Briga pubblica il 1° giugno il suo nuovo disco: “Che cosa ci siamo fatti” è un concept album che affronta l’incapacità relazionale diffusa nella nostra società.

Briga, cantautore per un album controtendenza

Briga si presenta con un nuovo progetto e una veste genuinamente cantautorale. “Che cosa ci siamo fatti” è un concept album che parla dell’incapacità relazionale dei ragazzi e delle loro insicurezze, e lo fa lungo 11 canzoni più una ghost track. Questo disco rappresenta un’importante svolta stilistica per Briga, con i suoi suoni e le sue citazioni, e soprattutto con il suo approccio cantautorale. Niente più rap, ambito in cui Mattia aveva iniziato.

Proprio per questo cambiamento, “Il primo impatto con l’etichetta è stato di paura da parte loro. Anche io avevo paura, ma questo disco risponde a un’esigenza, come lo è stato il libro (“Novocaina”, pubblicato lo scorso anno da Briga, nda): questo disco ne è colonna sonora, infatti ci sono diversi rimandi al libro a partire da “Se ti sbranassero gli squali”, poesia che chiude il romanzo e che viene ripresa nel primo brano dell’album. Io vengo dal rap (lo facevo all’inizio perché non mi ritenevo pronto per cantare) ma sono sempre stato un rapper atipico, ho sempre usato ritornelli melodici molto aperti, quindi questa mia evoluzione stilistica si poteva intuire già dal mio primo disco”.

In “Che cosa ci siamo fatti” Briga ha “Trattato le relazioni e l’amore per raccontare la società e dire come sta andando il mondo. Sono un privilegiato perché ho un foglio e una penna, e con un foglio e una penna devo dire qualcosa che mi distingua dal grande fast food in cui tutti siamo immersi. Questo è l’approccio che ho usato per questo disco, che è fatto di brani da repertorio; non volevo puntare alla hit, questo è un album controtendenza e non radiofonico: io voglio differenziarmi, per una questione stilistica”.

Briga, cantautore per un album controtendenza 1E Briga si è chiesto se, con questa scelta, stesse sbagliando? “Se dovesse capitare avrei sbagliato con le mie mani. Ci metto la faccia, scrivo le mie canzoni, possono piacere o meno ma rappresentano il mio punto di vista”.

Guardando al passato, Briga dice che “Non sono qui perché un programma tv (Amici, nda) ha deciso che dovessi fare questo, ma perché sono 10 anni che faccio canzoni. Ho trattato sempre la musica come la cosa più importante del mondo, mettendoci dentro sempre me stesso”. Dal punto di vista vocale, “Non mi sono ispirato a voci di altri, altrimenti rischierei di cadere nel tranello dell’emulazione. Col tempo ho imparato a conoscere la mia voce, Amici da questo punto di vista dà tanto. Cerco di migliorarmi e gestire al meglio le risorse che ho”.

Infine, il pensiero corre spontaneo al fatto che “Che cosa ci siamo fatti” sia la colonna sonora di “Novocaina”: “Mi auguro che il romanzo, che è scritto come una sceneggiatura, possa diventare un film. Il libro e il disco sono una denuncia sociale del nostro momento storico, un periodo in cui la gente è confusa, e vaga come una pallina impazzita”.

“Mentre scrivevo, sono entrato in contatto con dei lati di me che forse c’erano sempre stati, ma che avevo sempre ignorato”. Così Peligro spiega la caratteristica più vera del suo nuovo album “Mietta sono io”.

Peligro racconta "Mietta sono io"
Peligro. Foto: © Veronica Argentiero

Il nuovo disco di Peligro“Mietta sono io”, guarda dentro l’uomo e fuori di lui, allargando lo sguardo sulla realtà che lo circonda, e lo fa con un racconto introspettivo in 10 canzoni lungo il quale il rapper milanese si è messo in discussione, superando alcuni suoi limiti.

Cos’hai capito di questo nuovo te, scrivendo questi brani?

Ho razionalizzato quello che sono sempre stato. Scrivere queste canzoni è stato come un flusso di coscienza che mi ha fatto capire chi sono nel profondo, com’è il mondo e anche qual è il rapporto che io ho con questo mondo. Vivo meglio la vita, ho aperto gli occhi: prima era come se non avessi la visione periferica.

