Affermato giornalista, caporedattore di AllMusic Italia, direttore artistico di Radio A8 e critico musicale, l’instancabile Simone Zani ha da poco pubblicato “La festa di Don Martello”, primo romanzo scritto con lo sguardo di chi ama raccontare e raccontarsi. E noi di Musica361 ve lo raccontiamo.

Simone Zani: “La festa di Don Martello”, primo romanzo tra musica e poesia
Il giornalista Simone Zani

Come è nata la voglia di pubblicare un romanzo?
«Dal desiderio di confrontarmi con un linguaggio diverso, quello della letteratura. Nel 2015, durante una vacanza, avevo iniziato ad abbozzare uno storyboard, che poi ho abbandonato tornando al lavoro. Durante il lockdown 2020, con più tempo libero a disposizione, ho ripreso in mano il progetto. Nonostante anche qualche difficoltà – ho perso e riscritto alcuni capitoli durante la stesura – sono riuscito a terminare la storia con lo spirito giusto».

Come ti ha ispirato Bregano, il tuo paese natale?
«Ci ho vissuto per quasi 30 anni. Un paese di meno di 700 anime. Ho conosciuto le criticità della vita di paese, l’essere sempre sotto la lente di ingrandimento, soprattutto quando “non sei omologato”. Non è facile nella mentalità di paese accettare che un ragazzino preferisca passare tempo a leggere, ascoltare un disco o assistere ad un concerto, anziché giocare ad una partitella di calcio. Non c’è volontà denigratoria, semplicemente la voglia di raccontare esperienze di un luogo dove sembra che le piccole cose abbiano un’importanza totale. Quando sei ragazzino ne soffri, poi gli anni passano e cambi vita appena ne hai la possibilità. Lettori di paesi di tutta Italia hanno riscontrato le medesime sensazioni che ho avuto io. Tutto il mondo è paese nel vero senso della parola».

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“La festa di Don Martello”, 2020

Don Martello è esistito?
«No. Don Martello compare solo alla fine e per tutto il romanzo la storia si costruisce sul pettegolezzo. Si tratta di uno spunto per poter descrivere il paese. Al centro del romanzo c’è il pettegolezzo stesso».

Da giornalista e solitamente da intervistatore, che effetto fa al contrario sentir parlare di sé?
«Il mio mestiere è dare visibilità all’arte altrui stando un passo indietro. Francamente trovo piacevolmente inaspettato e quasi imbarazzante tutto questo affetto. Non sono una persona che si ferma a guardare quello che è stato, mi piace sempre pensare che il traguardo migliore sia il prossimo. Senza retorica, è il mio modo di concepire la vita e il lavoro».

 

Come ricordi la prima intervista realizzata?
«Male! Non fu una bella esperienza. L’intervistato concluse dicendomi di non pensare alla musica ma di dedicarmi ad altro…Poi fortunatamente arrivò la prima intervista musicale, telefonica, a Gatto Panceri e la prima in presenza ad Al Bano. Il mio primo festival di Sanremo fu l’anno dopo, nel 1999. Il 99,9% delle interviste della mia carriera mi hanno dato qualcosa. Nel tempo si è creato un solido rapporto con gli artisti, oltre la relazione intervistatore-intervistato. Mi sono conquistato la loro fiducia e stima».

Pur non avendo pregiudizi nei confronti dei generi musicali per mestiere, quali sono quelli che ami?
«Il pop italiano. Quella che una volta veniva considerata prettamente “la musica di Sanremo”. I miei ascolti si orientano sempre ad artisti in qualche modo legati a quel mondo. In particolare però ho una passione per un cantautore anch’esso passato da Sanremo ma più rappresentante del folk, Davide Van De Sfroos. Mi piace come racconta la vita. Avevo le lacrime agli occhi dalla prima all’ultima canzone quando ha suonato a San Siro».

Tu ti occupi anche di sport: cosa significa realizzare un’intervista sportiva e una musicale?
«L’intervista sportiva, soprattutto se realizzata al termine di un evento, deve cogliere istantaneamente l’aspetto più emotivo. Quella musicale ti dà invece la possibilità di approfondire, soprattutto se si tratta della presentazione di un disco, un brano o di una carriera».

