I Reik sono delle superstar che, dopo 14 anni di carriera, si affacciano nelle nostre playlist che sanno sempre più di musica latina. L’ultimo singolo “Amigos con derechos” lo cantano con Maluma. E chissà cosa bolle in pentola con Riki…

Reik, intervista alla band di "Amigos con derechos"
I Reik con, in piedi, Maluma

I Reik sono un trio messicano con 14, 15 anni di carriera alle spalle. Potremmo definirli una boyband, perché è un gruppo composto di soli ragazzi, Jesús Navarro, Julio Ramírez e Gilberto “Bibi” Marín, ma come ci hanno detto non è proprio così. Il genere che propongono sa di urban e di romantico, genericamente per noi ricade nel grande contenitore del latin pop.

Sono delle star nel mondo della musica latina, il loro singolo “Me niego” cantato con Ozuna e Wisin è stato certificato disco di diamante negli Stati Uniti. I Reik sono arrivati in Italia con l’umiltà di chi, qui, non è ancora così popolare, anche se i numeri cominciano a farsi importanti: “Me niego” globalmente ha superato i 647 milioni di visualizzazioni su YouTube (al momento in cui scrivo), in Italia il singolo è certificato disco d’oro. Il nuovo brano dei Reik (più di 4 milioni di follower su Twitter e e 1,1 milioni su Instagram) è “Amigos con derechos”, che cantano insieme alla superstar Maluma: situazione su YouTube, sfondato il tetto degli 81 milioni.

Questi ragazzi, sulla trentina, sorridenti e cordiali, sono di un’umiltà e di una gentilezza che è giusto sottolineare.

Reik: l’intervista

Presentateci “Amigos con derechos”.

È una canzone più casual – se possiamo dire così- rispetto a quelle che cantiamo abitualmente, perchè siamo entrati un po’ nello spirito di Maluma. Parla del fatto di cogliere l’ottimo e viverlo, come capita ai due amici che vedete nel video e che vivono una storia d’amore inaspettata, a Las Vegas.

Di solito il genere che proponete qual è?

Facciamo canzoni romantiche, dal sound latino ma anche urban. Siamo aperti alle contaminazioni e alle influenze di generi musicali diversi.

Sappiamo che vi siete incontrati con Riki, com’è andata?

Lo abbiamo incontrato in studio. Per ora ci stiamo conoscendo, ci siamo divertiti, abbiamo chiacchierato e siamo usciti a cena. Speriamo di fare qualcosa con lui, che ci è sembrato simpatico e pieno di talento.

Quali progetti avete riguardo l’Italia?

Ci piacerebbe moltissimo suonare qui. Per ora abbiamo conosciuto Riki, iniziamo adesso a presentarci nel vostro paese e vediamo cosa riusciremo a fare in futuro. Ma certamente fare dei concerti qui è uno dei nostri obiettivi, e speriamo che non sia in un futuro così distante.

Come si tiene la barra dritta dopo 15 anni circa di carriera in una band?

I Reik sono uniti dal rispetto reciproco e da un obiettivo comune che è la musica. Per far funzionare le cose la comunicazione è fondamentale, noi ci parliamo molto. Non ho velleità soliste (precisa Jesús, la voce della band, nda). È facile dire “tu canti, perché non fai da solo?”. Ma se non fossi stato nel gruppo non sarei qui adesso.

Come siete cambiati nel corso degli anni?

Innanzi tutto siamo cresciuti davanti al pubblico, abbiamo iniziato che avevano 17, 20 anni. È un modo pazzesco di crescere, ma per fortuna abbiamo alle spalle famiglie forti e radici salde, questo ci ha aiutati a condurre una vita il più normale possibile. Non siamo mai stati una boyband nel senso comune che diamo alla parola, non ci siamo mai esibiti con coreografie. Ci piace la musica urban (e anche il reggaeton) e il sapore dell’album che stiamo scrivendo prevalentemente sarà questo, ma non sappiamo se lo pubblicheremo nel prossimo futuro. Vogliamo collaborare anche con artisti che niente hanno a che fare con i generi che apprezziamo: ad esempio, siamo affascinati dagli artisti trap. Sappiamo che qui in Italia al momento va forte.

Reik: guarda il video di Amigos con derechos feat. Maluma

Il nuovo disco di Alvaro Soler, “Mar de colores”, è il secondo della sua carriera: sembrerebbero di più, visti i successi collezionati. Eppure c’è chi lo considera ancora solamente un one hit wonder. Sbagliando.

