Nek: “Con la mia musica alla conquista dell’America Latina’’
Nek torna in tournée con Renga e anticipa il progetto con un bel nuovo singolo

Torna la coppia Nek-Renga. L’amore al centro di tanti nuovi brani della settimana


Nek e Renga sono quasi pronti per la loro tournée che li coinvolgerà durante tutta la seconda metà del 2023. Prima di cominciare, andava lanciato il nuovo singolo. Quella a cui assisteremo da luglio, infatti, non sarà una rimpatriata tra due artisti che, festeggiando i 30 e 40 anni di carriera, si autocelebrano con i propri pezzi. Per quello c’è già stata occasione di farlo, con Max Pezzali, qualche anno fa. Certo, non mancheranno anche i grandi successi con cui sono in prima linea da sempre. Tuttavia, Nek e Renga stanno dando vita a un vero e proprio progetto. A cominciare da questo primo singolo, uscito proprio ieri.

La nuova canzone di Nek e Renga si intitola L’infinito più o meno.

È il racconto della presa di coscienza per cui tutto sia possibile nella vita. Se si può sentire il profumo delle rose attraverso le spine, se si possono accettare sbagli e paure altrui, nonché scoprire cose che non si immaginavano di noi stessi, allora possiamo fare tutto. Vietato accontentarsi. Almeno in amore, dove la forza arriva dalla coppia, si può essere davvero infiniti come il cielo.

Una bella canzone di speranza e fiducia in un rapporto d’amore, che non si vuole dare limiti. Tutto con un pop che è poi lo stile da sempre accomunabile a Renga e Nek. È straordinario notare come le due voci, pur distinguibili, a tratti vadano persino a confondersi. Identica estensione vocale. Medesima rotondità espressiva delle parole. Sempre con quel romanticismo che da sempre li contraddistingue.

Nek e Renga non sembrano davvero accontentarsi.

Con umiltà, ma consapevoli della loro forza, propongono quindi un brano che va oltre i successi già noti. Una scommessa non facile, che richiede il coraggio dei grandi cantautori. Così, un mese dopo quel Sanremo a cui saggiamente evitato di partecipare in gara, si preparano a un’estate che li vedrà protagonisti nei palazzetti di tutta Italia. E, c’è da giurarlo, anche nelle programmazioni radio che accompagneranno i viaggi di ognuno di noi. Proprio come potrebbe accadere a Gazzelle. Se la canzone di Nek e Renga, infatti, è una bella dedica d’amore romantica, non lo è da meno Gazzelle. Con la consueta originale ironia, il cantautore è riuscito a confezionare un nuovo singolo che potrebbe diventare un vero tormentone.

Surrealista come sempre, orecchiabile e divertente, Gazzelle non delude le attese con Idem.

Oddio, non che vi siano solo metafore assurde e parole comiche in questa canzone. Come sempre c’è da riflettere, nella musica Indie di Gazzelle. Si citano persino gli americani e il pericolo costante di una guerra mondiale. Anche in quel caso, però, la coppia protagonista della canzone sa che rimarrà unita. Accadrà, d’altra parte, anche se tornassero i tirannosauri. Nonostante tanti errori e una fiducia in se stessi sempre precaria, l’amore è la certezza più vera. In un mondo di paure, sacrifici e poche risposte, c’è sempre un interruttore che possa riaccendere la luce nel buio. Ecco, Gazzelle descrive quell’interruttore paragonandolo all’amore. Può esistere una dedica più bella? Come al solito, la chitarra acustica e la voce del cantautore realizzano tutto, regalando una delle canzoni più belle di questo inizio 2023.

Da segnalare, in questa settimana, altre novità.

Tra queste, Giulio Wilson che canta con gli Inti Illimani un brano dal titolo Sostenibile. La canzone sensibilizza sull’argomento della sostenibilità. Lo fa con leggerezza e una bella melodia. Il video è stato realizzato con la collaborazione di Simpatria cooperativa sociale (Suzzara – Mantova -IT) che risponde ai bisogni di persone disabili, giovani e famiglie, generando servizi inclusivi e sviluppando un sistema di welfare comunitario da più di 40 anni. Insomma, bei segnali dalla musica, che vale la pena sottolineare. Così come è da rilevare la cover di O Sarracino proposta da Gloria Scipione. Senza cambiare i connotati al leggendario successo di Carosone, la cantante interpreta il brano con un arrangiamento tutto nuovo. Certa musica, così, resta intramontabile e si nutre anzi di linfa sempre più contemporanea.

