"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
La nuova puntata di Musica Maestro è dedicata a Lelio Luttazzi


Il ricordo di Lelio Luttazzi: nessuno come lui seppe trasformare la figura del Direttore d’Orchestra


Lelio Luttazzi. Se c’è un Direttore 
originale, innovativo e poliedrico che non va dimenticato, quello è proprio lui. Showman, intrattenitore, cantante, persino scrittore: Lelio Luttazzi fu una delle figure più leggendarie della cultura italiana. E, vista la penuria di figure in grado di ricoprire così tanti ruoli, possiamo dire che lo rimarrà per sempre. Perché in effetti Lelio Luttazzi faceva tante cose, ma quel che sorprende ancora oggi è come le facesse tutte straordinariamente bene. Non può mancare, quindi, nel nostro racconto settimanale di Musica Maestro, un ricordo del Direttore triestino.

Lelio Luttazzi nasce nel 1923 in una famiglia che purtroppo vive ben presto la morte del padre.

La tragedia segna tutta l’infanzia del futuro direttore d’orchestra che, non a caso, trova conforto proprio nella musica, prendendo lezioni di pianoforte.

Completamente contrario alle idee filofasciste della madre, Lelio inizia a prendere le distanze dalle radici familiari per seguire un suo percorso. Gli anni degli studi di giurisprudenza, che non terminerà mai, sono anzitutto quelli delle sue prime composizioni musicali per Radio Trieste. Nel 1943, con i compagni di università, apre un concerto, in veste di Direttore d’Orchestra, del cantante Ernesto Bonino. È lui il primo ad accorgersi del grande talento di Lelio Luttazzi, al punto da chiedergli di comporre per lui una canzone: ne nascerà un successo degli anni Quaranta, Il giovanotto matto.

Nel 1948 viene contattato da Teddy Reno, interprete della sua Muleta mia, per diventare direttore artistico della CGD. Da questo momento diventa a tutti gli effetti un musicista professionista. Questo giova anche alla sua vita privata: nello stesso anno infatti convola a nozze e diventa padre di Donatella.

Due anni più tardi diventa direttore dell’orchestra Rai ed è lì che dimostra più di chiunque altro coraggio e lungimiranza, senza alcuna soggezione del ruolo di enorme prestigio.

Lelio Luttazzi è infatti il primo a creare, in Italia, una orchestra ritmica d’archi.

Inizia ad essere, così, un personaggio radiofonico nei programmi anni ‘50 della Rai, quelli in cui nel frattempo compone e interpreta canzoni swing e jazz di un certo successo. Tra queste, Una zebra a pois per Mina.

Anche nel suo modo di dirigere l’orchestra, Lelio Luttazzi appare un italiano atipico. Sembra piuttosto un americano, per la sua personalità decisa che lo fa esprimere da subito come un vero showman, parte integrante dello stesso spettacolo.

Il pubblico se ne accorge quando, nel 1955, esordisce in televisione nel programma Musica in vacanza.

Mentre dirige canta, intanto ammicca al pubblico oltre che agli orchestrali.

 

Si ha la netta sensazione che il Maestro abbia in pugno l’ensamble sentendosi però allo stesso livello di tutti gli altri. Questo aiuta l’empatia con i musicisti, ma anche la percezione di una proposta di assoluto spettacolo per chi guarda da casa.

Nel 1962 la svolta. Lelio Luttazzi diventa presentatore televisivo. Ne Il paroliere, questo sconosciuto viene affiancato dalla giovanissima Raffaella Carrà. Successivamente condurrà con Mina Studio Uno, quindi Doppia coppia e Teatro 10.

Collaboratore con il Quartetto Cetra in alcuni spettacoli, Luttazzi scrisse anche colonne sonore per alcuni film di Totò.

Nel 1967 inizia a condurre in radio il programma Hit Parade, che porterà avanti per nove anni presentando i 45 giri più venduti della settimana.

Hiiit Paraaaade!

L’urlo di Lelio Luttazzi diventerà leggenda della televisione.

E lui si conferma fermo nel suo lavoro  anche dopo il suo arresto per un mese, avvenuto in seguito a un clamoroso errore giudiziario, che lo allontanerà dai canali televisivi Rai.

Gli anni Ottanta lo vedono ancora protagonista in alcune trasmissioni televisive.

 

Nel 1991 Luttazzi viene conferito del Premio San Giusto d’Oro. Nel 1992 dirige i suoi ultimi concerti jazz e vince infatti l’iconico premio Una vita per il jazz.

Da quel momento si ritira a vita privata, comparendo solo in qualche rara apparizione televisiva che farà di lui un personaggio tanto eclettico quanto unico nello spettacolo italiano.

Tra queste è impossibile dimenticare la sua ospitata storica a Viva Radio Due da Fiorello e la presenza al Festival di Sanremo 2009, dove tiene a battesimo il debutto di Arisa nella serata dei duetti.

Muore nel 2010, anno in cui partecipa allo Zecchino d’Oro la sua canzone La vera storia di Noè.

Lelio Luttazzi non fu solo un Direttore d’orchestra. Come ci piace raccontare in questa rubrica, vi sono alcuni musicisti che a tutti gli effetti sono Maestri. Lui fu uno di questi, perché se abbiamo imparato ad amare lo swing come un genere completamente spettacolare, questo lo dobbiamo anzitutto a lui. Il primo Direttore d’orchestra che si cimentò in esperienze televisive diventando un vero personaggio, ma sempre legato al suo mondo musicale.

Vittoria annunciata di Mahmood e Blanco. Seconda Elisa, Terzo Morandi 2
The finalists Gianni Morandi, Elisa, Mahmood and Blanco (“Brividi”) at the 72 Sanremo Festival. Final evening. Giorgio Armani, Valentino and Burberry clothes. Sanremo (Italy), February 5th, 2022. Foto di Marco Piraccini


Brividi è il brano più trasmesso dalle radio

 

Brividi, è questa la canzone destinata a entrare nella storia del 2022. Come accaduto nelle ultime due edizioni precedenti con Fai rumore e Zitti e buoni, anche quest’anno la canzone vincitrice del Festival di Sanremo conferma il suo successo in radio. Merito di Amadeus, che con il suo passato da dj ha saputo intuire cosa potesse funzionare sui network. Merito delle case discografiche, artefici di un’operazione commerciale capace di unire due fenomeni di straordinaria popolarità. Merito di Mahmood e Blanco, che con le loro voci hanno dato vita a uno dei duetti più cantati degli ultimi anni.

Brividi è indiscutibilmente il brano simbolo di questa prima fase del 2022.

Ogni classifica parla chiaro. Dopo aver stravinto il Festival con il televoto, Brividi è ora il singolo più venduto della settimana, così come Blu Celeste di Blanco è davanti a tutti nella graduatoria degli album. E ora la conferma dalla classifica AirPlay: Brividi è la canzone più trasmessa dalle radio.

Sono lontani i tempi di quando vincere a Sanremo equivaleva a rischiare l’eclissi mediatica.

Subito dietro a Brividi, infatti, nella AirPlay della settimana si attesta La Rappresentante di Lista con Ciao ciao, annunciata rivelazione del Festival. Al terzo posto Elisa con O forse sei tu, quarto Dargen D’Amico. La sua Dove si balla, infatti, sta diventando uno di quei tormentoni radiofonici destinati a rimanere per tante settimane in classifica.

Da segnalare, nella classifica delle etichette Indipendenti, il secondo posto di Sangiovanni, molto trasmesso con Farfalle, e il quarto posto della coppia Rettore-Ditonellapiaga con Chimica.

La realtà è che le prime settimane del post Festival stanno regalando soddisfazioni un po’ a tutti i 25 Big in gara quest’anno.

Non possono lamentarsi Morandi, particolarmente trasmesso con Apri tutte le porte, e nemmeno Tananai con Sesso occasionale. L’ultimo classificato, infatti, è riuscito a farsi apprezzare da tutti sui social, con la sua simpatia innata che lo ha reso un nuovo fenomeno. Ora punta all’Eurovision Song Contest con la Svizzera. Esattamente come Achille Lauro stasera punterà allo stesso risultato con San Marino.

Sì, perché quest’anno sembra che tutti abbiano trovato escamotage per stupire più delle edizioni scorse. A cominciare dallo stesso successo post Sanremo. La classifica AirPlay, del resto, è sempre stata la più ambita di sempre. Accadeva sin da quando Vasco Rossi e Zucchero si classificavano negli ultimi posti all’Ariston, per poi essere trasmessi a più non posso dalle radio.

Brividi non ha bisogno di alcun aiuto speciale:

domina ovunque, imperando appunto grazie allo strepitoso successo dei suoi due interpreti.

Altri, un po’ più in ritardo nella classifica delle radio, si rifanno con i social. Una graduatoria da non sottovalutare, anche per la sua rilevanza tutta contemporanea. Un tempo, infatti, c’erano le dediche in radio. Oggi per omaggiare qualcuno si invia direttamente il link di You Tube tramite un messaggio sul cellulare. La fine della poesia coincide insomma con l’inizio di una nuova era che richiede di guardare a tante sfumature persino per decretare il vero vincitore de Festival.

