“Desert Yacht Club” è il decimo album da studio dei Negrita, composto da 11 canzoni inedite scritte e composte dalla band con la produzione di Fabrizio Barbacci. Ecco come ce lo hanno presentato.

Negrita, com'è il nostro "Desert Yacht Club"
Negrita. Foto: © Magliocchetti.

Certi amori non finiscono mai, dicono i Negrita. In questo caso, si riferiscono all’amore per la California, che ritorna nel nuovo album “Desert Yacht Club”. Questo titolo è un omaggio a un luogo d’ispirazione, l’omonima oasi creativa fondata dall’artista napoletano Alessandro Giuliano nel deserto di Joshua Tree, in California appunto.

Come spiegano i Negrita, “Per molti versi, molto dell’immaginario con cui ci siamo presentati al mondo più di vent’anni fa era iniziato proprio da lì, dalla California, per poi trasformarsi in un rapporto che, tra arrivederci e clamorosi ritorni, ci aveva tenuti sempre legati a quei luoghi così densi di mitologia”.

“Desert Yacht Club” è il decimo album da studio dei Negrita

Un bel disco, questo dei Negrita, nato pensando che “Se vuoi essere figlio del tuo tempo a 50 anni devi chiederti chi sei e chi vuoi essere domani”. Nel rispondere a queste domande il deserto americano è stato fondamentale, perché dal suo ambiente e dal modo in cui la band l’ha vissuto è nato il metodo con cui è stato realizzato questo album. “Non potevamo approcciarci a questo disco come avremmo fatto 20 anni fa. Il kitchen groove (il groove “da cucina”, nda) è il metodo di lavoro che abbiamo usato. Ci capita di andare a lavorare in studi di registrazione classici, ma di solito registriamo in studi residenziali perché la musica per noi è h24, quindi di notte, se vogliamo, possiamo registrare delle cose”.

Stavolta l’approccio è stato diverso. “I tavoli da cucina sono stati la base: sopra un computer, due casse, due chitarrine e abbiamo lavorato così. Abbiamo escluso sala prove e studio, e con un po’ di tecnologia e materiale economico, con tanti tablet e smartphone pieni di cose che ci piacevano, siamo riusciti a essere sempre in movimento: letteralmente lungo un viaggio abbiamo scattato istantanee in musica, armati appunto di materiale leggero per poter produrre ovunque. La cosa bella è che la postazione di lavoro era sempre funzionante. Questo modo di lavorare per noi nuovo ci ha permesso di esplorare come volevamo. Lavoravamo in cucina (per riferirci al nome kitchen groove) ma non solo, non avevamo limiti mentali. E avere un chitarrista cuoco è stato un vantaggio. A parte gli scherzi, tra un pasto e l’altro la musica fluiva senza soluzione di continuità”.

Negrita, com'è il nostro "Desert Yacht Club" 1
Negrita. Foto: © Magliocchetti.

I Negrita si sono spostati tra città e deserto, anzi, in un resort nel deserto: “Il concetto del resort Desert Yacht Club, composto di tre tende e due roulotte, è: siete liberi, nessuno vi vede, nessuno vi sente. Lì la natura è estrema, sei completamente isolato e questo ti fa concentrare su quello che stai facendo. Di notte altri abitanti del deserto venivano a trovarci, perché c’è gente che ci abita nel deserto, un posto dove puoi fare quello che vuoi. Verso mezzanotte la prima sera che siamo stati lì ci hanno portato nell’accampamento vicino dove hanno fatto il gelato al momento, così, in mezzo al nulla”.

E poi ci sono i viaggi “Su un furgone nel sud ovest Stati Uniti, tra Los Angeles, San Diego o, appunto, nel deserto, un ambiente che ti spinge a guardarti dentro, ti fa sentire piccolo. Per noi l’America sono i paesaggi, le vibrazioni”. Nel disco però non c’è solo la California, “È un caso che l’album sia nato lì. Avevamo bisogno di un periodo di rigenerazione, venivamo da qualche anno di problemi interiori. Il gruppo vedeva un orizzonte finito, e qualcuno pensava di mettere i piedi fuori dalla band. Come reazione abbiamo scelto di rimettere in gioco dei valori: questo disco guarda più al periodo in cui abbiamo iniziato rispetto al domani e a quello che saremo, pur essendo un disco – crediamo – abbastanza maturo. La nostra musica parla della vita, dell’esistenza, e dentro c’è di tutto: rabbia, disillusione, amore, passione. Tutto”.