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Il libro si apre con una citazione dei Ricchi e Poveri e non è la sola. In filigrana al romanzo c’è sempre la musica?
«La citazione dei Ricchi e Poveri non è casuale perché Bregano è effettivamente un paese che sta sulla collina. In più il romanzo è ambientato nel 1985, anno in cui i Ricchi e Poveri vinsero Sanremo. La musica non è una colonna sonora o un filo conduttore, ma sì, se vuoi, una filigrana. Se ne parla spesso. Nel finale cito anche una canzone di Al Bano e Romina, ascoltata alla radio da Don Martello. E anche una canzone di Memo Remigi – oggi residente a Varese – portata al successo da Iva Zanicchi, La notte dell’addio».

Questo romanzo rimane un episodio isolato o hai in programma altri lavori?
«Due settimane dopo aver concordato la pubblicazione di Don Martello mi è arrivata la proposta di un’altra casa editrice. Così ho pensato di terminare la bozza di un altro spunto, già a buon punto. Durante il secondo lockdown ho approfondito la vicenda di uno dei personaggi del primo romanzo. Una sorta di spin-off. Però se ne riparlerà tra qualche tempo».

Scrittura, musica e poesia: come le ordini nella tua vita?
«La musica è la mia vita. E la possibilità poter portare ogni giorno il mio punto di vista sul panorama musicale mi rende orgoglioso. La poesia è stata un approccio. Quando nasci e vivi in un paese come Bregano cerchi una valvola di sfogo e l’ho trovata nello scrivere in versi la quotidianità. La scrittura in prosa invece è una passione recente, vedremo».

A quale evento tra tutti quelli vissuti sei più legato nella tua carriera?
«Sanremo. Sono fan e spettatore del festival da una vita. La prima volta avevo 17 anni, era il 1999. Ricordo quando sono entrato per la prima volta all’Ariston come inviato. Un’emozione che non so descrivere, per quanto bella. Nonostante abbia seguito come inviato 22 edizioni, per me Sanremo è sempre affascinante come la prima volta. La realizzazione di un sogno da bambino».

Cosa ne pensi di questa edizione, appena conclusa?
«Coraggiosa. Non è stato facile per Amadeus e Fiorello procedere tra infinite difficoltà e polemiche. Compresa l’assenza del pubblico. I Måneskin? Hanno alle spalle un certo percorso musicale, sono giovani e hanno potenzialmente un futuro. Personalmente avrei scelto Colapesce e Dimartino, ma se avesse vinto anche Ermal Meta sarebbe stato lo stesso. Francamente negli anni ho perso la smania di tifare. L’importante è fare una bella figura al festival e credimi non è scontato. In fondo la vera vittoria è sempre dopo, nel cuore delle persone».

Immagina John Lennon (come non lo conoscevi), 40 anni dopo
John Lennon

Numerose le pubblicazioni di rito in occasione del recente anniversario della morte dell’ex Beatle, icona pop della musica contemporanea.
Ma proprio sicuri di conoscere John Lennon?
Ecco la “biografia definitiva” di Lesley-Ann Jones”.

Sono passati quattro decenni da quell’8 dicembre 1980
quando Mark Chapman strappò per sempre al mondo John Lennon. Non tuttavia la sua memoria, ancora vivissima: prova ne siano, proprio in questi giorni, le dovute celebrazioni sotto forma di eventi, articoli, servizi e naturalmente libri.

Nel novero anche John Lennon – La biografia definitiva (Sperling & Kupfer),
originale ritratto-inchiesta della giornalista Lesley-Ann Jones – già autrice del bestseller Freddie Mercury – I Will Rock You.

Cosa la differenzia da altre biografie su Lennon?
Il tentativo di riesaminare luoghi comuni e confutare leggende, setacciando molti degli elementi più enigmatici. Dal reale motivo del trasferimento in America al rapporto con colleghi come Bowie, la Jones aspira ad un quadro inedito dell’uomo e dell’artista, tra rapporti sentimentali, fine ed eredità musicale.

La domanda guida è: “Chi ha ucciso John Lennon?”
– il titolo originale è “Who killed John Lennon?” – O meglio, quando Lennon comincia a trasformare il suo viaggio interiore verso un inesorabile e costante confronto con la morte?

Tesi dell’autrice è che Lennon si sia gradualmente avvicinato all’annullamento di se stesso e i proiettili di Chapman altro non siano stati che l’estremo sigillo.

