Il nuovo disco di Fiorella Mannoia è una questione “Personale”, anche se tocca tematiche universali. Abbinate alle canzoni, “Storie interpretate attraverso la musica”, c’è una serie di foto scattate dalla stessa Fiorella.

Fiorella Mannoia, “Ecco la mia piccola e umile “Personale”, di canzoni e foto”
Fiorella Mannoia. Foto: © Francesco Scipioni

L’album “Personale” di Fiorella Mannoia si snoda lungo 13 brani, prese di coscienza, riflessioni su se stessi (personali) e sull’umanità (universali). Variegata la lista degli autori al servizio della Mannoia, che ha scritto alcuni pezzi in collaborazione con Amara, Giulia Anania, Luca Barbarossa (autore di un brano in romanesco), Daniele Magro e Ivano Fossati tra gli altri.

Il disco è chiuso da un brano in napoletano, “Creature”. “Non conoscevo questo ragazzo, Antonio Carluccio; ho sentito la canzone e me ne sono innamorata. Ho pensato di fare come in un concerto, quando lo fai aprire a un giovane non ancora conosciuto: io ho voluto dargli spazio nel disco. Chissà se qualcun altro avrà voglia di fare lo stesso”.

Sul perché non abbia scritto di più lei in prima persona, Fiorella Mannoia spiega che “È semplicemente questione di ispirazione. Io sono e resto un’interprete, ho scritto un solo brano che è “L’amore è sorprendente”. In altri pezzi ho modificato delle cose, le ho “piegate”, le ho fatte mie”.

Fiorella Mannoia: guarda il video di “Il peso del coraggio”

E poi ci sono le foto scattate da Fiorella: “Le ho abbinate, per passione, alle canzoni. Il disco si chiama “Personale” come la mia visione del mondo, e personale come un’esposizione di foto. Così l’album è stato costruito attorno a questa idea di mostra fotografica. Mi sono tirata indietro per pudore ma farò una vera mostra, magari a fine tour”.

A proposito del tour (prima data il 7 maggio al Teatro Verdi di Firenze), “La voglia di far ascoltate tutto l’album c’è, ma non posso tralasciare i brani del passato”. Sta preparando la scaletta, mentre è impegnata nell’instore tour.

[Fiorella Mannoia sulle foto: “Mi è sempre piaciuto fotografare ma lo facevo con il telefonino. Poi ho comprato una macchinetta e aperto un profilo Instagram, che oggi è Fiorella Mannoia Photo”].

“Vengo in pace” è il nuovo disco di Nesli, che ne parla in maniera serena, felice, da persona – non a caso – in pace.

Nesli: "Si sono allineati i pianeti, e adesso io vengo in pace"
Nesli.

Come vuoi introdurci questo album, che chiude una trilogia di dischi nati separatamente ma che hanno dato senso logico ai tuoi ultimi 4 anni?

È un disco lineare, cioè consapevole di andare da qui a qui. “Andrà tutto bene” era una montagna russa. “Kill Karma” era una serata a teatro, cercavamo lo stile. Qui abbiamo seguito il flusso delle canzoni. Vedere questo album, oggi, è un motivo di festa, e lo è perché non è scontato poter pubblicare un disco, trovare una struttura che crede in quello che fai e nelle tue idee. Me ne rendo conto oggi più che mai.

Il titolo del disco che significato ha per te?

Il concetto di “Vengo in pace” descrive quello che sono io oggi: passa del tempo da quando inizi a lavorare a quando pubblichi un album, e quindi possono esserci differenze in quello che vivi. Invece, io oggi sono davvero così. In pace. Forse si sono allineati i pianeti e un giorno, nel 2019, mi sono svegliato sentendomi così.

Come mai oggi sei così in pace?

Non è che prima fossi in guerra, se lo sembravo non era così. Oggi però vengo in pace in un mondo che è in guerra, intesa come violenza verbale.