Ascoltando le canzoni, due si rivolgono a tipi di persone diverse: “Non torneranno più” è nata da uno spunto potente, “Ed è rivolta alla generazione nata sul finire degli anni ’60. Nel testo lasciamo un piccolo spazio al rimpianto, sentimento che di solito non ci piace. Ma questo è solamente un giorno di rimpianto, ci sono saluti obbligati, amici e persone che se ne sono andate nel corso degli anni. Però abbiamo scritto anche a chi ha 30 anni meno di noi, con “La rivoluzione è avere 20 anni”. Abbiamo usato una frase di Ghandi nel testo, sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo: vogliamo dire ai ragazzi che la loro è l’età giusta per metterla in pratica”.

I Negrita torneranno a suonare dal vivo il 10 aprile a Bologna, Unipol Arena; il 12 aprile a Roma, Palalottomatica, e il 14 aprile a Milano, Mediolanum Forum.

Segnatevi questo nome, Wrongonyou. In realtà il suo nome è Marco Zitelli, è di Roma ma canta in inglese, è innamorato della sua chitarra e ascoltare il suo album di debutto, “Rebirth”, è  il modo migliore per conoscerlo.

Avete già ascoltato "Rebirth" di Wrongonyou? 1Wrongonyou ha presentato (con grande emozione e sincero entusiasmo) il disco durante uno showcase presso Raffles School – nuovo college internazionale di moda e design nel centro di Milano – in cui ha dimostrato tutto il suo talento. Per inquadrare a grandi linee il suo mondo musicale, con tutte le dovute differenze e proporzioni, siamo dalle parti del primissimo Ed Sheeran: un ragazzo con la chitarra e tante storie da raccontare.

Wrongonyou presenta “Rebirth”.

“Prove it” è il singolo che ha anticipato l’album, accompagnato da un video girato in Islanda. “Questa è una canzone che porto con me da qualche anno”, ha spiegato Marco, “E che mi ha dato del filo da torcere, ma è anche uno dei brani di cui oggi sono più soddisfatto a livello compositivo. Questa è la dimostrazione che l’amore è la cura verso quello che fai possono portare al migliore dei risultati”.

Avete già ascoltato "Rebirth" di Wrongonyou?
Wrongonyou durante lo schowcase alla Raffles School di Milano.

La title track, “Rebirth” appunto, occupa un posto speciale tra tutti i brani: “È la canzone chiave del disco, ed è quella che ha fatto slittare l’uscita dell’album perché volevo assolutamente inserirla. Prima che la scrivessi l’album non aveva un titolo, o ne aveva uno diverso. È la canzone più rappresentativa di questo lavoro, cantarla ha fatto scattare qualcosa dentro di me a livello interiore che mi ha tirato su. Sintetizzando: Il you leave your past, will be like a rebirth. Lascia andare e guarda avanti, sarà una rinascita”.

Nel disco di Wrongonyou la natura è molto presente: “Il Green River che dà il titolo a una canzone è un fiume immaginario che mi permette di entrare in contatto con la natura, lì c’è il vero senso. Mi abbandono al suo corso e mi lascio trasportare dalla corrente”.

Ma c’è anche del cinema a in “Rebirth”. “The lake”, ad esempio, è ispirata a una scena del film “Fratello, dove sei?” dei fratelli Coen. E il brano “Shoulders” viene descritto da Wrongonyou come la realizzazione del suo sogno di scrivere una colonna sonora: “Questa canzone è stata scritta per il film “Il premio” di Alessandro Gassmann, di cui ho curato le musiche. Parla di quanto sia importante credere in se stessi”.

Non solo giudice a X Factor: Manuel Agnelli conduce Ossigeno, programma che in un paio di puntate è diventato un successo, anzi addirittura un cult

Ossigeno, che successo in tv per Manuel Agnelli

Facile e scontata la battuta: finalmente una boccata di Ossigeno in tv. Eppure, è così. Ossigeno è il programma di Rai3 (in onda il giovedì in seconda serata) che propone Manuel Agnelli, frontman degli Afterhours e giudice a X Factor, nella veste inedita di conduttore, di colui che unisce parole e musica, ospiti e canzoni all’interno di un talk show intelligente, ricco, e molto apprezzato dal pubblico.