In “La parte migliore” parli di Milano e di come ti abbia portato a una rinascita.

Questa città ha influenzato anche un altro brano, “La cosa sbagliata”. Io sono un milanese di provincia, Milano mi ha tolto i paraocchi. Milano, o più in generale il contesto urbano, hanno reso questo album quello che è.

Ci spieghi la scelta del titolo “Mietta sono io”?

Sì, c’è un gioco di parole in riferimento a Mietta, cioè Daniela Miglietta. Ma Mietta è anche il mio cognome. Essendo questo un disco introspettivo, era giusto dargli questo titolo.

Perché non hai usato il tuo nome, Andrea?

Perché di Andrea ce ne sono tanti, di Andrea Mietta no.

Cosa ti rende Mietta (o Peligro), musicalmente parlando?

Io vengo dal rap, quello è il mio linguaggio, il mio modo di comunicare. Ma questo codice del rap lo uso in un contesto pop, perché questo mi dice di fare la mia natura di comunicatore.

Peligro racconta "Mietta sono io" 1

“Proprio come me” è un brano che, dal punto di vista delle sonorità, si discosta dal resto dell’album. Nel testo parli delle maschere che tutti portiamo, nella quotidianità. Ce ne parli?

Questo sound lo devo al produttore del disco, Marco Zangirolami, un grande professionista. Credo che tutti, nel momento in cui usciamo di casa, indossiamo delle maschere. Non ho inventato niente, lo diceva Pirandello, io ho solo contestualizzato questo pensiero immergendolo nella realtà del 2018. Penso che tutti cerchiamo di mostrare il nostro lato migliore, nascondendo qualcosa che non ci piace. Non è un brano cinico, è la verità.

Quindi questa canzone è nata dalla lettura di “Uno, nessuno e centomila” di Pirandello?

In realtà, è solo nell’ultimo periodo che cerco di leggere molto di più di quanto non facessi prima. Leggere mi dà più elasticità, utile per vedere meglio la realtà; aprire un libro risveglia meccanismi dormienti nel cervello. Non dico niente di nuovo, tutti i più grandi winner del mondo leggono tantissimo. Pensa a Bill Gates, per esempio.

Bugo l’aveva detto: nell’aprile del 2017 aveva annunciato l’addio all’elettronica, che aveva caratterizzato gli ultimi 10 anni della sua carriera. E infatti “RockBugo”, la sua prima raccolta ufficiale, contiene i brani più amati del repertorio di Christian Bugatti riarrangiati in chiave rock e, tra l’altro, è disponibile in vinile.

Bugo è "RockBugo", live e vinile. L'intervista 1
Bugo. Foto: © Michele Piazza

La tracklist spazia tra i brani più amati di Bugo, da “Ggeell” a “Vado ma non so”, da “Io mi rompo i coglioni”, a “Comunque io voglio te” ; nell’album non poteva mancare “Bollicine”, cover di Vasco Rossi che è una presenza fissa nella scaletta dei concerti di Bugo.

Quanto te la sei goduta -per citare il tuo brano “Me la godo” – a riarrangiare le tue canzoni?

Tanto, anche perché fare un disco rock non significa arrangiare due cose ed è finita: fare le cose bene con poco è difficile. Questo però ha stimolato la concentrazione, e ha fatto salire la goduria (ride, nda). Ho voluto proporre ai fan una raccolta di pezzi che rappresenti un po’ una ripartenza.

Quando ti è venuta l’ispirazione per questo progetto 100% rock?

L’idea è nata un anno fa, quando ho cambiato la mia situazione live e la band. Non volevo più fare qualcosa che avesse dentro dell’elettronica. Con questo disco poi è anche venuta fuori una parte del mio carattere.

Quale?

Quella che ha le idee chiare, che prende decisioni. Non sono solo quello delle ballad con la chitarra, sono sempre stato anche quello che tira fuori l’energia. Adesso, con le canzoni arrangiate così, si sente. Voglio che si dica “Bugo è uno tosto”.

Ma la molla che ti ha spinto a tirare fuori il tuo lato rock qual è stata?