Immagina John Lennon (come non lo conoscevi), 40 anni dopo 1

Un percorso cronologico, che ha inizio dal “doppio abbandono” della madre, Julia Stanley – prima con l’affidamento alla zia Mimì, poi a seguito dell’incidente mortale del 1958. E citando canzoni come Mother e Julia a conferma del traumatico e ciclico rigurgito di un lutto difficilmente elaborabile. La perdita di quella madre venerata che gli infuse, insieme, la prima educazione musicale e quell’inquietudine esistenziale che lo spingerà all’isolamento e all’ossessiva ricerca di figure (femminili) di riferimento.

Da Cinthia Powell, prima moglie, alla cui materna protettività Lennon reagisce anaffettivamente
– diversamente da quanto si direbbe ascoltando la sua musica – passando per il flirt con la cantante britannica Alma Cogan, fino al rapporto con la performer Yoko Ono. Un rapporto simbiotico, interrotto solo dai 18 mesi con May Pang, assistente personale e amante del famoso “lost weekend”.

Non mancano anche figure maschili
come il padre Alfred o il presunto amore non corrisposto del manager Brian Epstein. Testimonianze esclusive di amici, collaboratori, personaggi chiave o intimi, come l’amico di sempre Pete Shotton o Andy Pebbles, giornalista di BBC1, ultimo ad intervistarlo due giorni prima del suo omicidio.

Un accurato profilo, approfondito in oltre 400 pagine attraverso ricerche di prima mano.
E per una volta evitando di utilizzare liriche come strumento principe per ricostruire l’identità lennoniana. Pur toccando anche l’epopea dei Beatles ma con spazio (volutamente?) limitato per Sir Paul.

Impreziosiscono il libro 16 pagine di materiale fotografico,
una sezione dedicata a dichiarazioni di e su Lennon, una discografia ragionata e i brani preferiti dall’autrice. Bibliografia e suggerimenti chiudono una biografia forse non ancora “definitiva” – su Lennon auspichiamo che ci sarà ancora da scavare – ma sicuramente una nuova lettura critica utile per lennoniani e neoappassionati.

Quale occasione migliore del Natale per regalare un libro a un appassionato di musica? Musica361 vi consiglia tre fortunati titoli del 2019 da portare sotto l’albero.

Natale 2019: tre libri imperdibili consigliati da Musica361

In periodo natalizio un libro resta uno dei regali sempre apprezzati. Anche per gli appassionati di musica. Tanti sono stati i titoli che vi abbiamo presentato nel corso del 2019; tra tutti ci sentiamo di consigliarvene almeno tre imperdibili, risultato di un sondaggio di gradimento tra i lettori di Musica361.

“Amico Faber”: un ritratto autentico dell’uomo De André

Per gli amanti della musica italiana Amico Faber (Hoepli, 2019), originale ritratto dell’uomo Fabrizio De André, tratteggiato dalla penna di Enzo Gentile attraverso i ricordi di amici e colleghi.
Una oral history per riscoprire una figura fondamentale della nostra tradizione, giusto in tempo per il prossimo anniversario degli 80 anni dalla nascita (1940 – 2020).

Occasione che, a quanto pare dalle notizie di questi giorni, verrà celebrata anche da un docufilm legato alla scoperta dello storico filmato del concerto di Faber con la PFM a Genova (1979). La pellicola sarà proiettata nelle sale a febbraio.

“Banana Republic”: il tour della svolta di Dalla e De Gregori 1Sempre in tema di eventi storici della musica italiana e al 1979 ha avuto successo un’altra affascinante e fondamentale tappa della nostra storia musicale, documentata nel libro di Ferdinando Molteni, Banana Republic (Vololibero, 2019): l’epopea di Dalla e De Gregori che riempirono gli stadi ben prima delle folle oceaniche di Baglioni, Vasco e Ligabue.

Genesi, retroscena, curiosità su canzoni, liti, criticità e amicizie dietro ad un tour seguito da seicentomila persone, un disco che scalò le classifiche e persino un celebre film.

“Rock live”: i concerti che hanno fatto storia raccontati da Massimo Cotto 1

Chiude questa triade una pubblicazione in tema rock: Rock live (Mondadori, 2019), i concerti che hanno fatto storia raccontati da Massimo Cotto, giornalista musicale e voce di Virgin Radio.

Da Bob Marley allo Stadio San Siro di Milano nel 1980 all’esibizione di Bob Dylan davanti a Giovanni Paolo II a Bologna, ogni concerto è, nel consueto stile narrativo-confidenziale di Cotto, il punto di partenza per un curioso viaggio nella memoria delle rockstar.