La finalità del programma è quella di parlare di musica e cultura stimolando la riflessione e la curiosità del pubblico, e sembra proprio che l’obiettivo sia stato raggiunto. Già la prima puntata di Ossigeno era andata bene, la seconda ha addirittura visto raddoppiare lo share. Sui social sono piovuti tantissimi commenti e un flusso incessante di complimenti per aver ospitato, chiacchierato e suonato con Ben Harper e Charlie Musselwhite, Claudio Santamaria, Ghemon, Paolo Bonolis e così via, tra ospiti di spessore e canzoni che difficilmente vengono proposte in televisione.

Ossigeno, che successo in tv per Manuel Agnelli 1
Ossigeno, Manuel Agnelli con Claudio Santamaria

Ossigeno è già cult

Non solo i social hanno dimostrato che l’interesse del pubblico era (ed è) altissimo per i contenuti proposti da Ossigeno, ma anche le ricerche effettuate su Google si sono concentrate sui nomi degli ospiti della trasmissione o su temi e canzoni di cui si è parlato nello show. Ad esempio, per quando riguarda la seconda puntata, “Dio come ti amo” di Domenico Modugno, brano con il quale Manuel Agnelli ha aperto la puntata, e “Place to be” di Nick Drake, eseguito in chiusura, sono stati molto ricercati sul web.

Il pubblico sui social ringrazia Rai3 e Agnelli e c’è chi, arrivati alla seconda puntata, già ne chiede qualcuna in più delle cinque previste. Se si potesse…

Milano per Gaber è la storica rassegna che torna con la nuova edizione a Milano, per ricordare e continuare a diffondere l’arte e il messaggio di Giorgio Gaber

Milano per Gaber, ancora una volta grazie Signor G
Foto: © Raffaella Cavalieri

Come definire Giorgio Gaber, la sua opera, la sua grande influenza sullo spettacolo e sulla musica italiana? Difficilmente incasellabile come solo i grandi sanno essere, il Signor G verrà ricordato dal 26 al 29 marzo al Piccolo Teatro di Milano, nella storica sede di Via Rovello: la rassegna Milano per Gaber è ormai un appuntamento classico e irrinunciabile.

Giunta alla dodicesima edizione e promossa dalla Fondazione Gaber con il patrocinio di Regione Lombardia, Comune di Milano e Fondazione Cariplo, Milano per Gaber sarà aperta dall’incontro “Destra, Sinistra o… Giorgio Gaber”, con il ministro Graziano Del Rio, ammiratore da sempre di Gaber. L’incontro prende chiaramente spunto della canzone “Destra – Sinistra” scritta da Gaber e Sandro Luporini ventiquattro anni fa: la politica, intesa come concreta e positiva partecipazione della persona alla dimensione collettiva, sarà il tema di dell’incontro.

A Milano per Gaber verrà presentato un brano inedito

Il secondo appuntamento, quello di martedì 27 marzo, vedrà Ivano Fossati intervistato da Massimo Bernardini e avrà al centro “Le donne di ora”, una canzone inedita del 2002 di Gaber e Luporini che, grazie all’impegno di Fossati, sarà a disposizione del pubblico. Durante la serata verrà presentato il nuovo progetto discografico (un album in uscita a fine marzo) prodotto dallo stesso Fossati, che vuole dare nuova vita e vigore al repertorio discografico di Giorgio Gaber.

Milano per Gaber proseguirà con “Polli di allevamento”, interpretato da Giulio Casale: a quarant’anni dal debutto, lo spettacolo è forse la più polemica e incisiva testimonianza del teatro-canzone (forma espressiva creata da Gaber proprio al Piccolo Teatro) di Giorgio Gaber e Sandro Luporini.

L’ultimo appuntamento della rassegna è previsto per giovedì 29 marzo con “La sedia da spostare”, instant theatre di Enrico Bertolino. Bertolino crea un ponte ideale con il Signor G, proponendo il suo spettacolo di sorprendente attualità e modernità di linguaggio.

Prenotazioni e prevendite sono aperte presso la biglietteria del Teatro Strehler e sul sito del Piccolo Teatro.

Parole, musica, danze e cinema raccontano la “Divina Commedia” di Dante Alighieri in “Dante a teatro. La bellezza ch’io vidi”.