Bugo è "RockBugo", live e vinile. L'intervista 2

Non c’è stata un’occasione specifica, è stata una sensazione. Mi ero stufato della musica elettronica, artisticamente parlando. Credo sia stata una reazione naturale, anche inconscia: ho sentito il bisogno di rinnovarmi. C’è chi ripete il suo stile ed è altrettanto apprezzabile, io invece ogni tanto sterzo. I grandissimi – penso a Vasco, a John Lennon – l’hanno fatto, quindi mi dico che si può fare… e lo faccio, ovviamente senza volermi paragonare a loro.

Come mai hai voluto far uscire l’album solo in vinile?

Mi piacciono le scelte radicali, mi danno brio.

Nelle date live di questi giorni (l’esordio è stato il 23 maggio al Serraglio di Milano, stasera 25 maggio concerto al Monk di Roma; le altre date annunciate del tour estivo sono 2 giugno a Madrid (Matadero), 7 giugno ad Agliana (PT) per il festival Giugno Aglianese, 30 giugno all’Eremo Club di Molfetta (BA), 14 luglio ad Ambria (BG) per l’Ambria Music Festival) proporrai le canzoni in queste vesti rock?

Sì, l’impronta è questa, rock con chitarre alte. Non mancheranno anche momenti più delicati, e anche altre canzoni oltre a quelle inserite nella raccolta.

Da autrice a cantautrice: “In foto vengo male” è il primo ep di Federica Abbate, raccolta di sei brani dedicati a chi si sente fuori posto.

Federica Abbate, arriva il primo ep "In foto vengo male".
Federica Abbate. Foto: © Roberto Graziano Moro

Federica Abbate scrive canzoni di successo. Ricordiamo “L’amore eternit” interpretata da Fedez, il tormentone “Roma-Bangkok” cantata da Baby K e Giusy Ferreri, e poi ancora brani per Francesca Michielin, Alessandra Amoroso, Lorenzo Fragola, Emis Killa.

Poi però Federica ha scelto di cantare le cose che scrive, e a giudicare dai primi lusinghieri risultati ha fatto bene. Il primo singolo che ha inaugurato questo suo nuovo corso cantautorale è stato “Fiori sui balconi”, che ritroviamo nell’ep “In foto vengo male”, fresco di pubblicazione. Federica Abbate, talentuosa, intelligente, brillante, ci accompagna in un viaggio tra pop, elettronica e sonorità urban.

“In foto vengo male” contiene i singoli “Fiori sui balconi”“A me ci pensi mai”, “Mi contraddico” e “Pensare troppo mi fa male” feat. Marracash e prodotta da Takagi & Ketra, e due brani inediti, “Due volte” e “Oggi è un bel giorno”.

“In foto vengo male”, racconta Federica Abbate, è il “Mio primo vero passo da cantautrice, una tappa di passaggio verso quello che spero di diventare, una prima parte di un seguito sui cui sto già lavorando (perchè scrivo sempre). In queste canzoni parlo di tutte quelle parti un po’ sbagliate di me in maniera onesta e viscerale, senza vergogna. Tutti cerchiamo di apparire leccati e perfetti nelle foto, invece io parlo in maniera sincera delle parti meno luminose che ho e che tutti abbiamo”. È un dato di fatto, “Tutti in foto veniamo male qualche volta. Io credo però che i difetti siano per noi quello che sono i superpoteri per i supereroi, se usati bene sono un’arma vincente. Se li nascondiamo diventano enormi, se li accettiamo sono nostri alleati”.

Federica Abbate, arriva il primo ep "In foto vengo male". 1

La differenza con i suoi lavori precedenti è proprio questa: “Scrivendo per altri non vai tanto nel personale, questa è la mia prima vera opportunità di parlare in maniera totalmente veritiera al pubblico. In queste canzoni non c’è separazione tra persona e autrice”.

