"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
La nuova puntata di Musica Maestro è dedicata a Fernando Paggi


Nel 1956 era Fernando Paggi a dirigere l’orchestra per la Svizzera. Scopriamo chi era


Fernando Paggi è uno di quei nomi che, probabilmente, in pochi ricordano ma fondamentali per la musica europea.

Colpevole anche l’assenza di una pagina Wikipedia a lui dedicata, nell’era digitale il Maestro è ormai diventato un personaggio conosciuto solo dalla nicchia. Eppure estremamente importante.

Perché ne parliamo all’inizio di questo mese di maggio? Semplice, Fernando Paggi è stato il primo direttore d’orchestra a vincere l’Eurovision Song Contest. A due settimane dal grande evento, quest’anno più che mai sentito per l’organizzazione tutta italiana, ripercorriamo allora la carriera di questo brillante artista.

La puntata di oggi di Musica Maestro è dedicata a Fernando Paggi.

Nato a Torino nel 1914, a soli otto anni si dedica allo studio del violino privatamente. Si accorge ben presto che la musica è la sua strada. A 17 anni, infatti, Fernando Paggi abbandona gli studi commerciali per dedicarsi a corsi di armonia impartiti dal Maestro Simoncini. La nuova esperienza lo vede allievo dell’Accademia di Santa Cecilia. Lì Paggi può studiare tromba, sassofono e clarinetto.

Le sue prime occasioni lavorative, Fernando Paggi le ritrova a fine anno ‘30, quando pratica musica ricreativa presso gli alberghi e nelle sale da ballo.

Nel 1940, in pieno periodo bellico, entra a far parte dell’Orchestra del Kurssal di Lugano. È un anno particolarmente ricco di novità per lui. Viene infatti chiamato anche dalla Radio della Svizzera Italiana come violinista della Radioorchestra. Nel 1941 diventa direttore dell’Orchestra Radiosa, nata da un complesso di musica leggera reclutato dal batterista Marco Sanvido.

Nel frattempo compone varie canzoni, tra cui Sarò mammina, la Marcia del Giro della Svizzera e Ti ricorderai di me.

Fernando Paggi può così chiamare a sé nell’orchestra tanti arrangiatori e compositori che faranno la fortuna di celebri voci quali Taioli, Reno, Otto, Pizzi, Consolini, Dallara e Quartetto Cetra.

L’Orchestra Radiosa infatti si pone l’obiettivo di intrattenere il pubblico anche nell’immediato dopoguerra, con veri e propri varietà musicali.

Nel 1949 si dedica anche all’opera lirica. Compone infatti la musica di Edgardo e Margherita.

Nel frattempo, su RSI, inizia la programmazione settimanale con Capriccio notturno, insieme al suo quintetto. Insieme a Musica oltre frontiera si tratta di un appuntamento con cui Paggi può regalare intrattenimento a un vasto ed eterogeneo pubblico.

Nel 1956 per l’Orchestra diretta dal Maestro arriva la grande occasione. La prima edizione dell’Eurovision Song Contest, infatti, si tiene a Lugano. Ad accompagnare i cantanti in gara per Olanda, Germania e Svizzera, quindi, è proprio Paggi. Ogni Paese ha due canzoni in gara. C’è anche l’Italia, che però non raggiunge il podio.

La cantante eleveriva Lys Assia vince la manifestazione con la canzone Refrains.

Per Fernando Paggi si tratta di una grande vittoria, ottenuta con il 70% dei voti disponibili per le giurie.

All’Orchestra Radiosa il Maestro vi rimane fino al 1969, quando lascia tutto nelle mani del giovane Mario Robbiani. Fernando Paggi rimane così caposervizio della musica leggera alla RSI.

Muore a Cannobio nel 1973. Tra due settimane, nella sua Torino, si celebrerà la nuova edizione dell’Eurovision Song Contest. Ci sarà anche un po’ di Fernando Paggi. Questa rubrica, ancora una volta, ci consente di ricordare personaggi importantissimi della nostra storia.

Pasquale Mammaro: Vi racconto chi era Gianni Ravera
Pasquale Mammaro con Il Volo, che ha portato a Sanremo nel 2015 e nel 2019


Dopo sette anni il Volo torna all’Eurovision da ospite. Meccanismo di votazione e pagelle: tutto quello che c’è da sapere su Torino 2022 


Ci sarà anche Il Volo ospite alla semifinale dell’Eurovision Song Contest del 12 maggio. Il trio italiano, che partecipò alla manifestazione nel 2015 con Grande amore, sarà infatti ospite nella seconda serata condotta da Laura Pausini, Cattelan e Mika.

Il Volo arrivò alla gara sette anni fa con tutti i favori dei pronostici. Dopo aver trionfato a Sanremo, infatti, sembrava quasi una formalità la loro vittoria in campo europeo. Le sorprese di questa gara, però, con tutte le insidie di un regolamento di votazione piuttosto particolare, sono sempre dietro l’angolo.

Il gruppo arrivò così al terzo posto: un ottimo piazzamento in ogni caso, che sancì comunque il Volo quale vincitore morale.

Fu l’edizione austriaca condotta da Conchita Wurst. A vincere fu lo svedese Mans Zelmerlow con la canzone Heroes, che portò il paese scandinavo al record del sesto successo nella storia.

Ricapitoliamo allora il regolamento, con tutte le sue complicazioni e dinamiche più o meno fortuite. Quello che nel 2015 impedì al Volo di vincere una gara che pareva non avere rivali e che lo scorso anno permise di trionfare ai Maneskin.

Dal 2009, infatti, è in vigore lo stesso criterio di votazione. Anzitutto ricordiamo sempre che ogni Paese può votare solo per l’estero. E questo è il motivo per cui Achille Lauro, con San Marino, spera nel colpaccio grazie alle preferenze italiane.

Il televoto è decisivo per il 50% del giudizio globale. Il restante 50% è nelle mani di giurie di esperti. Ogni Paese ha infatti cinque professionisti della musica accreditati a votare assegnando un punteggio da 1 a 8 e poi 10 e 12 punti alle canzoni straniere. Ne emerge così un punteggio. Successivamente ecco che viene annunciata la classifica del televoto, spesso in grado di ribaltare le previsioni.