Comunque la si guardi, però, c’è una buona notizia. Il risultato è inequivocabile. Anche nella classifica di Spotify, Brividi è davanti a tutti con quasi un milione di streams, il doppio di Irama (Ovunque sarai), al secondo posto.

Ecco come Sanremo ha raggiunto risultati insperati fino a tre anni fa quando le canzoni sanremesi venivano scordate in breve tempo. Questa volta anche in radio non si parla d’altro. E non a caso in pochi hanno avuto il coraggio di lanciare nuovi singoli nelle ultime due settimane. Sanremo 2022 si conferma un successo da Brividi

"Musica Maestro": i grandi Direttori d'Orchestra si raccontano 1
La nuova puntata di Musica Maestro è dedicata a Max Steiner

Se Hollywood ha potuto puntare su maestose colonne sonore, lo deve moltissimo a Max Steiner, che con “Via col Vento” cambiò la storia della musica cinematografica

Max Steiner. Ne scegliamo uno per tutti. Abbiamo pensato tanto a chi dedicare questa puntata di Musica Maestro nel giorno di San Valentino. Avremmo potuto svariare tra i tantissimi Direttori d’Orchestra che hanno composto e orchestrato canzoni d’amore, ma ci saremmo imbattuti in un elenco troppo lungo tutt’altro che semplificatore nella nostra decisione. Così viriamo su un mondo in particolare, capace di fare da strada maestra per tutti gli altri, quello del cinema. Certo, anche qui la scelta non è propriamente facile. Quanti Maestri hanno composto colonne sonore d’amore! Eppure, ce n’è una che più di tutte le altre ha letteralmente aperto le danze. Possiamo ricordare le colonne sonore di film indimenticabili come Titanic, Ghost, L’amore è una cosa meravigliosa, Il tempo delle mele, Robin Hood e chi più ne ha più ne metta. Tutte melodie romantiche che certamente oggi, 14 febbraio, riecheggeranno attraverso tanti cellulari per le immancabili dediche tra innamorati. Non sarebbero esistite tutte queste, però, se non vi fosse stata prima di tutte quella composta da Max Steiner. Stiamo parlando naturalmente della colonna sonora di Via col Vento.

Fortemente voluto dal produttore David O. Selznick, Max Steiner fu scelto per quella che sarebbe stata la colonna sonora più lunga mai composta.

Pur avendo a disposizione Herbart Stothart, già sotto contratto con la casa di distribuzione Metro Goldwyn Mayer, il produttore si impose perché il lavoro fosse ad appannaggio di Max Steiner, già noto per altre colonne sonore e legato da un’esclusiva con la Warner Bros. Così pagò una pesantissima penale per svincolare il Maestro. Ne nacque quella che nell’immaginario collettivo conosciamo tutti quale la magnifica e struggente musica che esplode all’inizio e alla fine del popolare film. La pellicola, del 1939, vinse 8 Oscar. Clamorosamente, a mancare l’ambita statuetta fu proprio la colonna sonora di Max Steiner: a vincere fu Il mago di Oz.

Ma proviamo a capire chi fosse costui e come quella celebre melodia sia diventata un’icona musicale, tanto da essere forse oggi più conosciuta dello stesso film. Chissà in quanti, infatti, non ricordano che poche simboliche frasi di Via col vento, ma ricordano perfettamente quella musica del tema principale, con tutta la sua potenza orchestrale.

Max Steiner nacque a Vienna nel 1888 da una famiglia di artisti.

Il nonno infatti era il gestore del Theater an der Wien della capitale austriaca. Il suo padrino di battesimo fu nientemeno che Richard Strauss: quando un destino è già segnato…

Seguendo le lezioni di Johannes Brahms, il bambino prodigio imparò a suonare pianoforte per entrare a soli 15 anni nell’Accademia Imperiale di Musica ed Arte Scenica. Lì ebbe come insegnante Gustav Mahler e rimase solo un anno, che gli bastò a completare il ciclo di studi generalmente pensato per la durata di quattro anni.

A sedici anni compose la sua prima operetta, La bella greca.

Nel 1914 Max Steiner si trasferì negli USA, dove lavorò per quindici anni come arrangiatore, orchestratore e direttore d’orchestra per i più popolari musical di Broadway.

La svolta decisiva avvenne quando, nel 1929, si recò a Hollywood dove si impose come compositore di celebri musiche per il cinema. Nel 1933 diresse la colonna sonora del film King Kong e, successivamente, quelle di numerosi spettacoli di Fred Astaire e Ginger Rogers.

Il traditore, Casablanca e La carica dei seicento lo incoronarono quale Maestro della musica da cinema. Fu così che, nel 1939, Max Steiner venne quindi chiamato da Selznick per dirigere la colonna sonora di Via col vento.

Il risultato fu clamoroso. Una perfetta congiunzione di musica e dialoghi, con un tema orchestrale dei più imponenti mai ascoltati.

Via col vento divenne così il simbolo delle storie d’amore al cinema, nonché il modello a cui ciascun musicista ha successivamente aspirato di avvicinarsi. La sua musica in crescendo, con un ingresso a schiaffo degli archi prima dell’esplosione armonica dell’inciso, è qualcosa di leggendario. La colonna sonora fu così consegnata alla storia del cinema romantico, prima di essere utilizzata per numerose pubblicità, oltre che per la sigla di Porta a Porta.

Ecco perché, nel giorno di San Valentino, ci piace incoronare una volta per tutte, quale Maestro della musica romantica, colui che, cresciuto con gli insegnamenti dei più grandi musicisti del Novecento, seppe creare un genere da imitare. Max Steiner, in questo senso, fu in grado di costruire un mito assoluto intorno a un film, senza saperlo. Così da quel momento, fu chiaro a tutti che la storia di un film potesse essere raccontata dalla musica prima di tutto. Fu chiaro che per dirigere l’orchestra bisogna lasciarsi trasportare dal sentimento. Proprio come facciamo ascoltando la colonna sonora di Via col vento, la più ricca di partiture orchestrali mai creata.

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata 3
Rettore, Ditonellapiaga al 72 Festival di Sanremo. Seconda serata. Sanremo (Italia), 2 febbraio 2022. Foto di Marco Piraccini. Le due cantanti, con “Chimica”, sono nella top ten delle classifiche Fimi dei singoli della settimana


Le prime Classifiche Fimi post Sanremo: ecco chi parte bene


Classifiche Fimi a una settimana dal termine del Festival di Sanremo. Non determinano i destini della musica lanciata appena qualche giorno fa. Non permetteranno nemmeno un bilancio definitivamente certo del Festival. Eppure sono sempre un’importante indicazione. Per quanto sia un onore, nonché un’ambizione, vincere sul palcoscenico dell’Ariston, il trionfo non è mai abbastanza completo se non trova riscontro nelle classifiche Fimi.

In qualche caso si può anche non raggiungere il podio al Festival, ma se le classifiche Fimi sorridono c’è motivo di stare sereni per un anno intero.

Per informazioni chiedere a Colapesce e Di Martino, solo per citare gli ultimi in ordine cronologico. Le sorprese non mancano mai.

Questa volta le classifiche Fimi premiano, tra gli album più venduti della settimana, nientepopódimeno che Rkomi. Sì, proprio lui, giunto diciassettesimo nella graduatoria finale, guida la prima hit parade post Sanremo con Taxi Driver. Subito dietro di lui il disco di Blanco che, giocando sulle varietà cromatiche, prende il titolo di Blu Celeste. Sembrerebbe che questo trionfo appartenga più a lui che a Mahmood, almeno per risonanza mediatica.

Al terzo posto la compilation ufficiale de Festival. Si fa un balzo al settimo posto per ritrovare un album sanremese: è quello di Fabrizio Moro (La mia voce). Per la verità anche il quarto posto dei Maneskin vive però di luce festivaliera, dopo l’ospitata nella prima sera. Insomma, sei giorni dal successo di Mahmood e Blanco e già Sanremo sbanca. In modo decisamente diverso da come avveniva un tempo. L’era digitale di Spotify ci consente di ascoltare un numero considerevole di canzoni, senza costringerci ad acquistare un album intero se vogliamo emozionarci col brano conosciuto al Festival. Leggendo in quest’ottica le classifiche Fimi, acquisisce maggiore forza quindi il primo posto di Rkomi, maltrattato dalle giurie sanremesi eppure molto apprezzato dal pubblico giovane che compra i dischi. Naturalmente influisce su questo primissimo bilancio il fatto che la maggior parte degli album non sia ancora uscita. Non a caso la compilation, dicevamo, è già al terzo posto degli album (al sesto nei vinili!).

E non a caso diversamente le cose nell’hit parade dei singoli più venduti della settimana.

