Diego Calvetti firma “13 maggio”, “A meno di te”; tornano anche Ermal Meta con “Il Bene” e Dario Faini con “Rimani così”. Tra le nuove collaborazioni, Tony Maiello, che firma con Renga “Guardami amore” (il primo singolo estratto dall’album, lanciato con un videoclip girato tra i Canyon statunitensi), “Scriverò il tuo nome”, “Cancellarti per sempre”; Matteo Valicelli con “Sulla pelle” e Francesco Gabbani con “L’amore sa”. “I nostri giorni”, infine, sono firmati dalle penne di Renga, Nek, Luca Chiaravalli e Davide Simonetta.

Il cantante ha raccontato che proprio la collaborazione con autori giovani gli ha dato la possibilità di modificare il modo di cantare, che si è adattato alla scrittura stessa, a sua volta «più contemporanea e connessa al mood di questi tempi e al mercato». Perché è proprio lo stile vocale, la vera rivoluzione dell’album, spiega Francesco Renga alla stampa: «il ritmo delle parole è serrato, così ho adottato un diverso approccio vocale: il canto si è asciugato, è più diretto e contemporaneo, per questo è anche più efficace».

Naturalmente, dai giornali si conosce un altro tipo di cambiamento nel privato del cantautore – la separazione dall’attrice Ambra Angiolini – di cui, inevitabilmente, qualcuno gli chiede conto durante la conferenza stampa: «La mia vita entra sempre nei miei album, non penso sia possibile non essere autobiografici. L’artista vive in un angolo angusto della mente, spesso il suo linguaggio artistico è l’unico modo per evadere e raccontarsi, di comunicare con il resto del mondo. Di sicuro il gossip e tutto il resto fanno parte anche di questo album, sono stati due anni travagliati anche se adesso sono molto sereno, credo si senta nell’album».

Cambiamenti personali, certo, ma è soprattutto il canto, la novità che caratterizza “Scriverò il tuo nome”: «È un disco assolutamente proiettato verso il futuro. A differenza dei precedenti, che erano istantanee del presente, questo album è la fotografia in divenire del Francesco Renga che verrà».

Tracklist di “Scriverò il tuo nome”:

01. Guardami amore
02. Il bene
03. Scriverò il tuo nome
04. 13 maggio
05. Sulla pelle
06. L’amore lo sa
07. Spiccare il volo
08. Perfetto
09. Rimani così (ediz. deluxe)
10. Migliore
11. I nostri giorni
12. Così diversa
13. A meno di te (ediz. deluxe)
14. Cancellarti per sempre.

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Pupo ha presentato «Porno contro Amore» come l’album di una svolta importante dal lato artistico e personale.

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Enzo Ghinazzi, in arte Pupo.

Il disco del cantante è davvero la tappa finale di un percorso artistico e personale cominciato nel ’75 e che si conclude nel 2016, dopo alti e bassi e tante sofferenze che Pupo racconta mettendosi a nudo. «Questo disco, in cui mi sono messo a nudo, è il mio ultimo album. Ho chiuso completamente con la produzione di materiali inediti: a sessant’anni compiuti, non credo avrò un’altra occasione così onesta e genuina per raccontare una svolta così importante».

Così ha parlato Pupo, presentando “Porno contro Amore” alla stampa, riunita per l’occasione all’Hotel Principe di Savoia, in Piazza della Repubblica a Milano. Cioè, in qualche modo, il luogo da cui cominciò la carriera del cantante: «Tutto è partito da Piazza della Repubblica: quando venni a Milano, nella primavera del ’75, arrivai al numero civico 26 dove nasceva la Baby Records di Freddy Naggiar, una casa piccola che poi ha sparigliato le carte nella discografia all’epoca. Oggi ho voluto incontrare qui la stampa, perché per me è una ripartenza vera, genuina. È importante, come quella del 75, quando a settembre uscì il mio primo disco “Ti Scriverò”, da quel momento cominciai a essere Pupo».

La ripartenza, più che artistica, è umana: l’album “Porno contro Amore”, disponibile dal 1 aprile, celebra la guarigione da tanti tormenti che Pupo, al secolo Enzo Ghinazzi, ha finalmente risolto.

A parte il problema più noto, quello legato al gioco d’azzardo, cui dedica il brano “L’azzardo di Eva”, il tema più forte del disco è quello di un’altra «dipendenza, quella del sesso compulsivo. È stato un altro periodo difficile, si vede che in qualche modo ho un carattere portato agli eccessi. Ho voluto raccontarla perché ho superato anche questa problematica e ho risolto quella patologia. Apparentemente sembra meno grave, ma lascia un grande vuoto e provoca molto dolore».