Dal concerto per celebrare i 4 decenni di attività, registrato lo scorso 9 giugno al Castello Sforzesco di Milano arriva “Fortis 1° OfficiALive”, doppio album (e DVD) dello storico cantautore. Accompagnato da un libro fotografico.

1° OfficiALive: Alberto Fortis compie 40 anni, di carriera

Così ammiraglio Santo, portami dove anche i Sogni divampano l’Ardore e per il Tempo che, sai nel ruvido vanto, prova a seguirmi tra meandri lisci, da quando Ti implorai impedisci il dolore e di punirmi.

Alle parole di questa poesia Alberto Fortis, uno dei nostri cantautori più innovativi e internazionali, affida la partenza del suo primo album dal vivo.

FORTIS – 1° OfficiALive è il primo live ufficiale nella discografia del cantautore lombardo.
Un viaggio musicale dal 1979 ad oggi in compagnia di amici e colleghi musicisti che con lui hanno condiviso momenti e tappe fondamentali.

In un’ora e mezza di spettacolo tutti i successi, dal primo debutto discografico con l’album omonimo Alberto Fortis nel quale viene accompagnato dalla Premiata Forneria Marconi.
L’amicizia e Fragole infinite tra le versioni più belle di sempre, grazie anche alla presenza di prestigiosi ospiti e duetti con artisti come Rossana Casale e Francesco Baccini.

1° OfficiALive: Alberto Fortis compie 40 anni, di carriera 1

E, nel dvd, anche momenti coreografici affidati sia alla produzione video sia ai momenti teatrali, come l’interpretazione de La sedia di Lillà e Mama Blu, diretti dalla Maestra Laura Marcora insieme al Coro degli ottanta Piccoli Cantori di Milano.

“Lo dedico a chi ha sempre navigato insieme e a chi desidera salire a bordo, destinazione Bellezza – dichiara il cantautore – Nonostante tutto è solo questione di tempo, perché all’orizzonte qualcosa già si intravede”.

Nel doppio live classici come Il Duomo di notte, Milano e Vincenzo, Settembre che hanno conquistato l’affetto del pubblico e un libro di 64 pagine, ricche di fotografie inedite provenienti dall’archivio personale dell’artista.

Il tutto per tracciare un percorso artistico tra alti e bassi ma sempre coerente, costituito da sedici album, un disco di platino, due d’oro e oltre un milione e mezzo di dischi venduti. E costellato da collaborazioni prestigiose come George Martin, Gerry Beckley degli America e Carlos Alomar produttore di David Bowie.

Troppo tempo per pubblicare un live? C’è chi lo fa dopo due album e poi sparisce e chi ci mette 40 anni ma segna la storia della musica italiana.

Mario Castelnuovo celebra la sua carriera col cofanetto “Guardalalunanina”, contenente un doppio live e un libro. Un’occasione per riscoprire il cantautore romano.

“Guardalalunanina”: Mario Castelnuovo in 38 anni di carriera

“Non è semplice riassumere 38 anni di carriera di un artista, eppure Guardalalunanina ci riesce” commenta il cantautore romano Mario Castelnuovo, riferendosi allo speciale cofanetto recentemente pubblicato, contenente due CD live e un libro.

Sembrerebbe un semplice cofanetto celebrativo ma Castelnuovo sottolinea cheall’interno dei solchi c’è il respiro del pubblico che mi segue da anni, o quello mio, solitario, mentre svelo la nudità delle mie canzoni appena nascono e che poi diventano adulte con la complicità dei miei amici musicisti”.

“Guardalalunanina”: Mario Castelnuovo in 38 anni di carriera 1Nella tracklist in particolare due omaggi, al Goran Kuzminac di Stella del Nord e alla straordinaria Aida di Rino Gaetano – autore che, nonostante possa sembrare apparentemente lontano dalla espressività di Castelnuovo presenta invece con questi un forte legame. Non a caso, in una pagina del libro che contiene i due CD, si trova la fotocopia di una locandina del primo concerto dal vivo di Castelnuovo che coincise con l’ultimo di Rino Gaetano.

