Se amate i Pink Floyd non potete perdere i Pink Sonic: non una semplice tribute-band ma raffinati musicisti che riportano in scena l’essenza dei Pink Floyd, in uno show che negli anni è diventato un vero punto di riferimento internazionale per gli appassionati della storica formazione britannica.

Pink Sonic, le date del loro tour dedicato ai Pink Floyd
Francesco Pavananda dal vivo

Il loro primo disco, The piper at the gates of dawn (1967), compie quest’anno 50 anni, esattamente l’età della band di David Gilmour e soci. E più passa il tempo meno anni sembrano dimostrare: non solamente perché i Pink Floyd sono una vera band senza tempo, amata non solo dai fan della prima ora ma anche da nuove generazioni che ogni anno li scoprono o riscoprono, ma soprattutto perché, insieme o separatamente, direttamente o indirettamente, continuano ad essere protagonisti della scena musicale internazionale.

Un fenomeno che non ha fatto eccezione per l’Italia, paese con il quale la band sembra anzi avere un rapporto speciale, dall’applauditissimo film-concerto di David Gilmour registrato durante il suo ultimo tour nella tappa di Pompeii, già location pinkfloydiana, e proiettato lo scorso settembre nei cinema di tutta Europa, alla realizzazione del documentario The wall (2015) di Roger Waters, legato al nostro Bel paese – terra nella quale perse tragicamente la vita il padre Eric nella Seconda Guerra Mondiale – e recentemente protagonista col suo ultimo disco Is this the life we really want? (2017) di un curioso plagio delle opere di Emilio Isgrò. L’Italia inoltre, e in particolare Milano, era stata scelta nel 2014 per ospitare alla Fabbrica del Vapore la prima mondiale dell’imponente mostra dedicata ai memorabilia della band, “Their mortal remains”, poi rimandata – stando alle ultime fonti pare che sarà inaugurata il prossimo mese al museo Macro di Roma.

Dopo l’ultima reunion e l’esibizione della formazione originale al completo il 2 luglio 2005 in occasione del Live8 tante sono state le cover-band che hanno cercato di colmarne la mancanza con show composti dai loro storici brani. E tra le tante band spinte dal desiderio di far rivivere l’emozionante energia live dei classici concerti dei Pink Floyd negli ultimi anni ha meritato attenzione particolare proprio un gruppo italiano, i Pink Sonic, progetto nato nel 2011 dal frontman Francesco Pavananda, cantante e chitarrista dalla ventennale esperienza musicale.

Pink Sonic, le date del loro tour dedicato ai Pink Floyd

La fortuna di questo progetto, che si distingue dalle centinaia di cover-band orientate a una mera riproduzione discografica, si basa sul preciso studio fatto dal frontman nel tentativo di ricreare, quasi filologicamente, le medesime sonorità e le spettacolarizzazioni della band inglese, trasformando quella che sarebbe potuta essere una semplice tribute band in uno show unico nel suo genere: la riproduzione fedele dello stile di Gilmour, l’intesa e l’interazione tra i musicisti, le luci, i laser e l’immancabile schermo circolare di 5 metri fornito di 32 luci rendono gli show dei Pink Sonic un’esperienza unica della musica pinkfloydiana dal vivo, non solo per i virtuosismi tecnici dei singoli artisti ma anche per l’utilizzo meticoloso della stessa strumentazione musicale che si ritrova nei due grandi album live Delicate Sound of Thunder (1990) e Pulse (1994), che documentano le ultime due tournée dei Pink Floyd.

I Pink Sonic, con all’attivo oltre 200 concerti sia in Italia che all’estero e protagonisti nel 2013 di una tournée che ha visto la partecipazione di Lorelei e Durga Mc Broom – le due più famose e premiate coriste di sempre dei Pink Floyd che si sono ritrovate a cantare in Italia dopo oltre 20 anni dal loro ultimo concerto ufficiale con la formazione originale a Venezia nel 1989 – dallo scorso 13 ottobre hanno inaugurato  il nuovo tour nei teatri d’Italia e d’ Europa proponendo 150 minuti di show che prevede in scaletta brani di The dark side of the moon (1973), Wish you were here (1975) e The wall (1979). Che dire: in mancanza dei Pink Floyd dal vivo consoliamoci con i Pink Sonic.

IL TOUR 

  • 20 ottobre Teatro Sociale, Biella
  • 21 ottobre Palais Saint-Vincent, Saint-Vincent (Aosta)
  • 23 ottobre Teatro 4 Mori, Livorno
  • 24 ottobre Teatro Puccini, Firenze
  • 26 ottobre Teatro Moderno, Grosseto
  • 28 ottobre Teatro Sociale, Busto Arsizio (Varese)
  • 4 Novembre Auditorium Flaiano, Flaiano (Pescara)
  • 5 Novembre Cinema Teatro San Mauro, Lavello (Potenza)
  • 6 Novembre Teatro Don Bosco, Potenza
  • 7 Novembre Cinema Teatro Orfeo, Taranto
  • 8 Novembre Teatro Palazzo, Bari
  • 9 Novembre Cinema Teatro Comunale, Teramo
  • 11 Novembre Teatro Cristallo, Bolzano
  • 17 Novembre Teatro Nuovo, Ferrara
  • 24 Novembre Città del Teatro, Asti
  • 25 Novembre Teatro Dogana, San Marino
  • 2 Dicembre Teatro Concordia, Pordenone
  • 5 Dicembre Teatro Manzoni, Monza.

Facebook: www.facebook.com/Pink-Sonic

Sony ha lanciato un’interessante iniziativa per riscoprire l’immenso patrimonio discografico italiano e internazionale invitando vecchi ascoltatori e nuove generazioni a tornare ad appoggiare la puntina sul piatto. Scoprite di più nell’articolo di Musica361.

Sony promuove Every day is a vinyl day
Sony promuove Every day is a vinyl day.