Qui Rkomi è solo settimo in una classifica che, scherzo del destino, lo vede ancora diciassettesimo con La coda del diavolo, in duetto con Elodie. Fino alla sedicesima posizione si parla solo di Sanremo. Se il primo posto è ad appannaggio dei due trionfatori, con Brividi. Elisa è solo quarta con O forse sei tu. Ottavo Morandi con Apri tutte le porte. Si rifà invece del podio mancato Irama, secondo con Ovunque sarai.

È sfumato l’Eurovision sammarinese per La Rappresentante di Lista, che con Ciao ciao occupa comunque la terza posizione dei singoli più venduti.

Il genere tormentone d’altra parte è stata la grande sorpresa di questo ultimo Festival che, a differenza dei precedenti, non si è limitato a un solo brano orecchiabile.

E così le classifiche Fimi li premiano tutti, o quasi.

Se anche Sangiovanni e Dargen D’Amico sono partiti bene nelle vendite, con Ditonellapiaga e Rettore al nono posto e ben più avanti della regina delle hit Emma (dodicesima), è un ingresso in sordina quello di Ana Mena in graduatoria. La cantante spagnola è diciannovesima con Duecentomila ore. Forse questo conferma che Ana Mena ha sbagliato stagione per presentare il suo brano. O forse, ipotesi non considerata da nessuno, dimostra che il pubblico italiano si è stancato dei ritornelli iberici. È sempre più apprezzata la nostra, capace di emozionare con melodia e romanticismo. Perché va bene il trionfo dei Maneskin, ma un anno dopo siamo già qui a dire che Sanremo è stato bello grazie alle sue melodie. E pensare che undici mesi fa sostenevamo fosse cambiata la musica in Italia. Il rock, in fondo, per noi resta ancora un’eccezione. Forse ormai persino le ballate spagnole, che per tanto tempo ci hanno divertito in spiaggia, stanno passando di moda. Ma per capirlo bisognerà aspettare l’estate. Solo lì sapremo se Ana Mena ha sbagliato stagione…o canzone!

Serve a poco, infine, il riscontro social di Tananai che, ultimo a Sanremo, ha trovato riscontro sul web in questa settimana. Nelle classifiche Fimi, però, è solo sedicesimo. Evidentemente anche i social, pur creando un grande traffico di followers, non riescono a cambiare del tutto i destini delle vendite musicali…

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata 2
Iva Zanicchi al 72 Festival di Sanremo. Seconda serata. Sanremo (Italia), 2 febbraio 2022 (foto di Marco Piraccini/MondadoriPorfolio). La canzone di Iva è stata una delle poche suonate dall’inizio alla fine dall’orchestra


Tanti suoni preregistrati: l’orchestra in certi casi era solo una cornice


L’orchestra a Sanremo 2022: che ruolo ha avuto? Oggi per la nostra rubrica Musica Maestro ci occupiamo proprio di questo. L’edizione appena conclusa ha restituito al Festival di Sanremo tantissima credibilità, con Big assoluti in gara e share di ascolti baudiani. Eppure..sì, c’è un eppure, perché su qualcosa dal punto di vista musicale si può ancora lavorare per le prossime edizioni. Non si vuole trovare a tutti i costi qualcosa che non vada in una kermesse praticamente perfetta sotto tanti aspetti e che abbiamo amato raccontarvi giorno dopo giorno. Va rimarcato, però, il fatto che la classifica venga decretata da anni mettendo al centro il nome dell’interprete più che della canzone. Allora c’è qualcosa da migliorare musicalmente. A cominciare dal ruolo dell’orchestra. 

Schierata ai piedi del palcoscenico, l’orchestra di Sanremo sembrava più che altro una bella cornice agli straordinari interpreti del palcoscenico.

Poco male, in fondo da che mondo è mondo e da che teatro è teatro, l’orchestra suona nella cosiddetta “buca”. Non è certo una prerogativa dell’ensemble quella di essere al centro della scena.

A Sanremo, però, dove nulla è casuale, un segnale viene dato già dall’impostazione scenografica.

Quando nel 1990 Aragozzini ripristinò dopo tanti anni l’orchestra, infatti, questa era posizionata sul palcoscenico, a completare la scenografia fatta di scogli, cielo e mare. E di spazio non ne mancava di certo in quell’occasione. Si trattava dell’edizione svolta ad Arma di Taggia in un enorme complesso denominato Palafiori. Ai tantissimi posti vuoti tra le poltrone del pubblico, si sarebbe potuto ovviare inserendo l’orchestra ai piedi del palcoscenico e dipanandola in lungo e in largo. Invece no, perché la musica dal vivo doveva essere omaggiata in un certo modo, indicativo sin da subito.

Con questa stessa impostazione si sarebbe andati avanti per parecchio tempo. Ma vediamo cosa è accaduto quest’anno.

L’orchestra, diretta da Leonardo De Amicis, suonava il jingle d’apertura (ormai da qualche anno non esiste più una vera e propria sigla). Inoltre introduceva i cantanti con degli stacchi musicali e accompagnava gli ospiti.

Già, ma la gara?

Tutti abbiamo notato (ahinoi) un uso sempre più crescente di basi preregistrate. Non si poteva fare altrimenti. La musica ormai è cambiata e con il digitale ci siamo abituati a un’infinità di suoni impossibili da riprodurre “a mano”.

In certe canzoni (la maggior parte) si sono sfruttati eco, autotunes o effetti sonori che nessuna orchestra avrebbe potuto realizzare.

Per fortuna qualcuno ha fatto eccezione. Non a caso parliamo dei grandi Big. Iva Zanicchi e Massimo Ranieri, rispettivamente con Voglio amarti e Lettera al di là del mare, hanno portato in gara i pezzi in assoluto più orchestrali. Quelli dove gli archi e il pianoforte fanno la differenza.

Come loro i cantanti arrivati sul podio: Mahmood-Blanco, Elisa, Morandi, ma anche Moro, hanno potuto interpretare brani accompagnati da un’importante presenza dell’orchestra. Canzoni su cui gli stessi interpreti rischiano di più, dovendo mantenere l’intonazione senza alcun aiuto e senza essere coperti da suoni particolari.

Per il resto, se ascoltiamo le versioni sanremesi e quelle nel disco, si notano poche differenze. Persino alcune imperfezioni vocali dal vivo sono state meno frequenti, nonostante ormai con gli apparecchi che abbiamo in tutte le case si possano percepire dettagli un tempo impossibili.

Eppure quest’anno meno stonature. Tutto talento? Ci piacerebbe poter dire così. In realtà il lavoro del direttore tecnico di suono deve agevolare proprio una percezione più che mai perfetta ma, a volte, poco coerente con la realtà. Così ecco che le basi fanno la differenza e i cori preregistrati danno un supporto ai cantanti in gara.

A tutto questo si aggiunge ciò che la nostra rubrica racconta da mesi: molto spesso a Sanremo i pezzi sono diretti da arrangiatori che lavorano su pezzi prodotti da altri. Così si racconta la presenza di Francesca Michielin, che si traduce onestamente in uno schiaffo morale alla professione di Maestro. Schioccare le dita e tenere il tempo non corrisponde a gestire sotto la propria bacchetta l’intero ensemble. È stato talmente evidente che sembrava quasi inutile rimarcarlo, ma nessuno lo ha fatto notare. Oltretutto Francesca non era lì nemmeno in qualità di arrangiatore, ma piuttosto di amica di Emma. Ecco perché qualche direttore ha scatenato la polemica nelle scorse settimane.

Ecco spiegato forse anche così il motivo per cui l’orchestra quest’anno non votava.

A Sanremo 2022 l’orchestra è stata poco più che un supporto per molti, nonché una meravigliosa cornice. Siccome al Festival, però, la musica deve essere quella vera, sarebbe più bello non giocare ad avere un gruppo che rende tutto più importante ma poi di fatto non può suonare molto.

Forse sarebbe il caso di ripristinare la musica per come la conoscevamo un tempo. O, altrimenti, eliminiamo completamente le stonature e ci dedichiamo a basi e voci in playback. Andrà fatta una scelta. Di Sanremo 2022, del suo successo e dell’impostazione orchestrale torneremo a parlare nelle prossime settimane in Musica Maestro, con gli stessi protagonisti.

Nessuna sorpresa: il televoto premia Mahmood e Blanco. Ancora una volta niente vittoria per le donne

Vittoria annunciata di Mahmood e Blanco. Seconda Elisa, Terzo Morandi
I vincitori: Mahmood e Blanco 72 Festival di Sanremo. Serata finale (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Mahmood e Blanco vincono Sanremo 2022. C’erano dubbi? Il successo era nell’aria già dalla prima sera, andando a crescere nei consensi che li hanno visti quasi sempre primi in classifica. Brividi è una bella canzone (sebbene un po’ lagnosa, va ammesso senza paura) composta apposta per dare risalto alle voci dei due giovani artisti. Racconta la paura di essere inadeguati ad amare. Quella che attanaglia tante persone e non consente di lasciarsi andare ai sentimenti. Una condizione di solitudine che i lockdown non hanno certamente aiutato a risolvere.

Così Mahmood e Blanco trionfano come previsto. Forse fin troppo, al punto che se il Festival fosse durato un giorno in più rischiavano pure di perderlo per eccesso di presunzione. 