Il libro di fatto non è una vera autobiografia quanto piuttosto un diario di bordo: una sorta di confuso e affascinante brogliaccio attraverso dediche di maestre, racconti e appunti attraverso i quali è possibile risalire alla fonte di alcune canzoni. E poi ancora acquarelli che Castelnuovo disegnava per strada per vivere, ritratti di musicisti o di Gigi Riva e Totò, spartiti, poesie e scarabocchi.

Alla pubblicazione del cofanetto si accompagna quella del singolo in radio Guardalalunanina, brano di undici anni prima che racconta la intima, cruda e struggente cronaca del parto da cui è nata la figlia, celebrando l’eroicità delle donne nella nostra società. “Quest’anno ricorre il 35esimo anniversario di Nina, canzone a cui devo molto”, commenta Mario Castelnuovo. “Nina è diventata grande, o piccola, fate voi. Oggi si chiama Guardalalunanina”.

È possibile tracciare una storia del rock italiano? Ci hanno provato Roberto Caselli e Stefano Gilardino in un saggio dal taglio musical culturale. Prefazioni di Manuel Agnelli e Franz Di Cioccio.

La “Storia del rock italiano” ricostruita da Caselli e Gilardino

18 maggio 1957. In quella giornata al palazzo del Ghiaccio di via Piranesi a Milano andava in scena il primo festival italiano di rock’n’roll. Tra i protagonisti di quell’evento un imberbe e acerbo Adriano Celentano appena ribattezzato “il molleggiato”, una giovane urlatrice chiamata Baby Gate e in seguito Mina, un certo Giorgio Gaber e poi Enzo Jannacci, Luigi Tenco e Tony Renis.

È la fine degli anni ’50 e finalmente il rock arriva anche in Italia. E a dispetto del ritardo con cui viene assimilato nella cultura melodica italiana, andrà guadagnando una fetta sempre più significativa del mercato discografico: in poco tempo diventerà per la giovani generazioni uno degli strumenti principali di espressione, condivisione e soprattutto ribellione.

La “Storia del rock italiano” ricostruita da Caselli e Gilardino 1Partendo proprio dal 1957 il giornalista Roberto Caselli insieme al collega Stefano Gilardino hanno tracciato oltre 60 anni di capitoli della storia del rock in Italia. A partire dagli episodi emblematici dei protagonisti alla genesi e popolarità di canzoni e dischi diventati essenziali. E dalle canzoni si passano curiosamente in rassegna anche storici concerti e festival, ricostruiti attraverso riviste specializzate e trasmissioni radio e televisive dell’epoca.

Un’analisi che indaga anche fasi del contesto storico-sociale che ha permesso a questo genere di svilupparsi e avere successo. Nelle quasi 400 pagine del volume si passa dall’Italia della ricostruzione post bellica e del boom economico all’era delle grandi contestazioni tra speranze e antinomie. Fino ad arrivare così, decennio dopo decennio, ai giorni nostri ma ritrovando sempre protagonista di questo genere la cultura giovanile, cuneo fondamentale per scardinare vecchie idee e imporre nuove mode e filosofie.

Una lettura che non riguarda esclusivamente la storia del rock italiano in maniera cronologica ma anche della cultura rock in Italia. Affascinante.

Conosciamo tutti Freddie Mercury sul palco, icona del rock e strabiliante frontman dei Queen. Ma che persona era a riflettori spenti? Da poco ristampata la (discutibile) testimonianza di Jim Hutton, compagno degli ultimi anni di vita della regina del rock.

Jim Hutton e gli ultimi anni (privati) di Freddie Mercury
Freddie Mercury e Jim Hutton

Il prossimo 24 novembre saranno 28 anni da quando se ne è andato Freddie Mercury. Un artista protagonista per oltre 20 anni della scena rock e forse celebrato ancora più oggi che in vita. Da leader dei Queen a solista di successo, chi non conosce almeno una sua canzone, persino tra le generazioni di giovanissimi?

E più lo si ascolta e più ci si chiede: chi era Farrokh Bulsara dietro quella facciata di fama e trasgressione chiamata Freddie Mercury?
Mondadori ha da poco ripubblicato I miei anni con Freddie Mercury, testimonianza della persona che ha condiviso con lui gli ultimi anni di vita. Quelli che lo consacrarono definitivamente nell’Olimpo del rock e del trionfo della felicità del sudato benessere. Ma anche quelli della scoperta della malattia e del ritiro dalla vita pubblica.