Nati nella seconda metà dell’Ottocento, si estinsero verso la fine degli anni Ottanta, quando il CD portò la musica nel regno del digitale: quegli ingombranti dischi neri analogici noti come vinili e relativi anacronistici giradischi a puntina prima celebrati dagli audiofili come il non plus ultra della qualità sonora finirono, nel migliore dei casi, in cantina oppure rivenduti in qualche mercatino dell’antiquariato.

“È l’evoluzione”, dicevano quegli audiofili della prima ora mentre se ne liberavano, guardando quel vecchio supporto tanto malinconici quanto già eccitati per il nuovo regalo del progresso. Quel progresso poi impietoso pure verso i compact disc che hanno ceduto il passo agli mp3, quelli che oggi a loro volta lottano per sopravvivere contro i servizi di musica streaming.

Eppure il progresso non è sempre così lineare e coerente. Ad esempio da un paio di anni in Olanda ha aperto Vinylify, startup la cui prestazione principale è incidere su richiesta canzoni su vinile. Iniziativa eccentrica? Sono forse folli costoro che proprio in tempo di crisi decidono di avviare un’attività simile? Tutt’altro dato che oggi, dati alla mano, questo tipo di servizi e di interessi intorno al vinile continuano ad aumentare, soprattutto se si guarda dove sta puntando il mercato.

Parliamo del mercato del vinile e della relativa affermazione della dimensione musicale plastica contro quella immateriale che, ironia della sorte, sta risorgendo proprio in questa era digitale che sembrava averla del tutto sotterrata. Cavalcando la crescente tendenza del mercato del disco a livello mondiale, insieme ad altri progetti come la rimasterizzazione dei vinili da analogico a 24bit/192khz – la migliore definizione attualmente possibile – Sony Music Italy ha deciso di potenziare la produzione di ristampe dei vinili più iconici del suo repertorio in versioni arricchite con contenuti extra, musicali, fotografici e di approfondimento lanciando, dallo scorso 9 ottobre, l’iniziativa “Every day is a vinyl day”, allo scopo non solo di riscoprire ma anche di rivalutare l’immenso patrimonio discografico italiano ed internazionale, sia per gli appassionati di ieri che per coloro che si stanno avvicinando a questo supporto per la prima volta.

Per il mese di ottobre previste le pubblicazioni di alcuni titoli dei più grandi successi del passato, tra cui:

Banco del Mutuo SoccorsoIo Sono Nato Libero (1973)

Lucio Battisti Masters (2017)

Fabrizio De AndrèAnime Salve (1996)

Francesco De GregoriDonna Cannone (1983)

Renato ZeroTrapezio (1976)

Edoardo BennatoBurattino Senza Fili (1977)

Daft PunkRandom Access Memories (2013)

Lou Reed Live In Italy (1984)

Simon & GarfunkelThe Concert In Central Park (1982)

E non solo: media partner ufficiali dell’iniziativa saranno Rockol e Radio Capital, che ogni giorno guideranno all’ascolto o alla riscoperta di un album, anzi di un 33 giri, tra storie e aneddoti.

www.legacyrecordings.it

La terza edizione inedita “Alessandro Borghese Kitchen Sound”, videoenciclopedia di ricette a ritmo di musica si conclude con tante creazioni Remix, pillole quotidiane di 5 minuti registrate all’interno del Milano Cafè in onda dal 9 ottobre su Sky Uno HD. E da oggi, 16 ottobre, anche su rds.it, lastampa.it e mixerplanet.com. Tra una canzone e una nuova ricetta Alessandro Borghese ha conversato con Musica361.

“Kitchen Sound”: il gusto musicale di Alessandro Borghese 2
Chef Alessandro Borghese.

Alessandro Borghese ci ha preso gusto, è il caso di dirlo, a far venire l’appetito agli italiani. In particolare col suo “Alessandro Borghese Kitchen Sound”, programma ideato e prodotto da Level33 e AB Normal, in onda dal lunedì al venerdì all’ora di pranzo su Sky Uno HD nel quale presenta originali accostamenti di ingredienti geograficamente e tradizionalmente lontani: dai tortelli con salmone e lime alle crescentine con ‘nduja e squacquerone, ogni piatto creato dallo chef viene riassunto in un brano musicale ad hoc – e le ricette della settimana sono poi raccolte in un menu completo in onda il sabato e disponibile su Sky On Demand e, una settimana dopo la messa in onda, su www.lastampa.it,  www.mixerplanet.com e rds.it., radio che firma anche la playlist che accompagna i menù proposti dallo Chef.

Mentre apre in questi giorni il suo ristorante “AB – Il Lusso della Semplicità” in zona City Life a Milano, Borghese è attualmente impegnato nella realizzazione delle nuove puntate inedite del programma “Alessandro Borghese 4 Ristoranti”, in onda da gennaio 2018 su Sky Uno HD e in autunno sarà protagonista su TV8 di “Cuochi d’Italia”, programma in prima tv assoluta nel quale vedremo sfidarsi a colpi di piatti tipici 20 cuochi provenienti da diverse città d’Italia. In un momento di pausa abbiamo chiacchierato con lo chef dei suoi ingredienti di vita preferiti: musica e cucina.