"Mar de colores", il secondo album di Alvaro Soler
Alvaro Soler: foto © Ben Wolf

Di debunking si sente parlare sempre più spesso. Si tratta di un procedimento di indagine e accertamento dei fatti che smonta le bufale. Non che esista un vero debunking parlando di musica perché non si leggono fake news eclatanti, ma qualche notizia inesatta (o che viene fraintesa) a volte gira. Fatta questa premessa, ci siamo divertiti comunque a smontarne qualcuna che riguarda Alvaro Soler, verificando i fatti in base a quello che ha detto quando è passato a Milano a presentare il suo nuovo disco “Mar de colores”.

Dicono che sei un one hit wonder, un cantante destinato ad avere una sola hit e poi… nulla.

Dopo “El mismo sol”, “Sofia”, “Libre”, “Yo contigo tu conmigo”, “La cintura”, non so cos’altro devo fare per dimostrare che non è così, quante altre canzoni devo scrivere (ride, e in effetti i numeri parlano di più successi internazionali, nda)?! Aggiungo che il mio obiettivo è far sì che le persone conoscano tutte le canzoni di un mio disco, non solo i brani più famosi passati dalle radio, perché quando faccio un concerto non canto solo i singoli ma tutte le canzoni di un album. So che su questo devo ancora lavorare (a proposito, il 9 maggio dell’anno prossomo Alvaro Soler sarà in concerto al Forum di Milano, nda).

Scrivi e canti solo canzoni allegre.

No. Scrivo anche brani più malinconici e riflessivi perché le persone si possono riconoscere anche in canzoni tristi. Nel mio ultimo disco una delle tracce che preferisco è “Nino perdido”, che non è una di quelle allegre e spensierate. I miei genitori, anni fa, mi sentivano suonare il pianoforte a casa e mia mamma mi diceva che avrei dovuto comporre una canzone al piano. Finalmente l’ho fatta, è proprio “Nino perdido”, ed è successo che il testo mi sia venuto in mente contemporaneamente alla melodia: questo fatto non si verifica sempre. Però, certo, l’allegria serve: portare un po’ di spensieratezza alle persone è il regalo più grande che mi ha fatto la musica.

Parli un sacco di lingue.

Sì, ma nessuna bene. Sono tornato in Italia dopo un po’ di tempo e mi sto riabituando a usare la lingua. Ogni tanto mi sfugge la grammatica (questa è un’autobufala, se possiamo definirla così: l’italiano di Alvaro è sempre ottimo, nda).

“Una parola in meno” è il nuovo singolo del cantautore Donato Santoianni, una dedica e un ringraziamento a suo nonno.

Donato Santoianni pubblica "Una parola in meno" nel giorno della Festa dei Nonni

Il 2 ottobre si celebra la Festa dei Nonni. Quest’anno c’è una canzone in più con cui accompagnare questa ricorrenza: è un brano intimo ma universale al tempo stesso, “Una parola in meno”, scritto e interpretato da Donato Santoianni, realizzato nello studio Nuova Gente di Gianni Bella e prodotto e arrangiato da Adriano Pennino.

È un ritorno importante quello di Donato Santoianni, dopo la pubblicazione lo scorso anno dei brani “Voglio vivere di musica” e “Il turno infrasettimanale” (molto bello): “Ho pensato fosse giunto il momento di far ascoltare qualcosa di nuovo, in attesa del nuovo album”. E di farlo in una data simbolica come quella della Festa dei Nonni.

“Una parola in meno” è un brano estremamente intimo, che hai scritto come dedica e ringraziamento a tuo nonno.

Solitamente nelle canzoni metto tanto del mio vissuto personale ma lo faccio in modo velato. Questa volta non è così, probabilmente perché questa canzone l’ho scritta spinto dall’istinto del momento e dalla perdita di mio nonno. Credo si capisca il messaggio che do, che chi ascolta può attribuire a qualunque persona importante della sua vita che è venuta a mancare.

“Una parola in meno” è un ringraziamento per i gesti, che insegnano più delle parole?