Stiamo parlando di Jim Hutton, ex parrucchiere che conobbe Mercury a Londra nel 1983 – ignorando inizialmente persino di chi si trattasse – e diventatone poi l’amante dal 1985. Solo gli amici più intimi sapevano che fosse “suo marito” mentre per estranei o semplici conoscenti Jim era soltanto “il giardiniere” della lussuosa dimora di Kensington di Freddie.

Jim Hutton e gli ultimi anni (privati) di Freddie Mercury 1Hutton svela intesa, complicità e tenerezze nella visione privilegiata di un legame di sette anni tra momenti felici e drammatici, fino alla morte nel 1991. Non semplice testimonianza dell’esistenza di una rockstar ma soprattutto del lato più intimo di Mercury. A tratti nel tentativo di dipingere un uomo diverso da quello amato dai fans, gettando persino un’altra luce su Mary Austin e lasciando i tre membri dei Queen sullo sfondo.

Una visione di parte, certamente, che si può accettare o rifiutare. Più di tutto però, alla luce di certi dettagli, viene da chiedersi fino a che punto sia lecito sapere della vita privata di questo artista. Ci appaga ascoltare la sua musica o per apprezzarlo fino in fondo è necessario conoscere anche particolari della rispettabile intimità di un uomo? Forse ai veri estimatori sono sufficienti i versi alla base della statua commemorativa di Mercury a Montreux: “Cantante di canzoni, amante della vita”.

Quante volte ascoltando una canzone abbiamo immaginato una nostra storia che quei versi suggeriscono? E perché allora non farne racconti? È quello che ha fatto la scrittrice e critica musicale Doriana Tozzi nel suo “B-Side”.

B-Side di Doriana Tozzi: quando le storie nascono dalle canzoni

Come è nato B-Side, progetto editoriale basato su racconti ispirati da canzoni? «Dal tentativo di capire come svecchiare le recensioni dei dischi di cui mi occupo. Per incuriosire e appassionare nuovi lettori ho pensato di recensire in forma di racconto. Dopo un primo tentativo mi sono accorta però che ne derivava un taglio più letterario che musicale. Allora anziché stendere un racconto come recensione di un intero disco, ho pensato che avrei potuto sviluppare racconti da singole canzoni».

Quale è stata la prima canzone pensata per essere sviluppata come racconto di fantasia?
«La lira di Narciso dei Marlene Kuntz. Rileggendola ho pensato che la destinazione, più che per un giornale, avrebbe potuto essere un libro. Così ho cominciato a sviluppare racconti da altre canzoni, a partire da quella musica che ho ascoltavo da adolescente: Afterhours, Verdena, Perturbazione, Diaframma, Ministri, Baustelle, FASK, Zen Circus e molti altri».

Quale è stato il criterio nella scelta?
«Alcune canzoni più dettagliate e narrative mi sembravano raccontare naturalmente una storia, altre più poetiche hanno lasciato più spazio a interpretazioni. Con alcuni brani la stesura è stata immediata, per altri ho dovuto ascoltare più attentamente, per evitare di scrivere racconti simili».

B-Side di Doriana Tozzi: quando le storie nascono dalle canzoni 2Esiste un fil rouge tra queste storie tra passato, presente e futuro?
«L’ambiente in cui si svolgono. B-Side è un paese collegato tramite un ponte ad una città. Spesso nei racconti vengono citati lo stesso fiume, lo stesso ponte e gli stessi alberi – uno di questi è quello della copertina del libro».

Perché il sottotitolo è Autunno?
«Il rock alternativo italiano dal mood malinconico mi ha rievocato le stesse sensazioni dell’autunno, così è nata l’associazione. Inoltre a libro ultimato mi sono resa conto che quella selezione di canzoni era solo una parte di quelle che avrei potuto utilizzare per i racconti. Così ho proposto alla casa editrice di proseguire anche per altre tre stagioni: vorrei associare ai cantautori l’inverno, la primavera alla musica dei figli dei fiori e l’estate al punk. Generi che, per libere associazioni, sento legate a quel tipo di umori stagionali».

Come entrare visivamente nei luoghi cantati da Springsteen? Ci hanno provato Daria Addabbo con le sue fotografie e il giornalista Gino Castaldo con le sue parole.