Capitolo hit parade, per la terza settimana consecutiva Ultimo comanda la classifica degli album più venduti, davanti a Lazza. Il cantante di Cenere, invece, è sempre primo nella graduatoria dei singoli.

L’inno dell’Europa League: chi lo conosce veramente?
Composto nel 2015 da un tedesco, l’inno dell’Europa League ha sostituito l’opera di un francese


L’inno dell’Europa League non è famoso, anche perché ha una storia troppo giovane. Vediamola insieme.


Dopo la Champions’, ecco l’Europa League. In questo nostro viaggio di MusiCalcio, dove andiamo a scoprire gli inni e le canzoni che raccontano lo sport più popolare per eccellenza, oggi affrontiamo un capitolo perlopiù sconosciuto a molti. Sì, perché se per la competizione europea più importante c’è un inno diventato leggendario, non è esattamente così per l’Europa League.

Chiariamo, c’è una differenza di storia e di importanza tra le due stesse coppe. La Champions’ è la trasformazione della Coppa Campioni, l’Europa League prosegue in qualche modo la tradizione della Coppa Uefa. La prima è stata istituita nel 1992, la seconda nel 2009. Ma, soprattutto, le squadre che vi partecipano non hanno il blasone dell’Europa più ambita. A meno che non si tratti di team eliminati dalla Champions’. In altre parole retrocessi. Non proprio il massimo dell’aspirazione. In pratica, c’è poco da stupirsi se quasi nessuno si è mai davvero interessato al suo inno. Eppure la qualità è davvero notevole.

In questa puntata raccontiamo dunque l’inno dell’Europa League.

Fu composto nel 2015 da Michael Kadelbach. Il compositore tedesco, all’epoca poco più che trentenne, è celebre per diverse colonne sonore di serie televisive in Germania. A differenza dell’inno tramutato dalla musica di Handel, questo è pienamente originale. Vi è solo un coro che ripete “Oh oh oh oh”, ma non c’è praticamente un vero cantato. Le atmosfere imponenti vengono scandite da un assortito gruppo di archi che impreziosisce la musica. Chiaramente, essendo del 2015, risulta anche molto più contemporaneo nel suo gusto artistico. Sebbene qualche influenza, specie nelle strofe, sembri arrivare dalle musiche anni’80 stile RockyIV per intenderci.

Risuona negli stadi quando le squadre entrano in campo, coi tifosi che battono le mani a tempo. Un inno che sfodera senza dubbio molta energia, grazie al suo tema al tempo stesso affascinante e melodico. Tutto secondo gli obiettivi dello stesso compositore.

Così, infatti, Kadelbach presentò l’inno dell’Europa League.

“Volevo che la musica catturasse tutta l’emozione e l’energia che sentivo io quando stavo vicino ai miei amici e tutti insieme battevamo le mani per la nostra squadra, che vincesse o perdesse”, dichiarò in conferenza stampa. L’inno venne composto a Berlino, con il supporto dell’Orchestra di Opera di Parigi. Un ensemble non proprio nuovo a questa esperienza. L’inno dell’Europa League, infatti, è ancora poco noto anche per la sua storia breve. Avrete notato, del resto, come la coppa iniziò nel 2009, ma il brano di Kadelbach è solo del 2015.

La ragione sta nel fatto che nei primi sei anni ci fosse stato un altro inno.

A suonarlo vi era sempre l’Orchestra Opera di Parigi. Gli archi venivano supportati da un tamburo che incideva sul ritmo della melodia. Si trattava di un inno che andava sempre a crescere di intensità, fino a un coro finale che assomigliava molto a quello della Champions. C’era senz’altro più enfasi, proprio come voleva il suo compositore, il francese Yohann Zveig. Un inno esplosivo, esattamente come è una coppa europea.