Il featuring di Marracash nella riuscitissima “Pensare troppo mi fa male” non poteva mancare: “Io e Marra siamo due persone apparentemente molto diverse, invece abbiamo tanti punti in comune. Lui mi ha insegnato la lealtà a livello artistico, a essere coerente con quello che faccio, a non compiacere gli altri a tutti i costi, a non seguire le regole del mercato. Per anni invece io sono stata indirizzata proprio sul filone radiofonico, invece devo seguire il mio istinto. Questa cosa importante me l’ha insegnata Marra: le mode cambiano, ma quello che sei rimane. La nostra collaborazione nel mio ep chiude un cerchio perché lui è stato il primo che mi ha spronato a fare la cantautrice”.

E come autrice “Continuo e continuerò a scrivere per altri perchè è qualcosa che mi appartiene, se sono qui lo devo anche a questo. Adesso però la priorità è la carriera solista”.

Infine, un pensiero al recente Eurovision Song Contest: “Vedere Ermal Meta e Fabrizio Moro al quinto posto finale per me ha il significato di una rivalsa degli autori, di chi scrive le sue canzoni. Nonostante tutta la fatica fatta per ritagliarsi uno spazio gli sforzi vengono prima o poi ripagati. La gavetta ti rende autonomo, e certi risultati lo dimostrano”.

Federica Abbate sarà live, per la prima volta, il 25 maggio al Mi Ami Festival di Milano.

“Tank girl” è il titolo del nuovo album di Irene Maggi, una sorta di “Diario di un dramma intimo e universale, una storia d’amore”. La cantautrice ha scelto la via del racconto personale fin dalla scelta di intitolare “Tank girl” il suo più recente lavoro.

Irene Maggi, la "Tank girl" della musica
Irene Maggi. Foto: @ Leonardo Pelucchi

“Per questo titolo ci sono due spiegazioni”, racconta Irene Maggi. “La prima è che “Tank girl” mi è stato involontariamente suggerito dalla persona a cui è dedicato il disco. All’epoca ricordavo nel look l’eroina punk anni ‘80 che porta questo nome, e lui mi aveva fatto notare la somiglianza. La seconda è che mi piace l’idea di una donna che sa essere una supereroina in battaglia e una guerriera in pace”.

Sorge spontanea una curiosità: questa persona sa che gli hai dedicato il disco? “Sì, ma non so se l’ha ascoltato. “Mr. Agony” in particolare è dedicata a lui, che è il destinatario del disco”. Tra queste canzoni si legge la “Cronologia di una relazione impossibile. I brani, interamente autobiografici, seguono l’ordine cronologico di questo amore dal quale ci si redime soltanto rivestendosi di una corazza, da qui il nome “Tank Girl”. I brani, però, si possono anche non ascoltare in fila, così come sono stati registrati: ogni canzone racconta un momento diverso della storia, e può essere ascoltata separatamente dalle altre”.

Altra particolarità, “I testi in inglese sono stati ispirati dalla corrispondenza che abbiamo avuto io e questa persona, che ho utilizzato come principale fonte di ispirazione nella stesura dei brani. Non ho cercato lì dentro l’ispirazione, però ce l’ho trovata”. Alla fine del disco, come si sente Irene Maggi? “Sono contenta. Ho fatto musica da sola come non mi accadeva da anni, e mentre la facevo sapevo che funzionava”. Perché Irene Maggi nel tempo ha partecipato ad alcuni progetti indipendenti come Airìn e il duo Le Pinne. Ora le cose sono cambiate, Irene si presenta con il suo nome: “Realizzando questo disco ho capito che voglio fare ancora musica da sola, però per il futuro non so. Nella vita ci vogliono fortuna e coraggio, però in questo momento sto scrivendo brani per me e ne sono felice”.

Non mancano i live, che sono anzi all’orizzonte, “Tra fine maggio e giugno, poi in autunno ragionerò su cosa fare”. Sicuramente altra musica.

Esiste una “geografia delle canzoni”, che si può ricostruire grazie agli ascolti di TIMMUSIC: ad esempio, Roma risulta una città innovativa, Milano ha un gusto un po’ più tradizionale.

La "Rockstar" Sfera Ebbasta. La nostra intervista
Sfera Ebbasta, l’artista più ascoltato nelle ultime settimane su TIMMUSIC

Regalano sorprese le classifiche di ascolto suddivise per città di TIMMUSIC, la piattaforma di TIM dedicata alla musica in streaming che permette di ascoltare milioni di brani di tutti i generi, creare playlist personali o ascoltare quelle proposte dall’app, trovare album e singoli anche in anteprima, scoprire le classifiche settimanali e condividere tutto sui principali social network.