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Porno contro Amore è l’abum di Pupo uscito il 1 aprile.

Eccolo, questo doloroso conflitto cantato nella titletrack “Porno contro Amore” e finalmente sconfitto, come dichiara fieramente Pupo, in un’insolita dichiarazione d’amore su cui ride lui stesso: «Oggi ho superato tutti questi raptus, mi lasciavano il vuoto. Alla mia età, abbandonati i raptus, faccio l’amore volentieri ed è molto più bello: l’amore vince sempre!»

La frase sentimentale è un altro risultato del percorso personale di Pupo, che nel suo raccontarsi senza censure, racconta anche la sua situazione sentimentale: «la mia scelta sentimentale è molto azzardata, arrivata a un certo punto della vita mia, di Patricia [la sua compagna, ndr] e di Anna [sua moglie, ndr] e noi non ci siamo sentiti di distruggere quello che avevamo costruito. In fondo, sono sposato con Anna da 40 anni, quindi stiamo insieme da circa 44 anni, e da 27 anni sono legato a Patricia».

Le donne della sua vita, cui ha dedicato “Per voi due”, sono Anna e Patricia, oltre alle figlie, che l’hanno sempre sostenuto, e alla sua mamma, che quando nel ’75 vide sul primo disco il titolo “Ti scriverò una canzone” accanto a “Pupo” pensò fosse una lettera per un bambino: il cantante dovette spiegarle che quello era il suo nome d’arte.

Che, racconta tra aneddoti divertenti con Gianni Morandi e Mogol, rispettivamente contro e a favore di quello pseudonimo, gli ha portato fortuna anche all’estero: al termine delle date italiane, il tour di Pupo continuerà fino a fine anno, con molte date in Russia, dove il cantante, insieme ad altri colleghi italiani, è considerato glamour e non subisce il pregiudizio, che invece da sempre lo affligge in Italia.

«In passato il pregiudizio nei miei confronti è stato un problema e anche adesso sono sicuro che non passerà mai. Se “Porno contro Amore” fosse cantato da Vasco Rossi andrebbe meglio, anche se lui al mio confronto è un ragazzino, io sono più rock». La presunzione, racconta Pupo, gli appartiene da sempre, tanto che per questo non è mai andato a un concerto, perché non lo sopporterebbe.

Le tre canzoni sopracitate riassumono questo «concept album, con brani legati tra loro, che racconta un messaggio: io ce l’ho fatta, sono guarito per davvero, non per autoconvinzione. Sono tornato a riassaporare una realtà che non avrei pensato di vivere. Sono sereno, sono un uomo risolto, anche se devo rimanere vigile: sono nato con i demoni dentro, devo controllarli, ma ormai è un gioco. Voglio portare un messaggio, perché le persone che soffrono di certe problematiche (gioco d’azzardo, sessualità compulsiva, pornografia), devono sapere che se ne può uscire. Con un po’ di presunzione, voglio dir loro che sono l’esempio vivente che se ne può uscire, e anche bene».

In “Porno contro Amore”, c’è anche spazio per la leggerezza, con la cover di “Sarà perché ti amo”, canzone scritta da Pupo e portata al successo dai Ricchi e Poveri (nel 1981), in un riarrangiamento inedito e nei due brani scritti con Il Cile, “Non odiarmi” e “Sei tu”. Pupo chiude con gli inediti, ma continuerà a cantare nei live in Italia e all’estero e ha in mente dei progetti televisivi.

La Tracklist di Porno contro Amore

  1. Porno contro amore;
  2. Pensiero Mio;
  3. Se ci sei;
  4. L’azzardo di Eva;
  5. Vietato;
  6. Non odiarmi;
  7. Da solo;
  8. Nei pensieri miei;
  9. Buon compleanno;
  10. Sei tu;
  11. Vivere con te;
  12. Sarà perché ti amo.

Francesca Monte, voce femminile del duo dei Komminuet di X Factor 2014, sta tornando sulla scena come solista e racconta la sua storia nel nuovo singolo in italiano, una ballata con inserti hip-hop dalla forte impronta autobiografica.

Francesca Monte, la carriera da solista dopo i Komminuet. Nella foto la cover del singolo “Una cattiva ragazza”.