Con questa canzone volevo dare un’idea di concretezza: mio nonno, come tanti anziani della sua generazione, ha visto la guerra e ha vissuto tempi durissimi; era una persona molto schiva e riservata. Dimostrava i suoi sentimenti con piccoli gesti o un sorriso, non esprimeva il suo affetto a parole, non era espansivo ma quelle piccole attenzioni un po’ più affettuose, segnali e insegnamenti disseminati nel tempo hanno lasciato un segno importante in me. Oggi abbiamo la tendenza a condividere tutto con tutti, in maniera anche eccessiva; dovremmo invece condividere una parola in meno e un gesto in più.

Cosa ti hanno lasciato i tanti “gesti in più” di tuo nonno?

I suoi valori. E poi, mio nonno era molto legato alla sua storia e a quella del suo paese. A volte mi dico “Fossi nato prima”, poi penso “Bravo, voglio vederti durante la guerra”.

“Fossi nato prima” sarà il titolo del tuo prossimo album. Quando è prevista l’uscita?

Non è stata fissata, ma dovrebbe arrivare entro fine anno.

Donato Santoianni pubblica "Una parola in meno" nel giorno della Festa dei Nonni 1Come si lega “Una parola in meno” al resto delle canzoni di quest’album in arrivo?

Quello che unisce in un certo senso tutti i brani è il pensiero “Fossi nato prima”, declinato in diverse sfaccettature. Mi piacerebbe ci fosse un recupero di alcuni valori e attitudini di un tempo, cito i Beatles come Marco Tardelli e i Mondiali dell’82. Sento la nostalgia di alcune figure di ieri, di personaggi storici o popolari che rappresentavano valori umani o di italianità. Se c’è un fil rouge nell’album è questo.

Facciamo un passo indietro: da giovanissimo hai pubblicato l’ep “Swinging Pop” in cui reinterpretavi in chiave swing canzoni di artisti famosissimi come Michael Jackson o Laura Pausini. Cover, dunque. Visto che sei cantautore, consideri “Fossi nato prima” il tuo primo album?

Capita di dover fare o accettare scelte diverse quando si è molto giovani, quando si ha una consapevolezza artistica minore di quello che si è o che si vorrebbe diventare. “Swingin Pop” è stato un disco di passaggio, che mi ha portato a essere presente a eventi importanti come i Wind Music Awards, ma a livello di valore artistico non ho in mano niente derivato da quel disco.

Aspettiamo “Fossi nato prima”, allora.

Spero di avere presto anche l’occasione di suonarlo dal vivo.

In attesa dell’album ricordiamo che “Una parola in meno” sarà disponibile negli store digitali e nelle principali piattaforme streaming a partire proprio dal giorno della Festa dei Nonni, il 2 ottobre.

“Love” è il nuovo album di Thegiornalisti – Tommaso Paradiso, Marco Antonio Musella, Marco Primavera. Il disco è composto da 11 tracce pop, comprese “Questa nostra stupida canzone d’amore”, “Felicità puttana” e “New York”.

Thegiornalisti, è tempo di "Love"
Thegiornalisti: foto © Alessandro Degli Angioli

E poi c’è “Love”, la traccia che dà il titolo all’album. È Tommaso Paradiso, anima e frontman dei Thegiornalisti, a incaricarsi delle interviste. Sta a lui raccontare il perché di “Love”.

“Love”, amore. Hai detto in alcune interviste che è una parola semplice e universale, anche pop.

Ho voluto chiamare l’album così proprio perché “love” esprime un sentimento puro e genuino. Questo disco è dedicato a chi ama ma soprattutto a chi odia, con l’augurio che si torni prima o poi ai buoni sentimenti. Poi, credo che le nostre vite siano più pop che rock. Certamente qualcuno conduce un’esistenza rock, con notti folli e tutto il corollario, ma si tratta di poche persone e sono le rockstar. La maggior parte di noi ha una vita pop, normale. Io racconto proprio questa cosa, la normalità della vita. Pop significa popolare, e dentro al popolare c’è semplicità. Alla fine, io metto in musica quello che conosco e che mi interessa raccontare.

“Love” è stato prodotto da Dario Faini, musicista interessante, un melodista, figura tra gli autori di molte canzoni di successo, e sta per tornare con il suo progetto Dardust. Com’è stato lavorare con lui?