“Dante a teatro”, con Niccolò Agliardi“Dante a teatro. La bellezza ch’io vidi” è uno spettacolo che vuole raccontare la “Divina Commedia” attraverso varie arti; sarà in scena in prima nazionale dal 27 febbraio al 3 marzo a Milano, al Teatro del Buratto in Maciachini.

La “Divina Commedia” viene raccontata seguendo il filo conduttore della bellezza, attraverso le figure femminili di Francesca, Matelda, Beatrice e Maria. La particolarità dello spettacolo, nato nel 2010 all’Università Statale di Milano, è la contaminazione tra il Poema e altre forme d’arte: musica antica e pop, danze medievali e moderne, cinema, narrazioni e testi originali; il nucleo originario di questo lavoro si è man mano sviluppato fino a diventare un vero e proprio spettacolo teatrale.

Naturalmente, la lettura della “Divina Commedia” è parte essenziale di “Dante a teatro”: prima vengono le parole, poi una narrazione che emoziona e avvicina all’opera di Dante. L’idea che quanto ha scritto sia distante dalla vita di ognuno di noi viene abbattuta a colpi di note, voci, immagini, tutto su un palcoscenico.

“Dante a teatro” racconta la bellezza e le emozioni della “Divina Commedia”

“Dante a teatro”, con Niccolò Agliardi 1
Niccolò Agliardi in “Dante a teatro”.

Il risultato è un percorso lieve e coinvolgente che racconta il Sommo Poeta e il suo mondo, perché il suo Poema non è solo qualcosa che abbiamo dovuto studiare a scuola ma è fatto di coinvolgenti parole vive, vitali, che rappresenta oltre lo scorrere del tempo sia la storia dell’umanità sia quella di ogni singolo individuo: questa sua caratteristica ne fa un’opera immortale.

I testi e le regia di “Dante a teatro” sono di Giuliana Nuvoli, professore di letteratura italiana all’Università degli Studi di Milano; lo spettacolo, presentato da Simone Passero, vede la partecipazione del cantautore Niccolò Agliardi, accompagnato da Giacomo Ruggeri alla chitarra, Francesco Lazzari al piano, da Fase Hobart Duo al violino e oud, dal Gruppo di musica antica Arundel e dagli attori Salvatore Drago e Nicolò Perego.

Gli Yombe sono un duo molto interessante, che propone una musica di gusto internazionale. Il loro nuovo lavoro discografico si intitola “Goood”.

Yombe
Foto: © Fabrizio Vatieri.

Gli Yombe sono una coppia nella vita e sul palco. Il produttore Alfredo Maddalulo e la songwriter Cyen propongono un mix di elettronica, new soul e pop contemporaneo con un tocco particolarmente elegante.

Ex membri dei Fitness Forever, gli Yombe sono nati a Milano nel 2015 e si sono fatti subito notare per la loro particolare personalità. Il loro primo album ufficiale si intitola “Good”. Li abbiamo incontrati.

Dal vostro progetto sembra chiaro che vi interessi l’arte in varie forme. Quali aspetti artistici appassionano entrambi, oltre alla musica?
Alfredo: Il mio percorso formativo è stato artistico, ho frequentato il liceo artistico e l’accademia di belle arti, dove ho anche insegnato nel corso di progettazione di spazi sonori. Il mio approccio a quello che faccio, quindi, è a 360 gradi: studio un progetto nella sua totalità. Nel pop in particolare penso sia importante curare una serie di aspetti utili a dare un carattere più incisivo a un progetto. Noi quando scriviamo una canzone pensiamo già alle suggestioni visive del video e degli aspetti anche grafici di tutto quello che verrà.

Cyen (il suo vero nome è Carola, nda): La mia formazione è diversa. Io sono una grande lettrice, ho studiato storia e filosofia. La parte grafica del progetto Yombe principalmente la cura Alfredo, ma sto attenta anche io ai dettagli. Come è stato, ad esempio, per la scelta del nome. Volevamo sceglierne uno che avesse un significato di una certa rilevanza per noi, abbinandolo a lettere graficamente belle.

Veniamo al vostro nome…

A: Yombe ha un suono percussivo molto interessante. Il nome ci è venuto in mente durante la visita di una mostra al Mudec (il Museo delle Culture di Milano, nda), sull’arte africana. C’erano queste meravigliose statuine d’ebano di donne che, in senso lato, significano anche maternità. In più richiamano un certo esotismo portato dalle culture lontane. In quel periodo stavamo buttando giù idee musicali, unendo elementi di elettronica con kalimbe e xilofoni di legno di origine africana. Scegliere il nome Yombe è stato chiudere il cerchio di quello che stavamo facendo.