È il secondo Festival vinto da Mahmood. L’ultima volta che accadde un bis fu nel 2002, con i Matia Bazar (in una formazione rinnovata rispetto a quella di E dirsi ciao).

E ora attenzione alle statistiche, perché Mahmood sale a due successi in quattro anni, e ne ha solo 29. Quel record considerato ormai inarrivabile di Villa e Modugno (4 trionfi) potrebbe non essere più così impossibile. Per quanto ancora lontano. Peccato aver perso l’occasione di mandare all’Eurovision di Torino una donna come Elisa (seconda), icona della nostra musica all’estero. O un’icona come Morandi, classificatosi terzo (il più anziano nella storia del podio di Sanremo).  Vince il televoto, che premia la somma dei followers di due beniamini dei giovani. Le donne non vincono dal 2014. In un Paese che parla tanto di femminilità, c’è da riflettere.

Ma torniamo alla finale di Sanremo 2022 e alla vittoria di Mahmood e Blanco. Vediamo cosa è accaduto.

Tutto inizia con la banda della Finanza che suona l’inno di Mameli, mentre il pubblico ascolta in piedi.  Pronti, via subito con la gara. La canzone di Matteo Romano inizia a entrare nelle orecchie ed emoziona la timida compostezza di questo ragazzino, sempre elegante e nato artisticamente con Tik Tok. Giusy Ferreri ormai ride lei stessa del suo megafono, che doveva sottolineare l’atmosfera retrò. E invece è diventata una parodia. Rkomi, dopo avere coinvolto la platea con l’entusiasmo di un animatore in pensione, dice tutto in una dichiarazione finale. “Io so di non prendere tutte le note”. Ah, ok. Scusa se sei a Sanremo.

Entra la Ferilli e si accende la serata con la sua verve tutta romana. Iva Zanicchi è perfetta, non sbaglia una nota e fa en plein: quattro standing ovation su quattro.

Aka 7Even conferma di rappresentare la sintesi del pop contemporaneo, ma in questo Festival è difficile farsi notare tra tanti. Ranieri è poetico nella sua romanza al punto di guadagnarsi l’applauso prima che finisca di cantare. Abbraccia Adriano Pennino, a dimostrazione del fatto che l’orchestra é fondamentale per i brani fatti di musica vera. Noemi, vestita in un domopack, è precisa e graffiante come sempre. Meno preciso (ma sempre intenso) Moro, che questa volta aveva anche una canzone meno forte. Dargen D’Amico se la prende col governo che non aiuta le piccole realtà indipendenti: “Dobbiamo trovare un’alternativa ed eccoci qui”. Poi fa danzare tutti dotati di occhiali da sole: “Fottitene e balla” urla nel ritornello. Epico, comico: è la rivelazione. Forse il tormentone dell’intero 2022 é questo.

Vittoria annunciata di Mahmood e Blanco. Seconda Elisa, Terzo Morandi i finalisti
I finalisti: Gianni Morandi, Elisa, Mahmood and Blanco 72 Festival di Sanremo. Serata finale (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Poi tocca alla Ferilli, che in modo elegantemente femminile ribadisce in soldoni il concetto del “ciascuno faccia il suo mestiere”. Non vuole parlare di problemi, che devono essere ad appannaggio di chi è pagato per occuparsene in prima linea. Quindi fa un selfie con Josè, il figlio di Amadeus che per primo ha suggerito il  nome dell’attrice al padre. In un clima completamente amichevole, quasi ci si scorda che è la finale di Sanremo. Mahmood, Elisa e Morandi, dietro le quinte ancora per cantare, se lo ricordano bene.

Si riparte proprio con Elisa. Melodica, concentrata, eterea, impeccabile ed elegantissima, in bianco come sempre. Ecco, Sanremo dovrebbe sempre avere cantanti in gara come lei. Importanti e sempre rispettosi di tutto ciò che fanno e del loro pubblico. La sua canzone è di una dolcezza pura.

Irama è strepitoso sin dalla sua prima partecipazione tra i Big di tre anni fa, eppure ha fatto un salto di maturità straordinario in tutto questo tempo. Ormai è una certezza della nostra musica, non della moda: indossare catene o centritavola potrebbe tornare utile solo se volesse fare il testimonial di Kasanova.

Gli abbigliamenti non fanno la musica, però.

Vale anche per Michele Bravi, per una settimana vestito da supereroe dei fumetti eppure sempre emozionante da impazzire, con una voce rotta dalla commozione. La Rappresentante di Lista divertono e ormai il pubblico non conosce solo le parole ma anche i gesti della loro Ciao Ciao. La balleremo persino in spiaggia tra qualche mese. A canzone finita si permettono un bis del brano, ai limiti del regolamento.

L’eleganza torna a farla padrona con Emma, vestita in pizzo nero e con un capello a caschetto biondo. Lo slogan “Siamo sante o puttane” sarà un manifesto del femminismo. Forse non tutti se ne sono accorti, ma nella sua Ogni volta è così c’è tutto: rap, pop, melodia. Anche lei, come tanti, scende dal palcoscenico verso il pubblico. Si è intuita, in questa edizione, una voglia smodata di abbracci, di vicinanza. Dopo due anni di silenzi, la musica dal vivo è finalmente tornata.

E’ la volta di Mahmood e Blanco, che entrano già convinti di vincere e acclamatissimi dal pubblico.

Hanno anche due inutili biciclette bianche a completare la scenografia: la serata delle cover, che permette performance diverse, c’è però già stata. Mah.

Highsnob e Hu sono davvero bravi, anche se ancora resta incomprensibile come siano tra i Big. La melodia del loro ritornello stride con il loro look tutt’altro che tenero. L’abbraccio finale significa molto.

Da Marco Mengoni ospite ci si attenderebbe prima di tutto una canzone. Invece L’Essenziale è anticipata da un monologo sorprendente che inizia comicamente per farsi serio sull’eccessiva possibilità di scrittura dei cosiddetti “haters” di Internet. Con lui il giovanissimo Filippo Scotti.

Vittoria annunciata di Mahmood e Blanco. Seconda Elisa, Terzo Morandi Matteo Romano
Matteo Romano 72 Festival di Sanremo. Serata finale (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Poi tocca a Sangiovanni, che approfittando di questo clima di festa dove tutti interagiscono e scherzano col conduttore, mette una sciarpa del Milan al collo di Amadeus. Resta il suo gesto sanremese più significativo: Farfalle è molto radiofonica e arriverà. Ma la voce dov’è? Eppure arriverà quinto.

Gianni Morandi è travolgente, un divo non divo tornato in gara dopo 21 anni e dopo avere persino presentato e diretto per due edizioni il Festival. Gli piace mettersi in gioco da sempre e anche nella sua canzone lo ripete: “Gioca tutte le carte, fai entrare il sole”. Sempre ottimista Gianni. Fa bene al cuore vedere (e ascoltare) artisti come lui.

Il caso (o forse no) vuole che proprio dopo di lui ci sia l’omaggio del palcoscenico a Lucio Dalla, che proprio all’Ariston fece la sua ultima apparizione nel 2012 poco prima di andarsene. Poi si sdrammatizza con Amadeus che propone: “Riprendiamo con la gara?”. Risponde la Ferilli: “Siamo qua per questo, tutto sto ambaradan…”.

Quando attacca a cantare Ditonellapiaga il pubblico già batte le mani a ritmo. Con Rettore la platea si infiamma completamente. La loro Chimica piace ed entusiasma tutti a suon di rock.

Sul vestito di Yuman dice già tutto la Ferilli a mezzanotte passata: “Vista l’ora ti sei già messo il pigiama?”. In realtà ha un abbigliamento che ben si adatta al gospel che canta con grande talento. Speriamo non si smetta subito di parlare di lui.

Cantanti gospel più che mai scatenate anche con Achille Lauro. La sua Come fosse domenica è praticamente un copia e incolla di Rolls Royce, ma furbamente strizza l’occhio ai programmi del weekend per diventarne colonna sonora. Non a caso invita a ballare con lui la “zia Mara”. Questa volta non si battezza, ma di rosa vestito si beve un cocktail.

A mezzanotte e un quarto l’attesissimo tributo a Raffaella Carrà, che condusse il Festival nel 2001.

Alcune tra le sue più famose canzoni interpretate da uno straordinario corpo di ballo che riecheggia i movimenti inventati proprio da lei. Di solito ci si divertiva molto con le sue canzoni, questa volta ci si commuove enormemente. Soprattutto quando in una poetica immagine la ballerina che la interpreta (rigorosamente di spalle) lascia il palcoscenico con una valigia in mano e tutto il corpo di ballo applaude. Pugno nello stomaco: quanto ci manca Raffaella!

Al rientro dalla pubblicità si riprende ballando. Lo si fa in con Ana Mena e la sua Duecentomila ore. Fresca, elegantissima e raffinata in abito rosso da sera, fa danzare il pubblico a ritmo di fisarmonica. Ha anche un privilegio non da poco: inneggia all’Italia e pronuncia perfettamente la parola “notte”, senza farla diventare “noche”.