Non volevo che questo disco avesse particolari riferimenti musicali, anzi l’ho voluto quasi atemporale. Abbiamo prodotto il disco con Dario, e possiamo dire che in questo album c’è una parte organica che in quelli precedenti mancava. “Love” non ha schemi, abbiamo esaltato al massimo ogni canzone nella sua essenza facendo scelte in assoluta libertà. Abbiamo inserito il violino o le trombe se ci stavano bene.

Ormai da Thegiornalisti ci si aspetta sempre la hit. Visto che tu scrivi le vostre canzoni, hai sentito la pressione delle aspettative?

No, perché scrivere è un momento privato per me. Se senti la pressione, sbagli.

Thegiornalisti, è tempo di "Love" 1Nei nuovi brani ci sono riferimenti a viaggi, auto e treni.

Sì, ma devo dire che viaggio in treno praticamente solo per lavoro. Lo trovo un mezzo poco romantico, però se si escludono i ritardi è anche quello che amo di più. Di solito quando salgo su un treno faccio le parole crociate. Gli aerei non mi fanno paura ma mi piace guardarli dal basso. Negli aeroporti tutti si vogliono bene.

Dici?

Sì, nel senso che sono luoghi in cui ci si saluta. Nessuno è mai venuto a prendermi in aeroporto, con quelle scene di saluti che si vedono al cinema.  Chiedo “puoi venirmi a prendere?” però le persone sono già impegnate. Questa cosa mi manca da sempre (sorride, nda).

A proposito di viaggi, sta per iniziare (il 19 ottobre) il vostro viaggio live in lungo e in largo per l’Italia.

Saremo molti sul palco in questa occasione, ci sarà anche una parte orchestrale nello spettacolo. Questo è il nostro primo tour veramente grosso e non vogliamo stravolgere i pezzi, anche se le canzoni meno recenti saranno riarrangiate. Spero di non subire troppo la pressione, perché emotivamente un concerto ti dà tanto ma ti leva pure parecchio. Devi bilanciare le cose per farle stare in equilibrio.

La “Cenerentola” che dà il titolo all’album è lui, Enrico Nigiotti. La foto di copertina lo ritrae sporco e sgualcito, ma un anno d’oro lo ha trasformato.

Enrico Nigiotti: "Cenerentola" sono io

Dopo un’avventura ad Amici (dove si era ritirato, nda), dopo una bella partecipazione a X Factor, con un album anticipato da “Complici”, in duetto con Gianna Nannini, eccoci con “Cenerentola” nelle playlist, disco che Enrico Nigiotti presenta come “Una rinascita, un inno alla vita, un diario di momenti miei diversi”.

C’entra quella “Cenerentola” che pensiamo, visto che parli di rinascita?

Io sono come lei. Nell’immagine della copertina appaio sudicio perché Cenerentola prima di essere principessa è così. Lo sporco che ho addosso è stato lasciato dalla vita, dai lividi dalla gavetta, dagli sbagli, poi ascolti il cd e “Cenerentola” diventa principessa.

Tu, dopo X Factor, sei diventato principe. 

Sicuramente in 12 mesi per me è cambiato tutto, sono accadute cose che mi hanno reso molto felice come cantante e come autore. Ad esempio, ho scritto “Le due finestre” per Laura Pausini. Non ci credeva nemmeno la mi’ mamma (racconta con il suo spiccato accento toscano, nda) che la prima canzone che ho scritto per un altro interprete fosse per lei. È stato un anno pieno luce, quelli precedenti sono stati di buio pesto, in cui ero senza nemmeno un accendino che mi aiutasse a vedere qualcosa. Devo ringraziare X Factor ma più di tutto ringrazio “L’amore è”, se non l’avessi scritta non sarei qui.

Enrico Nigiotti: "Cenerentola" sono io 1

Cos’ha sbagliato Enrico Nigiotti ad Amici?

Avevo 20 anni, ero un ragazzo di Livorno con poca testa e molto istinto. I miei demoni parlavano da soli, mi sono autoeliminato dal talent. Adesso evito le buche invece di caderci dentro.

Tu hai un grande amore per la chitarra.

Un giorno – andavo alle medie – vidi il protagonista di un programma tv con la chitarra, mi piaceva come gli stava addosso. Quando andavo alle elementari suonavo il pianoforte ma ero troppo agitato, la signora che mi dava lezione ha chiesto di non portarmi più (ride, nda). La chitarra oggi viene con me anche in vacanza, magari sta lì nella custodia ma so che se la cerco c’è. Vorrei riprendere il pianoforte, perché comunque mi affascina.