La musica proposta dagli Yombe ha un sapore internazionale.

C: Ascoltiamo dischi strumentali, musica italiana e anglosassone, pop, musica black e anche classica. Ci rapportiamo al panorama internazionale, facciamo un lavoro certosino perchè è un ambiente molto competitivo e bisogna essere all’altezza del confronto.

Yombe, guarda la nostra videointervista:

“L’anticristo” è il nuovo album dei Decibel, pubblicato dopo la partecipazione al Festival di Sanremo. Un disco che dice molte cose, a cominciare dalla copertina.

Decibel, "L'anticristo": La musica non è salto in alto, è personalità
Decibel. Foto: © Riccardo Ambrosio

“L’anticristo” è l’album di inediti di Enrico Ruggeri, Silvio Capeccia e Fulvio Muzio, i Decibel. Al Festival di Sanremo hanno portato una canzone dedicata (ma non solo) a David Bowie, “Lettera dal Duca”. I nuovi brani affrontano molti altri temi, sempre lungo il cammino del rock. Con citazioni musicali, richiami e rimandi, ma sempre con una personalità unica e non etichettabile.

Un nuovo disco dei Decibel dopo “Noblesse oblige”, l’album che ha segnato il vostro ritorno.

Enrico Ruggeri: A questo disco arriviamo molto caldi, dopo l’album precedente e il tour. Siamo andati in studio come si faceva una volta, provando fino a quando non è venuto il momento di registrare le canzoni. Come sonorità questo è un album molto più compatto rispetto a “Noblesse oblige”, ed è suonato dal vivo dall’inizio alla fine. Ci teniamo a questo aspetto, è suonato diversamente da quello che spesso si sente in giro oggi. Ormai ci siamo impigriti, sentiamo un computer che parte. Anche i concerti spesso sono così: ma allora quello non è un concerto, bensì uno spettacolo.

Silvio Capeccia: Le nostre canzoni hanno un sapore grezzo, per questo “L’anticristo” in vinile suona ancora meglio. Vinile, che sta tornando… anche se oggi non si scaricano più nemmeno le canzoni, si ascoltano in streaming, che è la negazione del percorso che un artista fa.

Una cosa che colpisce subito l’attenzione è la copertina di “L’anticristo”, dove siete tre manager in un futuro apocalittico.

ER: Recitiamo una parte. Siamo manager del primissimo livello, quelli che decidono le guerre, chi sarà il presidente degli Stati Uniti e qual è il livello culturale delle persone.

Il livello culturale?

ER: Non posso credere che fino agli anni ’60 in classifica ci fossero persone come John Lennon e oggi ci siano persone che non dicono nulla. Perché c’è un abbassamento del livello dei testi e delle musiche delle canzoni che non è casuale. C’è una regia che vuole che la gente ragioni sempre meno.

Fulvio Muzio: Per tornare ai manager che decidono i destini delle persone, ricordiamo che la realtà a volte è diversa da come appare, ed è un tema che affrontiamo in diverse canzoni.

“L’anticristo” , com’è nato

Decibel, "L'anticristo": La musica non è salto in alto, è personalità 1Come sono nati i brani nuovi?

FM: Dai nostri viaggi in auto. Durante gli spostamenti per i concerti parliamo molto, ci appassionano gli stessi argomenti che sono poi quelli che fanno da sfondo all’album.

Diversi brani sono piccoli film, uno scorrere di immagini molto nitide.

ER: Cerco di scattare delle fotografie quando scrivo, quindi spero di essere riuscito a lasciare questa impressione anche con le nuove canzoni. Lo faccio da sempre; spesso infatti mi dicono che brani come “Il portiere di notte” e “Il mare d’inverno” siano molto cinematografici.

Enrico, sta ricominciare The Voice. Tu che sei stato giudice in un talent (X Factor), come vedi questi show?

ER: Un talent per forza di cose ti fa scegliere la persona che canta meglio. Gli ultimi 40 anni di musica italiana sono stati fatti da artisti che si chiamano Fossati, Conte, De Gregori, Vasco, Ligabue, portatori non di belcanto ma di progetti. Vai a vedere Vasco perchè ti riconosci emotivamente ed intellettualmente in quello che canta, e questo vale per decine di personaggi. La musica non è il salto in alto, dove oggettivamente si vede che uno è bravo. La musica è personalità, sono cose da dire. Questo è il limite dei talent. Però mi preoccuperei se il talent fosse l’unico modo per trovare talenti, invece nei locali se ne sentono ancora.