Si continua a ballare, nonostante l’orario, con Tananai e il suo Sesso occasionale. Forte nel ritornello stile anni ‘90, meno interessante nelle strofe. Azzarda un “Ci vediamo all’Eurovision” che Amadeus non nota. Probabile prenderà un biglietto per essere in platea a Torino, non c’è altra spiegazione.

Giovanni Truppi si esibisce dopo un siparietto con Amadeus che gli domanda delle sue canottiere ormai celebri. Quando inizia il suo pezzo si sente un autentico e originale cantautorato. Tra qualche anno potremmo chiederci come mai artisti come lui non vadano mai a Sanremo se non per il Premio Tenco. Allora sì che rimpiangeremo di non avergli concesso più spazio in questo periodo: Truppi merita molto.

Vittoria annunciata di Mahmood e Blanco. Seconda Elisa, Terzo Morandi - Sabrina Ferilli e Amadeus
Sabrina Ferilli e Amadeus 72 Festival di Sanremo. Serata finale (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

La gara termina con Le Vibrazioni, mai in evidenza in questa edizione.

Eppure la loro canzone è un bel rock che sa essere sempre romantico. Amadeus li presenta dalla galleria. Ovazione per Vessicchio. La Ferilli intanto è sparita: la si è sentita solo qualche minuto prima dire da dietro le quinte ai tecnici “Nun ce sto io!”. Poco male, Amadeus è stato formidabile da solo in questa edizione. Altroché “senza Fiorello non sa fare lo show”. Il signor Sebastiani dirige da tre anni il Festival, ha creato un’edizione più bella dell’altra portando veri Big in gara e sapendo scommettere su tanti giovani. Quest’anno, rinvigorito anche dai dati Auditel, ha saputo divertirsi anche di più, giocando col pubblico e con i cantanti. E ora? E ora non ci sono scuse, vogliamo il quarto Sanremo di Amadeus. Perché quello del 2022, più di ogni altra edizione  degli ultimi 20 anni, è il Festival delle grandi canzoni.

Vediamo i premi finali, che hanno sempre un po’ il profumo di quelli di consolazione della Lotteria Italia. A Ranieri il Mia Martini, a Elisa il Bigazzi per la composizione, a Moro il Premio Bardotti per il miglior testo, a Morandi quello della Sala Stampa Lucio Dalla. Dimenticata Iva Zanicchi: questo francamente fa male. Ma lei avrà modo di rifarsi. Viva Sanremo! 

Quante emozioni nella serata delle cover. Ecco come è andata

Cover, Morandi primo. Quest’anno la serata speciale è uno show!
L’attrice italiana Maria Chiara Giannetta e Amadeus al 72 Festival di Sanremo. Quarta serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Cover, più che un evento fuori dall’ordinaria tradizione sanremese, ormai sono una consuetudine della kermesse. Dal 2004 infatti le cover sono ad appannaggio della terza o della quarta serata. Una volta ripercorrono i grandi successi sanremesi, un’altra volta le canzoni d’autore, piuttosto che i brani simbolo dell’unità nazionale. Qualunque siano la tematica e il titolo della serata dedicata, quella delle cover è da 18 anni la più curiosa. Eppure altresì quella che da sempre divide il pubblico.

Raramente si sono ascoltate interpretazioni all’altezza dei brani originali. Tanto che a posteriori ci si è spesso chiesti che senso avesse allungare il brodo a 5 appuntamenti. Quest’anno è diverso. Sanremo 2022 regala cover importanti e ben interpretate. Varrebbe la pena di creare un album solo di quelle. Peccato che questa volta non ci siano limiti, né per la tematica né per la lingua.

I cantanti portano cover italiane e straniere indistintamente, scegliendo se cantarle in duetto, in gruppo o da solisti.

Alla faccia del Festival della Canzone Italiana.

Così Sanremo si è completamente allineato (verrebbe da dire assoggettato) al meccanismo comune dei talent, che hanno fatto delle cover il loro punto di forza.

Solo che nei talent non hanno inediti da proporre e non si può fare altrimenti. Qui sarebbe più bello ascoltare le canzoni nuove. Quel che è peggio è che i brani hanno ottenuto un punteggio che fa media con la classifica generale. Ma non era il Festival della Canzone?  Così invece si premia il cantante. I più talentuosi, o in qualche caso i più ruffiani, rischiano così di spostare i destini della graduatoria. Ha oggettivamente poco senso nell’ottica della gara. Ma, come detto, quelle di quest’anno sono quasi tutte cover di livello. E ne emerge la serata meno inedita e altresì più emozionante, ricca di grandissimi ospiti.

Ad aprire è Noemi, che non cade nella tentazione dell’imitazione di Aretha Franklin cantando You make me feel like A Natural Woman. Si parte subito, così, con un’eccellenza. Poetici quanto popolari Truppi e Vinicio Capossela omaggiando De Andrè. Se Yuman pecca di presunzione nella cover di My way, non vanno molto meglio Le Vibrazioni cantando Paul Mc Cartney. Tuttavia, la serata (sempre sui ritmi veloci a cui siamo ormai abituati quest’anno) torna presto sui livelli che ama esprimere. Lo fa con Sangiovanni, che con una gigantesca Fiorella Mannoia interpreta A muso duro, proprio nel ventesimo anniversario della morte ottantesimo della nascita) di Pierangelo Bertoli. Emma e Francesca Michielin continuano a divertirsi, stavolta con un brano simbolo di Britney Spears. E questa volta sono solo applausi da tutti anche per la Michielin.

Alle 21.40 la grande sorpresa della serata: torna a Sanremo, dopo tanti anni, Jovanotti.

Lui e Gianni Morandi fanno un medley di quattro loro successi: forse un po’ autoreferenziali, ma consapevoli di aver contribuito alla storia della musica.

Cover, Morandi primo. Quest’anno la serata speciale è uno show! Gianni Morandi
Jovanotti e Gianni Morandi al 72 Festival di Sanremo. Quarta serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

È uno dei momenti più alti di televisione: Techetechetè potrà pescare parecchio materiale da questa serata.

Si torna alla musica straniera con Elisa che, in effetti, aveva cominciato la carriera proprio cantando in inglese. Ecco perché non sembra così straniante, ma piuttosto una preziosità sentirla cantare What a feeling, la colonna sonora di Flashdance. Certo, il videomessaggio di saluto di Moroder profuma un po’ troppo di trasmissione defilippiana. Ecco cosa rischia di compiere la serata delle cover.

Achille Lauro prova a rovinare Sei bellissima, ma la sua interprete originale Loredana Bertè lo riesce a evitare. Emozionante e da brividi Matteo Romano con Malika Ayane mentre canta Elton John. Imperfetti Irama e Grignani, ma La mia storia tra le dita è talmente popolare da andare bene sempre e comunque. Ditonellapiaga e Rettore sembrano interpretare la canzone su misura per loro: Nessuno mi può giudicare. L’energia pura di questo Festival che canta uno dei brani più energici di sempre: sublimi.

Iva Zanicchi si porta a casa la terza standing ovation in tre giorni.

Ricorda Milva, quella che in tanti definivano la sua rivale quando tra Aquile di Ligonchio, Tigri di Cremona e Pantere di Goro, Sanremo sembrava uno zoo. Il brano che sceglie è Canzone, quello che segnò la fine del sodalizio tra Celentano e Don Backy,

Ana Mena è quasi perfetta quando canta da sola Il Mondo, sicuramente più di quando completa il medley con Rocco Hunt. Divertenti e amalgamati, ma potevano scegliere canzoni più emozionanti. Lezione di musica de La Rappresentante di Lista che creano un vero complesso insieme a Margherita Vicario, Cosmo e Ginevra: tutti insieme per Be my baby.

Cover, Morandi primo. Quest’anno la serata speciale è uno show! Sangiovanni
Sangiovanni e Fiorella Mannoia al 72 Festival di Sanremo. Quarta serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Canonici, ma inattacabilmente puntuali, Ranieri e Nek che cantano Pino Daniele. Struggente come sempre Michele Bravi nei panni del Battisti più malinconico. E poi arrivano loro: Mahmood e Blanco. Già si sentono vincitori, permettendosi licenze che altri non oserebbero come per esempio entrare in scena al fianco del conduttore, prima che lo stesso li presenti. Devono ancora essere proclamati campioni e già si comportano con eccessiva presunzione: qualcuno dica loro che questo atteggiamento non giova. Cantano Il cielo in una stanza sfruttando quei falsetti che li hanno portati a guidare la classifica generale fin qui. Piacciono, ma l’applauso è più tiepido di quello che ci si immaginava.

Evidentemente chi vota da casa ha un’idea diversa: arrivano secondi nella serata cover.

Ma è chiaramente un voto a prescindere dall’esibizione.