Nesli: "Si sono allineati i pianeti, e adesso io vengo in pace" 1

Sembra esserci molto del tuo brano, “La fine”, in questo album. A livello di mood, di atteggiamento, anche se questo disco alla fine approda alla pace.

Non saprei se “La fine” sia finita in qualche modo nel disco. L’ho scritta una vita fa, nel 2004, ed è uscita nel 2009. Se c’è nelle nuove canzoni forse è perché mi sono lasciato andare senza nessuna logica.

Cosa puoi dirci sul tour?

È iniziato il giorno prima dell’uscita album. Mi piace vedere l’effetto di canzoni nuove sul pubblico, è uno stimolo artistico che mi ci vuole. Da maggio farò un tour estivo nelle piazze, come l’anno scorso: esperienza tosta, che mi è piaciuta.

[Nesli precisa: “In battaglia io ci sono andato, Sanremo, Masterchef… Ho cercato di trasmettere quello che sono, e non è facile. Apparentemente sembro oscuro e spigoloso, ma non è così”].

“Singing to strangers” è il nuovo album di inediti del cantautore Jack Savoretti. Nel disco c’è una collaborazione speciale, con Bob Dylan.

Jack Savoretti: Io, che canto (anche) Bob Dylan
Il cantautore Jack Savoretti

Jack Savoretti canta “Singing to strangers”, un album che “È diverso, anche se dirlo sembra un cliché, perché gli ultimi due dischi erano legati allo stesso periodo della mia vita; frustrazione e negatività si sentono in entrambi. Alla fine di quel ciclo, di quasi 5 anni, è arrivato il nuovo album”.

Quindi, continua Jack, “Volevo scrivere un disco che celebrasse il romanticismo. Questo album lo vedo come un film, ogni canzone è una scena. La sceneggiatura generale è la mia vita, solo un po’ più felliniana rispetto alla realtà”.

“Singing to strangers” è stato registrato negli studi di Ennio Morricone, a Roma, “Che mi hanno fatto provare le stesse sensazioni che ho sentito ad Abbey Road: sono vivi, non un museo. C’è un odore lì dentro che ancora mi ricordo, e poi c’è la musica nei muri di quello studio”.

Il disco contiene una collaborazione d’eccellenza sul brano “Touchy situation”, in cui il testo è stato scritto da uno dei pilastri della musica mondiale e premio Nobel, Bob Dylan. “La storia che c’è dietro non è per niente romantica, la proposta è arrivata dai miei manager americani; 48 ore dopo ricevo un’email firmata Bob, con due poesie. Era Dylan che mi scriveva perché io dessi un’occhiata. Ne ho scelta una, ma presa la chitarra mi veniva da cantare come lui. Mi ha assalito il terrore, “Stai per ammazzare una canzone di Dylan!”. Sembrava una cover venuta male, ma, mollata la chitarra, il pianoforte mi ha aiutato a fare una canzone mia, con testo di Bob Dylan. Mi è arrivata un’email con l’ok del suo management, quindi va bene”.

Da aprile Jack Savoretti sarà in tour in Europa. Tre le tappe in Italia a Padova, Milano e Roma (rispettivamente il 16, 17 e 18 aprile).

[La frase più romantica detta da Jack Savoretti? “Mi sono trasferito in campagna, ho una moglie, due figli, tre cani, ho tutto quello che ho sempre voluto. La libertà l’ho trovata qui, rimanendo fermo, dove c’è l’amore”].

Jack Savoretti: il video di “What more can I do?”

 

Il 15 marzo Enrico Ruggeri pubblicherà il suo nuovo album di inediti, Alma. Dal 4 aprile sarà in tour con due concerti diversi, uno per i teatri e uno per i club

Alma di Enrico Ruggeri, le sensazioni forti della vita
Enrico Ruggeri. Foto: © Angelo Trani

Enrico Ruggeri il prossimo 15 marzo torna con un nuovo album di inediti, Alma. “Torno a tre anni di distanza dal mio disco precedente; nel mezzo c’è stata l’esperienza entusiasmante con i Decibel. Dopo tutto questo, dovevo fare un album non dei Decibel né che partisse da dove avevo lasciato, ma qualcosa di diverso. Eppure, anche se Alma non è un album dei Decibel, dei Decibel mi è rimasto il coraggio incosciente di Fulvio e Silvio: hanno contribuito ad Alma con alcuni brani, quindi ci sono anche come orientamento musicale”.