Roma, Torino e Bologna privilegiano i cantanti under 30, e quindi possiamo considerarle le più innovative. Comparando i dati di streaming delle città italiane si riscontrano differenze di gusti e sensibilità diverse: Roma premia Ultimo, Sfera Ebbasta e Ghali, per limitarci ai primi tre artisti in classifica nel mese di marzo.

Torino ama la trap e l’indie, premiando ancora Sfera Ebbasta, Ghali e Ultimo a posizioni scambiate rispetto a Roma. Cambiano poco i gusti di Bologna, con Sfera Ebbasta, Ghali e Tedua. La trap, insomma, la fa da padrona in tutta Italia.

Firenze invece in parte cambia e ascolta più di tutti Jovanotti, seguito da – ancora una volta – Sfera e Ultimo. Laura Pausini è la più ascoltata a Palermo, dove precede Ultimo e Ghali – sempre loro.

Infine, a Milano troviamo Sfera Ebbasta, Tedua e Laura Pausini, a Napoli Sfera Ebbasta, Ghali e Laura Pausini: poche differenze tra le due città, le uniche che premiano tra l’altro una voce femminile.

Secondo appuntamento con il Virginio Official Fanclub, la famiglia virginauta, il pubblico di Virginio.

Virginio Fanclub News: puntata #02

Per il suo secondo spazio, il Virginio Official Fanclub ci racconta di come le canzoni non siano più di chi le scrive ma, nel momento in cui vengono condivise, diventino di tutti. Nelle parole che seguono c’è il racconto di una sera particolare, scritto proprio da loro. La foto qui accanto racconta proprio del calore che c’era a Fondi, nonostante le temperature polari.

Dal 2006 sono passati diversi anni e il primo album “Virginio”, pubblicato subito dopo Sanremo Giovani, ha contraddistinto molti momenti della nostra vita. Oltre “Davvero” i brani che hanno segnato molti di noi sono “Quale altro pianeta”, “La neve su Milano”, “Instabile”, “L’immenso”… solo per citarne alcuni. Brani nei quali ognuno di noi ha trovato pezzi di sé stesso. È questa la magia della musica… ritrovarsi nelle canzoni che da quel momento non sono più solo di chi le ha scritte ma di tutti quelli che ci si rispecchiano.

Passa qualche anno e siamo ancora noi riuniti intorno ad una tv per seguire il percorso di Virginio che ora partecipa ad uno dei talent più famosi d’Italia: “Amici”.

Non nascondiamo che molti di noi non avevano mai seguito il programma prima di allora… ma adesso è diverso, adesso c’è Virginio, adesso ci siamo noi… e sì, perché ognuno di noi si sentiva partecipe attivamente di quel percorso.

È anche l’avvento dei social, di Facebook che diventa il nostro (e non solo il nostro) ritrovo virtuale, ci scrivono da tutte le parti d’Italia e tanti si uniscono al nostro fanclub. Le canzoni “Non ha importanza”, “A maggio cambio” e “Ad occhi chiusi” diventano la colonna sonora di tutti noi durante quei mesi, che trascorrono tra commozione, trepidazione, batticuore ed eccitazione.

Arriva la sera della finale di “Amici”… siamo tutti così eccitati. A Fondi, la cittadina dove Virginio è nato ed ha studiato musica, il fanclub si è organizzato in piazza con un maxi schermo. Di quella sera ricordiamo il freddo, un freddo polare. Pensavamo che con quelle temperature nessuno sarebbe sceso in piazza, che la finale l’avrebbero vista tutti a casa, al caldo.

E invece… quanta gente in quella piazza, una notte che sembrava non finire, fino a quando poi ci siamo ritrovati tutti abbracciati, ad esultare e a brindare. Il freddo non lo sentivamo più, sentivamo solo una gioia immensa.

Dopo è stato un susseguirsi di eventi, di live, di instore, di concerti. Eravamo diventati davvero tanti e ogni volta incontrarsi per cantare sotto i diversi palchi le canzoni che amavamo era davvero bello.