“Alessandro Borghese Kitchen Sound”, programma di ricette a ritmo di musica inaugura la sua terza edizione e, giusto per rimanere in tema, viene naturale anzitutto chiedersi come sia nata la “ricetta” di questo programma: «Non c’è vita senza ritmo e senza cibo» precisa subito Alessandro Borghese, «musica e cucina sono due modi di esprimersi universali che ho voluto mettere insieme. La musica mi ha sempre accompagnato durante i programmi televisivi, come in questo caso: i miei consigli culinari sono accompagnati da un brano musicale che ripropone il piatto del giorno in chiave rock, soul, funk, blues o rap. Credo che questi abbinamenti gastronomico-musicali», continua Alessandro, «siano possibili grazie al potere evocativo della musica che ha il dono di regalare sogni ed emozioni attraverso la pura e semplice percezione, così come il gusto sa regalare sensazioni sempre nuove che stuzzicano, viziano e sorprendono il palato». Oltre che in televisione Borghese ha ribadito che è comunque sua abitudine cucinare con la musica che ama e che posta nelle playlist sul suo sito e sui social: «La musica mi fa stare bene. Nel mio ristorante milanese “Alessandro Borghese – il lusso della semplicità” si ascolta musica da un DJ Set che propone alcuni vinili provenienti dalla mia collezione privata. Tra i miei dischi puoi trovare hardcore, rock’n’roll, jazz, ballate più classiche e blues, rap e qualcosa di pop». Indagando più a fondo sul suo “gusto musicale” abbiamo scoperto il primo amore per l’hard rock anni Settanta sulla scia di Led Zeppelin, Jethro Tull e Black Sabbath per lasciare poi spazio al pop-rock anni Ottanta, dai Depeche Mode ai Guns n’ Roses e non solo: «Ho imparato ad amare anche il jazz e ho cantato in una band di amici brani dei Jamiroquai».

Sempre più capiamo così con che spirito nascono le dorate e fragranti “Led Zeppolin” o il “Fritto Natalizio Black & White” creato ascoltando il brano Welcome to the Jungle dei Guns’N’Roses oppure il Filetto di tonno con pesche spadellate con la musica divina di Ezio Bosso. «La vita è come la musica che ascolto» confessa poi con piglio confidenziale, «una combinazione di piacere e malinconia. Cucinare è un’arte che risveglia l’anima saziando anche lo stomaco: come la musica, che non puoi certo toccare e nemmeno “mangiare” ma che stranamente ti resta dentro, lasciandoti appagato».

Da “Alessandro Borghese – Kitchen Sound” prende ispirazione anche il suo omonimo libro a cura di Chef Gennaro Esposito e DJ Ringo, fatto non solo di ricette: «I piatti in questo primo volume, sono divisi in cinque capitoli musicali – Classics, Jazz&Blues, Rock’N’Roll, Heavy Metal e Rap&RNB – con ingredienti e preparazione, racconti personali e musicali e tante fotografie».

Alessandro Borghese Kitchen Sound, intervista allo chef
Copertina del libro “Alessandro Borghese Kitchen Sound”

Una creatività poliedrica che dimostra come Alessandro Borghese, nato chef, oggi sia considerato anche un vero comunicatore, anche se precisa: «La mia carriera di chef è iniziata più di venti anni fa mentre la popolarità in tv è arrivata nel 2004. Da più di dieci anni sono in onda con i miei programmi di cucina e sono molto contento di essere stato un anticipatore di questa nuova tendenza che si è sviluppata nel tempo creando a sua volta originali professioni: fino a qualche anno fa non esisteva tanta attenzione  sul cibo, oggi tanti sono i volti che ne parlano. Sono a favore di quel progresso che “accorcia le distanze e migliora la cultura” grazie alla competenza di professionisti al servizio di un pubblico esigente e sempre più esperto nell’assaporare le pietanze. Francamente quando ho iniziato a raccontare la cucina italiana non immaginavo di diventare un esempio: è veramente un successo guardare oggi altri programmi nei quali rivedo le caratteristiche evolute dei miei primi format». In effetti Borghese ha avuto il merito di aver “impastato” la cucina con universi affini: «Fino a dieci anni fa sarebbe stato impensabile parlare di piatti associati a brani rock o argomentare di eventuali abbinamenti tra le due realtà in un’intervista come questa. Continuo a creder fortemente nel potenziale della cucina in Italia che continua a svilupparsi ed evolversi per un bene comune».

E restando al tema di musica e cucina la riflessione finale è questa: la musica internazionale, soprattutto di marca anglosassone, è sicuramente più diffusa in Italia di quella italiana all’estero. Chef, per contro possiamo dire però di esserci presi la nostra rivincita tricolore in cucina all’estero? «All’estero sono sempre stati più bravi di noi a comunicare le loro eccellenze ma il buon cibo parla italiano! Pasta, cappuccino, spaghetti, parmigiano, espresso, pizza: puoi trovarti in un qualsiasi luogo, parlare in una lingua non tua ma queste parole sono immediatamente il sinonimo per eccellenza del Bel Paese. L’Italia all’estero è vista da tempo come la patria dell’eccellenza: era ora che oltre all’arte, alla storia, al turismo, alla moda e pure al calcio, ci fosse più attenzione alla nostra cultura gastronomica. Abbiamo la materia prima, la storia di piatti incredibili…solo noi non l’abbiamo ancora capito! É fondamentale divulgare l’agroalimentare italiano tanto a casa nostra quanto nel commercio mondiale: dovremo avere più fiducia in noi stessi e osare come alcuni vicini di casa che hanno saputo valorizzarsi meglio, semplicemente credendoci di più».

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Il singolo inedito “Un’altra storia”, in rotazione radiofonica, digital download e su tutte le piattaforme streaming da oggi anticipa l’uscita del nuovo cofanetto WANTED (The best collection) prevista per novembre. Ecco le anticipazioni sulla grande raccolta che celebra la carriera del cantautore emiliano

“WANTED”: tutto il meglio di Sugar Zucchero Fornaciari
La copertina di WANTED. Foto di Stefan Sappert

Dopo il grande successo discografico certificato Doppio Platino da FIMI/GfK Italia con l’album Black cat (2016), disco influenzato da country e gospel americano e che vanta partecipazioni illustri – come quella del chitarrista Mark Knopfler che suona su Ci si arrende e di Bono autore della versione inglese della medesima canzone, Streets of Surrender (S.O.S.) – Zucchero continua a infiammare i palchi di tutto il mondo col suo “Black Cat World Tour” inaugurato lo scorso 16 settembre 2016 da ben undici concerti-evento all’Arena di Verona.