Diciamo anche che la tua primissima passione musicale è stata la musica americana.

Sì, la ascoltava il mio babbo in auto. Aveva anche le cassette di Eric Clapton (chitarrista britannico tra i più famosi del mondo, nda). I bei testi li ho scoperti con Luigi Tenco, il primo che mi ha fatto amare la musica italiana. Partì “Angela, Angela, angelo mio” (“Angela”, nda), e lì mi innamorai. Poi ci sono Ivano Fossati, Venditti, Dalla, De Gregori, la Nannini, Vasco. Sono enormi punti di riferimento per me, ma non li considero idoli. Non ne ho mai avuti, forse perché non ho mai fatto sport.

A dicembre hai tre concerti (il 3 a Milano, il 5 a Livorno, il 10 a Roma), anteprima del tour 2019. Che date saranno?

Ho scelto di suonare nei teatri. Gli spazi grandi sono una scommessa, ma sono giusti per questo disco: sarà un tour da ascoltare più che da guardare. Ci sarà una band con me ma mi sfogherò con la chitarra, anche con un momento acustico.

Ariana Grande, "God is a woman" accende i riflettori sull'album "Sweetener"

C’era una volta Cat Valentine, il ruolo che da bambina l’ha portata al successo con le sitcom “Victorious” e “Sam & Cat”. Ariana Grande ha superato da tempo, nonostante abbia solo 25 anni, quel periodo. Oltre che attrice, oggi è soprattutto una cantante di fama internazionale. Di più, è stata inserita da Time nella lista delle 100 personalità più influenti al mondo.

Forte dei suoi tre album, tutti certificati disco di platino, e dei 18 miliardi di ascolti in streaming delle sue canzoni (una cifra impressionante, che fanno di lei una delle artiste più seguite al mondo), Ariana Grande è senza dubbio una delle artiste che dominano la scena musicale internazionale.

Il suo ultimo lavoro è il singolo “God is a woman”, Dio è una donna, che introduce al suo prossimo album che sarà pubblicato il 17 agosto e che si intitolerà “Sweetener”. Prima Ariana Grande aveva pubblicato il singolo “No tears left to cry” e la traccia in anteprima “The light is coming” con il featuring di Nicki Minaj e la produzione di Pharrell Williams.

Come c’era da aspettarsi, il video di “God is a woman” ha collezionato visualizzazioni come ciliegie: una tira l’altra, nell’arco di pochi giorni dalla pubblicazione. E parliamo di milioni di visualizzazioni, tanto da entrare in maniera stabile nella top ten delle tendenze di YouTube. Reginetta del pop, come altro potremmo definire Ariana Grande dopo questi numeri? Adesso, la prova di “Sweetener” l’attende: il suo disco è indiscutibilmente molto atteso dal pubblico, e profuma di successo annunciato.

Una gran mano allo slancio del disco lo sta dando il video di “God is a woman”, ricco di simbologie e riferimenti artistici, religiosi, letterari e cinematografici, tutti rigorosamente declinati al femminile. Avete riconosciuto tutti i riferimenti proposti? Sicuramente abbiamo individuato quelli italiani, il Pantheon di Roma, la rappresentazione de “La Creazione di Adamo” della Cappella Sistina di Michelangelo, e Ariana Grande in versione Lupa Capitolina.

Ospite speciale del video, la regina del pop diventata icona grazie a una carriera strepitosa: Madonna, che doppia Ariana in un monologo tratto dal film cult “Pulp Fiction” di Quentin Tarantino, a sua volta citazione di un passo biblico. In più, Ariana indossa in una scena il famoso corpetto anni ’90 di Madonna, quello del Blonde Ambition Tour. C’è tanto di cui parlare su “God is a woman”, altrettanto ci sarà da dire su “Sweetener”.

Ariana Grande: guarda il video di “God is a woman”

Il Sunsets Festival firmato da birra Corona quest’anno sbarca a Gallipoli, il 4 agosto.

Corona Sunsets Festival, musica e divertimento il 4 agosto a Gallipoli

Il 4 agosto prossimo a Gallipoli sbarca l’appuntamento più importante e coinvolgente dell’estate Corona, il Corona Sunsets Festival.