Nel disco c’è anche il figlio maggiore di Enrico, Pico.” Come lacrime nella pioggia è nata a quattro mani, musica di Pico e testo mio, anche se la prima frase è sua”. Il titolo di questo brano è una citazione di un famoso monologo del film Blade Runner. Ma c’è anche tanta letteratura, in Alma, dove notiamo i titoli L’amore ai tempi del colera e Cime tempestose. “Io sono intenzionato a difendere e sfruttare la lingua italiana. Uno scrive cercando di ottimizzare le sensazioni forti della vita. Leggere un bel libro o guardare un film per me è una sensazione forte”.

Alma di Enrico Ruggeri, le sensazioni forti della vita 1
©_ANGELO_TRANI La copertina di Alma, disegnata dal pittore, imitatore e attore Dario Ballantini

Un pallone è l’unico duetto dell’album, con Ermal Meta: “Il brano racconta la storia di Iqbal Masih, bambino venduto dal padre ai commercianti di micro mano d’opera, in Pakistan. Lui scappa, capisce che la conoscenza è crescita, studia, torna a casa per salutare la nonna e qui viene ucciso. Lui faceva tappeti, ma a me piaceva che cucisse palloni. Mi è venuto in mente Ermal per cantarla con me, perché ha un vissuto che conosce bene la sofferenza – anche se non a questi livelli”.

Tutte queste storie andranno in tour: una parte di date sarà nei teatri, una parte nei club. “Nei teatri suoneremo senza basso e batteria, niente ritmica per le canzoni nuove e anche per quelle del repertorio. Opposto è il concerto nei club, dove si va in elettrico”.

[Aggiunge: “Bello giocare alla rockstar a 60 anni, anche con una certa virulenza”].

Dopo 7 anni Pacifico pubblica un nuovo disco, “Bastasse il cielo”, disponibile dall’8 marzo.

Pacifico, non malinconico.
Pacifico. Foto: © Daniele Coricciati

“Bastasse il cielo” segna il ritorno discografico di Pacifico – Gino De Crescenzo. L’album, “di attenzioni e gentilezza”, contiene anche i brani già pubblicati nel recente ep “ElectroPo”.

Cosa troviamo in “Bastasse il cielo”?

L’amore, il ricordo, un po’ di sarcasmo verso di me e il mio desiderio sempre rimandato di lasciarmi andare. È un disco pieno di parole ma ci tenevo che fosse anche pieno di musica.

Come sono nate le nuove canzoni?

Questo album è quasi fatto in due, da me e da Alberto Fabris (il produttore, nda): ha ricevuto i pezzi da me e li ha mandati a musicisti sparsi tra Goa, Stati Uniti e altri posti. La musica è rimbalzata nel cloud.

Pacifico, non malinconico. 1
Pacifico. Foto: © Daniele Coricciati

Perché sono passati 7 anni dal tuo album precedente?

Due volte ho avviato il processo per fare un nuovo disco ma per me è difficile portare a termine tutto il lavoro, quello oltre la scrittura. Alberto l’ha capito, e questo disco è diventato ‘a due’.

Negli anni è cambiato il tuo approccio alla scrittura?

Io sento molte differenze: è come se adesso possa non ricorrere più alla nostalgia e alla malinconia. Ho cercato di essere più concreto e di diminuire la temperatura dei testi, anche se restano importanti, e di metterci più musica attorno.

Scindi il tuo lavoro come autore per altri artisti da autore per te?