E mentre prosegue con soddisfacenti consensi il “Black cat world tour” che dopo Nord America, Oceania, Asia, Africa ed Europa toccherà stasera il Sud America col concerto di Buenos Aires, la Universal Music conferma l’uscita il prossimo 3 novembre di WANTED (The best collection), cofanetto speciale composto da 3 CD (Best of 1985-1990; Best of 1990-2005; Best of 2005-2018) e 1 DVD con il meglio di oltre 30 anni di musica, contenente le immagini live dei concerti all’Arena di Verona, un docufilm con girati di backstage, interviste, contenuti speciali e ben tre brani inediti.  A impreziosire il packaging anche l’immagine di copertina con un intenso ritratto di Zucchero realizzato dal fotografo Stefan Sappert.

Il cofanetto intende costituire una raccolta piuttosto esaustiva per le nuove generazioni e tutti coloro che ancora non conoscono Adelmo Fornaciari alias Zucchero, mentre per i collezionisti o i fan più esigenti dal 10 novembre WANTED sarà disponibile anche nella versione “Super Deluxe” composta da 10 CD, tra cui i 3 CD della standard edition, 1 DVD e un 45 giri.

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Ci si arrende (2016)

Venerdì 13 ottobre verrà inaugurata al Vox Club di Nonantola (Mo) la prima tappa del nuovo tour di De Gregori: dai palchi dei club di alcune delle più importanti città europee e americane il cantautore romano proporrà non solo i suoi più grandi successi ma anche alcuni tra i brani meno conosciuti del suo repertorio, compreso un omaggio a Bob Dylan.

Francesco de Gregori, date del tour in Europa e Stati Uniti
Francesco De Gregori – Foto © Daniele Barraco

«Vedo tanti concerti trattati come eventi muscolari, spesso sento la parola “mega”: grandi numeri, grandi palchi, grandi schermi…A me piacciono anche i posti piccoli, ho sempre amato i club, continuerò a suonarci». Con questo spirito Francesco De Gregori, una delle voci più interessanti della nostra tradizione musicale, ha annunciato l’inizio di un nuovo tour che il prossimo venerdì 13 ottobre verrà inaugurato al Vox Club di Nonantola, storico club emiliano che quest’anno compie 25 anni.

Aspettatevi dunque esibizioni contraddistinte da «quel suono un po’ ferroso, fatto solo per chi sta lì in carne e ossa», per quello spettatore che sta «magari con una birra in mano e ogni tanto esce a fumarsi una sigaretta quando faccio un pezzo che non gli piace» ma soprattutto un evento veramente intimo ed esclusivo che «non ci si aspetta di rivedere in televisione un anno o un giorno dopo».

L’atmosfera da club si presterà a scalette che contengano non solo classici ma anche brani per appassionati e intenditori: «Farò molti pezzi che ho suonato raramente perché magari non erano buoni come singoli. Quando fai un concerto devi fregartene di quello che passano o non passano le radio: ai miei concerti vengono sia quelli che vorrebbero sentire solo Generale e Rimmel sia quelli che non ne possono più perché ormai gli escono dalle orecchie. Cercherò di mandare a casa contenti entrambi».

Francesco de Gregori, date del tour in Europa e Stati Uniti
Francesco De Gregori – Foto © Daniele Barraco.

Le tappe italiane saranno solo quattro mentre il tour toccherà all’estero Monaco, Zurigo, Bruxelles, Parigi, Lussemburgo, Londra, Lugano, Boston e New York: «Mi incuriosisce in particolare il teatro dove suoneremo a New York a novembre, la Town hall: è uno storico locale di Broadway, dove pare abbia suonato Dylan la prima volta che uscì dalla cerchia protetta dei piccoli club del Village». E a proposito di Bob Dylan pare sarà presente, tra le proposte dal vivo, anche un omaggio al collega americano tratto dall’ultimo album di traduzioni De Gregori canta Bob Dylan – Amore e furto (2015): «Può sembrare una stranezza cantare Dylan in italiano davanti a un pubblico internazionale ma una sera a Parigi ho sentito proprio Dylan cantare in inglese Les feuilles mortes di Jacques Brel e da allora ho capito che si può fare tutto. Non credo che ci sia una gran differenza fra il nostro pubblico e quello che troverò a Monaco o a Londra o a Parigi, non solo perché anche là ci sono molti italiani ma soprattutto perché oggigiorno il mondo si è rimpicciolito e i linguaggi si sono integrati».

In occasione di questo ‘club tour’ De Gregori sarà accompagnato da una formazione inedita: «Ci saranno un paio di chitare, un basso e una tastiera. Non avremo un batterista, ci sarò io che batto il piede sul palco e basta. La maggior parte dei batteristi che conosco ormai cercano di somigliare a una batteria elettronica e questa cosa non mi piace. Non credo ai musicisti che dicono “Sto cercando un nuovo suono”. È il suono che di solito viene a trovare te. E credo che con questa band succederà».

FRANCESCO DE GREGORI

TOUR NEI CLUB DI EUROPA E STATI UNITI 2017

13 ottobre, NONANTOLA (Modena) – VOX CLUB

14 ottobre, TORINO – TEATRO DELLA CONCORDIA

16 ottobre, MONACO – THEATERFABRIK

17 ottobre, ZURIGO – VOLKSHAUS

18 ottobre, BRUXELLES – LE MADELEINE

20 ottobre, PARIGI – BATACLAN

22 ottobre, LUSSEMBURGO – DEN ATELIER

23 ottobre, LONDRA – O2 SHEPHERD’S BUSH EMPIRE

25 ottobre, LUGANO – PALAZZO DEI CONGRESSI

26 ottobre, SAN BIAGIO DI CALLALTA (Treviso) – SUPERSONIC MUSIC ARENA

27 ottobre, TREZZO SULL’ADDA (Milano) – LIVE CLUB

5 novembre, BOSTON – REGENT THEATRE

7 novembre, NEW YORK – TOWN HALL

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La sua voce è tornata a farsi sentire in tutte le radio con Seconda notte e Solo un’estate fa, due nuovi singoli che saranno parte della colonna sonora del film Tornatore’s Way e anticipano il suo nuovo album. Una nuova Leda Battisti si racconta a Musica361

“Solo un’estate fa”: Leda Battisti ritorna in versione vintage
Leda Battisti.