Perché la musica non è solo musica ma è un insieme di tante esperienze, di tante emozioni che coinvolgono la persona mentalmente, spiritualmente e fisicamente.

Partire per incontrare nelle diverse tappe Virginio per vivere con lui la “nostra” musica era ed è, ogni volta, un’esperienza intensa, che ci coinvolge completamente, è una scarica di adrenalina, è una sensazione stimolante che ci tocca a un livello profondo. È questa la magia della musica, è questa la magia che viviamo con la musica di Virginio.

Eurovision Song Contest si avvicina alla finale di sabato 12 maggio. Ieri sera con la seconda semifinale si è conclusa la lista dei paesi che si giocano la vittoria

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Le presentatrici dell’Eurovision Song Contest. Photo by: Andres Putting

Alla finale di Eurovision Song Contest potremo ascoltare musica di tutti i generi e, visto che questa è una manifestazione prettamente televisiva, potremo vedere uno spettacolo di altissimo livello.

I pronostici degli scommettitori sono “ballerini”: in salita la Norvegia, in discesa Israele. Per quale paese dovremo fare le valigie per il 2019? Cipro, a quanto si dice al momento. L’Italia oscilla tra la decima e la dodicesima posizione (sempre per le ipotesi emerse dalle scommesse), però Ermal Meta e Fabrizio Moro non si sono mai esibiti, esattamente come gli altri “big five” di cui abbiamo visto solamente una clip. Quando canteranno sarà un giocarsi tutto per tutto, e l’emozione e il messaggio su cui punta “Non mia vete fatto niente” potrebbe guadagnarci. In più, canteranno nella seconda parte della serata, più vicini al momento dei voti: di solito questo aiuta.

Eurovision Song Contest: i finalisti

Dalla prima semifinale passano alla serata di sabato 12 maggio:

  • Austria
  • Estonia
  • Cipro
  • Lituania
  • Israele
  • Repubblica Ceca
  • Bulgaria
  • Albania
  • Finlandia
  • Irlanda

Dalla seconda semifinale passano alla serata di sabato 12 maggio:

  • Serbia (sopresa)
  • Moldavia
  • Ungheria
  • Ucraina
  • Svezia
  • Australia
  • Norvegia
  • Danimarca
  • Slovenia
  • Olanda

A queste si aggiungono i “big five”, i paesi che accedono in ogni edizione direttamente alla finale: il paese vincitore dell’ultima edizione di Eurovision Song Contest, quindi in questo caso il Portogallo, poi Italia, Francia, Germania, Spagna e Inghilterra.

Domani sera la diretta della finale si potrà seguire su Rai 1. Il pubblico potrà votare ma non per l’Italia, come sappiamo. Scegliete il vostro paese preferito e che – sabato – vinca il migliore.

Eurovision Song Contest 2018 arriva in tv. Il nostro paese è rappresentato, come sappiamo, da Ermal Meta e Fabrizio Moro con “Non mi avete fatto niente”.

Tutto quello che c’è da sapere su Eurovision Song Contest per seguirlo in tv
Eleni Foureira, Cipro, alle prove di Eurovision Song Contest. Photo by: Andres Putting

Eurovision Song Contest arriva alle fasi finali. Qui a Lisbona sono circa 15 giorni che si vive la manifestazione, con prove su prove, con interviste, show e, naturalmente, musica. I paesi in competizione sono 43 e vanno dall’Islanda all’Australia. Professionalità altissima, palco tecnologico e meccanismi perfettamente oliati, veramente un’organizzazione impeccabile.

Eurovision Song Contest si basa sul nostro Festival di Sanremo ed è nato nel 1956 organizzato dalle emittenti pubbliche nazionali con 7 paesi partecipanti. Negli anni è cresciuto arrivando ad avere centinaia di ore di trasmissioni televisive live e più di 1500 canzoni che provengono da 50 nazioni diverse.