 

Nel 2015 il Volo conquistò il podio proprio grazie al voto popolare, per il quale fu primo.

In pratica, le dieci canzoni con più punteggi al televoto prendono un punteggio da 1 a 12 (proprio come per le giurie), che si somma a quello sopracitato. A Il Volo non bastò trionfare con il televoto, ai Maneskin sì, grazie a un risicato svantaggio dato dalle giurie. Naturalmente non mancano i piccoli presunti “dispetti” tra Paesi. L’Italia, per esempio, raramente può contare sui voti di Francia e San Marino. Decisamente più benevoli con noi Malta, Svizzera e Albania.

Ma dove eravamo rimasti noi con la nostra classifica? Riprendiamo da quel punto per capire chi potrebbe vincere la prossima edizione.

Proseguiamo allora in ordine alfabetico dalla Lituania.

C’è un po’ di Vou le vou coucher avec moi nel brano orecchiabile e ritmato che porta Monika Liu. Sentimentali si merita un bel Voto 8 per la prima canzone in lingua lituana dopo 23 anni.

La Macedonia del Nord, Paese che calcisticamente parlando ci sta un po’ indigesto, non dovrebbe dare alcun fastidio all’Italia. Potrebbe anche non arrivare in finale Andrea con Circles, un classico pop senza infamia e senza lode.  Insomma, non prenderanno sicuramente il volo. Voto 6

Malta presenta Emma Muscat, cantante che conosciamo bene per aver partecipato anche ad Amici qualche anno fa.

La sua voce sicura, che si unisce a grandi cori, già la conosciamo. Il pop al pianoforte convince. I am what I am merita un Voto 8.

La vera sorpresa però è la Moldavia, con un country molto divertente che resta in testa. Voto 8,5 per Zdob si Zdub con Trenuletul.

Il Montenegro è poliedrico. Vladana con Breathe porta diversi stili in un solo brano. Forse si esagera un po’, passando dal pop lento a quello estremamente ritmato. Comunque ascoltabile, voto 6,5.

Rischia di essere della Norvegia il brano più internazionale a prescindere dal risultato. Le sonorità tecnologiche possono fare la differenza in radio e Subwoolfer ha puntato proprio su quelle con la sua Give that Wolf a Banana. Voto 7,5

Delude l’Olanda, che con De diepte di S10 presenta un pop un po’ troppo lento e senza emozione per essere tra i favoriti. Voto 6,5

Chiudiamo con la Polonia, che invece sorprende con belle atmosfere. Perché Ochman con River non sia tra i favoriti all vittoria finale sembra un mistero. Voto 8,5.

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
La nuova puntata di Musica Maestro è dedicata a Gianandrea Gavazzeni


La storia di un Maestro atipico: Gianandrea Gavazzeni

Gianandrea Gavazzeni lo ripeteva spesso: “La musica che prediligo dirigere? Quella a cui mi sto occupando in quel preciso momento”. Per lui,  infatti, l’arte delle sette note non si divideva in buona o una cattiva, ma solo in musica o non musica. Qualunque sia quella che si sta ascoltando in un preciso istante è la migliore, perché in essa traspaiono tutta la nostra anima e la possibilità di fare scoprire qualcosa in più di noi stessi. Gianandrea Gavazzeni non nascondeva di avere avuto, ai suoi esordi da compositore, un debole per Bach e Beethoven. Intervenuta la pratica direttoriale, si dedicò agli operisti. La predilezione, però, era sempre per tutto ciò che in quel momento aveva per lui un valore, indipendentemente dall’altezza ma relativamente alla verità e alla necessità che questo sapeva dare.

Umile al punto di sentirsi sempre allievo che dovesse imparare qualcosa (“I corsi li avrei sempre seguiti solo da scolaro, mai da docente”), Gianandrea Gavazzeni fu un direttore d’orchestra, ma anche saggio musicologo e compositore, che vale la pena approfondire in questa nostra rubrica. Per lui un direttore d’orchestra si fa sul campo attraverso fatti, fatiche ed esperienze. Insomma, una scuola per diventare Maestro, non sarebbe mai esistita. Eppure lui sapeva essere inconsapevolmente Maestro anche per tanti giovani.

La puntata odierna di Musica Maestro è dunque dedicata a Gianandrea Gavazzeni.

Nato a Bergamo, Gianandrea Gavazzeni crebbe nella famosa dimora dei Tasso in via Pignolo. Suo padre era un noto parlamentare del PPI, appassionato ed esperto di musica al punto che organizzava manifestazioni operistiche. Cosi, dopo aver assistito all’Isabeau di Mascagni, per il futuro Maestro si aprì un mondo già appena fanciullo.

Successivamente, nel 1925, si iscrisse al Conservatorio. Anni importanti di apprendistato e incontri, tra cui Arturo Toscanini, che prese subito come modello di una carriera che avrebbe voluto intraprendere. E non tardò ad arrivare.

Nel suo lavoro di giovane compositore, Gianandrea Gavazzeni non dimenticava mai le sue origini. I riferimenti, infatti, a Bergamo e alla sua cultura erano presenti in ogni sua opera. Concerto per la bergamasca, Canti per Sant’Alessandro, Notturni di bevitori bergamaschi: negli anni Trenta, grazie a lui, Bergamo fu insomma al centro della storia musicale.

La prima più grande occasione arrivò nel 1935, quando compose per il Teatro Donizetti un’opera dedicata a Paolo e Virginia, tratta dall’omonimo romanzo. Questo gli permise di entrare nel Teatro delle Novità, volto a promuovere la composizione giovanile di musica operistica per non perdere la cultura del genere. Tuttavia, Gianandrea Gavazzeni non si sentiva a suo agio. Essere artisti vuol dire prima di tutto esprimere la propria creatività, ma lui percepiva di essere più lontano da quel mondo rispetto a quanto non apparisse. Gavazzeni non voleva essere la fotocopia del suo maestro Petrassi: voleva distinguersi nella sua personalità.

Chiudendo così anzitempo la sua attività di compositore, ecco che Gianandrea Gavazzeni si dedicò a quella di direttore d’orchestra.

Fu allora, a fine anno Trenta, che iniziò la professione di Maestro dirigendo l’orchestra dell’EIAR di Torino. La sua puntigliosità, ma altresì la sua empatia con gli orchestrali, basandosi sul concetto per cui quando la musica ci appartiene si può fare tutto, lo resero subito uno dei direttori più apprezzati.