«Lei non è il Paradiso», si ripete nel ritornello di “Una ragazza cattiva”, dopo aver descritto quella che, con uno sguardo superficiale, definiremmo sommariamente “una st****a”. Questa è la nuova canzone di Francesca Monte, il cui nome non suona nuovo.

Alle spalle, un discreto curriculum musicale-televisivo: si è fatta conoscere nel team di Noemi a The Voice of Italy nel 2013 e poi è stata la voce femminile del duo dei Komminuet, a X Factor nel 2014, uno dei gruppi “abbandonati” da un Morgan sempre più in crisi.

Chiuso il capitolo “talent”, Francesca è tornata alla carriera solista, dopo aver salutato anche Pietro Iossa e il progetto dei Komminuet. Il suo ritorno sulle scene, da sola, è lento ma non per questo poco articolato: nello scorso autunno ha pubblicato su iTunes il singolo Stay, frutto della collaborazione tra la cantante e i dj/producers toscani Alex Kenji e Federico Scavo.

Dal 26 marzo, invece, è in rotazione radiofonica e in free download [sul sito dell’artista francescamontevoice.it] “Una ragazza cattiva”, singolo in lingua italiana. Scritto e composto dalla cantautrice salernitana, che nel brano affronta un tema tanto caro al mondo dell’arte e dell’umanità, quello della maschera, unito all’impronta autobiografica con cui la “nuova” Francesca Monte sta caratterizzando il suo percorso.

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Francesca Monte nel video di “Una ragazza cattiva” (© Foto Ufficio stampa).

Nella descrizione della canzone di “Una ragazza cattiva”, si nota la contrapposizione tra apparenza e realtà, sottolineato dall’antitesi musicale: nel racconto di una giovane bella e spietata, il brano si sviluppa come una ballata malinconica, ma l’inserto hip hop dello special descrive la vera anima della ragazza, indurita dalla vita e tormentata dal conflitto interiore tra il desiderio di potersi lasciare andare « […] a volte mi chiedo che senso ha essere stronza solo a metà» e la voglia di riscatto «dico i pugni che in faccia ho preso il ricordo più bello che adesso ho qui dentro/ mi hanno reso una persona forte».

È la storia di tante persone, in cui è facile immedesimarsi, quella della ragazza raccontata nella canzone, costretta a indossare una maschera da dura per affrontare e sopravvivere alle durezze della vita. Una storia condivisibile e molto sentita anche dalla stessa autrice, che con questo brano intraprende un percorso di canzoni inedite ad alto tasso autobiografico.

Forse per il suo carattere di “apripista”, il singolo “Una cattiva ragazza” è stato anticipato da una campagna social ad hoc, composta da “pillole” di testo e fotografie scelte da Francesca, per sottolineare il significato della canzone. Il brano è illustrato anche dal videoclip che vede la cantante come “voce narrante” della storia dei due amanti ripresi nel filmato.

Sponsor ufficiale del videoclip, realizzato in collaborazione con Your Mood management & Production, è il brand Silvian Heach, di cui Francesca Monte è anche testimonial.


Massimo Zoara, leader dei B-Nario, ha pubblicato il 25 marzo un disco con una doppia anima: le canzoni dei primi album che raccontano il passato e gli inediti che parlano di attualità con una prospettiva rovesciata, come l’inquietante “Lettera di un serial killer”.

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Mazzimo Zoara dei B-nario esce con un nuovo doppio album.

«Luca mi ha fatto una sorpresa sul palco, mi ha messo un cappellino, mi ha sfidato “Vediamo se sai ancora fare rap”, è stata una festa». A parlare è Massimo Zoara riferendosi a Luca Abbrescia, che fino al 1998 è stata l’altra metà del duo B-Nario. Poi, i due di comune accordo hanno preso strade diverse – Abbrescia in ambito televisivo – mentre Zoara ha continuato con la musica, anche come produttore. Il legame sereno con il passato caratterizza anche il nuovo disco di Massimo, che il 25 marzo ha pubblicato il doppio album “Le cose che restano – Le cose che cambiano”, presentato live ai Magazzini Generali a Milano: dodici inediti e diciotto canzoni tratte dai precedenti cinque album dei B-Nario.

Partiamo subito da questo doppio album, tra passato e presente.
L’idea è quella di una parte dedicata agli inediti, quello che una volta era il lato A, “Le cose che cambiano”, mentre il retro sono “Le cose che restano”, perché è vero che le cose cambiano e fare musica nel 2016 non è come negli anni’90, ma i ricordi restano. Non potevo raccontare il nuovo disco, con gli 8 anni di stop e le collaborazioni con altri artisti, senza fare riferimento del passato.