Sì, sono cose diverse. Quando scrivo per altri faccio il loro ritratto, mi metto al loro servizio, anche se credo che l’intervento di un autore debba essere riconoscibile. Quando scrivimi per te, fai il tuo autoritratto.

Il tour di Pacifico partirà l’8 marzo da Piove di Sacco (Pd).

[Pacifico ha presentato il disco con una conferenza stampa, la prima per lui che in passato ha fatto interviste in altri contesti. Fatto particolare, considerando quanta musica abbia scritto. Anche per Adriano Celentano: “Gli ho parlato una sola volta, al telefono. Erano le 8 di sera e stavo imboccando mio figlio. È stato molto gentile, ma lui lo è sempre, anche per interposta persona]”.

Edda è lo pseudonimo di Stefano Rampoldi, nato artisticamente alla fine degli anni ’80 come cantante dei Ritmo Tribale, storica band del rock italiano.

Edda: la leggerezza fa "Fru fru"
Edda. Foto: © Elena Agnoletti

Dopo 5 album con il gruppo Edda sparisce fino al 2009, quando pubblica il suo primo disco solista, “Semper biot”. Oggi, a distanza di due anni dal precedente “Graziosa utopia”, esce “Fru fru”.

Cominciamo dal titolo, curioso.

Tu lo sapevi che in certe regioni d’Italia i fru fru sono i wafer? L’unico tipo di biscotto che mangio, perché non contiene uova. Io non mangio uova. Volevo un titolo che sapesse di leggerezza, tutti cerchiamo di avere nella vita colonne sonore che ci tengano su. Perché la vita non è una passeggiata.

Il disco è autobiografico.

Sì. I miei testi seguono il mio stato d’animo. Prima nasce la melodia, generalmente, poi da qualche parte mi arrivano le parole. Nei miei testi apparentemente ci sono cose che non vogliono dire niente, ma c’è continuità emotiva. I miei testi sono tipo… un trip.

Edda: la leggerezza fa "Fru fru" 2
Edda. Foto: © Elena Agnoletti

Come sono i suoni di “Fru fru”?

Luca Bossi è il produttore artistico del disco. Gli ho detto che volevo gerani e basilico, no funghi, no aglio né uova o pesce, però volevo colore, che ci mettesse delle tende. Come posso spiegare a un produttore che musica voglio? Non mi ritrovo più nel rock dei Ritmo Tribale. Per il disco avevo come riferimento l’album degli Strokes “Comedown Machine”, poi ho virato sul pop e ho dato un’occhiata alla Carrà.

Alla Carrà?

Sì, pensavo a “Cuore batticuore” (Edda canticchia “Rumore”, nda). Ho detto a Luca “Dammi suoni per un disco giocattolo”, ma poi i giocattoli sono sofisticati. Lui è stato molto bravo.

[L’intervista con Edda è durata quasi un’ora; abbiamo parlato di spiritualità, ecologia, animali, karma. Il caso ha voluto che indossassi qualcosa di arancione, e la prima cosa che Edda mi ha detto è stata: “Bello, l’arancione è il colore della positività, dà pace. È un colore super”, allungandomi il suo cd. La copertina? Naturalmente è arancione, come gli abiti degli Hare Krishna, con cui in passato ha vissuto].

Il Festival di Sanremo è finito ed Enrico Nigiotti sta per iniziare un tour nei teatri: partenza il 3 aprile da San Benedetto del Tronto. Proporrà le canzoni del suo album “Cenerentola e altre storie…”, nuova edizione del disco “Cenerentola” pubblicata dopo il Festival di Sanremo

Enrico Nigiotti, una canzone per Alda Merini
Enrico Nigiotti. Foto: © Daniele Barraco

Enrico Nigiotti ha davanti un periodo intenso sui palchi di tutta Italia. Come ha annunciato lui stesso su Instagram, ha deciso di firmare le copie del suo disco dopo i concerti e non durante i classici incontri instore.