Dal Teatro delle Novità si spostò così nei teatri più importanti d’Italia con i più grandi tenori e soprani. Nel 1939 diresse, al Verdi di Trieste, Le nozze di Figaro con Giulietta Simionato. Nel 1942, in piena guerra, diresse Cavalleria Rusticana e Rigoletto al La Fenice di Venezia.

Quindi due anni dopo approdò alla Scala di Milano, dove diresse Il campiello.

Nel nome dell’amore per le sue origini, nel 1948 Gianandrea Gavazzeni fu protagonista di uno dei più importanti eventi di sempre. Nel centenario della morte di Donizetti, infatti, diresse Maria Callas nella Messa da Requiem del concittadino scomparso. Si trattava di un’opera all’epoca dimenticata. Ecco che così la musica poteva essere il miglior viatico per celebrare e ricordare un grande del passato.

Tra Torino, Livorno e Roma, il Maestro diresse moltissime opere, ma la sua attività rimaneva legata soprattutto a Milano. Nel 1965 divenne anche Direttore musicale della Scala e l’anno dopo direttore artistico. Nel 1968 aprì la stagione dirigendo Pavarotti nel Rigoletto. Fu un trionfo.

Sarebbe impossibile ora citare tutte le sue esecuzioni senza scadere nel mero elenco che potreste ritrovare su qualunque enciclopedia.

Ci piace invece ricordare chi davvero fosse Gianandrea Gavazzeni.

Un uomo sempre legato alla sua Bergamo, umile e al tempo stesso vicino all’essenza della musica. Per questo non volle mai incidere un concerto su disco: questo avrebbe rischiato di distrarre l’attenzione dei musicisti.

 

Polemico e diretto con registi )e persino con politici) che volevano spettacolarizzare oltremodo la già importante musica classica, per lui la musica non era solo da ascoltare ma anche da vedere. Tutto questo era possibile solo se ci si teneva lontani dalla filologia che voleva con presunzione insegnare qualcosa. La musica si sente sulla pelle, i veri Maestri possono essere antenati mai conosciuti di persona. Quel che conta è vivere, per questo non bisogna mai dimenticare i luoghi che ci hanno dato i natali, permettendoci di godere di questa vita.

Gianandrea Gavazzeni fu insignito del premio Una vita per la musica nel 1985. Dal 1992 al 1996, anno della sua morte, fu Direttore musicale dell’Orchestra Sinfonica Toscanini di Parma.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Eurovision Song Contest 2022: sale la febbre. Il nostro speciale
Ogni sabato i voti di Musica361 alle canzoni in gara all’Eurovision Song Contest 2022. Facciamo attenzione all’Islanda, potrebbe essere la sorpresa


Proseguiamo le nostre pagelle verso l’Eurovision 2022. L’Islanda propone una suggestiva girl band…


E se alla fine fosse l’Islanda a portare a casa il successo al prossimo Eurovision Song Contest 2022? Chi ha deciso che non possa essere un Paese diverso dal solito a vincere? Perché non dovrebbe poter trionfare una bella canzone prima che uno Stato? Per una volta, senza troppi calcoli su chi potrebbe votare chi e su quanto dicono i bookmakers, sarebbe bello vedere sul gradino più alto del podio una bella canzone con un bel messaggio. Proviamo a non pensare, per una volta, alle difficoltà organizzative (ammesso che ci siano) per il Paese che ospiterà la gara il prossimo anno. Concentriamoci sulla musica. L’Islanda, con Meo haekkandi sol, porta una delle canzoni più belle in gara. Non solo. Il brano è cantato da tre donne. Già, l’Islanda, il Paese europeo che ha più donne in Parlamento, è anche quello che porta all’Eurovision tre donne a cantare.

Bagna il naso a tutta questa Islanda.

Un premio non farebbe male. Ma è fantascienza, almeno sulla carta degli scommettitori che continuano a puntare forte su Ucraina e, in seconda battuta, Italia.

Questa settimana sono trapelati i nomi di alcuni ospiti dell’edizione italiana. Oltre a Moroder, Dardust e altri artisti della disco dance nostrana, ecco anche Diodato. Il cantautore, che due anni fa non poté partecipare alla gara annullata per Covid con la sua Fai rumore, avrà una piccola rivincita cantando quel brano che trionfò a Sanremo 2020. Come lui ci saranno ovviamente i Maneskin, campioni in carica.

È arrivato anche lo spot televisivo: la bellissima piazza San Carlo di Torino, ricca di persone che ammirano le bellezze nostrane sulla musica del Te Deum rivisitato in chiave rock. Su questo siamo tutti d’accordo: non esiste Islanda o alcun altro Paese bello come il nostro. Dunque, godiamoci ora questa edizione tutta meritatamente italiana.

Tutte le tre serate, 10, 12 e 14 maggio, saranno trasmesse in diretta alle 21 su Raiuno.

Ma arriviamo alle consuete pagelle in preparazione alla nuova edizione della kermesse. Continuiamo con le semifinaliste in ordine alfabetico.

La Georgia vede in gara un gruppo, il Circus Mircus. Il rock puro nel loro Lock Me In prevedeva ovviamente un videoclip piuttosto duro. Motivo per cui certe scene apparivano stridere agli stessi cantanti georgiani, con la situazione mondiale in corso. Così la pubblicazione è stata procrastinata più volte. La canzone comunque ha tanto rumore ma nessuna emozione. Né originalità. Voto 5

Grecia in gara con Amanda Tenjford che presenta Die Togheter. Come dice il titolo, il brano è una introspezione che propone una vera empatia con altre sensibilità. Amanda canta più della metà della canzone a cappella. Sarà interessante dal vivo. La sua voce e il testo (in inglese) sono sicuramente più forti rispetto alla musica. Voto 7

Scordatevi la musica country dell’Irlanda. Anche Brooke, infatti, si dedica al pop senza nemmeno un accenno di chitarra classica. Se That’s rich arriverà in finale farà fatica a distunguersi dalle altre.  Voto 6,5

Eccoci all’Islanda dunque.

