La prima rima scritta è degli anni ’90. Oggi Clementino presenta un nuovo disco, “Tarantelle”.

Clementino ci invita a ballare le sue "Tarantelle"
Clementino. Foto: © Chilldays

Tanta strada fatta, tante canzoni composte e cantate, tanta vita vissuta per Clementino: “La foto di copertina del disco mi raffigura a 16 anni, quando sognavo di diventare una rap star. Da allora ne ho dovute superare di “Tarantelle”. Mi sto facendo anziano! Ricordo che al mio primo instore a Firenze c’erano tre persone”.

Oggi la musica è cambiata, Clementino è uno dei nomi di punta della scena rap italiana, che racconta “Tarantelle” come “Un ballo, un genere, ma a Napoli nel new slang significa anche guai”. E, per entrare nel merito di come siano nati i nuovi brani, specifica che “Questo disco è molto maturo. L’ho scritto nei trulli di Alberobello come in una houseboat ad Amsterdam, ho scritto ovunque e in tutti i modi, prendendomi il mio tempo, fermandomi, buttando via le canzoni meno riuscite, sistemando le altre che ritenevo più belle”.

Pensando alle sue ultime vicissitudini personali, viene da chiedersi quanto in questo disco ci sia di catartico: “Io credo che la musica aiuti sempre. La musica ha salvato la mia vita, con lei non perdi tempo a fare cose brutte ma ti chiudi in studio e tiri fuori le tue canzoni. Avrei potuto finire male, la musica mi ha spinto a pensare ad altro, insieme ovviamente alla famiglia e agli amici. Ho passato due anni di inferno tra comunità e psicologo, non voglio parlarne più. Adesso sto bene e sono felice della mia vita di cantante. Di cantante famoso (ride)”.

Quindi, in “Tarantelle” troviamo “Parti più scanzonate ed altre più introspettive”, caratterizzate da uno stile personale: “Il rap è verità. Io sono per il clementismo, per fare una cosa solo mia. Non significa meglio o peggio di qualcun altro (dire sono meglio di te in un pezzo non è presunzione, è rap), ma proporre una cosa personale. Cerco di fare il rap in tutte le sfumature possibili”.

[Considerazione personale che Clementino fa a cuore aperto: “Io so cosa ho passato per via della cocaina, io stavo morendo. Non si può inneggiare alla droga”].

The Voice 2019: sono rimasti in 4. Stasera, 4 giugno, su Rai2 la finale: Simona Ventura ci guiderà lungo la sfida tra Miriam Ayaba (team Elettra), Diablo (team Morgan), Brenda Carolina Lawrence (team Gué) e Carmen Pierri (team Gigi).

The Voice 2019 arriva alla finale. Stasera, 4 giugno, si chiudono i giochi – come sempre su Rai2, come sempre con la conduzione di Simona Ventura.

I finalisti di questa edizione, che hanno superato una bella serie di sfide, sono:

The Voice 2019: i finalisti alla vigilia della grande sfida 1
The Voice 2019. Diablo. Foto: © Elena Di Vincenzo

Dominique Chillé Diouf, in arte Diablo, per il Team Morgan.  Diablo ha 18 anni, è nato a Roma ma vive a Cervasca (CN), ed è disoccupato.

Morgan è più che soddisfatto di Diablo, che dal canto suo è felice del percorso fatto. “Gli altri coach sono una novità, io sono dato per scontato ma attenzione: io ho Diablo, tutti lo volevano ma lui ha scelto me. Perché io al momento giusto ho bloccato Gué. Ecco il mestiere dove viene in fuori”, ride. “Diablo fa citazioni fantastiche nelle sue canzoni, è un artista, un poeta, e ha solo 18 anni. Spero che vinca perché se lo merita”. Diablo ringrazia tutti ci coach per aver “Creduto tutti in me, all’inizio. Non mi piace conformarmi agli altri, perché mi sento diverso. Questa esperienza per me è stata un tunnel, con Morgan come luce (Morgan: “È un paradosso questo”, ride)”.