A proposito del Festival di Sanremo, “Nonno Hollywood” Enrico Nigiotti non avrebbe mai voluto scriverla, perché parla della scomparsa di suo nonno. Oggi però pensa che sia “la mia canzone più importante, scritta di getto. Anche se, ovviamente, non avrei mai voluto farlo”.

È più importante di “L’amore è”?

Sì. Con “L’amore è” è partito tutto, ero a X Factor poi sono diventato autore per altri (come Laura Pausini ed Eros Ramazzotti, nda), ma “Nonno Hollywood” è una cosa diversa: è una lettera al mi’ nonno, un rapporto maturo di confronto tra due generazioni senza critica ma piuttosto come se si trattasse di una fotografia.

Però a “L’amore è” devi tante cose.

Oggi vivo di musica, il mio sogno: tutto è nato con quel brano. Da lì in poi sono cresciuto, come uomo e come artista, anche se sono rimasto genuino. Credo di aver trovato il modo di scrivere che mi rappresenta meglio. Ho anche capito il tipo di pubblico a cui mi rivolgo, non credo sia giovanissimo… ma penso che, ad esempio, “Nonno Hollywood” sia una canzone in cui tutti possano ritrovarsi.

Confermi la regola che le canzoni si scrivono quando si sta male e si è giù?

Quando sei contento fai altro, anche se ci sono delle eccezioni. Magari porti avanti un’idea. Ma a tavolino non riesci, è impossibile. Alla fine, certe situazioni facilitano la scrittura.

Hai ripubblicato il tuo ultimo album – intitolandolo “Cenerentola e altre storie…” – inserendo “Nonno Hollywood” e l’inedito “La ragazza che raccoglieva il vento”, dedicato alla poetessa Alda Merini.

L’ho conosciuta a livello letterario 10 anni fa. Ricordo delle immagini in cui lei toglieva il filtro alla sigaretta, fumava e raccontava cose forti. Mi veniva del malessere ad ascoltarla, ma quella era la bellezza delle cose emotivamente forti. Questa canzone che ho scritto è dedicata a lei e al suo animo, è il mio rispettoso omaggio a un genio.

Come mai questo titolo?

Il vento mi ricordava un suo aforisma, ed è una dedica al suo essere libera.

Finiamo con i live: come saranno le date del tour? Ricordiamo che in inverno hai già fatto dei concerti.

Dopo le date primaverili nei teatri ci saranno concerti nelle isole, in estate. Stavolta farò più canzoni mie, inserendo solamente un paio di omaggi ai grandi della musica italiana (nelle ultime date ne avevo inserito qualcuno in più).

Il Festival di Sanremo è finito ma per gli Ex-Otago è stata solo la prima tappa di un periodo denso di appuntamenti musicali.

Ex-Otago, in arrivo "Corochinato"
Ex-Otago. Foto: © Lorenzo Santagada

Si intitola “Corochinato” il nuovo album di inediti della band ligure Ex-Otago, in uscita il prossimo 8 marzo. Abbiamo appena avuto modo di ascoltare gli Ex-Otago sul palco del Festival di Sanremo (e chissà, magari di scoprirli proprio grazie a questa occasione) con il brano “Solo una canzone”, una dichiarazione d’amore che racconta una fase meno presente nelle canzoni, quella dell’amore “adulto”.

E poi c’è “Siamo come Genova”, il docufilm che racconta il rapporto (molto stretto) tra la band e la città ligure, da sempre protagonista delle loro canzoni. Il docu-film racconta gli Ex-Otago con immagini live, retroscena e testimonianze di vita quotidiana, dal successo di “Marassi” (album pubblicato nel 2016) al nuovo “Corochinato”. Ultimo, ma non ultimo, c’è anche un tour in partenza.

“Corochinato” è il titolo del vostro album, ma è anche un liquore tipico genovese – da cui avete chiaramente preso il titolo.