Una girl band affiatata, dalle voci melodiose che danno un sapore di romantica antichità a un brano comunque pop moderno. Il coro al femminile incanta, emoziona. Le Systur con Meo haekkandi sol presentano una delle poche canzoni diverse dalle altre. E una delle poche interpretate in lingua originale. Ecco perché l’Islanda merita qualcosa in più rispetto a tutti gli altri. Voto 9.

Infine la Lettonia. Con Eat you salad i Citi Zen hanno già sbancato Tik Tok. Trenta milioni di visualizzazioni. Basterà vedere il video per capire il perché. Tutto molto divertente, buffo. Peccato che durante l’esibizione non vi saranno altre immagini oltre a loro che suonano. E, scevro del video, la canzone è solo un misto tra pop e rap che non fa nemmeno ballare più di tanto. Certo ora il brano è molto noto, qualcosa potrebbe influire, ma non più di tanto. Voto 6,5.

Dunque noi puntiamo sull’Islanda. Dopo aver esaltato la Danimarca settimana scorsa, sembra che la musica migliore arrivi proprio dai Paesi nordici. Ma se volete altri aggiornamenti e proseguire nel divertimento con le nostre pagelle, non vi resta che seguirci ogni sabato in questa nostra rubrica!

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
La nuova puntata di Musica Maestro è dedicata a Gianni Ferrio

Compositore di tante colonne sonore, il Maestro Gianni Ferrio è ancora oggi un punto di riferimento per molti colleghi  


Ci sono Maestri come Gianni Ferrio che, sebbene talvolta dimenticati dalla televisione, rimangono autentici punti di riferimento per tutti i Musicisti.

Nel nostro percorso di Musica Maestro abbiamo avuto modo di vedere come sia Pino Perris sia Stefano Zavattoni pensino alla figura di Gianni Ferrio come uno dei pilastri della direzione d’orchestra.

È proprio così effettivamente. Il Direttore vicentino ha rappresentato, e continua a farlo a oltre otto anni dalla sua scomparsa, un esempio di musicalità e di passione assolute. Proviamo a vedere come.

La puntata di oggi di Musica Maestro, come avrete capito, è dedicata a Gianni Ferrio.

Nato nel 1924 a Vicenza, giovanissimo scopre subito il suo amore per la musica. È l’unica in grado di fare esprimere le sensazioni a un ragazzo timido come lui. La passione viene incoraggiata dai genitori che lo mandano a lezione di violino dal Maestro Mariano Frigo. Gianni Ferrio, però, non vuole solo suonare. Sente che la completezza della sua missione avverrebbe dirigendo un’orchestra. Così, mentre l’Italia si prepara alla guerra, segue anche lezioni di armonia e composizione. A quindici anni è praticamente un Maestro fatto e finito.

Negli anni ‘40, finito il secondo conflitto mondiale, per Gianni Ferrio inizia finalmente la carriera che aveva sempre sognato. Diventa direttore d’orchestra e arrangiatore per la CGD, fondata da Teddy Reno.

Si trasferisce a Milano, quindi a Roma, dove nel 1956 conosce quella che diventerà la sua compagna di tutta una vita: la ballerina Alba Arnova. È lei a danzare sulla musica jazz diretta proprio dal futuro marito nel programma La piazzetta.

La svolta decisiva per la sua popolarità arriva nel 1957.

In quell’anno Gianni Ferrio compone per Teddy Reno, con Amurri, Piccolissima serenata. La canzone diventa uno dei brani più amati per la sua orecchiabilità e per l’utilizzo di pochi strumenti a supporto della voce melodica del cantante. Quel che conta non è il numero di strumenti, ma la presenza della musica.

Da quel momento inizia così una nuova avventura: Gianni Ferrio diventa anche apprezzato compositore. Tutti lo cercano, anche il cinema. Nel 1959, infatti, compone le musiche di Tipi da spiaggia e Guardatele, ma non le toccate. Si tratta di due simpatiche  pellicole con Tognazzi e Dorelli, dove la musica divertente del Maestro calza a pennello per descrivere le diverse situazioni del film.

Saranno tantissime le commedie raccontate dalle melodie di Gianni Ferrio. Dal cinema di Totò a quello di Franco e Ciccio passando per Walter Chiari fino a tutto quello considerato “cinema di Serie B” della commedia all’italiana: le musiche sono quasi sempre del Maestro. Con ampio uso di strumenti a fiato e note alte del pianoforte, quei ritornelli rappresentano ciò che più rimane di indimenticabile dei film, poi divenuti cult. Lo schema della sigla era sempre quello e ci sembra di riviverlo: immagini fisse, spesso su disegni animati, con i titoli e i nomi del cast.

Infine, subito prima del nome del regista, ecco la scritta “MUSICHE DI GIANNI FERRIO”.

Un po’ come a dire, va bene il regista, va bene gli attori, ma il film è anche e soprattutto del musicista.

Il più grande successo personale, con il cinema, lo ottiene nel 1965 quando compone per Bongusto la canzone A man…a story, che entra a far parte del film Un dollaro bucato.

In quegli anni Ferrio è uno dei numeri uno assoluti, amato per la sua capacità creativa di realizzare accompagnamenti musicali decisamente ritmati. Diverse le partecipazioni al Festival di Sanremo, dopo aver già preso parte al Musichiere in veste di assistente di Gorni Kramer. Anche la tv, quindi lo ammira per la sua qualità di direttore d’orchestra. Sarà così spesso ospite anche di Teatro 10 e Milleluci.

Nel 1970 il Maestro vicentino compone per Julia De Palma gli arrangiamenti che lui stesso dirige per il suo album live.

A metà anni ‘70 si intensifica la collaborazione con Mina, per cui ha già composto Parole Parole. Prima in un album dove la cantante interpreta canzoni storiche senza ausilio degli strumenti. L’idea è proprio di Gianni Ferrio, che sottolinea un’altra volta come con le note si possano descrivere sensazioni uniche. È la voce il vero strumento. Poi, nel 1974, compone per lei la celebre Non gioco più, con cui Mina lascia le scene televisive.

Da quel momento diventa uno dei Direttori più cercati dalla voce più amata di sempre. Nel ‘77, arrangia pezzi di Jannacci, cui dona una veste ancor più elegante e raffinata, su misura per la Tigre di Cremona.