Poi, nel 2015, con un nuovo regolamento della Coppa che assumeva qualche modifica, ecco l’esigenza di cambiare. Di rendere tutto più contemporaneo. Così arrivò la nuova composizione di Kadelbach. Diciamocelo, non entrerà mai nei cuori come accaduto per la Champions’. Forse, però, proprio il fatto di non cercare nemmeno una somiglianza con quel celebre inno, sarà negli anni la forza di questo brano. Un inno che parla musicalmente un po’ tedesco e un po’ francese. Mentre l’Italia resta ancora in attesa di vincere la sua prima Europa League. Chissà che, se succederà, non avremo anche noi l’onore di realizzare un inno europeo…

Pamela Rovaris: "Avremo modo di riabbracciarci e di riabbracciare la bellezza" 8
Diodato © Pamela Rovaris – Radio Italia


Diodato torna con un nuovo album a fine marzo, anticipato dal nuovo singolo “Così speciale”

Non è mai banale Diodato. Né dal punto di vista testuale, né da quello compositivo. Lo conferma con questo nuovo brano, Così speciale: Nomen omen. In effetti la canzone non è solo la conferma del fatto che la melodia italiana funziona ancora e sa emozionare con tutte le sue atmosfere in crescere. Non è solo la dimostrazione che esiste ancora chi sa cantare intonato, qualcosa che possa rimanere nelle orecchie fino a fare diventare proprie le parole del testo. Così speciale è tutto quello che da troppo tempo mancava alla musica e che solo Diodato sa realizzare costantemente in un certo modo.

Non si tratta di una canzone qualunque anche per il periodo in cui esce. Arrivato ieri nelle radio, il pezzo anticipa il nuovo album che il vincitore di Sanremo 2020 lancerà il 24 marzo prima di un tour tra Italia e estero che lo impegnerà per tutta la primavera. La title track sarà proprio questa Così speciale a cui il cantautore tiene molto, anche per i suoi risvolti autobiografici.

La nuova canzone di Diodato, infatti, racconta la fragilità umana che a volte non consente di comprendere quanto siano unici e speciali certi momenti che si vivono.

Così ha presentato alla stampa il progetto Diodato: “Talvolta arriva un momento di estrema lucidità e con sorprendente chiarezza si comprende quali siano state le cose davvero importanti, gli attimi vissuti che potrebbero essere definiti speciali. Li puoi sentire fiorire lentamente, fiori lievi come ricordi e allo stesso tempo potenti, come la consapevolezza che li nutre. Crescono nonostante i rimpianti, nonostante gli errori. Sono il dono segreto che si riceve per aver lasciato entrare vento, pioggia e sole, per aver vissuto davvero, per aver riconosciuto qualcosa di così speciale”.

Frasi con parole molto ravvicinate tra loro in un climax melodico rendono questa poesia una vera ballad romantica tutta da ascoltare. Gli arrangiamenti accompagnano una canzone destinata a essere colonna sonora di qualche film, oltre che di tanti viaggi. Certamente Così speciale esce adesso per esplodere in estate e rimanere a lungo. D’altra parte narra proprio quelle incertezze che ci imprigionano nei pensieri quando abbiamo la sensazione di aver perso qualcosa di particolarmente prezioso.

Non c’è solo Diodato tra le novità musicali di questa settimana. Per esempio, in radio è arrivato il nuovo singolo di Tiziano Ferro.

Si intitola Addio mio amore ed è il quarto estratto dall’album Il mondo è nostro. Un brano che rievoca i ritmi e le sonorità tanto care a Ferro soprattutto ai suoi esordi. L’inizio è infatti ai limiti del rap per poi esplodere in un ritornello dance che si sposa con un testo sincero e profondo. Anche qui si parla di un amore finito, che inevitabilmente fa porre domande su se stessi e sui propri errori. Qui, però, la canzone sembra raccontare soprattutto le ferite rimaste e il male sopportato, anziché pensare a ciò che si è perso. Finito il sentimento, si è sconfitti da entrambe le parti, e non occorre cercare dove siano le colpe. Persino il cielo e la natura paiono narrare ciò che viviamo nel nostro intimo. Insomma un brano struggente in cui Ferro, come sempre, non rinuncia alla sonorità orecchiabile e a tanta poesia. Questo album si conferma una vera perla.