La ricordavamo per brani spagnoleggianti come L’acqua al deserto (1998) ma questa estate Leda Battisti è tornata in radio con canzoni dalle sonorità che ammiccano agli anni ’70. I nuovi singoli non solo faranno parte della colonna sonora del nuovo film di Paolo Galassi, Tornatore’s way ma anticipano la pubblicazione di nuovi inediti. Leda Battisti ha fatto il punto sulla sua carriera con Musica361, raccontando questa nuova fase.

Leda Battisti, nata a Poggio Bustone. Il tuo cognome ha rappresentato un vantaggio o uno svantaggio per la tua carriera?
Premetto intanto che a Poggio Bustone, Battisti è un cognome molto diffuso, siamo tutti più o meno imparentati. Nonostante la lontana parentela e un cognome che non si dimentica, posso dire di non averne mai tratto vantaggi né svantaggi nel mio lavoro. Lucio Battisti è stato uno dei più grandi cantautori della musica leggera italiana e mi ha ispirato insieme a tanti altri, però porto con orgoglio questo cognome prima di tutto perché è il mio cognome e soprattutto perché Leda Battisti ha la sua precisa identità musicale.

Lo hai mai incontrato?
Era compagno di scuola di mia madre. Lei mi ha sempre fatto vedere una foto che la ritraeva mentre era incinta di me insieme a mio fratello e Lucio Battisti: fu in occasione dell’ultimo concerto che Battisti tenne a Poggio Bustone. Tanti sono gli aneddoti che mi hanno sempre raccontato i miei genitori ma io lo vidi di persona solo una volta quando ero molto piccola.

Quali sono stati i tuoi primi riferimenti musicali?
Da piccola mi cimentavo con la chitarra ma soprattutto con la voce – perché non dimentichiamo che prima di tutto sono una cantante – suonando e interpretando Stairway to heaven dei Led Zeppelin o Wish you were here dei Pink Floyd. Le influenze straniere, ma non solo anglofone, sono state importanti, non a caso la mia musica ha varcato spesso i confini italiani.

Nel 1992 nel programma Partita Doppia ti aggiudichi il titolo di miglior “Giovane cantautrice”, premiata da Domenico Modugno. Come ricordi quel momento?
In quel periodo già componevo le mie prime canzoni ma quella fu l’occasione in seguito alla quale decisi che sarei diventata una professionista. Quella sera interpretai Vecchio frack e ricordo ancora l’emozione quando Modugno, già anziano e in carrozzina, mi guardò e mi disse: “Tu sei quella con la chitarra. Da quando ti ho visto sapevo che avresti vinto tu!” E io gli diedi un bacio: mi vengono ancora le lacrime agli occhi quando ci ripenso. Poco dopo vinsi una borsa di studio al CET di Mogol.

Nel 1996 dalla collaborazione col chitarrista di flamenco Ottmar Liebert nasce il brano Tocca il cuore che anticipa il tuo primo album, Leda Battisti (1998). Come è nato quel sound latino?
Tocca il cuore composto con Liebert si rivelò la mia prima hit da classifica in Grecia e in Albania. Da quel singolo prese forma il mio primo stile musicale fatto di vocalizzi e armonie latine. Da musicista ho sempre avuto le idee molto chiare: ho creato questo sound da sola e devo dire che francamente ho incontrato non poche difficoltà ad imporlo in Italia. Solo tempo dopo il successo all’estero si sono creati i presupposti per importare questo sound anche in Italia, grazie alla Sony Music e a Rudy Zerbi che ne aveva capito le grandi potenzialità.

L’acqua al deserto è stato il tuo primo vero singolo di successo in Italia. Che tappa rappresenta per te oggi?
Con L’acqua al deserto (1998) in rotazione radiofonica sono entrata nel cuore delle persone. É un brano al quale sono molto legata sia a livello musicale che testuale, continua a piacermi e a rappresentare una mia fase creativa. Soprattutto mi piace ancora oggi il paragone di un amore che manca come acqua in un deserto. Le metafore naturali hanno sempre caratterizzato i miei testi, mi piace mettere in relazione i 4 elementi nella mia musica immaginifica.

L’acqua al deserto (1998)

Da L’acqua al deserto passando per Come il sole si arriva a oggi con Seconda notte e Solo un’estate fa, che segnano di fatto una nuova era. Come sono nati questi singoli dalla sonorità più vintage?
Continuo a seguire un’evoluzione musicale: mi sono allontanata dalle prime sonorità avvicinandomi a nuove melodie incentrate su una vocalità più piena. Col mio bassista e produttore Andrea Battaglia abbiamo costruito uno stile vintage rispetto alle consuete atmosfere latine: Seconda notte ha delle chitarre blueseggianti mentre Solo un’estate fa ha all’interno una specie di moog anni ’70 e dei richiami ai Matia Bazar. Non nascondo che mi siano sempre piaciuti, soprattutto nella formazione con Antonella Ruggiero, anche perché la mia vocalità come la sua si presta molto a quel gioco tra bassi ed alti.

I due brani faranno parte della colonna sonora del prossimo film di Paolo Galassi, Tornatore’s way. Era già successo per La Gabbianella e il gatto (1998). Come è nata questa collaborazione?

«Tutte le mie canzoni nascono di istinto. Anche in questo caso musica e testi non sono nati in previsione del film. Come gli episodi più belli della vita è capitato casualmente: a Paolo Grassi è sempre piaciuto il mio stile e appena li ha ascoltati si è innamorato dei miei due brani; è stato un piacere concederglieli. Molti riferimenti e sequenze del film si ritrovano anche nel video di Solo un’estate fa, molto vintage anche nello stile visivo».