Un vero Maestro, si sa, non è solo in tv, ma soprattutto in Teatro.

Anche lì Gianni Ferrio non si risparmia. Dopo aver diretto le musiche di Bobby sa tutto e L’Onorevole, negli anni della maturità si dedica soprattutto alle colonne sonore per il palcoscenico. Alleluia brava gente, Due ore sole ti vorrei, Meno male che c’è Maria, Un paio d’ali: ancora una volta la mano del Maestro fa la differenza.

Nel 2007 il suo addio alle scene televisive, con la sua ultima toccante composizione. Si presenta al Festival di Sanremo per dirigere Johnny Dorelli nel jazzistico Meglio così. Lo fa senza grandi clamori, con la sua consueta timidezza.

È il completamento di una carriera straordinaria, per un Maestro che ha sempre puntato sulla musica. Perché questa, più di qualunque altra arte, sa raccontare e parlare al pubblico.

 

Vittoria annunciata di Mahmood e Blanco. Seconda Elisa, Terzo Morandi
Mahmood e Blanco, in gara all’Eurovision Song Contest con “Brividi” dopo aver vinto a Sanremo. Foto di Marco Piraccini

Le nostre pagelle e le novità sulle canzoni in gara all’Eurovision Song Contest 2022

Continuiamo il nostro viaggio tra le canzoni in gara all’Eurovision Song Contest 2022 e tra le novità di questa edizione. Mentre Laura Pausini, in questi giorni, si è trovata costretta a ricordare a qualche malizioso di troppo che tra lei, Mika e Cattelan non sia in corso alcuna diatriba, la designer Francesca Molinaro ha rivelato al sito Eurofestivalnews alcuni dettagli circa la scenografia. Ieri sui social sono comparse anche le prime immagini che hanno anticipato quanto vedremo il 10, 12  e 14 maggio.

Ci dovremo  aspettare una riproduzione dei giardini all’italiana per la Green Room, dove architettura e natura si mescoleranno accogliendo i cantanti. Ci sarà anche un percorso idrico, tra una cascata che circonderà il palcoscenico e passerelle con ampi archi d’acqua. Insomma, siamo o non siamo il Paese più bello d’Europa per la nostra ricchezza artistica e la varietà geografica?

Bene, lo ricorderemo a tutti organizzando finalmente un Eurovision Song Contest che ci rappresenti fino in fondo.

La novità della settimana è che Israele, vincitore per ben quattro volte, con ogni probabilità non prenderà parte alla manifestazione a causa dello sciopero del Ministero degli Esteri attuato da qualche giorno. C’è tempo un mese perché tutto rientri.

I bookmakers non hanno molti dubbi: vincerà l’Ucraina. Subito dietro, due Paesi che negli ultimi anni hanno sempre fatto molto bene nella kermesse: l’Italia di Mahmood e Blanco (che lunedì 18 canterà davanti al Papa) e la Svezia. Praticamente, se si scommette un euro sulla vittoria azzurra, in caso di successo si portano a casa quattro euro. A dispetto di quanto accaduto nel calcio, la maglia nera va alla Macedonia del Nord. Un euro sulla nazione che ci ha estromessi dal Mondiale, porterebbe a una vincita tra i 300 e i 500 euro a seconda della agenzia di scommesse. Probabilmente un pensierino qualcuno lo sta facendo. Del resto tutto potrà succedere, ma va ammesso che raramente l’Eurovision Song Contest ha regalato in passato eccessive sorprese. Anzi, a dirla tutta negli ultimi anni i favoriti si sono rivelati proprio gli effettivi vincitori. Occhi puntati sull’Ucraina quindi, che vedremo proprio in una delle ultime puntate di questo nostro speciale del sabato. Tutto questo, ovviamente, solo perché non possiamo votare la nostra Italia, da cui chissà potrebbe arrivare l’aiuto di San Marino, con cui ci si potrebbe scambiare i voti per Achille Lauro.

Seguitiamo ad analizzare i brani in gara all’Eurovision Song Contest in ordine alfabetico.

Ricominciamo dalla Bulgaria, che sembra voler colmare l’assenza degli italiani Maneskin con un rock deciso (mai come quello della nostra band) dell’Intelligent Music Project. Intention, pubblicata lo scorso 5 dicembre, per la verità sembra più che altro una sigla di qualche anime d’avventura. Non convince per una gara di canzoni per adulti, ma crea molta energia. Voto 6,5

Cipro è uno dei pochi Paesi a proporre un brano in lingua originale, mischiando solo le strofe in inglese. Così si può apprezzare la voce di Andromache nei suoni tutti orientali di Ela. Una bella danza ritmata e sensuale, che rispecchia pienamente la tradizione cipriota. Voto 7,5.

La Croazia si presenta all’Eurovision Song Contest con Mia Dimsic, vincitrice dell’ultima edizione di Dora, il festival musicale che seleziona la canzone in gara per il suo Paese. Parteciperà con Guilty Pleasure, un pop piacevole che rischia di rimanere però piuttosto anonimo. In una gara come questa, dove ci si concentra sulla melodia più che sul testo, occorre davvero qualche originalità in più. Difficile immaginarsi ricchi colpi di scena scenografici su questo brano. Voto 6,5.

Sotto questo aspetto è decisamente più interessante la canzone di Reddi, The ShowLa cantante danese propone un brano che comincia come una romantica melodia piano e voce per poi scatenarsi in suoni metallici regalati da chitarre elettroniche che emergono a sorpresa. Così lo refrain viene cantato per tre minuti con due generi completamente diversi, che ne fanno quasi due differenti brani (ecco, forse si poteva mettere qualche nota in più per renderlo più vario). Per chi volesse tentare la fortuna, la Danimarca è persino considerata tra le meno quotate. Sorprenderanno e meritano la finale. Voto 7,5.

Stupirà anche la voce calda di Stefan, il cantante in gara per l’Estonia con Hope.

Atmosfere da colonna sonora western nell’arrangiamento, che fa esprimere un bel suono di chitarra. Rassicurante. E di speranza, come dice il testo, ora c’è più che mai bisogno. Voto 8.