Rkomi più che omaggiare fa un minestrone (cotto malissimo) di Vasco Rossi anni ’80. Se lo fa a petto nudo, purtroppo per lui, non è nemmeno trasgressivo: bastava guardare la prima serata per evitare di indossare lo stesso terribile (s)costume di Achille Lauro.

L’emozione di Aka 7even con Arisa (già ospite due sere fa) arriva nell’interpretazione di Cambiare di Alex Baroni. Highsnob e Hu sono fortissimi quando cantano Tenco (Mi sono innamorato di te); peccato che le strofe più importati siano anticipate  da un rap fuori da ogni contesto.

Dargen D’Amico fa diventare La bambola qualcosa di dance e fa venire voglia di discoteca. E’ indubbiamente un personaggio, a Sanremo per giocare prima di tutto. “Domani sono confermato?”, chiede laconico ad Amadeus, ben sapendo che non vi sarà eliminazione. Ferreri tocca corde mai osate in Io vivrò senza te, e sembra già un brano del suo repertorio.

Moro si esprime in Uomini Soli dei Pooh, con quell’intensità che non finirà mai di lasciarci a bocca aperta. Tananai riesce a mettere del rap inaudito su A far l’amore comincia tu, canzone che peraltro ebbe già un remix di successo.

Se vuoi omaggiare Raffaella lo devi fare in un certo modo, così è una ruffianata per prenderti i meriti di aver ricordato la Carrá.

Cover, Morandi primo. Quest’anno la serata speciale è uno show! 2
Irama al 72 Festival di Sanremo. Quarta serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Le hai rovinato una canzone però…

Probabilmente qualche voto se lo prende sulla fiducia, ben prima dell’esibizione all’una di notte.  Ecco, quello degli orari è un altro problema delle cover. Come si può votare un’interpretazione mai sentita prima d’ora? Impossibile. Ma è altresì impossibile che a fine serata siano connessi su Raiuno gli stessi spettatori delle 21. Dunque si vota a sentimento, credendogli sulla parola.

Cos’altro resta della serata? Maria Grazia Giannetta è spigliata e simpatica. Il suo sketch che si serve di titoli di canzoni famose è qualcosa di leggendario. Non solo: la ragazza, al contrario di altre, si è almeno presa la briga di prepararsi. Sa come comportarsi sul palcoscenico e cosa fare.  Jova torna per l’amico Amadeus, ma per quanto entusiasmo ci metta risulta noioso. Canta Che sarà col pubblico, quando avrebbe tutto un repertorio da sfruttare. Sorprendente Lino Guanciale, bravissimo anche a cantare. Ancora originali i Pinguini Tattici Nucleari, ospiti sulla crociera della Berti.

La serata viene vinta da Morandi che sale al secondo posto nella generale. Elisa (terza nelle cover) scende al terzo. Ormai il Festival sembra nelle mani di Mahmood e Blanco, il televoto continuerà a premiare la somma delle preferenze di due interpreti contro quelle di una solista.

Sanremo 2022, le pagelle delle canzoni. Tutta la terza serata
Elisa al 72 Festival di Sanremo. Terza serata (Foto ©Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)


Le pagelle di Sanremo 2022 dopo la terza serata

Pagelle di Sanremo 2022, è giunto il momento. Ora ci si può sbilanciare con più consapevolezza sulle canzoni in gara. Ogni pezzo lo abbiamo ascoltato almeno due volte dopo la terza serata, senza contare le innumerevoli possibilità che l’epoca dello streaming ormai ci offre. Il Festival di Sanremo più seguito degli ultimi 27 anni giunge così al giro di boa facendo riascoltare tutti i 25 brani in concorso. Succede tutto nella serata in cui il pubblico si lascia incantare dall’ironia di Drusilla Foer (straordinaria ma un po’ acida) per farsi addormentare dal monologo di Saviano (ma un po’ di sintesi e umiltà non esistono mai?). Nonché nella serata in cui ci domanda perché una donna spontanea, elegante e simpatica come Anna Valle non sia mai arrivata a Sanremo a co-condurre.

Dunque eccoci alle pagelle, andando in ordine di esibizione della terza serata.

Giusy Ferreri, 7. Una piacevole atmosfera retró nel brano ma anche nel look. Quel megafono da rivoluzionaria di piazza, però, è l’idea più brutta del Festival. Mezzo voto, nelle pagelle, lo perde con quello.

Highsnob e Hu, 7. Il duetto che unisce uomo e donna ha sempre un fascino superiore. In questo caso aiuta anche un arrangiamento emozionante. Ma succede tutto nel ritornello, la strofa convince meno.

Fabrizio Moro, 6,5. Al Festival della Canzone, non si possono fare pagelle pensando unicamente all’interprete. Altrimenti Moro vincerebbe ogni volta per la sua intensità. La canzone (Sei tu) non travolge.

Aka 7Even, 6 Può contare su un pubblico giovane che lo ama a prescindere dal brano, altrimenti la standing ovation non la riceverebbe mai. Perfetta così è solo il titolo del brano, ma per esserne anche una descrizione mancherebbe ancora molto. Però coinvolge.

Massimo Ranieri, 8,5. Osa tantissimo con una canzone ai limiti delle note alte che sia possibile toccare. Una romanza piena di significato (i migranti), che lui interpreta con grande charme teatrale.

Dargen D’Amico, 8. Un po’ Stato Sociale, un po’ Statuto, un po’ Salvi. In Dargen ci sono parti di tutti i cantanti che più hanno saputo divertire sul palcoscenico dell’Ariston.

È il primo cantante dell’era Covid a passeggiare tra il pubblico, coinvolgendolo in un brano che sicuramente finirà nelle discoteche. Outsider.

Irama, 8,5. La sua è una delle canzoni più intense, che punta sulla vocalità pulita e calda di quello che tre anni fa venne per contrapporsi a Ultimo. E che ora canta come Ultimo, emozionando come lui. Purtroppo la classifica continua a non premiarlo, incomprensibilmente.

Sanremo 2022, le pagelle delle canzoni. Tutta la terza serata 2
Drusilla Foer al 72 Festival di Sanremo. Terza serata (Foto ©Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Ditonellapiaga con Rettore, 8. Le più energiche del Festival, con un brano che ha un po’ di quella dance anni ‘70 che lanciò Rettore e un po’ della contemporaneità da discoteca. Grande Chimica tra loro, alla faccia di chi insinuava problemi alla vigilia.

Michele Bravi, 7,5. Lo attendevamo da tempo. La voce è spettacolare, tanto delicata quanto struggente al tempo stesso. La canzone, Inverno dei fiori, commuove anche se non osa troppo a salire di tonalità nemmeno nel ritornello.

Rkomi, 6. La solita ritmica che va di moda. È la tassa che dobbiamo pagare ogni anno: se vogliamo le canzoni melodiche dobbiamo sorbirci anche queste rappate un po’ tamarre. Difficile disginguerle tra loro.

Mahmood e Blanco, 9. Ascoltateli bene in questi giorni, perché questo diventerà uno dei duetti più cantati da chi vorrà far bella figura al karaoke. E allora ci abitueremo a sentirla rovinare come sempre da voci mezze ubriache. Questa Brividi è nomen omen. Quegli acuti vibrati, solo loro li sanno riprodurre.

Gianni Morandi, 9. Che bello vedere emozionarsi il grande Gianni che, pur potendo fare il divo, sa essere sempre così popolare e umanamente autentico. Apri tutte le porte è un twist che tutti già conoscono dopo tre giorni.

Tananai, 6,5. Dinamico, difficile non venga riproposto dalle radio. Il testo però è debole e, nel complesso, il brano non eccelle per originalità.

Elisa, 10. Una canzone fiabesca, da colonna sonora Disney. Forse sei tu è una bellissima dedica d’amore che punta su una romantica melodia e una voce stupenda. Perché 10? Parliamoci chiaro, cosa c’è da migliorare in un’esibizione così? Quest’anno chi è entrato Papa non uscirà Cardinale ma, per dirla col tormentone dell’anno, con la papalina! Sarà una lotta tra Elisa e Mahmood-Blanco.

La Rappresentante di Lista, 8. Pugno chiuso o meno, il duo è un formidabile cocktail di musica e teatralità. La coreografia e le facce di Veronica, la cantante, sono il valore aggiunto. Quando un’interpretazione fa la differenza. Pagelle assolutamente positive.

Sanremo 2022, le pagelle delle canzoni. Tutta la terza serata Emma Marrone
Emma Marrone al 72 Festival di Sanremo. Terza serata (Foto ©Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Iva Zanicchi, 8,5. Il testo è audace ma elegante, la melodia è la classica “sanremese”. Qualità che non si vedevano da anni, e infatti Voglio amarti fu scritta più di trent’anni fa. Iva interpreta (e si emoziona) in modo straordinario, con una voce tanto blues quanto poetica. In Italia nessun altro può vantare certe doti.

Achille Lauro, 8.

Se ci è piaciuto (e abbiamo esaltato) Achille nelle edizioni precedenti, non possiamo negargli pagelle positive.