L’album arriva dopo una pausa lunga, l’ultimo disco è il greatest hits “La raccolta” nel 2008.
Tra il ’93 e il 2006 sono stati 13 anni intensi, ci sono stati tanti cambiamenti nella musica: da vinile a cd, da analogico a digitale. Erano gli anni del Festival, del Disco per l’estate, gli anni del progetto B-Nario di Cecchetto fino al terzo album. Poi ha prevalso la mia anima di produttore, ho voluto prendere una piega più musicale, ho chiesto a Ramazzotti di seguire una produzione internazionale e il quarto album insieme, che era un pop più immediato. Arrivati al 2004-2005, mi sono detto che era arrivato il momento di fermarmi, con i B-Nario aveva raccontato tutto.

Cosa è successo durante questa pausa?
Ho aperto gli studi di registrazione a Milano, ho collaborato con altri artisti e ho avuto la possibilità di fare un disco con i tempi che volevo io. È stata una forza, per fare un disco nuovo ho messo tanto tempo perché avevo voglia di un cambiamento: con lo stile classico B-Nario, mi sarebbero bastati un paio d’anni ma ho fatto un discorso al contrario, in controtendenza con il mercato discografico per cui si fa un disco ogni 2 anni, spesso è uno sbaglio.

Sono tante, le cose che sono cambiate…
Il mondo è cambiato, è paradossale, paranoico e violento. La violenza che arriva dal telegiornale entra anche nello studio: uno scrive anche di quello.

E così si arriva al singolo “Lettera di un serial killer”, che tratta della violenza contro le donne da una prospettiva inedita?
Ho la sensazione che spesso la voce delle vittime non venga ascoltata, così ho voluto catturare l’attenzione in modo diverso. La scintilla è scattata leggendo “Io uccido” di Giorgio Faletti: il narratore è il killer. Un giorno mi sono messo al pianoforte e mi sono chiesto come potevo scrivere una canzone d’amore, ma non la solita cui sono abituato, ma un amore malato: il serial killer dice con arroganza all’ispettore “Quelle donne le conoscevo bene e le ho amate tutte quante per davvero”».

Qual è un’altra canzone per lei forte, tra “Le cose che cambiano”?
“Il figlio che non ho” per me è bellissima perché esco da me stesso: spesso i cantanti quando diventano padri scrivono una canzone per i figli. È più difficile raccontare qualcosa che non hai. Non ho ancora avuto la fortuna di avere bambini e mi manca. So che arriverà, però scrivere “Il figlio che non ho è stata una botta, mi commuovo ancora un po’ troppo, me ne sono accorto durante il concerto. Perché sono proprio quell’uomo lì, che il bambino non ce l’ha e lo aspetta.

Le cose che cambiano, appunto…
Tutto il disco parla di cose che cambiano e di cose che spero che arrivino. Le cose cha cambiano sono le emozioni, anche se a volte ho la sensazione che le cose che cambiano sono le cose belle destinate a partire. Su questa suggestione ho scritto “Le cose che cambiano”, la canzone che dà titolo all’album.

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Massimo Zoara sul palco. Il primo singolo estratto dal nuovo album è “Lettera di un serial killer”.

Le cose che restano – Le cose che cambiano: le Tracklist del disco:

LE COSE CHE CAMBIANO
“Le cose che cambiano”; “Non sono Cenerentola”; “Il figlio che non ho”; “Come mio amore”; “Soltanto un’idea”; “Lettera di un serial killer”; “Mai”; “Mentre ti stavo aspettando”; “Uno di noi”; “Scusate il ritardo”; “Una frase scontata”; “Appena posso”.

LE COSE CHE RESTANO
“Milly”; “Metto su un cd”; “C’è”; “Tra me e te”; “Nuova generazione”; “Sono fatte così”; “Stanotte”; “Senza soldi”; “Meglio da soli”; “Battisti”; “Dal cuore alla testa”; “Notte senza donne”; “Passeggiando col mio cane”; “Non cambieremo mai”; “Fosse per me”; “Splendida così”; “Quando sarò grande”; “La musica che piace a noi”.


Quasi un mese dall’uscita del disco, Acrobati resiste nelle posizioni alte delle classifiche e il tour nei teatri, appena cominciato, vanta 13 sold-out: dal pensiero di Philippe Petit ai giochi di parole di Caparezza, Daniele Silvestri ha trovato la quadra tra politica e poesia.