È una miscela di vino e spezie, più precisamente di vino bianco di Coronata e china, ed è tipica genovese. Viene servito nei baretti del centro storico e in qualche enoteca della periferia. Questo liquore parla metaforicamente di noi, del nostro approccio semplice alla musica. Infatti nel nostro nuovo disco c’è l’amore ma anche c’è la voglia di parlare di tutto quello che succede nelle nostre vite. Come già in “Marassi”, raccontiamo la periferia.

Ex-Otago: gli altri progetti

Perché avete sentito l’esigenza di realizzare un film documentario? Che voi “siete come Genova” è sempre stato chiaro a chi ha ascoltato le vostre canzoni.

Ad un certo punto dopo “Marassi” abbiamo sentito il bisogno di tracciare un bilancio, di raccontare cose che non si possono comunicare solo con le canzoni, ed è così che è arrivato il film documentario. Il nostro legame con Genova è praticamente indissolubile: nel film raccontiamo, ad esempio, di quando abbiamo suonato nel carcere davanti a 120 detenuti, e abbiamo vissuto un’emozione incredibile, perché ogni volto raccontava una sua storia. Raccontiamo anche il crollo del ponte Morandi, che per noi rappresenterà sempre uno shock, ma anche un momento di incredulità a cui è seguito un desiderio di reazione e resistenza. La Genova che vogliamo raccontare non è solo quella dei vicoli di De André, è una città che è consapevole della tradizione ma che la prende per guardare oltre, senza conservarla immutabile.

Il vostro prossimo tour (“Cosa fai questa notte? Tour 2019”) si divide tra club e teatri: proporrete due live diversi?

Il live sarà uno solo: stiamo preparando uno spettacolo che speriamo vada un po’ oltre quello che è il solito concerto, che possa far calare lo spettatore nel mondo Ex-Otago. Partiremo a fine marzo da Torino, per il momento con otto date. Non vediamo veramente l’ora di tornare sul palco, perché la dimensione live è quella che ci è più vicina: vedere il pubblico che canta, balla e si diverte assieme a noi è ciò che ci rende veramente felici.

… e al termine del concerto un bicchierino di Corochinato per tutti?

Sì, per forza! Alla salute di tutti i nostri fan.

Ieri sera abbiamo ascoltato le ultime 12 canzoni in gara al Festival di Sanremo. Le opionioni sul secondo ascolto

Sanremo 2019: da “Tv, Sorrisi e canzoni”, testo dei testi

Con ieri sera abbiamo concluso il secondo ascolto di tutte e 24 le canzoni in gara al Festival di Sanremo. Com’è andata?

Mahmood apre la serata con Soldi”. Ottimo inizio, bella energia, ritmo. Bravo, scioltissimo. Le radio saranno sue (in parte già lo sono). Una delle cose più attuali sentite in questo Festival.

Enrico Nigiotti tutto sentimento per “Nonno Hollywood”, una coperta calda in cui avvolgersi. Anche se con qualche imprecisione Enrico sa come lasciare il segno. E il brano resta in testa, “non dormirò, non dormirò, non dormirò”.

Anna Tatangelo canta bene“Le nostre anime di notte”, che resta un brano profondamente sanremese nel suo dna. Eppure, il suo nuovo album va in tutt’altra direzione.

Ultimo continua a essere tra i candidati per la vittoria. “I tuoi particolari” sta proprio bene sul palco del Festival.

Francesco Renga: per la seconda esibizione non ci sono problemi di audio, così si può comprendere il testo di “Aspetto che torni”. Ma da Renga ci aspettiamo la sufficienza, o pretendiamo di più?

Irama“La ragazza con il cuore di latta”. La canzone ha una costruzione interessante. Forse il coro gospel non è così essenziale. Comunque punta al podio.

Patty Pravo e Briga con “Un po’ come nella vita”. Dalla “strana coppia” ci aspettavamo scintille ma non ci sono state – anche se la divina Patty è oltre ogni possibilità di giudizio.

Simone Cristicchi con la sua“Abbi cura di me” conferma il suo stile inconfondibile. Sul palco dell’Ariston ci sono tutti gli elementi (racconto, emozione, interpretazione) perchè colpisca al cuore. E infatti, ecco la standing ovation.