 

The Voice 2019: i finalisti alla vigilia della grande sfida 2
The Voice 2019. Miriam Ayaba. Foto: © Elena Di Vincenzo

Miriam Di Criscio in arte Miriam Ayaba, per il Team Elettra. Ha 22 anni, è nata a Desenzano del Garda (BS), vive a Milano, di lavoro fa la fundraiser.

Elettra Lamborghini dice che non avrebbe potuto desiderare finalista migliore di lei. “Per me in Italia manca una come Miriam. Ho detto di no a ragazzi bravissimi della mia squadra sulla strada per la finale, ma volevo far emergere il vero talento. Miriam è più di una voce strepitosa, c’è molto altro dietro”. Per Miriam “The Voice è stato un regalo, apprezzo moltissimo Elettra: lei è coerente con la sua libertà e per me questo è un modo di mostrarsi davvero potente”.

 

The Voice 2019: i finalisti alla vigilia della grande sfida 3
The Voice 2019. Brenda Carolina Lawrence. Foto: © Elena Di Vincenzo

Brenda Carolina Lawrence, per il Team Gué. Ha 21 anni, è nata a Cremona e vive a Pieve d’Olmi (CR), è studentessa.

Gué Pequeno con lei è sicuro di aver raggiunto il suo obiettivo: “Trovare un talento di questo tipo era la mia missione. Non ho mai sviluppato come produttore un talento femminile. I pianeti si sono allineati e ho incontrato Brenda, una vera e propria “voice” con un retroscena musicale uguale al mio”. Brenda conferma la “Grande emozione di portare in pubblico per la prima volta i miei pezzi, mostrando che una voce classica accostata al rap e all’hip hop può dare qualcosa in più”.

 

The Voice 2019: i finalisti alla vigilia della grande sfida 4
The Voice 2019. Carmen Pierri. Foto: © Elena Di Vincenzo

Carmen Pierri, per il Team Gigi. Ha 16 anni, è nata a Salerno e vive a Montoro (AV), è studentessa.

Gigi D’Alessio è emozionato per la finale e per la sua giovanissima cantante, che ha “Tutte le prerogative per vincere nella vita.  Carmen ha età, voce, fisicità giuste per stare sul palco. Al di là di come andrà la gara sono certo che avrà successo. Ho conservato un po’ di bombe per la finale, dei brani molto impegnativi: nelle prove Carmen mi ha confermato di aver fatto le scelte giuste”. Carmen dal canto suo si ritiene “Fortunata ad aver vissuto così giovane questa esperienza”.

 

The Voice 2019: primi bilanci

Bilancio straordinario per Simona Ventura, “The Voice è stata un’esperienza importante di lavoro e soprattutto di vita. Al programma ha lavorato una squadra vincente, che mi ha aperto le braccia e accolta, un segno bellissimo di amicizia. Abbiamo avuto libertà editoriale e creativa, nonostante i vincoli del format. Sono felice che questo programma per molti aspetti sia diventato un cult, con le famiglie riunite a guardarlo, con i giovani che si sono avvicinati a The Voice, che è una trasmissione di qualità, di grande musica, leggerezza e divertimento”.

Insomma, esperienza più che positiva per la conduttrice. Gigi D’Alessio aggiunge: “The Voice è piaciuto, ricordiamoci dell’indice di gradimento, che non si guarda più. La gente ha apprezzato il programma”.

Per venire al lavoro che scatterà subito dopo la finale, Simona Ventura ricorda che “Il vincitore andrà ai Music Awards di Verona”, primo passo post-trasmissione molto importante.  Ma facciamo un passo indietro e vediamo come sarà la finale di stasera: i talenti si sfideranno tra loro. Al termine di ogni esibizione i 4 finalisti verranno votati in diretta dal pubblico tramite televoto o via web su Instagram.

I primi 3 talenti in graduatoria, comprensiva del “tesoretto” social, passeranno alla fase successiva. E così via, fino alla scelta del vincitore.