“This hard land”: l’immaginario poetico di Springsteen in un libro fotografico
Dal libro “This hard land”, foto di ©Daria Addabbo

This hard land è il titolo di un brano di Bruce Springsteen. Da qualche giorno anche quello di un libro nato dalla collaborazione tra la fotografa Daria Addabbo e il giornalista musicale Gino Castaldo.
Lei con i suoi scatti e lui con le sue parole hanno unito le rispettive forze e competenze per tentare di raccontare la poetica di quei luoghi attraverso cui il Boss, nelle sue canzoni, ha dato vita ad una precisa iconografia.

“Sulle strade di Springsteen” è il sottotitolo del volume – sebbene, tra scorci urbani, uomini, donne, bambini e anziani non si trova neanche una foto del cantautore del New Jersey. Viene semmai evocato attraverso le immagini di quei territori da lui cantati per dipingere l’America contemporanea nella sua personale visione.

Ogni capitolo riprende citazioni oppure tematiche dell’immaginario springsteeniano, vere tappe che segnano questo ideale iter paesaggistico: da My Hometown a The Promised land, passando per il lavoro, l’amore, la notte, la strada e infine il sogno.

“This hard land”: l’immaginario poetico di Springsteen in un libro fotografico 1
“This hard land: sulle strade di Springsteen” (Jacabook, 2019)

Si scopre così uno Springesteen che, a dispetto della sua immagine di eroe luminoso, ambienta molte delle sue canzoni nell’oscurità o di notte. Quella notte in cui ha sempre vissuto cantando ed esibendosi, senza aver mai aver esercitato “un lavoro vero”.

Eletto working class hero senza mai esserlo stato ma da sempre cantore della vita di strada, anelando la terra promessa, metafora di quel sogno americano tanto vivo nelle sue liriche.

In un’era 2.0 in cui tutto è facilmente reperibile sulla vita o sulle esibizioni di Springsteen ecco un libro che, in oltre 130 pagine, ha il merito di calare in una visione poetica – magari con uno dei suoi album in sottofondo – che altrimenti difficilmente si potrebbe cogliere. A meno che non ascoltiate i dischi di Springsteen viaggiando in auto per quei luoghi.

Cosa vi dice il nome David Crosby? Un cantautore statunitense? Molto di più: scoprite l’ultimo eroe dell’Era dell’Acquario nel libro di Grompi.

Il ritorno di David Crosby, l’ultimo eroe dell’Era dell’Acquario
David Crosby al Carmel Palladium, Indianapolis, 4 November 2017

Figlio di un direttore della fotografia statunitense, David Crosby (1941) da giovane decise di darsi all’arte drammatica. Interesse passeggero, dato che in breve tempo si dedicherà alla musica, inserendosi nell’ambiente newyorkese del Greenwich Village.
Dotato di voce, ego, talento e un amore smisurato per la libertà, Crosby ha condotto una vita intensa e spesso estrema.

Protagonista della storia del rock, ha fondato nel 1964 i Byrds insieme a Roger McGuinn e Gene Clark e dato vita al sodalizio con Stills Nash & Young, compresa la partecipazione a Woodstock.
Infinite le faide con i suoi compari, poi la prigione, la toccante riscoperta del figlio James Raymond dato in adozione, la morte della fidanzata in un incidente e il conseguente abuso di droghe fino all’amore salvifico per la moglie Jan.

Colpi di scena, gioie e momenti oscuri di una vita che lascia quasi increduli di fronte al fatto che oggi sia ancora vivo. Un vero immortale, anche alla luce di un’incredibile anamnesi medico-clinica, uno degli ultimi eroi viventi dell’Era dell’Acquario.

Il ritorno di David Crosby, l’ultimo eroe dell’Era dell’Acquario 1

Attivissimo sui social e quasi sempre in concerto, dal 2014 ha ripreso prolificamente la sua attività solista a conferma di una insospettabile giovinezza musicale all’alba degli 80 anni.

Recentemente celebrato in U.S.A. col documentario Remember my name, in Italia, per raccontare la sua visione musicale e la sua essenza visionaria di vita e politica, Vololibero ha invece pubblicato David Crosby.
Appassionante come un romanzo e puntuale come un saggio, il libro di Marco Grompi inquadra l’artista in una minuziosa ricostruzione storico-critica, tra utopia e poesia, luci e ombre.

A completare questo volume i testi di tutte le canzoni con traduzione, interviste – alcune inedite –, contributi di giornalisti, amici e appassionati, belle fotografie e una dettagliata discografia, filmografia e bibliografia.

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