Infine la Finlandia. Il gruppo The Rasmus canta Jezebel, molto rock nell’arrangiamento, molto pop nella melodia. Soprattutto nell’inciso che sembra poter fare sognare. D’altra parte la canzone racconta di una ragazza che prende ciò che vuole, grazie al suo spirito libero. Un messaggio importante contro ogni oppressione che devono ancora subire alcune donne. Voto 8.

Vi state facendo un’idea di quello che succederà al prossimo Eurovision Song Contest? Divertitevi anche voi insieme a noi a dare le pagelle. Scoprire la musica degli altri Paesi sarà un gioco tanto divertente quanto importante per arricchire la nostra cultura! E noi proseguiremo con la nostra classifica di Musica361 la prossima settimana.

 

 

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
La nuova puntata di Musica Maestro è dedicata a Semyon Bychkov, Direttore d’Orchestra di origine russa


Anche questa settimana una storia di Musica tra le guerre. Il Maestro Semyon Bychkov lasciò la Russia nel ‘75 in cerca di libertà 


La storia di Semyon Bychkov, ospite venerdì scorso a Oggi è un altro giorno di Serena Bortone, ha commosso tutti.

Il direttore d’orchestra russo ha sottolineato più volte di aver lasciato il suo Paese nel 1974 per essere libero. Lo ha fatto ribadendo che la situazione oggi è immutata. Parole con cui ha emozionato e lasciato tutti anche con un po’ di stupore, per la trasparenza e il coraggio con cui quest’uomo di fama mondiale ha affrontato la questione.

Ma chi è Semyon Bychkov? Andiamo a scoprirlo. La nuova puntata settimanale di Musica Maestro è dedicata a lui!

Scopriremo, ancora una volta, che spesso essere Direttori vuol dire essere anche Maestri di vita. Dopo la puntata scorsa, dunque, oggi tocca a un grande Direttore russo.

Nato nel 1952 a Leningrado da padre ebreo e madre francese, Semyon Bychkov sente da subito la musica nel sangue. Non per niente anche il bisnonno materno era direttore d’orchestra. E persino il fratello minore di Semyon, Yakov, si dedica alla stessa arte.

Nel 1974, dunque, si trasferisce a Vienna e, successivamente, negli Stati Uniti. Lì frequenta il Conservatorio della The New School di New York. Quell’esodo risulta invece impossibile al fratello Yakov, bloccato dai rischi di abbandonare l’Unione Sovietica in quanto legato alla professione del padre, medico militare. Anche Yakov si potrà trasferire solo dopo il divorzio dei genitori, in seguito al quale prenderà il cognome della madre (Kreizberg). Mentre Yakov prima compone e, poi, diventa direttore d’orchestra, per Semyon Bychkov la carriera procede diversamente.

Abbandonata Leningrado per conquistare quella libertà creativa che non sentiva di poter esprimere, diventa insegnante del fratello al Conservatorio. Nel 1980 diventa già Direttore Musicale dell’Orchestra di Grand’ Rapids. Nel frattempo, nel 1983, assume la cittadinanza statunitense. A questo punto, Semyon Bychkov fa un taglio netto con il passato. Da questo momento diventa americano. Un passaggio epocale, che fa di lui un paladino della libertà.

Nel 1985 diventa Direttore della Buffalo Philarmonic Orchestra.

Nel 1989 si trasferisce a Parigi e lì conosce Marielle Labéque, che diventerà sua moglie.

Cinque anni più tardi, fa ritorno a San Pietroburgo. Sempre come direttore musicale delle relative orchestre più prestigiose.

Il ritorno in Unione Sovietica, da americano, è la chiave della sua carriera. In quegli anni, infatti, ottiene la maggiore popolarità, diventando spesso ospite anche in Italia. Alla Scala di Milano, al Comunale di Firenze e al Teatro Regio di Torino, infatti, Semyon Bychkov è apprezzatissimo per le sue direzioni ricche di colore.

Attentissimo ai dettagli, da sempre vede nella musica la possibilità di fare esprimere insieme diverse culture.

In fondo non solo non ha mai rinnegato le sue origine russe, ma si sente da sempre cittadino del mondo.

Marito di una pianista parigina, Semyon Bychkov sostiene da sempre che per dirigere la musica di Verdi si deve sentire un po’ italiano, per dirigere quella di Wagner si deve sentire tedesco.

Per Semyon Bychkov, insomma, prima ancora dello studio della partitura è fondamentale conoscere la storia di ciò che sta dirigendo.

Siamo cittadini del mondo e come tali abbiamo il dovere di sentirci parte della cultura di ogni Paese, se vogliamo rappresentarla. Tutto questo, perché se vogliamo la nostra libertà, dobbiamo anzitutto concederla agli altri senza imporre stravolgimenti che il pubblico non apprezzerebbe nemmeno. Bisogna saper ascoltare e suonare col cuore di ogni singola  nazione.

Libertà che ha sempre promulgato anche per la sua vita privata: Marielle è cattolica, lui ebreo. Nessuno dei due è praticante ma, dice lui, “la religione che ci accomuna è la musica”.

Così, dopo aver girato tutto il mondo, in questi anni in cui ha purtroppo perso anche il fratello, Semyon Bychkov oggi è uno dei direttori d’orchestra più noti. Lui, che ha sempre diretto in nome della libertà, oggi è bloccato con la sua Philarmonica Ceca.

Ha dichiarato a Serena Bortone: “Cosa sta accadendo in questo momento è la conseguenza di cosa è avvenuto in passato. Ogni volta come umanità intera ci diciamo che non dovrà succedere mai più. Chi perde la vita in queste guerra, non deve morire invano. Fino a quando non riconosceremo le pagine più buie, continueremo a farci del male. Sono convinto che Putin sarà giudicato dai posteri per i suoi crimini contro l’umanità”.

Anche così la musica diventa veicolo di pace. Dovremmo tutti prendere esempio da questo coraggioso Maestro

Eurovision Song Contest 2022: sale la febbre. Il nostro speciale
Ogni sabato i voti di Musica361 alle canzoni in gara all’Eurovision Song Contest 2022. Oggi le prime sei: da Albania a Belgio.


Le curiosità e i nostri voti alle canzoni in gara al prossimo Eurovision Song Contest di Torino


L’Eurovision Song Contest 2022 è ormai alle porte. Sale la febbre per l’evento internazionale che quest’anno sarà organizzato dall’Italia. Il 10, il 12 e il 14 maggio andrà quindi in scena, dal Palasport di Torino, l’Eurovision che attendevamo da oltre trent’anni. Quello che dovrà riscattare la nostra immagine europea anche come organizzatori.