Il 31 maggio atterrerà nel mondo della musica “Soyuz 10”, il nuovo album di inediti di Mario Venuti.

Mario Venuti, il viaggio di "Soyuz 10"

Sono passati due anni dal precedente “Motore di vita” e di Mario Venuti ritroviamo la voce affascinante e una certa eleganza innata, che ha declinato in diverse variabili musicali nel corso della sua carriera.

Venuti ha scelto di presentare come primo singolo “Il pubblico sei tu”, scritta con Kaballà, Seba e Chiaravalli, azzeccato biglietto da visita di “Soyuz 10”: non ci sono suggestioni legate all’uomo nello spazio (la Soyuz 10 fu una missione non del tutto riuscita) ma alla marca di un microfono. Mi spiega Mario, e poi lo ribadirà durante la conferenza stampa, che ha voluto “Sfuggire alla pigrizia che spinge a cercare nelle canzoni il titolo dell’album, cosa naturale e che anche io ho fatto. Avevo una serie di microfoni davanti, per scegliere quello più adatto al mio timbro. Ho optato per il microfono russo Soyuz e ci ho unito il numero 10 perché questo è il mio decimo album”.

Mario Venuti: guarda il video di “Il pubblico sei tu”

Però qualche suggestione ulteriore c’era: “Cantando ho pensato che il microfono portasse la mia voce nell’universo, creando un’immagine bizzarra e poetica. In russo soyuz significa incontro. La maggior parte delle canzoni del disco parlano d’amore e il tema dell’incontro e del relazionarsi ho pensato fosse inerente al contenuto dei brani. Non c’entra niente la missione spaziale”.

Per quanto riguarda i testi, “Molte canzoni sono d’amore o girano attorno al cuore, che spesso viene trascurato a favore della razionalità. Gli umani però hanno bisogno del cuore”. C’è tanto sentimento, dunque, “Ma credo sia giusto rapportare tutto all’oggi”.

Dal 3 al 17 giugno il disco verrà presentato con un instore tour impreziosito da mini live acustici, per il tour bisognerà aspettare “Probabilmente l’autunno. Per l’estate siamo aperti a possibilità che possono venire dalle programmazioni estive”.

[Nel disco compare il brano “Ciao cuore”: “È stata una coincidenza che Riccardo Sinigallia abbia composto una canzone e un album con lo stesso titolo, quando l’ha pubblicato la mia era già scritta. Cambiarla avrebbe significato snaturarla”].

Si intitola “L’altra metà” il nuovo disco di Francesco Renga, che ci regala un artista rinnovato, ma sempre se stesso.

"L’altra metà" di Francesco Renga arriva adesso: “Prima temevo lo scivolone” 1
Francesco Renga. Foto: © Toni Thorimbert

Francesco Renga ha da poco pubblicato “L’altra metà”, un album che apre nuove porte musicali. Però il punto fermo c’è: le caratteristiche cristalline di Renga nelle nuove canzoni si ritrovano tutte.

Cosa rappresenta per te “L’altra metà”?

Ho capito che la musica stava cambiando, ho drizzato le antenne e aggiornato il linguaggio per tenermi connesso alla generazione dei miei figli. Sentivo la necessità di farlo.

Cambiare per un artista amato come te, e dalla carriera così lunga, significa affrontare qualche difficoltà.

Dovevo restare credibile rispetto alla mia storia, avere freschezza di linguaggio ed essere popolare, nel senso di continuare a parlare alla gente. È lontana da me la torre d’avorio in cui chiudermi per scrivere un disco; se vuoi condividere con chi ti ascolta devi trovare un linguaggio consono: questa consapevolezza è arrivata con questo cd.

"L’altra metà" di Francesco Renga arriva adesso: “Prima temevo lo scivolone”

Sembri particolarmente felice dell’album.

È uno spartiacque per me. Sono radioso perché non si è mai sentita una versione così di Francesco, ho in mano la situazione come mai prima d’ora; soprattutto lo penso se riguardo gli ultimi 5 o 6 anni.