A proposito di album, sembra che Ultimo con il suo Alba possa proprio restare in classifica a lungo.

Anche questa settimana è il più venduto, davanti a Sirio di Lazza che, nel frattempo, appare sempre più come il vincitore morale dell’ultimo Festival. Sempre che di vincitori morali si possa parlare, di fronte a un trionfo come quello di Marco Mengoni. In ogni caso Cenere continua a essere il singolo del Festival più venduto insieme a Supereroi di Mr. Rain. Due vite si classifica al terzo posto. Dopo quasi un mese dall’inizio di Sanremo, si riaffaccia qualche trapper nelle posizioni alte dell’hit parade, ma i brani più forti scelti da Amadeus confermano che la nuova era di un Festival sempre più vicino ai giovani sa funzionare bene. Forse ce lo siamo dimenticati e ci siamo già abituati a certi successi ma, fino a qualche anno fa, a inizio marzo le canzoni di Sanremo erano già finite nel dimenticatoio…

 

 1
Non si tratta di una citazione o di una ispirazione. L’inno della Champions’ League si basa proprio su una musica di Handel


Forse non tutti lo sanno, ma l’Inno della Champions’ nasce 300 anni fa

 

Chi non conosce l’inno della Champions?  Dal 1992, anno in cui la Coppa dei Campioni cambiò nome e formula, ogni mercoledì calcistico è caratterizzato da quelle note che risuonano nella nostra testa. Le sappiamo a memoria, con tanto di grido finale del coro di contralti: “The Champions!”. Lo avevamo un po’ dimenticato noi italiani. Probabilmente, visti i risultati degli ultimi anni, qualcuno avrà iniziato a immaginarlo come un secondo inno del Real Madrid. Ora, con tre squadre tricolori molto vicine ai quarti di finale, possiamo tornare a parlare di questa competizione come di una manifestazione che appartiene anche a noi. In questa settimana senza partite, allora, con MusiCalcio ci occupiamo della melodia più celebre nel mondo dello sport. Quella di cui nessuno si domanda da dove arrivi o se sia una musica già esistente.

 

Per tutti, da trent’anni, è semplicemente “l’inno della Champions”.

 

Le radici di quel solenne canto, però, risalgono ad epoche in cui il calcio era poco più che un’idea. Del tutto rudimentale e diversa da quella che sarebbe stata concretizzata successivamente. La musica si basa infatti sull’inno di incoronazione Zadok the Priest, composto da Georg Handel in onore di Giorgio II di Gran Bretagna. Era il 1727. Al compositore tedesco (naturalizzato inglese) venne commissionato il compito di realizzare quattro inni. Handel si fece supportare dal coro della Chapel Royal, allargato per l’occasione a 47 elementi e un’orchestra di 160 persone.

Zadok the Priest, nella sua versione originale, narra dell’unzione di Salomone di Zadok e Nathan. Lo fa su una trama omofonica e un ritmo punteggiato dalle corde. La gioia del popolo si esprime con un Alleluja finale che ricongiunge la melodia con la storia biblica raccontata. Bene, dal 1727 questo inno è il primo dei quattro che celebrano l’incoronazione del re.

 

Dal 1992, in chiave rivisitata, celebra l’incoronazione della Vittoria della Champions’.

 

Incaricato di questo compito fu Tony Britten. Questi era già celebre per alcune colonne sonore, tra cui quella di The Rocky Horror Show. Si immaginò qualcosa di solenne. Pensò a una introduzione che riconciliasse lo sport con un’idea di vittoria degna di una incoronazione. Ci avete mai pensato che molto spesso il capitano della squadra che ha appena vinto la Champions, si pone la coppa in testa come se fosse una corona? Ecco, voluto oppure no, quel gesto viene largamente spiegato proprio dall’inno. Il titolo è facile: Champions’ League.

 

A suonarlo sono l’Academy of St. Martin in the Fields e la Royal Philharmonic Orchestra di Londra.