Solo un’estate fa (2017)

Qualche anticipazione sul tuo prossimo disco?
Nel prossimo disco fondamentalmente attacco il jack alla chitarra elettrica: le mie nuove canzoni sono più rocckeggianti. In un momento in cui il pop sembra tutto elettronico ho voluto riprendere un sound autentico, suonato forse in maniera anche più sporca e meno precisa per ricreare volutamente una sensazione analogica, come quella del mio primo disco. Lo sentirete anche nel mio terzo singolo di prossima uscita, influenzato dal reggae: collaborerò con un importante musicista di quel genere, stupirò molti…E in più saranno canzoni influenzate dal cinema: sentirete anche una cover molto particolare di Parla più piano, tratta da Il Padrino.

Sei stata anche attrice: come vivi questa professionalità accanto alla musica?
Fin da piccola scrivevo nel mio diario che da grande avrei fatto la musicista. Professionalmente ho seguito quella strada ma la mia più grande passione insieme alla musica rimane il cinema. Ho studiato alla Sapienza di Roma Lettere indirizzo cinema e teatro e se non avessi fatto musica probabilmente avrei fatto l’attrice. Più di tutto comunque non potrei mai abbandonare la dimensione dal vivo: adoro il contatto con la gente, soprattutto quando mi esibisco nelle piazze. Rispecchia la mia essenza di donna schietta e passionale. Non a caso mi chiamano “Passionaria della musica”, come il titolo del mio secondo disco, Passionaria (2000): sono una che non si ferma di fronte a niente.

Oggi come definiresti la tua identità musicale?
Sono venuta a contatto con diverse sonorità e non ho mai smesso di studiare, c’è sempre tanto da imparare. Non conta quello che hai fatto prima, è la passione e la ricerca che deve sempre guidarti in questo mestiere. Amo tutta la bella musica e non mi stupirei se il mio prossimo disco fosse, che so, jazz. Compongo assecondando quello che sento e non mi precludo niente: ho le mie preferenze come tutti ma sono pure aperta a tutto perché la musica stessa non ha confini.

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Venerdì 6 ottobre esce il nuovo disco di Cristiano De Andrè, terzo capitolo del progetto De Andrè canta De Andrè con il quale il cantautore genovese prosegue l’omonimo tour inaugurato nell’estate del 2009, interpretando dal vivo i brani della discografia del padre Fabrizio

De Andrè canta De Andrè Vol. 3 e il Tour continuaSarà tra poche ore disponibile in versione CD nei negozi tradizionali, in digital download e su tutte le piattaforme streaming De Andrè canta De Andrè vol. 3 (Rea/Universal), terzo capitolo del progetto live del cantautore genovese.

Dopo De André canta De André – Vol. 1 (2009) e De André canta De André – Vol. 2 (2010), il nuovo disco continua l’ideale percorso di riavvicinamento artistico alle più importanti opere paterne: il giovane De Andrè riprende sonorità familiari ma le declina secondo tinte contemporanee, attribuendosi, in qualità di unico erede, la responsabilità di tramandare la voce di una tradizione oramai popolare.

«È un album di chitarra e voce alla vecchia maniera, però influenzato dall’ascolto di molta world music, che ha favorito una contaminazione etnica, elettrica ed elettronica nelle sonorità originali», ha spiegato De Andrè. Il chitarrista Onofrio Di Dio, che accompagna De Andrè in tour, conferma: «Cristiano, già polistrumentista nei concerti di suo padre, ha una visione profonda e internazionale della musica: la sua è propriamente una word music contaminata dal rock».

Il figlio di Faber si dichiara molto soddisfatto della sua ultima produzione: «Credo che, tra i tre dischi realizzati finora, sia quello venuto meglio. È un disco politico e in questo senso più rock degli altri: sono sicuro che interesserà molto non solo per la musica ma anche per le tematiche delle canzoni». Le canzoni parlano di guerra ma, in questa nuova veste musicale, vogliono riferirsi ad una nuova guerra diversa rispetto al tempo in cui furono concepite: «L’attualità di questi pezzi risiede nel fatto che continuino a rappresentare un invito a ribellarsi alla nuova dittatura dei nostri giorni, quella informatica, spronando a eliminare quei pericolosi batteri che vedo annidarsi nei social. Non è solo una guerra col mondo ma anche con noi stessi».

De Andrè canta De Andrè Vol. 3 e il Tour continua
De Andrè canta De Andrè Vol. 3.

Il sound del nuovo disco vuole rappresentare una ventata di freschezza che possa portare una nuova rinascita: «Una volta durante la sua ultima tourneè mio padre mi disse: “Sono 40 anni che scrivo e canto canzoni contro la guerra e non è successo niente”. Oggi, altrettanto, dico che negli ultimi 40 anni abbiamo fatto un salto nel buio da cui spero ci si possa riprendere e credere in un nuovo Rinascimento, che, sono sicuro, sta per arrivare a spazzare via questa epoca buia. Ne sono convinto perché lo vedo in tanti ragazzi che potrebbero essere i miei figli, sento in loro la voglia di emergere in questa guerra tra emarginati».

E le canzoni del disco assumono ancora di più questa forza rivoluzionaria soprattutto dal vivo: «Quando canto i pezzi di mio padre lo sento sul palco con me. E quello che più mi fa piacere ricordare di lui, oltre alla sua poesia, è la grande coerenza, il non essere stato mai influenzato da nessuno. É un principio che mi ha tramandato e nel quale continuo a credere: non si può essere bandieruole, ognuno deve dare il suo preciso contributo. Nel buio esistenziale di questi tempi continua ad essere un appiglio, e non solo per me».

Il repertorio del nuovo album, costituito da brani quali La guerra di Piero (1964), Coda di lupo (1978) e Una storia sbagliata (1980), andranno ad arricchire la scaletta dei concerti del “De André canta De André Tour 2017” che continua in tutta Italia e ha già registrato nove sold out: «Tra le prossime date vi consiglio il concerto del 24 ottobre al Teatro Carlo Felice di Genova che avrà una scaletta particolare e tante sorprese».