Ma se non sentivi di avere la situazione in mano perché non hai abbracciato prima “l’altra metà” di te?

Se non sei padrone di un linguaggio temi lo scivolone, che è dietro angolo. Adesso mi diverto. Ho scelto tra 60 canzoni, si è trattato di un lavoro lungo due anni e posso dire che sono io – veramente io – dentro a questi brani. Ho messo a fuoco la mia personalità.

Sei veramente tu perché firmi le canzoni, ma hai scritto con molti autori.

Sì, perché avevo bisogno di trovare il linguaggio giusto per riuscire a parlare anche ai miei figli, come dicevo. Ci sono Gazzelle, Danti, Paolo Antonacci, Ultimo, Colapesce tra gli altri.

Insomma, in questo nuovo disco suoni moderno?

L’aggettivo moderno non mi piace. Preferisco contemporaneo.

[Gli faccio notare che “Bacon” e “L’odore del caffè” parlano di colazioni casalinghe: “È vero! Faccio colazione presto, devo portare i bambini a scuola”].

“Calma (Remix)” di Pedro Capó e Farruko è un singolo fenomeno in radio: ha conquistato il doppio disco di platino e naviga a centinaia di milioni di stream a livello globale, svettando dall’alto di una montagna di visualizzazioni su You Tube. Insomma, “Calma” è di moda.

È di moda: Pedro Capó, il successo di “Calma”
Il portoricano Pedro Capó.

Quindi chi è Pedro Capó? Nato a San Juan, Porto Rico, è nipote del compositore e cantante Bobby Capó e figlio del cantante di salsa (anche lui) Bobby Capó.

“La musica è sempre state un affare di famiglia”, racconta Pedro. “A casa da piccolo ascoltavo grazie ai miei genitori sia la salsa sia il reggae, ma anche le grandi ballad anni ’80. Crescendo ho iniziato a cercare il mio sound, e l’ho trovato suonando a New York – dove vivo: questa città è stata fondamentale per la mia crescita. Ci abitano molti artisti portoricani, qui portiamo la salsa e il boogaloo (un genere di musica latina) e li contaminiamo con l’r’n’b e l’hip hop. Ed è meraviglioso”.

Insomma, il suo mondo è quello. Facile etichettare le sue canzoni come l’ennesimo tormentone estivo, che finisce in cantina con i fenicotteri galleggianti: “Le mie canzoni sono associate all’estate? Ok, fa parte del gioco e va bene. È però uno stereotipo, ci sono più dimensioni nella mia musica. I miei testi sono onesti e semplici, cerco di essere fresco per essere capito e apprezzato: questo è il mio modo di entrare in connessione con il pubblico”.

Pedro Capó e Farruko, “Calma (Remix)”:

Sulla collaborazione con Farruko per il remix di “Calma”, Pedro dice che è stata “un’esperienza incredibile. Sono orgoglioso di aver lavorato con uno dei migliori artisti portoricani di musica urban”.

Idee sul prossimo album? “Mi piace parlare di tutto: racconto la vita, l’amore, la perdita delle persone care, i cambiamenti sociali che ci toccano, le cose che muovono l’umanità. Dico la verità in modo semplice”.

[Pedro, è vero che hai lavorato nel ristorante di Marc Anthony? “Sì, avevo 18 o 19 anni e facevo il cameriere. Però Marc l’ho incontrato solo successivamente e ho scoperto un’ottima persona, un ragazzo eccezionale”].

Achille Lauro grazie a “Rolls Royce” si è imposto come uno degli artisti del momento. “1969” è il suo nuovo album.

È di moda: Achille Lauro e il suo "1969"
Achille Lauro. Foto: © Cosimo Buccolieri

È il momento di Achille Lauro. Il suo album, “1969”, arriva dopo la conquista del disco d’oro con il brano “Rolls Royce”, presentato all’ultimo Festival di Sanremo.