Anche se non c’è nulla di nuovo e continua a cambiare solo il testo al brano. Questa volta senza nemmeno sforzarsi troppo, perché la canzone punta sul tormentone. Lo fa, però, con la parola giusta: Domenica. Così si assicura la possibilità di diventare sigla di un programma televisivo. Furbo oltre che provocatorio oltremodo.

Matteo Romano, 6. Brano radiofonico ma che rischia di perdersi nella moltitudine di canzoni importanti. Essere già un Big dopo poco tempo, in certi casi, rischia di essere un boomerang.

Ana Mena, 8. Coinvolgente, grintosa, noncurante della classifica della sala stampa che l’ha affossata dopo la prima sera. Al Summer Festival farebbe faville, a Sanremo fatica. Provarono la medesima esperienza i Righeira, ma Ana Mena ha una melodia davvero divertente e orecchiabile al primo colpo. Non stancherà.

Sangiovanni, 5. Farfalle non è così indimenticabile. A quel punto, già che vai sul palcoscenico per giocare al FantaSanremo, non ti scende sangue dal naso se ti concentri un minimo in più anche sul brano.

Emma, 8. Conosciamo tutto di Emma: grinta, fragilità, presenza scenica. Non è cambiata negli anni: dieci ne sono passati dalla vittoria di Non è l’inferno, e lei ancora si emoziona. Umile, forse anche troppo: con tutta sta solidarietà femminile, tra un po’ ci diranno che Francesca Michielin è anche l’interprete della canzone.

Sanremo 2022, le pagelle delle canzoni. Tutta la terza serata Anna Valle
Anna Valle al 72 Festival di Sanremo. Terza serata (Foto ©Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Yuman, 6. La voce non si discute, con un calore tutto da scoprire. Il brano però è troppo debole. Ed era il favorito dei Giovani: quest’anno il miracolo accaduto nel 2019 (con Mahmood) non si ripeterà di certo.

Le Vibrazioni, 6,5. Un passo indietro rispetto al solito, portano un rock che ormai, dopo quello dei Maneskin, sembra all’acqua di rose.

Giovanni Truppi, 7,5. Cantautorale e originale. Porta sul palcoscenico un genere nuovo: rap e melodia incrociati in un recitato convincente.

Noemi, 8,5.  Come al solito le sue canzoni vanno riascoltate per essere davvero apprezzate. Anche questa ha un ritornello che  nelle orecchie e nell’anima, con la voce ruvida ed emozionante di Noemi.

Dunque le pagelle alle canzoni sono fatte. Nei prossimi giorni parleremo nello specifico dei presentatori. O meglio, del presentatore, perché in effetti è Amadeus il vero e solo protagonista della conduzione.

A fine serata, dopo un applaudito e delicato monologo di Drusilla sull’unicità, la nuova classifica. Mahmood-Blanco superano Elisa, che diventa seconda. Terzo Morandi. Forse il podio resterà questo, ma Elisa non cederà fino alla fine. Fu battaglia anche nel 2001 con la favorita Giorgia e alla fine la spuntò proprio lei.

Il pubblico rumoreggia su Rappresentante di Lista noni, Rettore 12esima e Zanicchi 18esima. Ana Mena guadagna una posizione, Tananai ultimo.

Belle canzoni, ma anche qualche delusione. Poca orchestra, tante gaffes. Inutile prendersela con i Jalisse

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata
Lorena Cesarini e Amadeus al 72 Festival di Sanremo. Seconda serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

I Jalisse, su cui anche Fiorello ha bonariamente (anche un po’ inutilmente) scherzato la prima sera, non sono a questa edizione di Sanremo, e questo ormai lo sapevamo da tempo. Quel che non si poteva prevedere era il livello bassissimo di qualcuna delle canzoni in gara. Sono pochissime, per carità, si contano davvero sulle dita di una mano. Eppure, tutte concentrate nella seconda serata, bastano a farci domandare: ma i Jalisse sarebbero stati così fuori luogo a questo Festival? L’inizio della seconda serata ci ha inesorabilmente indotti a tale quesito. Sangiovanni è più che impreciso e non convince, sovrastato dall’emozione. Dichiara: “Non avrei mai creduto di aprire una puntata di Sanremo”. Parlando di “Puntata” e non di “Serata”, dimostra la sua abitudine a partecipare a trasmissioni televisive più che a kermesse.

Truppi presenta una canzone a metà tra un rap e una melodia. Da riascoltare, diamo tempo al pezzo di poter entrare nelle orecchie. In canottiera come fosse agosto a Riccione, ma quel palcoscenico scotta e non solo perché anche Achille Lauro lo calca sempre mezzo nudo. Lì c’è tensione, e i cantanti la sentono.

Truppi la supera bene però: già vincitore del Premio Lunezia per i contenuti. Favorito per il Premio della Critica.

Le canzoni più brutte arriveranno nel corso della seconda serata. Quella in cui il problema non è solo musicale. Per la verità ci si chiede anche perché ci sia Lorena Cesarini, che fatica tanto ad aprire quanto a chiudere una catechesi sul razzismo. Dopo un discorso del genere, però, chi potrebbe mai accusarla di essere eccessivamente abbandonata alla commozione? Chi potrebbe lamentare di vederla leggere troppo la cartelletta quando deve presentare? E allora via di applausi. Ma i ritmi rapidi della prima serata ce li possiamo dimenticare. Troppe chiacchiere, brodi allungati forse troppo forti dei risultati dell’audience di martedì. Tante gaffes e risate nervose per riempire gli imbarazzi: sembra mancare qualcosa allo show.

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata 2
Iva Zanicchi al 72 Festival di Sanremo. Seconda serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Il livello si alza con Checco Zalone più che con le Vibrazioni, in evidenza più che altro per il bell’omaggio a Stefano D’Orazio, disegnato sulla batteria. Il comico pugliese, invece, dopo aver preso in giro Amadeus, come al solito sa divertire alla sua maniera. Sfruttando il politically uncorrect ci sa sempre educare in qualche modo. E fa tutto quello che nessuno ha mai osato fare a Sanremo: persino parodizzare una poesia di Lauzi per Mia Martini. Lo fa benissimo: Almeno tu nell’universo in una versione portoghese per descrivere la diversità culturale è qualcosa di sublime.

Con la Pausini si rimette in sesto anche l’eleganza della serata. Certo, alla quinta partecipazione mai in gara in sette anni, verrebbe da dire: “Ora basta”. D’altronde però è lei la cantante italiana per eccellenza, l’orgoglio tricolore nel mondo. E infatti questa volta più che mai la sua presenza non è casuale: in un’atmosfera magica regala un duetto dolcissimo con Mika che serve a ufficializzare ciò che si sapeva da settimane. Saranno loro due a condurre l’Eurovision Song Contest 2022, insieme ad Alessandro Cattelan.

Finalmente l’Italia ha scoperto l’importanza di organizzare al meglio la manifestazione europea. Pensare che 25 anni fa i Jalisse (sì, sempre loro a farne le spese) furono praticamente fatti fuori per evitare una vittoria che avrebbe costretto a raccogliere una sfida complicata per la Rai. I tempi sono cambiati, per fortuna.

Quando riprende la gara sono le 22.18. Emma elegantissima conta sulla sua voce per superare l’evidente emozione e ci riesce perfettamente prima di sfogarsi in un pianto liberatorio alla fine del pezzo. Un po’ straniante Francesca Michielin come direttrice d’orchestra e, a dirla tutta, non sembra troppo convinta nemmeno lei.

Matteo Romano si fa notare anzitutto per una giacca doppiopetto oversize blu abbinata a un pantalone nero. Perlomeno lui l’eleganza l’ha tentata. Padrona del palcoscenico Iva Zanicchi che, dopo essere entrata da vera donna di show, impreziosisce con un’elegante poesia d’altri tempi il palcoscenico. D’altri tempi, sì. Ma è quel che serve a ricordarci cosa voglia dire fare Sanremo con tanta orchestra, senza autotune o nuove tecnologie. Il pubblico la applaude con una standing ovation e lei si emoziona teneramente. L’energia di Ditonellapiaga e Rettore si fa evidente nell’inevitabile movimento del piede di chi ascolta, oltre che nei loro vestiti in contrasto bianco e nero: gli anni Settanta sono tornati.

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata 3
Rettore, Ditonellapiaga al 72 Festival di Sanremo. Seconda serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Elisa emoziona oltremisura, confermando tutto quel valore che già alla vigilia la poneva tra i superfavoriti. Moro intenso come sempre, ma un po’ meno forte di altre volte. Dinamico e arruffato Tananai. Irama, vestito con un’amaca, canta ed emoziona come Ultimo. Aka 7even scalda la platea. Ma i ritmi lenti di inizio serata hanno ormai condizionato la struttura intera del secondo appuntamento. Non aiuta a evitare il sonno, per quanto dolce, il duetto di Highsnob e Hu: altri due che hanno tolto il posto a Jalisse e vari esclusi dalla gara. E persino il curriculum non sembra parlare troppo di loro (di Hu non esiste nemmeno una pagina su Wikipedia).