I biglietti, in vendita da giovedì 7 aprile, in dieci minuti sono andati esauriti. Compresi ovviamente anche quelli delle prove generali. I prezzi (fino a 350 euro quelli della finale) non hanno certo spaventato il pubblico italiano, abituato a cifre ben più alte per il Festival di Sanremo. E, non dimentichiamolo, è proprio dalla nostra kermesse ligure che prende lo spunto l’Eurovision Song Contest, arrivato alla 66a edizione.

Per tutta la seconda settimana di maggio, dunque, Torino respirerà un’atmosfera incredibile.

L’Eurovision Song Contest, la Champions’ della musica, sta per cominciare.

A condurre, come annunciato due mesi fa a Sanremo, saranno Laura Pausini, con Mika e Alessandro Cattelan.

In gara 40 Paesi (la Russia è stata estromessa).

L’Italia, che ha vinto per tre volte, parte in prima fila tra i favoriti per i bookmakers. La canzone vincitrice, per gli scommettitori, sarà Stefania, cantata dalla Kalush Orchestra per l’Ucraina che, ci auguriamo fortemente, possa partecipare dal vivo senza doversi limitare al video della prova generale. Tutto ovviamente dipenderà dalla situazione della crisi ucraina.

Da oggi, fino al 14 maggio, vedremo allora insieme a voi tutti i sabati le 40 canzoni in gara al prossimo Eurovision.

Vi aggiorneremo circa ogni novità e curiosità sulla kermesse. Sarà l’occasione per giocare insieme insieme a voi, per capire chi potrà portare a casa il trionfo dell’edizione italiana.

L’Ucraina ha vinto due volte negli ultimi diciotto anni. L’Irlanda, al primo posto nel medagliere con sette successi, cerca quel trionfo che le manca dal 1996, tallonata dalla Svezia. Anche il Paese degli Abba aspira ad arrivare al “settimo cielo” con le sei medaglie d’oro conquistate fin qui (l’ultima nel 2015).

Vediamo, dunque, in rassegna le prime sei canzoni in gara, in ordine alfabetico di Paese.

L’Albania si presenta all’Eurovision con Ronela Hajati, in gara con Sekret. Le sfumature orientaleggianti rimangono un marchio di fabbrica della musica albanese, ma in questo caso sono appena percettibili su un brano aritmato degno di una grande performance ma non convincente sul piano musicale. Voto 6.

L’ Armenia non ha mai avuto voti sufficienti per essere considerata favorita. Generalmente si è sempre presa i “voti dispersi” (vedremo in una delle prossime puntate come funzionerà il complicato regolamento delle giurie). Tuttavia il Paese armeno ha sempre presentato piacevolissime canzoni pop. Non è da meno Snap, di Rosa Linn. Un bel pop chitarra e voce, che esplode coralmente nel ritornello. Il giro di chitarra ricorda quelli tipici di Carmen Consoli. Rimane in testa. Voto 8.

L’Australia, con Not the same, cantata da Sheldon Riley, ci dice che con Brividi non porteremo nulla di originale. La ballata lenta e romantica di accompagna a vocalizzi in falsetto, che ricordano proprio il brano di Mahmood e Blanco. Anche questa sa creare un’atmosfera dolce. Voto 8.

L’Austria ha già vinto L’Eurovision due volte (l’ultima nel 2014).

Con Lum!x feat. Pia Maria, presenta Halo, una pop dance che potrebbe restare in classifica diventando una hit estiva. Si poteva fare di meglio nel videoclip, poco convincente sotto il piano della storia. Voto 7

Identicamente una bella dance, ricca di suoni più tecnologici, la canzone con cui l’Azerbaigian prova a bissare l’incredibile successo di undici anni fa. Fade to Black di Nadir Rustemli si merita un Voto 7.

Infine analizziamo la canzone del Belgio, Paese vincitore solo ne 1986. Jeremie Makiese ha probabilmente la voce più bella di tutto l’Eurovision, ma sembra quasi sprecata su un brano (Miss you) che esprime una continua incertezza di genere tra pop e rap. Voto 7.5, per la voce di Jeremie.

L’Eurovision dunque su già arrivando e, questa volta più che mai, è qualcosa di cui potremo andare orgogliosi noi italiani per primi. Non perdete i nostri appuntamenti del sabato per scoprire tutto, ma proprio tutto, circa la manifestazione musicale più attesa dell’anno.

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
La nuova puntata di Musica Maestro è dedicata a Oksana Lyniv, Direttore d’Orchestra di origine ucraina


In questo delicato momento per l’Ucraina, un motivo di speranza è segnato proprio dall’arte e dalla musica. Non perché ci sia l’illusione che queste possano fermare i missili di una guerra assurda, ma perché ci ricordano come l’umanità sappia essere non solo quella follia di certi potenti.

L’Ucraina in queste settimane vive con il fiato sospeso, mentre l’Occidente mostra solidarietà per un Paese tanto vicino.

Nulla più della musica ci ricorda questa unità tra i popoli. Non a caso, quindi, a essere chiamata in causa per un importante messaggio all’Ucraina e al mondo intero, è stata proprio la direttrice d’orchestra Oksana Lyniv.

A lei, baluardo della musica ucraina, dedichiamo la puntata settimanale di Musica Maestro.

Figlia d’arte (suo nonno era un direttore di coro e i suoi genitori due musicisti), la giovane direttrice d’orchestra iniziò da bambina a studiare pianoforte, flauto, violino e canto. Ad appena 16 anni, nel 1994, diresse per la prima volta un’orchestra. Iniziò così a frequentare lezioni di musica dal Maestro Dashak, punto di riferimento in Ucraina per quel che riguarda l’Opera.

Oksana continuava a studiare, mentre già diventava assistente di Myron Jusypovic, nonché ospite principale dell’Orchestra sinfonica della città di Leopoli.

Nel 2004 partecipò al primo concorso di direzione d’orchestra, dedicato a Gustav Mahler, a Bamberga. Si classificò al terzo posto.

Proprio a Bamberga divenne così, l’anno dopo, assistente del Maestro Nott.