“1969” contiene riferimenti al passato e al futuro, è un album ben prodotto, spiazzante, lontano dalla trap degli esordi. Achille Lauro si sente un outsider, “Lo sono sempre stato. Per la prima volta oggi mi sento al posto giusto nel momento giusto”. Lauro si sente al suo posto musicalmente con “Suoni degli anni ’60 e ’70, due decenni che hanno rappresentato un’epoca importante, di grande cambiamento e non solo nella musica: ecco noi (Lauro parla sempre al plurale dei suoi dischi e della sua musica, perché lui lavora con un team, nda) stiamo inseguendo il cambiamento, perciò in questo senso quegli anni ci rappresentano”.

Infatti alla presentazione dell’album spiccavano foto di James Dean e di “Gioventù bruciata”, ma anche di Marilyn Monroe “Per la citazione della Rolls Royce”, di Jimi Hendrix “Simbolo di libertà”, di Elvis Presley “Che ha contaminato la mia musica, specie negli ultimi anni”.

Dalla trap a “1969”

È di moda: Achille Lauro e il suo "1969" 1
Foto: © Cosimo Buccolieri

Questo riferimento a un’epoca spiega il titolo dell’album, “Ma la canzone “1969” era nata più di un anno fa, prima dell’idea di andare a Sanremo, che era alla sua sessantanovesima edizione: alla fine ho deciso di onorare questa data”.

Nel profondo, Achille Lauro spiega che “Il disco ha voglia di parlare a tutti e di rimanere, perché racconta di alti e bassi in cui tutti si possono rispecchiare. Stilisticamente, è ricco nella diversità delle cose che propone, perché a me non piace ripetermi. In ogni canzone che io abbia mai fatto c’è una ricerca finalizzata a trovare qualcosa che prima di tutto piaccia a noi stessi (noi team creativo): per questo mi sento onorato di aver portato a Sanremo un brano come “Rolls Royce”, diverso”.

L’ispirazione viene dalla vita: “Tutta la mia musica nasce da lì. E poi c’è un lavoro duro dietro: io sono un operaio del successo”.

[A chi ricorda a Lauro il suo approccio rock ‘n’ roll, lui risponde che “Il rock ‘n’ roll si respira nel lifestyle”].

Torna su Rai2 The Voice of Italy. Perché guardarlo, dato che in 5 edizioni (sta arrivando la sesta) non ha visto affermarsi i suoi vincitori?

5 motivi per guardare The Voice
Simona Ventura, conduttrice della nuova edizione di The Voice

Perché un ‘vincitore vincente’ nelle classifiche è la sfida, il motivo principale per guardare The Voice, dal 23 aprile alle 21.20 su Rai2 (anche su Radio2).

“Far vivere musicalmente i ragazzi anche dopo la fine della trasmissione è quello che è mancato in passato, ed è l’obiettivo di questa edizione”, ha spiegato Simona Ventura che conduce il talent. Ci ricordiamo solo Suor Cristina, nota Gigi D’Alessio. Per ora si sa che i coach produrranno il singolo del vincitore e metteranno a sua disposizione i loro palchi.

Perché il meccanismo è rinnovato.

Il format è prestabilito ma qualcosa è stato possibile farlo: 5 delle 8 puntate sono dedicate alle Blind Audition, il punto forte del talent; il blocca coach (lo stop imposto nella scelta dei concorrenti) raddoppia. Simona Ventura ha molta libertà di conduzione, “Andrò dai parenti dei concorrenti, la prima regola è no casi umani”.

Perché è il ritorno in Rai di Simona Ventura.

“Qui c’è voglia di fare qualcosa di innovativo, posso esprimere la mia forza creativa”. E poi, non ha mai fatto la conduttrice di un talent show musicale.

Perché Morgan torna in tv come giudice e coach in un talent, contesto in cui ha sempre fatto benissimo.

Lo guarderemo con curiosità perché spingerà i concorrenti a coltivare il dissenso: “Non c’è niente di male a non essere d’accordo con il coach”.

Perché i 4 coach (oltre a Morgan, Gigi D’Alessio, Gué Pequeno, Elettra Lamborghini) sono così diversi da attrarre come il miele fa con le api.