Parlando dei progetti per il futuro conferma che in cantiere c’è un De Andrè canta De Andrè vol. 4, nel quale è prevista la partecipazione di un nome della musica molto importante, anche se «vedrà la luce nel 2019, mentre per l’anniversario del 1968, il prossimo anno, sto lavorando al nuovo arrangiamento dell’album Storia di un impiegato (1973)».

Una storia sbagliata (1980) che Fabrizio De Andrè scrisse per Pasolini:

Tracklist:

  1. Canzone del maggio
  2. Sinàn capudàn pascià
  3. Khorakhanè
  4. Dolcenera
  5. Una storia sbagliata
  6. Coda di lupo
  7. Il testamento di Tito
  8. Canzone per l’estate
  9. Il bombarolo
  10. Amore che vieni amore che vai
  11. La guerra di Piero
  12. Volta la carta

www.cristianodeandre.it; – www.facebook.com/CrisDeAndre; – twitter.com/Cristiano_De_A; – www.concerto.net;

Il cantautore lagheè Davide Bernasconi, in arte Van De Sfroos, sarà questa sera il primo ospite della nuova rassegna “Manzoni Cultura”, intervistato sul palco da Edoardo Sylos Labini.

Davide Van De Sfroos al Teatro Manzoni di Milano
Davide Van De Sfroos al Teatro Manzoni di Milano.

Dopo il successo delle tre passate edizioni, viene riproposta anche quest’anno la rassegna “Manzoni Cultura”, ideata da Edoardo Sylos Labini. L’artista presenta, per la stagione in corso al Teatro Manzoni di Milano, un cartellone inedito composto da interventi di personaggi della cultura che promettono di appassionare nuovi spettatori curiosi e un pubblico eterogeneo in costante crescita, anche dal punto di vista musicale.

Stasera 2 ottobre, Davide Van De Sfroos, ospite d’eccezione, aprirà questo nuovo ciclo di appuntamenti.

Si parlerà del concerto dello scorso giugno allo stadio Meazza col quale ha entusiasmato oltre 20 mila fan con una scaletta fatta di brani e ballate blues in dialetto comasco ma il successo di San Siro non sarà che una delle tante tappe per raccontare una delle voci più originali della scena musical-letteraria italiana.

Oltre ad aver pubblicato album di successo come Brèva e Tivàn (1999), vinto due premi Tenco e meritato il quarto posto al Festival di Sanremo 2011 col brano Yanez, il cantastorie lagheè ha inoltre avuto fortuna raccontando storie legate alle proprie radici culturali anche in ambito letterario dando alle stampe Le parole sognate dai pesci (2003) e Il mio nome è Herbert Fanucci (2005). E non solo…

Il pubblico potrà godersi un avvincente faccia a faccia, arricchito da immagini, video inediti e il dj set di Alice Viglioglia, mentre Davide Van De Sfroos verrà incalzato dalle curiose domande di Edoardo Sylos Labini. Non mancheranno le incursioni OFF del direttore de IlGiornaleOFF.it, Giovanni Terzi, media partner della rassegna e la partecipazione attiva degli spettatori chiamati ad interagire e dialogare con il cantante.

Quello con Van De Sfroos è solo il primo dei quattro appuntamenti che si terranno al Teatro Manzoni di Milano, ai quali si aggiungeranno altri quattro incontri al terzo piano del Mondadori Megastore di Piazza Duomo, grazie alla nuova partnership del format Manzoni Cultura con Mondadori Store.

Rassegna “Manzoni Cultura”

Lunedì 2 ottobre, h.20:45

Davide Van De Sfroos

conduce Edoardo Sylos Labini
con la partecipazione di Giovanni Terzi
dj set Alice Viglioglia
Teatro Manzoni, via Alessandro Manzoni, 42 – Milano

 

Pubblicato non a caso nella data di una sua celebre canzone, il cofanetto Masters offre l’occasione di riascoltare notevoli versioni dei brani del famoso cantautore di Poggio Bustone ripuliti e rimasterizzati secondo la migliore tecnica esistente. I dettagli nell’articolo di Musica361.

Oggi, 29 settembre, esce Masters di Lucio Battisti
Masters, il cofanetto contenente 60 brani ripuliti e rimasterizzati di Lucio Battisti

Era il 1967 quando 29 settembre, brano firmato dalla premiata ditta Mogol-Battisti e interpretato dall’Equipe ’84, arrivò al primo posto in classifica. Quel brano rappresentò il primo grande successo di Lucio Battisti segnando, da quel momento, l’inizio di una inarrestabile ascesa come autore oltreché interprete.

Oggi, a 50 anni esatti da quella prima pubblicazione, Sony Music rende omaggio a 29 settembre e ad altri brani di uno dei cantautori che hanno fatto la storia della nostra musica leggera, «soprattutto per celebrare il Battisti musicista e straordinario produttore di studio, che con la sua innovativa visione musicale di fatto è ancora capace di sorprendere a quasi 20 anni dalla morte», spiega Stefano Patara, direttore esecutivo di Sony Music.

Con questo spirito viene presentato Masters, il cofanetto contenente 60 brani ripuliti e rimasterizzati a 24bit/192KHZ dai nastri analogici originali degli album dell’intera discografia di Lucio Battisti: «I nastri di studio su cui sono stati registrati e conservati i master originali sono supporti destinati ad un processo degenerativo e di deterioramento fisico, causato dal materiale stesso che costituisce tali supporti. Grazie a quel processo di digitalizzazione chiamato campionamento, è stato possibile trasformare un segnale analogico continuo in una serie ordinata di informazioni registrate digitalmente, in questo caso oltre 4 volte superiore alla frequenza di campionamento di un normale CD».