Daniele Silvestri, un funambolo alla ricerca di equilibrio
Daniele Silvestri (© Foto: Daniele Barraco).

È davvero un equilibrio dinamico, “come per andare in bicicletta”, quello dell’ultimo album di Daniele Silvestri, dal titolo fortemente programmatico, Acrobati.

Uscito lo scorso 26 febbraio, ha esordito al primo posto nella classifica iTunes e Fimi dei dischi più venduti. Un debutto con il botto, sostenuto da 13 date sold out sulla trentina prevista per il tour nei teatri e dall’assestamento al quinto posto delle classifiche a distanza di quasi un mese. Niente male, per un album arrivato cinque anni dopo S.C.O.T.C.H. e dopo l’avventura a tre “Il padrone della fest” con Max Gazzè e Niccolò Fabi.

Un disco di cui Silvestri sentiva la necessità di emozionarsi, di sorprendersi, tanto da decidere di entrare in studio di registrazione soltanto con degli appunti e dei musicisti scelti, per “seminare” in totale libertà: il risultato di quei primi tre giorni a Lecce sono state 21 tracce, di cui diciotto sono entrate nella scaletta di Acrobati. Che vanta parecchie collaborazioni, da Caparezza (La guerra del sale) – “Con Michele era una vita che si voleva lavorare insieme, ma siamo due timidi. Sull’onda del momento iniziale di spensieratezza, avevo tra le mani un giro strumentale particolarmente adatto a stuzzicare la curiosità di Michele, insieme all’idea embrionale di giocare con la parola Sale e chi meglio di lui?” – a Dellera (Un altro bicchiere; Spengo la luce), ai Funky Pushertz (Bio-Boogie), a Diego Mancino (L’orologio), a Diodato (Pochi giorni; Alla fine) – “l’intervento di Antonio è molto delicato, è un contributo d’anima”.

La stessa modalità libera e funambolica è stata applicata al momento di scrittura, affrontata da Silvestri in modo inedito, acrobatico, senza cercare di piegare alle strutture della canzone le parole e la musica, in un vero e proprio “flusso magmatico”.

Nel disco, nonostante il tentativo di evitarne la “dittatura”, di attualità ce n’è tanta, anche se trattata diversamente dal solito. “Ho un’età per cui mi sento meno in diritto di raccontare troppo il presente, a 47 anni non ho più quello spirito di battaglia che ho avuto. Ho cercato di allargare l’orizzonte , lo sguardo, di raccontare storie e di portare lo spettatore altrove, di metterlo nella condizione più fanciullesca dell’ascolto, lontano dall’immanente, dall’immediato, dal dibattito e dalla politichetta quotidiana. È un disco più poetico che politico, anche se parlare di storie da lontano e di emozioni, è politica, anche se in maniera meno esplicita”.

Del resto, ammette il cantautore spiegando lo spirito di Acrobati: “È un tempo storico in cui siamo tutti un po’ funambolici nel cercare un equilibrio, tra la preponderanza del presente, dell’oggi e del quotidiano nelle nostre vite, nei nostri tempi e nella nostra confusione con una scarsa capacità, che non ci viene proposta e non viene aiutata, di proiettare una speranza di progetto in avanti. Il disco è pieno di questo sentimento ma rivendica anche la capacità mostruosa che abbiamo di continuare a camminare nonostante si sia continuamente esposti in mezzo ai venti o si proceda in mezzo alle nuvole, non vedendo la destinazione né il punto di partenza. Il disco fa questo, ti porta in mondi diversi, in un equilibrio dinamico”.

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La copertina di Acrobati, il nuovo album di Daniele Silvestri.

Nella splendida copertina di Paolo De Francesco, c’è anche un acrobata vero, l’artista francese Philippe Petit, omaggiato nei versi della titletrack, perché Silvestri condivide l’invito a “disobbedire alla gravità come atto di ribellione creativa, come crimine artistico”.

Al pensiero di Petit, si associa forse la lezione di Gaber [“Per vivere davvero bisogna spesso andarsene lontano e ridere di noi come da un aeroplano”, da Ipotesi di una Maria, ndr].

Da qui, il desiderio di elevarsi di Daniele, di cambiare prospettiva per guardare le cose, quelle stesse che lo fanno innamorare e arrabbiare nello stesso tempo: “Disobbedire alla gravità non credo che sia grave/ Non puoi chiamarla libertà finché non rischi di cadere”.

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