Elettra Lamborghini, che piace moltissimo ai giovanissimi, è presentata come una ragazza di grande umanità. Lei conferma: “Non sono qui a puntare il dito contro i difetti delle persone”. Gué Pequeno fa girare pochissimo la sua poltrona; vorrebbe “Riuscire a individuare e sviluppare un talento”. Gigi D’Alessio svela: “Fra di noi ci chiamiamo coach family, sembriamo distanti musicalmente ma non lo siamo”.

Il nuovo album di Fabrizio Moro si intitola “Figli di nessuno”. Viscerale, intenso, appassionato: tre parole per descriverlo.

Noi siamo "Figli di nessuno", come canta Fabrizio Moro?
Fabrizio Moro. Foto: © Luisa Carcavale

“Figli di nessuno”: Fabrizio Moro è tornato con 11 canzoni che sono così, inconfondibilmente sue.

Siamo tutti “Figli di nessuno”?

No, non siamo tutti figli di nessuno. I figli di nessuno sono quelli abbandonati a se stessi, che poche volte hanno avuto una mano tesa verso di loro. Sono i combattenti, non gli sconfitti. Rocky Balboa è un figlio di nessuno, viene dal ghetto, lascia stare il risultato che ha ottenuto: lui è uno che lotta.

Tu sei figlio di nessuno?

Sì, e continuo a esserlo. Ripensare al mio percorso mi emoziona. Mi sono trovato bene con Ermal (Meta, nda) perché ci siamo detti che siamo due sopravvissuti. La strada per il successo a noi l’hanno fatta prendere dalla Cina, ma questo mi piace della mia storia. Non devo dire grazie a nessuno, se non alle persone che mi sono scelto.

Strada lunga verso il successo, e anche a volte accidentata…

Io sono un rivoluzionario dentro, per natura. Forse per questo ho rallentato molto la mia carriera.

Noi siamo "Figli di nessuno", come canta Fabrizio Moro? 1
Fabrizio Moro. Foto: © Luisa Carcavale

In “Arresto cardiaco” dici che “il prete all’oratorio mi diceva che sarei finito in purgatorio”: ci finirai?

Già ce sto in purgatorio (ride, nda). La paura di ammalarmi, nonostante l’analisi, non mi abbandona ancora. La gestisco meglio di un po’ di anni fa, anche grazie alla paternità. Inizialmente la canzone si intitolava “Attacco di panico”, ma “Arresto cardiaco” suona meglio.

Nella stessa canzone canti anche “Come va come va”.

Quando ho sentito il brano di Mahmood a Sanremo ci ho pensato… ma l’ho lasciata così perché l’ho scritta un anno fa.

[L’ultima volta che ho incontrato Fabrizio Moro è stato l’anno scorso all’Eurovision Song Contest. Ride, ricordando quella esperienza: “Non rifarei mai Eurovision. Io ho sempre lavorato duro ma 10 prove al giorno per 15 giorni… dai! E la sveglia alle 5.30 per fare il tg ucraino?! Mai più Eurovision”. Io dico: vediamo quando Fabrizio vincerà ancora il Festival].

“Niente è come previsto” è il nuovo singolo di Damiano Mongiello, in arte Damian. La nostra intervista, in punta di forchetta (adesso vi diciamo perché).

Oltre la musica - Damian, un cantautore in cucina 1
Il cantautore Damian nelle vesti di chef.

Damian è un cantautore dai toni espressivi leggeri che però in “Niente è come previsto” va a toccare uno dei temi sociali più forti di oggi, ovvero la violenza sulle donne.

Il brano, con toni delicati, affronta questa tematica portando un messaggio chiaro: “Quando si ama qualcuno profondamente si deve saper rinunciare alla propria felicità per l’altro”.

Oltre alla musica, un’altra passione di Damian è la cucina: con un passato da chef (nel frattempo partecipava a diversi concorsi canori) non potevamo non chiedergli qualcosa di… saporito.