Le canzoni sono state dunque processate attraverso una strumentazione specifica per rimuovere gli eventuali disturbi, ad esempio fastidiosi rumori di fondo, «ma anche per compensare eventuali deficit causati dal deterioramento del supporto e della strumentazione utilizzata all’epoca della registrazione originale, in modo da restituire alla musica il sound voluto dai musicisti e dai tecnici che hanno lavorato a quelle registrazioni. Siamo orgogliosi di consegnare ai fan e ai nuovi ascoltatori un Battisti come forse non si è mai ascoltato, risultato della migliore definizione audio più evoluta e attualmente possibile».

Questa masterizzazione di brani di altissima qualità vuole rappresentare «ciò che probabilmente avrebbe fatto lo stesso Battisti se fosse stato ancora in vita nel tentativo di curare la sua produzione, aggiornandola secondo le tecnologie offerte dai tempi. Come, da curioso appassionato di tendenze musicali, ha sempre fatto anche in vita. Non abbiamo voluto cambiare la sua musica ma semplicemente darle un suono migliore».

Grazie a questa procedura dunque sarà possibile godere del suono degli storici supporti analogici riportati al loro massimo splendore, un’operazione che, pare, non rappresenti altro che l’inizio di un piano discografico più grande, dato che queste nuove matrici verranno presto utilizzate per la stampa di nuove edizioni di dischi in vinile, CD o forse altro ancora – è nota la polemica per la mancanza del catalogo di Lucio Battisti su Spotify.

Ricco di foto e interviste a musicisti e produttori che hanno lavorato con Battisti quali Geoff Westley, Alessandro Colombini, Franz Di Cioccio e Alberto Radius, senza naturalmente dimenticare anche il contributo di Mogol, Masters sarà disponibile in tre versioni:

  • Cofanetto 4 CD + booklet 24 pagine;
  • Cofanetto DELUXE 8 LP in pasta colorata + booklet 12 pagine;
  • Cofanetto versione triplo LP.

Le celebrazioni di questa nuova offerta discografica verranno accompagnate da un temporary store attivo per una settimana, da oggi fino al 5 ottobre, presso il negozio Vinile di Milano in via Tadino 17.

 #BattistiMASTERS

 La canzone del sole (1971)

Dopo la pubblicazione di Noblesse oblige qualche mese fa, procede con successo il tour nazionale che celebra la storica band di Enrico Ruggeri. E mentre si aggiungono nuove date vengono confermati per l’autunno due “party” esclusivi a Torino e Milano.

Decibel: gran finale per il “Noblesse oblige” tour 1
I Decibel, la band capitanata da Enrico Ruggeri

È stato accolto con entusiasmo l’album Noblesse oblige, ultima produzione dei Decibel e disco che segna i 40 anni di vita della storica band capitanata da Enrico Ruggeri, nata tra i banchi di scuola del Liceo Berchet a Milano nel 1977, momento in cui in tutto il mondo si diffondeva il fenomeno punk. Non a caso proprio Punk (1978) è il titolo del loro primo 33 giri, genere tuttavia presto abbandonato dai Decibel per avvicinarsi invece alla nuova moda musicale di fine anni Settanta, la New wave.

Con questo spirito ma soprattutto con questo look partecipano nel 1980 al Festival di Sanremo, nel quale presentano quello che diventerà il loro più importante successo di sempre, Contessa. 

Contessa (Festival di Sanremo, 1980)

Dopo quella storica esibizione i Decibel producono ancora Novecento (1982) e Desaparecida (1998) anche se Ruggeri, Muzio e Capeccia, proseguono una attività discografica parallela. Tra gli anni Novanta e Duemila il nome Decibel è stato utilizzato raramente e solo per alcuni eventi dal vivo ma è nel corso del Festival di Sanremo 2010 che sembra riaccendersi la scintilla, quando Capeccia e Muzio sono ospiti di Enrico Ruggeri, accompagnandolo sul palco nell’esecuzione del brano La notte delle fate.

Colta l’ispirazione e riconfermata la formazione originale, con Ruggeri alla voce, Capeccia alle tastiere e Muzio alle chitarre, lo scorso 10 marzo vede la luce Noblesse oblige, album che contiene 11 tracce inedite e due storici successi della band: Contessa nella sua versione originaria e una versione in inglese del brano Vivo da Re. Nel disco anche camei di due ex membri storici, il chitarrista Pino Mancini e il bassista Mino Riboni, anche se, come spiega Ruggeri, «Noblesse oblige non nasce come operazione-nostalgia ma è un album nuovo di zecca con un sound inimitabile, senza sequenze pre-registrate e senza i soliti suoni elettropop».

Decibel: gran finale per il “Noblesse oblige” tour
La copertina di “Noblesse oblige”, l’ultimo lavoro dei Decibel

Il tour nazionale partito lo scorso 17 marzo dal Teatro San Domenico di Crema, che ha visto sul palco un Capeccia veramente ispirato suonare solo tastiere d’epoca, dal mellotron al minimoog fino al mitico organo Vox Continental e un Muzio chitarristicamente innovativo forse oggi più di allora, ha aggiunto due nuove date: questa sera, 28 settembre,  all’Ex Mattatoio di Roma e il prossimo 14 ottobre in Piazza Vittorio Emanuele a Santa Teresa di Gallura (SS).

Prevista una conclusione del tour con il botto, con una grande festa dal titolo “Decibel party”: la band terrà i suoi ultimi due concerti il 24 ottobre al Le Roy di Torino e il 6 novembre al Fabrique di Milano, due party durante i quali i fan saranno chiamati a interagire attivamente nello spettacolo seguendo le indicazioni che Ruggeri e soci riveleranno al momento opportuno, in una scaletta altalenante tra brani storici e canzoni di Noblesse Oblige.

Un appuntamento certo unico per un’esibizione priva di basi virtuali, anzi autenticamente dal vivo: sul palco verranno ospitati anche Paolo Zanetti (chitarre) Fortu Sacka (basso) e Alex Polifrone (batteria) insieme ad altri personaggi legati alla storia della band e a ad un’era che di questi tempi torna ad essere sempre più attuale che mai.

My my generation (Official video, 2017)

 

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