L’anno scorso questo evento che unisce musica e divertimento aveva conquistato Rimini: in quella occasione la spiaggia poteva accogliere un numero davvero importante di persone, pronte a festeggiare l’estate. Per la prossima edizione Corona ha fatto una scelta diversa: la spiaggia di Gallipoli ha una capienza notevole ma evidentemente è più piccola della lunga striscia di sabbia della riviera romagnola. Il motivo della scelta è stata la bellezza del contesto naturale del Salento. Per il resto, birra Corona non poteva che scegliere di festeggiare l’estate su una spiaggia, luogo dove è nata e cresciuta e che ha dunque nel suo dna.

Ecco quindi che il 4 agosto Corona Sunsets Festival prenderà vita a Gallipoli: fin dal pomeriggio l’evento animerà la spiaggia con una serie di attività coinvolgenti e workshop. Poi, spazio alla musica, che vedrà alternarsi Rodriguez Jr, Luca Bachetti, Kidnap e Miss Melera.

Durante la giornata si potranno personalizzare t-shirt, realizzare poetiche lanterne, e farsi fare un make up colorato per immergersi nel clima del Sunsets Corona Festival, una grande e colorata celebrazione del tramonto.

Corona Sunsets Festival, musica e divertimento il 4 agosto a Gallipoli 1Sunsets Corona Festival può essere considerato un vero e proprio format, dato che è un evento proposto con successo in diverse parti del mondo e che, di base, vuole vivere il tramonto, la ‘golden hour’ delle giornate estive, con performance, show e iniziative che coinvolgano tutto il pubblico presente.

Senza dimenticare l’impegno: Corona è impegnata al fianco di Parley For The Oceans nella difesa dei mari dalla minaccia della plastica, e per questo durante il Festival verranno proposte attività di sensibilizzazione sul tema.

Sunsets Corona Festival, per la prima volta, quest’anno sarà trasmesso in streaming su Facebook live, YouTube, Instagram e Be-At.tv (solo per citare le principali piattaforme), per permettere a tutti di farsi un’idea dell’atmosfera dell’evento. Per chi avrà la fortuna di essere in Salento ad agosto, l’ingresso sarà dalle 17. I biglietti sono disponibili sul sito di Corona.

Alessandro Casillo si è ripresentato sulle scene musicali dopo alcuni anni, e dopo aver riscosso da giovanissimo un successo travolgente.

Alessandro Casillo ritorna sulla scena musicale con “Ancora qui”.
Alessandro Casillo. Foto: © Mattia Biancardi

Alessandro Casillo nel 2011 a “Io canto” ha vinto il premio della giuria tecnica guidata da Mogol, poi ha pubblica il suo ep “Raccontami chi sei”. Alessando ha poi vinto la categoria Giovani al Festival di Sanremo 2012 con il brano “È vero (che ci sei)” e ha pubblicato l’album “È vero”, oltre a un instant book che era il diario di questo suo periodo da vera star. “#ALE” è il suo secondo album del 2014. Poi la pausa per concentrarsi su di sè, iniziata nel 2015 e terminata ora, con l’arrivo del nuovo singolo “Ancora qui”.

Come mai hai aspettato tanto tempo per tornare?

Quattro anni fa mi sono fermato per diplomarmi e avere il “pezzo di carta” in mano, lo consideravo importante per me e per il mio futuro. E poi mi sono reso indipendente dalla mia famiglia, tuttora lavoro. Ma la musica non l’ho mai abbandonata.

Cos’hai capito dal tuo legame con la musica, che in questi anni hai vissuto lontano dal pubblico?

È stato difficile capire cosa volessi fare davvero, musicalmente parlando. Che genere affrontare, di cosa parlare. In questi quattro anni ho scritto tantissime canzoni, ma quando si è trattato di decidere con quale brano ripresentarmi al pubblico, con lo staff che lavora con me abbiamo scelto “Ancora qui”. Questa canzone ci colpiti perché, anche se è stata composta da Emiliano Bassi, è come se la avessi scritta io.

Parla proprio del tuo ritorno?

È stata scritta appositamente per me, perché volevamo che fosse un pezzo sul mio tornare alla musica. Poi sicuramente può essere anche una canzone che parla di un amore talmente forte che fa tornare tutto punto in cui ci si trovava in precedenza. Chi la ascolta la può fare sua come vuole, ovviamente la lettura che ho dato io al testo la prima volta che l’ho ascoltata riguardava il mio percorso. È stato come dire eccomi, sono qua.