Cosa accomuna musica e cucina?

Cucinare un piatto e scrivere una canzone sono due gesti creativi. Entrambi nascono da uno stato d’animo, perché quando crei hai dentro di te qualcosa che deve esprimersi. Preparando un piatto scelgo gli ingredienti, unisco i sapori. Con le canzoni è uguale: cerco gli abbinamenti ideali per raccontare un momento emotivo. Quando facevo lo chef inventavo piatti sul momento, senza ripeterli mai. Come cantautore, credo che ogni canzone debba essere diversa dalla precedente per atmosfera, suoni, temi.

Se “Niente è come previsto” fosse un piatto, quale sarebbe?

Non è facile abbinare un piatto a un tema forte come quello del brano. Per raccontare questa canzone userei la melagrana per dare un tocco di colore e per la sua croccantezza, che appaga il palato; e poi metterei del nero di seppia, per ricordare la nostalgia e la tristezza che comunque aleggiano nel brano.

Oltre la musica - Damian, un cantautore in cucinaChe sapore resta dopo aver ascoltato “Niente è come previsto”?

Non vorrei usare la parola dolcezza, perché il tema che affronto è quello della violenza. Però questo brano è stato scritto per essere interpretato liberamente: due persone possono lasciarsi volendosi ancora bene. Questa, nella sua essenza, è una canzone d’amore soprattutto ottimista. Direi quindi che mi piacerebbe lasciasse una certa dolcezza, rivolta al futuro.

Con la scomparsa di Dolores O’Riordan, avvenuta a gennaio 2018, si chiude la storia dei Cranberries. L’ultimo album è “In the end”.

Cranberries, fine della band: l'ultimo disco è "In the end"
The Cranberries. Foto: © Andy Earl

Limerick è una città del sud-ovest dell’Irlanda. Qui trent’anni fa i fratelli Noel e Mike Hogan e Fergal Patrick Lawler fondarono la band The Cranberry saw us. Successivamente si aggiunse Dolores O’Riordan: erano nati i Cranberries.

Con la scomparsa di Dolores siamo arrivati al capitolo finale: “In the end” è l’ottavo e ultimo disco dei Cranberries. “L’album è nato attorno al 2017”, spiegano Noel, Mike e Fergal. “Eravamo in tour e abbiamo iniziato a parlare di scrivere canzoni nuove. Tra giugno e dicembre 2017 il grosso del disco era scritto. Quando Dolores è scomparsa abbiamo rivisto tutto il materiale, e non è stato facile”.

Perché la voce di Dolores O’Riordan nelle canzoni nuove c’è, “Ma non sapevamo quante fossero pubblicabili, dovevano avere una qualità del suono e della voce adeguata”. Poi “Abbiamo parlato con la famiglia di Dolores, spiegando che volevamo pubblicare questo disco. Ne sono stati felici e allora ci siamo messi al lavoro. È stata un’emozione forte”.

Il titolo “In the end” ovviamente è stato scelto a posteriori, “Nessuno poteva prevedere la scomparsa di Dolores. Abbiamo pensato fosse il titolo perfetto perché per noi è la fine di un’era. Non faremo un tour, non scriveremo materiale nuovo”. Questo è davvero, inevitabilmente, l’ultimo capitolo di una band mito degli anni ’90, anche se Noel, Fergal e Mike affermano che “sicuramente faremo ancora musica”.

Cranberries, fine della band: l'ultimo disco è "In the end" 1

I testi del disco “Raccontano gli ultimi anni di Dolores, i mesi difficili che si era lasciata alle spalle, il divorzio, la sua stabilità psicologica. Le canzoni parlano dell’andare avanti”. Ma per i Cranberries, ora, c’è la parola fine.

[La considerazione più triste: “A noi è mancata un’amica. Abbiamo discusso se fare un tour, come avrebbe dovuto essere in un mondo ideale, ma abbiamo deciso di no. La prima volta che abbiamo suonato insieme a Dolores le nuove canzoni è stata anche ultima].

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