Vale la pena fare un’osservazione sull’orchestra: elegante e composta come deve essere, anche i Maestri non sembrano voler partecipare a certi show visti negli anni precedenti.

L’orchestra si dedica alla musica, quando viene chiamata in causa. Sì, perché il problema sembra essere questo: molte canzoni hanno grandi parti preregistrate e, così, l’ensemble vede ridurre il suo effettivo ruolo in più di un’occasione.

La seconda serata, cominciata con l’applauso alla scomparsa Monica Vitti, convince meno della prima sul piano dello spettacolo. Conferma in generale un buon livello di canzoni: ad alcuni ascolti imbarazzanti fanno da contraltare altrettanti brani travolgenti, destinati a restare.

Davvero Sanremo ha rinunciato ai Jalisse per certe canzoni? Tutta la seconda serata 1
Malika Ayane, Arisa e Amadeus al 72 Festival di Sanremo. Seconda serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Arisa, Malika Ayane e Ermal Meta gli altri ospiti musicali. Ma in un Festival così ricco di Big e di chiacchiere, quasi perde il senso di avere fuori gara cantanti meno importanti. I Big, invece, quest’anno conversano molto con il conduttore, cosa che non accadeva da tantissimo tempo. Il clima è solare. Si respira una bella aria a Sanremo 2022. Peccato solo che manchino i Jalisse: ora che il Festival non si vergogna più ad ammettere la sua natura melodica, come accadeva invece negli ultimi anni, la loro melodia avrebbe potuto trovare uno spazio. Almeno come ospiti, quantomeno per un duetto di venerdì.

Classifica parziale della seconda serata: prime Elisa ed Emma, ultimo Tananai. Così la sala stampa premia chi vincerà anche al televoto. Sanremo 2022 sembra già un affare tra i super favoriti della vigilia. Elisa davanti a Mahmood nella prima generale.

Il terzo Sanremo di Amadeus commuove dal primo minuto. Scenografia, Fiorello, ospiti, look: i commenti della prima serata

Sanremo 2022, la prima serata. L'emozione di Amadeus, ritmi veloci
Fiorello e Amadeus al 72 Festival di Sanremo. Prima Serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Sanremo è tornato. Sono passati 11 mesi dall’ultima edizione ma, questa volta, sembra passato molto di più. E’ come se quella dello scorso anno fosse stata una (bellissima) edizione solo di transizione. Sanremo aspettava da due anni di rivivere la sua kermesse: gli applausi del pubblico in teatro lo confermano. La commozione di Amadeus è la stessa di tutti noi da casa che, finalmente, ritroviamo una qualche normalità.

Forse il Sanremo della rinascita, così era stato preannunciato quello dell’anno scorso, è proprio questo.

Dunque, vaccinati e pronti a un grande Festival, ci godiamo la serata. C’è da giurare che sarà piuttosto snella. Si parte subito,  una canzone via l’altra. Alle 22.15 avranno già cantato la metà dei Big previsti. Prima di mezzanotte sono giù tutte ascoltate. Ritmi serratissimi, mai visti negli ultimi vent’anni. E’ il modo migliore per far ascoltare tutte le canzoni in gara: così chi il giorno dopo lavora può avere un quadro completo dei brani senza doversi trascinare come un’ameba alle due di notte. La domanda è: com’è possibile che nessuno ci avesse mai pensato prima?

Lo show inizia un po’ più tardi rispetto al solito. A lanciarlo è Fiorello. Chi pensava sarebbe mancata la novità con la sua presenza deve ricredersi in fretta: energico, incalzante, sempre originale.  Dopo essere entrato sulle note del suo vecchio successo San Martino, nei panni di uno 007 che anzichè la pistola ha in mano un termometro, fa baciare Amadeus e Coletta dotati di mascherina ultra protettiva con una sorta di prolunga. E al pubblico si presenta così: “Sono qua per la terza volta, sono la vostra terza dose!”. In pochi minuti, così, cita e sfrutta tutti i simboli principali di una società profondamente cambiata negli ultimi 24 mesi. Battute inimmaginabili due anni fa. Ma la genialità assoluta arriva quando, insieme ad Amadeus, si diverte cantando i brani più tristi della storia di Sanremo. Lo fa su un imprevedibile ritmo di salsa e merengue.

Sanremo 2022, la prima serata. L'emozione di Amadeus, ritmi veloci Ornella Muti
Ornella Muti e Amadeus al 72 Festival di Sanremo. Prima Serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

E’ un Festival pieno di colori, a cominciare dalla straordinaria scenografia (ma senza fiori) che Gaetano Castelli ha disegnato sviluppando diversi particolari. In ogni inquadratura in primo piano, sullo sfondo c’è un dettaglio differente. Tanto azzurro in una sorta di navicella spaziale che non rinuncia a richiami anni ’80.

Brilla lo smoking luccicante di Amadeus, ma l’eleganza non è solo sua.

Sono in tanti a presentarsi in giacca e cravatta (finalmente!). Escluso Achille Lauro (alla quarta volta consecutiva su quel palcoscenico, i medesimi eccessi e le provocazioni con nude look e mani che scivolano ovunque iniziano a non stupire nemmeno più), quasi tutti eleganti. A cominciare ovviamente dai Signori di Sanremo: Gianni Morandi e Massimo Ranieri. Emozionatissimo il primo con un brano più che mai brioso, emozionantissimo il secondo con una lirica dal tono importante che va oltre le sue stesse stonature. Non raccolgono la standing ovation dei Maneskin, acclamatissimi dal pubblico in sala. Ma per i Big in gara c’è tempo nei prossimi giorni, quando le canzoni saranno giù nella testa di tutti.

Sanremo 2022, la prima serata. L'emozione di Amadeus, ritmi veloci 3
Mahmood e Blanco al 72 Festival di Sanremo. Prima Serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Per questo motivo, le pagelle sulle canzoni le cominceremo a dare anche noi solo con la serata di giovedì, quando tutto sarà più chiaro dopo un secondo ascolto. Per ora, e non è poco, la prima impressione premia decisamente, oltre ai due superveterani, Noemi e i brividi creati da Michele Bravi. Yuman evita l’anonimato della sua canzone (piuttosto noiosa) in virtù del suo grande talento vocale; Mahmood e Blanco possono contare su una grande sinergia dei loro timbri, ma il brano non lascia un’emozione in sè. Il giudizio sul look di Achille Lauro vale anche per la sua canzone: niente di nuovo, ma è decisamente orecchiabile ed è un grande inizio per questo Festival.

Tanto bellissimo ritmo latino con Ana Mena: sensualità e voglia di ballare che, però, non fanno rima con altrettanta eleganza. A meno che non volesse interpretare il ruolo della monella delle commedie sexy anni ’80.

Ci si scatena anche con Rkomi e Dargen D’Amico (vera rivelazione, ma l’abbinamento rosa e rosso al suo primo Sanremo chi glielo avrà consigliato?). Ci si diverte po’ meno con La Rappresentante di Lista, un passo indietro rispetto all’exploit del 2021. Ok Giusy Ferreri, con un abito e una acconciatura che esaltano il suo stile anni ’50.

Smoking di rigore anche per il campione di tennis Matteo Berrettini. Elegante, ma non troppo appariscente, Ornella Muti. L’attrice non interviene molto, quando lo fa è l’apoteosi della banalità, priva di ogni ironia al contrario di quel che vorrebbe. D’altronde non ha mai brillato per grandi doti da oratrice nemmeno nei fasti della sua carriera, figurarsi quando le si chiede di fare un ricordo necrologico dei più grandi con cui ha recitato. La sua bellezza eterea, però, la contraddistingue ancora nel 2022: in poche possono vantare la stessa cosa. Camaleontici i Maneskin, capaci di passare dal rock più puro a quello più melodico (ma pur sempre autentico rock) in una serata che li vede superospiti e anche un po’ padroni di casa. Sono un motivo di orgoglio per la musica italiana e, ora, tutti lo ammettono. A dimostrazione di quante cose siano cambiate dopo la vittoria all’Eurovision che ha fatto ricredere i moltissimi scettici di un anno fa.

Sanremo 2022, la prima serata. L'emozione di Amadeus, ritmi veloci 1
Damiano David della rock band italiana Maneskin al 72 Festival di Sanremo. Prima Serata (Foto © Marco Piraccini/MondadoriPortfolio)

Spumeggianti i vincitori morali dell’anno scorso, Colapesce e Di Martino, presentati sulla nave da crociera dalla strana e simpatica coppia Rovazzi-Berti. Risate con Frassica, bene Bova. Emozione nel finale con l’omaggio al Maestro Battiato.

Dopo un anno, o due anni se volete, Sanremo è tornato davvero. Le tante lacrime viste sul palcoscenico dopo la prima serata ci confermano che il pubblico e gli abbracci ci sono mancati enormemente. Così come gli applausi veri. Siamo tutti un po’ più commossi e felici.

Classifica parziale dopo il voto della sala stampa: ultima Ana Mena, primi Mahmood-Blanco. La platea esulta, ma è solo la prima votazione.

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