Il testo, che unisce inglese, francese e tedesco, racconta le squadre in gara come “le migliori”. Sono composte da “I Maestri”. Sono loro che partecipano all’”evento principale”. Sono i Campioni. Proprio quel grido finale che tutti ricordano (The Champions!) sostituisce l’Alleluja della versione originale di Handel. Il compositore tedesco, infatti, rimane ascritto quale coautore dell’inno. Insomma, un brano storico, che nasce da un racconto biblico per celebrare il calcio. E poi c’è ancora qualcuno che osa dire che lo sport non è cosa seria…

Le Deva, Iurato, Eiffel: a San Marino le migliori novità della settimana
Gli Eiffel 65, con Movie Star, hanno superato le semifinali di Una voce per San Marino e stasera proveranno l’accesso all’Eurovision


A Una voce per San Marino scopriamo nuove canzoni (alcune in lingua inglese)


Questa sera su San Marino Tv (canale 831 del digitale Terrestre) verrà trasmessa in diretta la finale del Festival di San Marino. L’appuntamento, giunto alla sua seconda edizione dopo quella vinta lo scorso anno da Achille Lauro, è particolarmente atteso. Il vincitore, infatti, arriverà direttamente all’Eurovision Song Contest. Si rivela una grande occasione, quindi, per arrivare a calcare un palcoscenico internazionale di grande prestigio. Dopo le semifinali condotte dalla brava Ilenia De Sena, questa sera il ruolo di presentatori sarà affidato a Jonathan Kashanian con la cantante Senith. Quest’ultima già in gara all’Eurovision per San Marino due anni fa.

È proprio dal Festival di San Marino che catturiamo le migliori novità musicali della settimana.

Prima su tutte c’è Fiori su Marte, una delle canzoni favorite per il successo. A interpretarla sono Le Deva, per la prima volta nella formazione a tre con Verdiana Zangaro, Greta Manuzi e Roberta Pompa. Il brano è un’autentica poesia scritta da Marco Rettani e Pasquale Chiavaro su musica della stessa Verdiana. Si parla di un amore apparentemente finito, con molti rimpianti e soprattutto tanti bei ricordi che vale la pena conservare di quella relazione. Le tre cantanti insieme danno più forza all’unica voce della protagonista della storia. Così, su un ritornello struggente, ecco che lei ammette: “Mi si spezza la voce quando parlo di te”. Tuttavia riesce finalmente a trovare una risposta al quesito che poneva il partner quando ancora stavano insieme. Le stelle saranno i fiori di Marte? Ora lei non ha nemmeno la certezza che quelle che vede in cielo siano stelle. Dunque non esistono i fiori su Marte, se non nelle opere d’arte. Tutto è illusorio per lei che, ciononostante, non smette di provare il sentimento per chi l’ha abbandonata. Tutto questo viene raccontato in un pezzo dalle atmosfere forti, con un ritornello melodico che fa esprimere al meglio le voci delle cantanti.

In finale al Festival di San Marino troveremo anche Deborah Iurato.

La cantante ex Amici e classificatasi terza a Sanremo qualche anno fa, torna alla ribalta con Out of Space. Con un brano ritmato e tutto in inglese, Deborah dimostra di essere già pronta per l’Eurovision. La sua canzone, scritta con Chiara Stroia e Alex Uhlmann, narra sempre di un amore finito con strascichi psicologici non da poco. Da quando la storia è finita, infatti, c’è stato un crollo totale, tanto che il mondo intero sembra fuori dal suo stesso spazio. Nulla è più nella situazione che dovrebbe appartenergli. C’è una sensazione di profonda solitudine ad attanagliare la protagonista. E quell’angoscia viene interpretata magistralmente in questo brano dalle tinte internazionali di Deborah. San Marino potrebbe dunque essere una grande vetrina.

Ma se si parla di artisti dallo spessore internazionale, non si possono non citare gli Eiffel 65.

La loro Movie Star è, al contrario delle altre due, il racconto della speranza di un amore. “Si potrebbe sognare come le star di un film”, dicono rigorosamente in inglese con un sound molto orecchiabile. Strizzano l’occhio alle discoteche, come di consueto nella loro tradizione. Gli Eiffel 65, che hanno dovuto superare le semifinali, potrebbero essere la grande sorpresa di San Marino per lanciare una musica diversa in ottica Eurovision. L’ascolti e subito ti entra nella testa e la ricanti questa canzone.