Dopo aver assistito a diverse prove possiamo dire che sicuramente Ermal Meta e Fabrizio Moro puntano tutto sul messaggio sociale della canzone e sul contenuto emotivo che trasmettono con la loro esibizione; emozionante è anche il brano dell’Irlanda, “Togheter”, interpretato da Ryan O’Shaughnessy. Molti artisti hanno scelto di avere ballerini e coreografie sul palco, altri puntano molto su giochi grafici, luci e altre sorprese che da stasera vedremo in tv. Israele, Cipro e la Germania hanno fatto scelte diverse tra loro ma tutte di grande impatto.

Tutto quello che c’è da sapere su Eurovision Song Contest per seguirlo in tv 1
Ermal Meta e Fabrizio Moro alle prove di Eurovision Song Contest. Photo by: Andres Putting

Chi è dato per vincente

Come in tutte le gare che si rispettino (anche se la musica non si mette mai davvero in competizione), ci sono le quotazioni degli scommettitori sui possibili vincitori. In questo momento il favorito della prima ora, Israele (rappresentato da Netta con “Toy”) è scesa in seconda posizione; al primo posto, quindi per ora data come vincente, c’è Cipro con Eleni Foureira che canta “Fuego”. In effetti dopo aver visto diverse prove, posso confermare che la resa sul palco è notevole. Seguono nelle quotazioni Norvegia, Estonia e Francia. L’Italia è al momento nona, ultimo San Marino.

Come seguire Eurovision

Le semifinali saranno in diretta stasera, 8 maggio, poi il 10 su Rai 4 sempre alle 20.50. La finale di sabato 12 maggio andrà in diretta su Rai1, e in quella occasione canteranno Ermal Meta e Fabrizio Moro. Il commento delle semifinali è affidato a Carolina Di Domenico e Saverio Raimondo. A commentare la finale, invece, saranno Serena Rossi e Federico Russo.

Sono in due e hanno, coerentemente, due nel nome: sono i Viito, vale a dire Giuseppe e Vito. Che non andavano poi così d’amore e d’accordo, quando sono diventati coinquilini: poi, però, è arrivata la musica…

Intervista ai Viito

Viito è l’incontro tra Giuseppe e Vito, romani d’adozione, coinquilini. La musica è un punto di incontro, la loro strada li porta tra pop e canzone d’autore. Freschissimi acquisti di casa Sugar, Vito e Giuseppe si sono fatti conoscere pubblicando alcuni singoli che hanno attirato l’attenzione del pubblico. Ad esempio, la loro “Bella come Roma” (il loro primo singolo) ha esordito al primo posto della classifica Viral 50 Italia di Spotify. Con l’altro brano, “Industria porno”, sono diventati grazie al passaparola un fenomeno da oltre 1 milione di streaming sempre su Spotify.

Insomma, siamo curiosi di capire meglio chi sono, i Viito… che con tempismo perfetto chiamiamo mentre sono in metropolitana, diretti verso il set del loro nuovo video. Il loro nuovo singolo è “Una festa”, la fotografia malinconica di una storia d’amore, “Una canzone autobiografica: Vito un sabato sera è tornato a casa presto, non era andata benissimo con la sua ragazza di allora. Le strofe le ha scritte lui di getto, poi abbiamo sviluppato insieme l’idea”.

Il metodo di lavoro non è sempre lo stesso, “Dipende: a volte partiamo da un’idea musicale, a volte lo spunto nasce dal testo. Appena uno dei due ha qualcosa da dire che crei entusiasmo in entrambi, ci lavoriamo”.

Il loro primo singolo, “Bella come Roma”, parla di una città che non è la loro ma è quella che li ha adottati. “Siamo coinquilini”, spiega Vito. “Io cercavo una sistemazione quando sono venuto a Roma all’università. Ho trovato casa da Giuseppe, che abitava già qui. Non gli ero molto simpatico all’inizio, ma poi abbiamo scoperto di avere la comune passione per la musica. Giuseppe mi chiede perché dico sempre questa cosa”, ride Vito. “Noi Roma l’abbiamo vissuta come dei fuorisede. E anche se cantiamo “stronza come Milano” in realtà la città lombarda la stiamo amando. Nella canzone abbiamo semplicemente fatto leva sugli stereotipi con lo scopo di raccontare una ragazza”.

Prossima tappa, qualche live estivo e un album: “Altri singoli, di sicuro uno per l’estate e poi speriamo il disco entro l’anno”.

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