Il 13 aprile inizierà il tour dei Decibel nei teatri, un’occasione da non perdere per gustarsi “L’anticristo” e altri brani dal vivo.

“V” è il nuovo album di Le Vibrazioni, anticipato dal singolo sanremese “Così sbagliato”. La nostra intervista alla band.

“V”, la nuova vita e la nuova musica de Le Vibrazioni
Le Vibrazioni. Foto: © Chiara Mirelli

“V” è il nuovo album de Le Vibrazioni, che contiene “Così sbagliato”, il brano presentato al Festival di Sanremo. È un disco di inediti, che arriva 9 anni dopo “Le strade del tempo” e a 15 da “Dedicato a te”, il brano simbolo delle Vibrazioni. Perché nel mezzo c’è stata una pausa che la band si è presa, che così come è iniziata naturalmente, altrettanto naturalmente si è chiusa.

Le Vibrazioni ci raccontano “V”

Perchè vi siete fermati?

Francesco Sarcina: Io e Alessandro (Deidda, nda) suoniamo insieme dal ‘92. Come in tutte le storie, quando manca l’entusiasmo è un problema; puoi amare ma deve rimanere anche l’innamoramento, perciò è stato giusto fermarci. Ognuno di noi ha fatto le sue esperienze, oggi tutti abbiamo fatto due passi indietro sulla linea di quel cerchio che è la nostra voglia di fare bene, con onestà.

Marco Castellani: Separarci è stato un passaggio positivo, oggi abbiamo più entusiasmo di prima.

È stato giusto separarvi, è stato giusto tornare a suonare insieme. Dove è scattata la scintilla?

Ci siamo resi conto, dopo il concerto a Palermo con Radio Italia, che il pubblico cantava con passione le nostre canzoni, e che avevamo un’energia tale per cui era il caso di mettersi a fare cose nuove.

Le canzoni sono nate in maniera fluida?

FS: Sì, abbiamo trovato e ritrovato il suono delle Vibrazioni; noi proviamo tanto in studio perché è proprio in quelle occasioni che esce il nostro sound.

“V”, la nuova vita e la nuova musica de Le Vibrazioni 1
La versione in vinile di “V”.16

Ed ecco l’album “V”

È il frutto del lavoro di due anni. V come quinto album (è il quinto disco di studio del gruppo, nda), V come vita, V come i valori che abbiamo in comune. V anche come onestà, perché le nuove canzoni sono oneste. Questo disco speriamo apparterà a ognuno di voi.

Stefano Verderi: I nostri dischi siamo noi, non ci sono particolari trucchi di produzione, nascono da noi che ci mettiamo in cerchio e suoniamo. Semplicemente, così.

I live sono una parte importantissima della vostra vita.

SV: Partiremo il 16 marzo con una serie di date nei club.

Abbiamo incontrato Jovanotti dopo il primo concerto del suo tour, al Forum di Milano. La nostra intervista su un live che è una grande festa

Lorenzo Live 2018, intervista a Jovanotti dopo la prima data esplosiva del tour
Jovanotti. Foto: © Michele Lugaresi

Lorenzo Live 2018, il tour di Jovanotti, è partito ieri sera dal Forum di Assago, a Milano.

Sono 60 le date di Lorenzo Live 2018 che ha debuttato ieri, 12 febbraio. Sono 12, per la prima volta in assoluto, gli appuntamenti a Milano, e poi 8 quelli al PalaLottomatica di Roma e 9 al Mandela Forum di Firenze: il tour registra già 40 serate sold out.

Il primo concerto di Lorenzo Live 2018 ha incendiato il palazzetto di Assago, fin dall’apertura con “Ti porto via con me”, “Le canzoni” e “Penso positivo”. Lo spettacolo è stato introdotto da un cartoon con protagonista un Jovanotti-Don Chisciotte, con alcune frasi lette da Miguel Bosè.