Tra i favoriti di questa sera c’è anche Thomas, ex Amici con un grande seguito di fan che potrebbero spingerlo verso Liverpool. La gara europea infatti quest’anno sarà organizzata dall’Ucraina, vincitrice lo scorso anno, in collaborazione con Liverpool che ha dato la sua disponibilità.

E mentre ci si prepara a questa serata, a due settimane dal trionfo di Mengoni le classifiche Fimi continuano a parlare di Sanremo. Ultimo, con il suo album Alba, supera Lazza tra i più venduti. Cenere, invece, continua a essere il singolo più scaricato insieme a Supereroi di Mr Rain. In ogni caso le prime 13 posizioni sono tutte ad appannaggio del Festival di Sanremo. La sensazione è che ogni anno sia sempre più importante la kermesse, nonostante qualcuno non troppo tempo fa la desse per finita…

Letra, la dedica d’amore al Porto in una canzone
L’inno del Porto è una melodia anni ‘50 composta da grandi autori portoghesi


Scopriamo l’inno del Porto, prossimo avversario dell’Inter in Champions’


Siete pronti per Inter-Porto? Come sempre, la nostra rubrica Musicalcio vi suggerisce un modo diverso di vivere l’attesa sfida europea. I nerazzurri di Inzaghi inseguiranno la qualificazione ai quarti di Champions’ puntando sulla qualità del loro gioco. Lautaro è pronto per caricarsi sulle spalle le responsabilità dell’attacco. Sicuramente vedremo una bella partita. Tuttavia, ci piace pensare al calcio ancora come a un grande gioco. Fatto di emozioni, divertimento, passione e cori delle tifoserie. La musica ha sempre la sua centralità anche nelle squadre calcistiche: racconta la storia e l’atteggiamento dei club.

In questa puntata, dunque, scopriamo l’inno del Porto.

Si intitola Letra ed è interpretato da una voce di donna. Composto da Antonio Figueiredo, Melo e Heitor Campos Montero negli anni ‘50, l’inno del Porto si conserva nella sua integrità originale. Nessun mutamento nel corso dei decenni: la storia non si cancella. Nè si può sostituire. Anche perché questo, più di tutti gli altri inni sportivi, è una vera e propria dichiarazione d’amore. Come da titolo, infatti, la canzone ha la struttura di una lettera. Rivolgendosi alla squadra, la cantante dice “Oh mio Porto, racconta alla gente cosa significa essere nobili e leali”. Non si parla, infatti, solo del calcio, ma altresì della storia di un intero Paese. Lo stesso nome della nazione, infatti, deriva da quello del capoluogo che sorge alla foce del fiume Duero. Una città nata dunque prima dell’invasione romana nel 200 a.C.

L’inno del Porto non manca ovviamente di rivendicare questa appartenenza storica.

Nello stendardo della squadra, non a caso, c’è lo scudo della città. La cantante si rivolge dunque al Porto, trattandolo anzitutto come un simbolo e un esempio di lealtà. Un libro di trionfi senza precedenti: così viene definito il club, vincitore della Champions’ nel 2004 con Mourinho.

Non c’è solo lo Special One a unire i destini di Inter e Porto. L’introduzione trionfale a suon di trombe in Letra, infatti, ricorda proprio quello dell’Inter negli anni ‘50. Unica differenza: i portoghesi non hanno mai cambiato il loro inno.

A cantare è appunto una donna, che con voce melodiosa d’altri tempi rivolge le parole della lettera indirizzata al Porto.

Nel ritornello, un coro maschile sottolinea la vicinanza della tifoseria.

Dura meno di due minuti, ossia il tempo sufficiente perché questa canzone dal sapore antico possa affermarsi come un inno e nulla più. Nel senso buono del termine ovviamente. Perché non punta a essere un tormentone, né ha le caratteristiche orecchiabili di un brano pop. È un inno e come tale si propone. Anche con un tono quasi leggendario. Con un’atmosfera difficile da riscoprire nelle squadre di calcio di oggi. Forse anche per questo ci piace particolarmente. Ascoltatelo attentamente, ritroverete delle arie poeticamente belle. In Italia solo la Fiorentina gode di un inno con certe emozioni.