Tanta gavetta, tanti studi e assistenze ai grandi della musica, prima di arrivare a diventare direttore principale. Nel 2005, infatti, Oksana iniziò gli studi di perfezionamento post laurea presso l’Accademia di Dresda, al seguito dei più grandi direttori noti in tutto il Paese.

Anche per questa sua formazione, volle fondare, nel 2010, un’orchestra giovanile in Ucraina.

Numerose le opere di successo dirette da Oksana, dal Lucia di Lammermoor di Donizetti all’Ariadne auf Naxos di Strauss.

Nel 2015 il debutto a Stoccolma con Lo schiaccianoci; l’anno successivo diresse, a Graz, La traviata. Divenne così la prima direttrice donna operistica in Austria. Record ottenuto anche nel 2021 in Germania con la direzione al Festival di Bayreuth.

Lo scorso anno venne conosciuta anche in Italia per la sua partecipazione in un concetto al Teatro Comunale di Bologna dedicato a Mozart e Schumann. Da gennaio è diventata la direttrice musicale dello stesso Teatro, in un anno decisamente difficile per la sua Ucraina.

Donna simbolo della creatività e dell’arte, Oksana lo scorso marzo ha diretto la prima produzione lirica di Ai Weiwei, la Turandot di Puccini, al Teatro dell’Opera di Roma.

Una donna. Una persona che conosce il valore della crescita e che vuole dare spazio ai giovani. Basterebbe tutto questo per raccontare un grande sentimento di unità e speranza attraverso la musica.

Non basterà a fermare la guerra, ma quando pensiamo che la crisi ucraina non ci riguarda chiaramente sbagliamo. La nostra identità culturale ci impone di guardare alla musica come a un grande motivo di positività per il mondo.

In un’epoca in cui è ancora difficile avere donne a dirigere le orchestre, l’ucraina Oksana Lyniv è un’eccezione che regala speranza.

 

 

 

 

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata 3
Rettore, Ditonellapiaga al 72 Festival di . Foto di Marco Piraccini. Sanremo. Seconda serata. Sanremo (Italia), 2 febbraio 2022


Amadeus è già al lavoro per Sanremo 2023: il più difficile e stimolante per responsabilità. Intanto l’edizione 2022…


Sanremo 2023 non è poi così lontano. Ma come?! Mancano dieci mesi! Appunto, considerando che tra due mesi la tv va in vacanza e che appena si ripartirà a settembre Amadeus dovrà già iniziare ad ascoltare i nuovi brani, Sanremo 2023 è molto meno lontano di quanto possa sembrare.

Inebriamoci con questa Hit Parade che vede Brividi saldamente al primo posto. Godiamoci il successo dell’ultima edizione, che ci ha restituito un Festival degno delle edizioni più epocali. Viviamo pure questa onda lunga di Sanremo 2022 che, se tutto va bene, ci accompagnerà almeno fino a tutta l’estate. Intanto andiamo nei locali e ci accorgiamo che brani come Dove si balla e Ciao Ciao spopolano ovunque. Ascoltiamo noi stessi e ci rendiamo conto che tutti abbiamo fatto nostri certi tormentoni come Stai andando forte o Chimica.

Mentre facciamo tutto questo pensiamo già a Sanremo 2023.

È così. I cantanti che vogliono provare a gareggiare dovranno iniziare, senza temporeggiare troppo, a preparare le canzoni per la prossima edizione. Alcuni brani che canteremo, speriamo con la stessa fortuna di quest’anno, sono in fase di costruzione proprio in questo periodo.

Poi arriverà il momento delle analisi e delle scelte, dove i protagonisti stessi dovranno capire con quale pezzo potranno convincere Amadeus. E ovviamente, per cantanti e direttore artistico, Sanremo 2023 non potrà non tenere conto di quello che è accaduto lo scorso febbraio.

Chissà quanti veterani, dopo le esperienze di Iva Zanicchi e Massimo Ranieri, stanno pensando a rimettersi in gioco gareggiando con i più giovani per guadagnare una fetta di pubblico in più.

E chissà che i superBig come Elisa, Emma, Moro, Morandi, Rettore non abbiano convinto altri fenomeni di casa nostra a partecipare non più come semplici ospiti.

Mahmood dovrà prima cercare quella sfida impossibile, che tanto impossibile forse non è, di vincere all’Eurovision bissando il successo tricolore.

Poi, però, potrebbe anche già pensare a una partecipazione a Sanremo 2023. Del resto, numeri alla mano, è l’unico ora che potrebbe insidiare i grandi record di vittorie al Festival: lui è già a due, a una giovanissima età.

Insomma, se due anni fa a quest’ora erano tutti pronti a comporre canzoni in due giorni, improvvisando diversi ritornelli su un unico slogan (Andrà tutto bene), ora potrebbero essere nuovamente tutti al lavoro. Per una nuova sfida sanremese.

E Amadeus? Cosa dovrà fare per Sanremo 2023?

Semplicemente essere se stesso, come ha fatto in questi tre anni. Sia che  intenda fare un Festival perlopiù di giovani come l’anno scorso o di Big come quest’anno, Amadeus potrà stare tranquillo. Se non adatterà il Festival alle esigenze del web e di strani meccanismi, anche Sanremo 2023 sarà un successo.

Nel 2020 si diceva fosse tornata la melodia con Diodato, nel 2021 si celebrava il trionfo del rock con i Maneskin. Quest’anno non si fa altro che parlare della musica italiana come qualcosa di cui andare orgogliosi, per qualunque genere. Ecco perché, dopo tanto tempo, anche la responsabilità nell’ organizzarlo diventa ancora più forte ma, forse, anche più stimolante.

Amadeus non dovrà fare peggio del 2022, ma ha tutte le qualità per essere sicuro del suo lavoro. E, soprattutto, ormai ha acquisito credibilità. C’è da scommettere che lui stesso sia già al lavoro per convincere qualche grande Big della musica.

A proposito, sono già partiti i primi rumors. Ossia quelli che vorrebbero Amadeus alla ricerca disperata di tre grandi ospiti per Sanremo 2023: Celentano, Benigni e Mina. Quest’ultima è da sempre un sogno impossibile per tutti. Ma per Amadeus rischia di non esserci più nulla di impossibile…

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