Boomdabash ci portano aria d’estate con “Per un milione”, come nella prima esibizione. Forse non proprio da ferragosto, ma a febbraio ci sta.

Motta ieri sera era più a fuoco e rilassato, e ha cantato meglio “Dov’è l’Italia”. Seconda esecuzione decisamente più riuscita.

Zen Circus, questa “L’amore è una dittatura” è una canzone da capire, visto il fiume di parole del testo. Ed è bella.

Nino D’Angelo e Livio Cori martedì avevano subito qualche problema audio.“Un’altra luce” è un pop contaminato come ne possono nascere solo a Napoli. Affascinanti.

Secondo ascolto per 12 dei 24 brani sanremesi. Chi è cresciuto dalla prima esibizione di martedì sera, e chi no.

Sanremo 2019: da “Tv, Sorrisi e canzoni”, testo dei testi

Martedì sera abbiamo avuto modo di sentire tutte le 24 canzoni in gara. Una serata fiume, in cui abbiamo raccolto le impressioni al primo ascolto di tutti i brani del Festival di Sanremo.

Ieri sera com’è andata? Qualche pensiero in proposito.

Achille Lauro, come aveva promesso niente trap. Sorpresa la prima serata, la seconda si conferma. Da primo ascolto, ma anche da secondo. “Rolls Royce”  è da tenere d’occhio in vista della classifica finale. Approvata anche la spilla aracnide di Lauro.

Einar martedì sera era teso, emozionato, agitato, tanto da fare tenerezza. Ieri sera è cresciuto nell’interpretazione, grazie a una maggiore tranquillità. Anche il pubblico dell’Ariston ha applaudito con più convinzione la sua “Parole nuove”.

Il Volo ha ricevuto applausi scroscianti dopo entrambe le esibizioni. Espressione del belcanto, come sempre, anche se con “Amore che resta” sottolineano la loro venatura pop: merito in particolare di Ignazio. Il testo è leggero come la pioggia di cui cantano. Il talento del trio ha il peso specifico del platino (che come sappiamo in discografia vale tantissimo).

Arisa porta in alto “Mi sento bene”, ieri sera si è proprio scatenata. Lei sta bene, e ad ascoltare una voce tanto ricca e precisa stiamo bene anche noi. Arisa, vuoi fare un musical per caso?

Nek profuma (come la prima sera) di successo radiofonico. “Mi farò trovare pronto” è una “Fatti avanti amore” numero 2, o così pare; cantata bene, nella prima esibizione e nella seconda.

Daniele Silvestri conferma il suo talento. Il rap di Rancore “chiude” perfettamente “Argento vivo”. Due esibizioni senza alcuna sbavatura.

Ex-Otago sempre bravi, bravi, bravi. Bella la loro “Solo una canzone”, che cresce dopo ogni ascolto. E loro hanno un look che aiuta, se vogliamo allargare il discorso.

Ghemon era sulla strada del rap e poi si è invaghito del soul. Interpretazione e brano eleganti. “Rose viola” durerà più di un fiore, ma ieri sera non c’è stato quel guizzo che mi aspettavo.

Loredana Bertè è uno di quei nomi che stanno al di sopra di giudizi. “Cosa ti aspetti da me” ieri sera ha strappato la standing ovation. La più rock di tutti.

Paola Turci elegante in entrambe le occasioni. Meglio la seconda esibizione con “L’ultimo ostacolo”.

Negrita“I ragazzi stanno bene”. Sì, e si sente. Sempre a loro agio.

Federica Carta e Shade cantano un brano che li rappresenta al 100%. “Senza farlo apposta” non aveva bisogno del Festival, sarebbe andata bene comunque. Perchè andrà bene.

Nota a margine: da 10 l’apertura di serata con “Noi no”. Bravo direttore-dirottatore artistico Claudio Baglioni.

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