I ritorni sono più dolci o più complicati delle prime volte?

Più dolci direi, ma dipende dalle situazioni e da tante tanti fattori. In questo momento rispondo così, ma “Ancora qui” è solo il primo passo di questo ritorno. Dovrei dirtelo tra un po’ di tempo.

Sai già quali saranno i tuoi prossimi impegni? Alessandro Casillo ritorna sulla scena musicale con “Ancora qui”. 1

Adesso c’è un nuovo percorso, è come iniziare da zero. So che è dura ma ce la metto tutta. L’obiettivo è arrivare a un album, ma c’è tempo per tutto. Ora lasciamo che “Ancora qui” venga ascoltata. A breve verrà pubblicata una canzone scritta da me, che farà scoprire chi è davvero Alessandro.

Sempre qualcosa di pop?

Certamente. Non voglio stravolgere l’Alessandro di prima nè quello che sono. Adesso funziona la trap ma non mi ci butto di certo, non avrebbe senso; faccio quello che mi sento di fare.

Curiosiamo nella tua playlist: cosa troviamo?

Di tutto, compresa la trap. Mi piace ascoltare quello che c’è di bello in ogni genere musicale. Vado in fissa con un artista per un certo periodo, poi dopo qualche giorno lo sostituisco con un altro.

Adesso con chi sei in fissa?

Mi è capitato qualche giorno fa di riascoltare un vecchio brano di Michael Jackson che non sentivo da tempo, e mi sono messo a riascoltare la sua musica.

Un concerto visto in questi anni che ti ha particolarmente emozionato?

Concerti visti tanti, non saprei indicarne uno in particolare perché ogni volta guardo il palco e dico “Voglio tornare io a fare quelle cose lì”.

George Ezra è il biondino dalla voce importante di “Budapest”, hit che fa parte del suo album d’esordio “Wanted on voyage”. “Staying At Tamara’s” segna il suo ritorno discografico: secondo album, seconda volta che George sale al primo posto nella classifica in Inghilterra.

George Ezra, musica che nasce dai viaggi e dagli incontri

In questi quattro anni passati tra un disco e l’altro George Ezra ha suonato, cantato, vissuto, e creato un podcast di successo, “George Ezra & Friends”. E ha anche viaggiato, tanto è vero che le nuove canzoni sono state ispirate dal Kent, dal Galles, e anche da Barcellona.

Istintivamente, leggendo il titolo “Staying at Tamara’s” verrebbe da pensare a tutto tranne che ai viaggi, invece è così. Spiega George di avere “Amici che si mettono nella cucina di casa, chitarra in mano, e compongono le loro canzoni. Io no. Io ho bisogno di visitare posti nuovi o di conoscere persone nuove per un certo periodo, per trovare ispirazione. Posso permettermi di farlo, sono fortunato”.

Ecco così George Ezra arrivare a Barcellona: “Avrei potuto stare in hotel o in un appartamento, ma ho preferito cercare su internet un posto dove stare con AirBnb. Così ho trovato Tamara che affittava una stanza. Il titolo del disco si riferisce quindi a casa sua, più che a lei. Non mi sono mosso per un mese, da lì. Ho passato due anni tra un albergo e l’altro, in quel periodo a Barcellona mi sono sentito a casa”.

Da qui l’ispirazione, perché “Io viaggio sempre con agende e quaderni, dove appunto tutto: incontri, persone, posti. Tornato a casa ho riletto tutto per trovare gli spunti più interessanti. A volte si trattava solo di una parola, sono partito da lì per scrivere”. Di certo, l’ispirazione di George Ezra porta a ottimi risultati, visto che è uno degli artisti maschili che ha venduto di più nell’ultimo decennio.

George Ezra, musica che nasce dai viaggi e dagli incontri 1In poco più di 18 mesi è passato dall’anonimato al successo internazionale: “Suonavo nei pub poi sono passato ad aprire concerti di altri artisti in grandi spazi, poi a fare i miei concerti in posti sempre più grandi. Mi sono chiesto se me lo meritassi, quanto fossi fortunato. Io mi sorprendo sempre di tutto, non solo del successo. Il primo disco l’ho fatto, e basta. Con questo ho cercato di imparare di più, di dare un senso maggiore a tutto. Comunque, io non faccio troppi piani: non avevo pianificato di essere qui oggi, eppure ci sono ed è fantastico. Ho imparato che non sarai al top sempre, in questa carriera. Le cose sono incerte, ed è una bella lezione da apprendere”.