Lorenzo Live 2018 raccontato da Jovanotti

“Volevo iniziare con un cartoon e una storia”, ha spiegato Lorenzo. “Rileggendo il “Don Chisciotte” mi sono accorto che io e lui abbiamo la stessa età, 51 anni; l’ho preso come un segno. Poi volevo un salone delle feste – perché questo spettacolo è una festa – con un grande lampadario, che poi sono diventati molti splendidi lampadari. Tutto mi è servito per fare uno show divertente, rock ‘n’ roll nello spirito, nei vestiti, nella sua luminosità: questo è uno spettacolo energico, allegro, che esprime una forza che non ti deve mollare un attimo”.

Lorenzo Live 2018, intervista a Jovanotti dopo la prima data esplosiva del tour 1
Jovanotti con Saturnino. Foto: © Michele Lugaresi

E qui, arrivano i ringraziamenti “Alla grandiosa band: a loro ho detto di pensare a suonare al massimo, come sanno fare, che allo show avrei pensato io”. Così è stato: Lorenzo non si ferma un attimo, imbraccia la chitarra, salta, parla con il pubblico. La chiave della riuscita di questo show è la tensione emotiva, che non cala mai pur nei necessari cambi di ritmo: perché si passa dalle canzoni romantiche (“Scriverei solo quelle”) ai brani scatenati che fanno ballare l’intero Forum sempre tenendo le persone legate all’emozione, sia essa intima sia esplosiva.

Insomma, Jovanotti ha messo in piedi un grande show, uno spettacolo multicolore e ricco, assolutamente da vedere. La ciliegina sulla torta è lo spazio che Lorenzo si è ritagliato per un dj set, messo su una piattaforma sopraelevata da cui domina il pubblico: anche questo, un momento scatenato e ben riuscito.

Lorenzo Live 2018: Jovanotti moderno Don Chisciotte

Nella scaletta del live si trovano le canzoni dell’ultimo disco “Oh, vita!” concentrate principalmente nella prima parte, e poi seguono quelle che Lorenzo definisce “Le grandi hit a bomba”. Tutto contribuisce a creare la visione che ha Jovanotti dello show, un grande gioioso inno alla vita, “Che come Don Chisciotte tenta di opporsi alla cupezza. Volevo ricordare la forza della fantasia, dell’immaginazione, il potere della festa e della musica, ricordare la necessità di sentirci vivi”. Missione compiuta, nel migliore dei modi.

Lorenzo Live 2018 sarà a Milano fino al 28 febbraio, poi il grande “salone delle feste” si sposterà a Rimini, Firenze e così via, per chiudere il 30 giugno a Lugano dopo alcune date all’estero.

Le radio decretano i successi del Festival di Sanremo. Sono lo snodo fondamentale per i brani, misurano il gradimento del pubblico. A Sanremo arrivano in massa per seguire il Festival.

Dicono di Sanremo: la parola alle radio

Le radio e il Festival di Sanremo, un legame strettissimo. Sono le radio a decretare i veri successi nati all’Ariston. Quali persone possono essere più qualificate per fare il punto di questo Festival che volte al termine?

Dicono di Sanremo: la parola a Radio Bruno

Dicono di Sanremo: la parola alle radio 1
Georgia Passuello di Radio Bruno davanti al Teatro Ariston.

Georgia Passuello, Georgia come la canzone di Ray Charles. Poteva non vivere di musica? Speaker, giornalista, presentatrice e autrice, collabora con Radio Bruno dal 2009, emittente per cui è a Sanremo per seguire il Festival. Una veterana, che ci racconta così per lei Sanremo.

Da quanti anni segui il Festival da Sanremo?

Questo è il mio undicesimo Sanremo.

Cos’è per te Sanremo? 

Sanremo è la più grande festa della musica. Essendo giornalista musicale e speaker radiofonica il Festival è davvero il momento più bello e atteso. Il mio primo pensiero sul Festival corre all’emozione di intervistare tutti i cantanti che si esibiranno, sempre immensa. E poi penso ogni volta che sono dei giorni talmente intensi da volare via: questa è una settimana piena di adrenalina, emozione, si dorme poco… però è bellissima.

La canzone dei Festival passati che canticchi di più qual è?

Sicuramente “Volare”, e poi quella di Francesco Gabbani, “Occidentali’s karma”, che dall’anno scorso non si smette più di cantare: mi è proprio entrata in testa. Mi piacciono anche le canzoni legate alle grandi emozioni: penso ad esempio ai brani portati a Sanremo da Michele Zarrillo e a quelli di Mia Martini. Sono canzoni legate a momenti unici, davvero struggenti.

 

Top