A George Ezra non solo viene riconosciuto un indubbio talento da cantautore, ma anche il suo podcast “George Ezra & Friends” (chiacchierate con suoi colleghi cantanti, da Ed Sheeran a Elton John) è stato un successo. “È complicato per me ascoltare la musica di altri artisti mentre scrivo un album; penso che se loro fanno così, allora forse dovrei fare così anche io. Per evitare questa cosa mi sono messo ad ascoltare dei podcast, e poi ho realizzato il mio. Il disco era finito, ma sarebbe uscito solo dopo alcuni mesi. Dovevo trovare qualcosa da fare, ed è stato questo podcast. Dovrei registrare una seconda stagione ma non ho tempo, adesso”.

Perché George è impegnato a suonare dal vivo in giro per Festival. Il 26 ottobre, poi, farà un concerto a Milano. “Lavoro per il pubblico, innanzi tutto. Se le persone che vengono ad ascoltarmi sono felici, sono felice anche io”.

Diodato ha fatto divertire Milano con il suo live al Castello per la rassegna Estate Sforzesca. Bravo come sempre, intenso e trascinante. Essenziale, anche, perché come è sempre stato, per lui i concerti non hanno fronzoli.

Diodato, un concerto da vedere

Diodato con Milano è arrivato alla terza data del suo tour estivo, che lo vedrà impegnato fino a settembre – per ora: le date sono in aggiornamento.

Poco prima delle 22 ha imbracciato la fidata Laky, la sua chitarra, e ha aperto il concerto con “Di questa felicità”, trascinando immediatamente con sé tutto il pubblico, in un unico coro sgolato su “prendimi l’anima e dille come si fa a non aver paura di questa felicità”. Sarà banale e scontato dirlo, ma come ogni volta che sale sul palco, a Diodato questa felicità trasparente e contagiosa si legge in faccia.

Il suo è stato un concerto di un’ora e mezza circa, essenziale, pulito, energico, tenuto insieme dalla sola forza di parole e musica. E le sue, di parole, hanno valore: se le guardi in controluce ci vedi l’anima, di Antonio Diodato e di tutti, perché un concerto così prende le situazioni che hai vissuto e le cose che hai pensato e te le ridà spiegate, raccontate, smontate e rimontare. Certo, succede anche ascoltando queste canzoni sul disco, ma la magia dei live è proprio quella di rinnovare e rendere più tangibile la condivisione.

Diodato, un concerto da vedere 1
Diodato. Foto: © Comunicarlo

Diodato ha proposto in scaletta le sue canzoni più note, “Mi si scioglie la bocca” (presentata come “Uno dei primi brani che ho fatto ascoltare alla mia etichetta discografica un paio di anni fa”, cioè Carosello), “Adesso” che ha portato all’ultimo Festival di Sanremo con Roy Paci (canzone che avrebbe meritato di più in quell’occasione), sul finale “Babilonia”, altro suo brano sanremese. Ma anche la freschissima “Essere semplice” fino alla chiusura veramente in festa di “Cretino che sei”. Bravo, bello spettacolo, di atmosfera e coinvolgente, a tratti più delicato, a tratti fatto di suoni corposi.

La chicca è stata la partecipazione di Ghemon, che avevamo visto con Diodato anche a Sanremo: dopo “Adesso” Ghemon ha anche proposto “Un temporale”, davvero una bella sorpresa, ben riuscita.

In apertura, prima di Diodato, si è esibita Erica Mou, davvero un talento originale e particolare. Anche lei con trascorsi sanremesi (“Nella vasca da bagno del tempo”, brano che ha proposto anche al live al Castello Sforzesco), sa davvero giocare con le parole delle sue canzoni: scrive testi incisivi e leggeri al tempo stesso, davvero una qualità da non sottovalutare. Bravissima, anche lei.

 

Diodato, le date del tour finora confermate sono:

15 luglio Biella, Reload Sound Festival

19 luglio Treviso, Suoni di Marca

26 luglio Sovicille (SI), Museo del Bosco

27 luglio Locorotondo (BA), Locus Festival

29 luglio Trento, Lagorai D’inCanto

03 agosto Grottaglie (TA), Carsica Festival

09 settembre Calice Ligure (SV), Calice Music Fest

Top