Dunque, uno dei canti più vecchi del calcio si ritroverà di fronte uno dei più moderni e famosi quello della Beneamata. E voi, quale preferite dei due? Chi vince la sfida in Champions’ per la qualità degli inni?

Francesca Michielin, la lunga storia di una giovane artista
Nella settimana dopo il Festival, ecco il nuovo singolo di Francescano: “Un bosco”, un bellissimo pop in perfetto stile Michielin


In hit parade è un tripudio per le canzoni in gara all’ultimo Festival di Sanremo. Poche novità, ma quella di Francesca Michielin è significativa 


Continua l’ondata del Festival di Sanremo 2023. Diciamocelo francamente, visti il successo e la qualità delle canzoni, c’è da aspettarsi che durerà parecchio. Difficile inserirsi nel mercato discografico delle prossime settimane, a meno che non si tratti di progetti che si intersecano in qualche maniera con il Festival.

Basta guardare le classifiche Fimi di questa settimana. Nella top 20 dei singoli più venduti, fa eccezione solo Gue Pequeno, al ventesimo posto con Madreperla. Tutti gli altri, compreso Blanco, discusso ospite della prima serata, sono passati da Sanremo.

Cenere, Due vite, Supereroi. Il podio del Festival si conferma, con un ordine un po’ diverso, anche in hit parade.

La canzone di Lazza, infatti, risuona nelle radio più di ogni altro successo. Mercoledì scorso addirittura era già cantata allo stadio, nel pre partita di Milan-Tottenham. Difficile capire quali saranno le canzoni del Festival che dureranno di più nel tempo. Vero è che, con buona pace di chi cerca ancora di mistificare il grande lavoro di Amadeus, ogni anno Sanremo va sempre meglio. Da tempo non si vedevano così tante canzoni del Festival nelle primissime posizioni delle classifiche. La sensazione è che il pubblico voglia continuare a vivere quella kermesse godendosi un po’ tutte le canzoni. Più ancora di una canzone specifica, insomma, vince il Festival. Trionfa l’idea del Direttore Artistico. Chissà, magari anche quella di fare finire le serate a tarda notte, costringendo il pubblico ad acquistare i dischi per sentire le canzoni. Ecco perché tutto sommato non fa preoccupare il nono posto a Ultimo, o il diciottesimo di Giorgia. Sanno benissimo anche loro che, con una classifica così prettamente sanremese, potrebbero ritrovarsi davanti nel giro di sette giorni. Identico discorso vale per Modà, Cugini di Campagna, Grignani e tutti gli altri fuori dalla top 20.

Il Festival dunque fa breccia anche nelle classifiche. Sulla stessa scia ecco una novità settimanale.

Si tratta del duetto di Sangiovanni con Gianni Morandi. I due hanno lanciato oggi il remix del vecchio successo Fatti (ri)mandare dalla mamma. Il giovane cantante, truccato e pettinato come il Morandi anni ‘60, interpreta il brano in un videoclip in bianconero. È circondato da ballerini e ballerine che bevono il latte e si rincorrono. Proprio come nel vecchio video di Gianni, anche Sangiovanni si trova in un largo studio televisivo. I due quindi cantano insieme, divertendosi e lasciando una sensazione di positiva serenità che fa bene al cuore. La stessa immagine proposta al Festival giovedì scorso, dunque, torna una settimana dopo sotto forma di nuovo singolo. C’è da scommetterci: l’onda fortunata di Sanremo e la forza di Gianni Morandi vinceranno anche stavolta. Sangiovanni sembra davvero avere azzeccato il duetto. Ha indovinato pure il momento per lanciare questo remix, carico di energia e un pizzico di nostalgia, appena dopo il terzo Festival condotto da Morandi. La canzone fu lanciata esattamente 60 anni fa dal cantante bolognese che, nel 2000, la interpretò persino in dialetto con l’amico Andrea Mingardi.

C’è però anche un’altra novità questa settimana.

Di rilievo, perché arriva sempre dalla scuderia di Marta Donà, artefice dei successi di Maneskin e Mengoni negli ultimi Festival. È uscito ieri, infatti, Un bosco, il nuovo brano di Francesca Michielin. Una canzone che mantiene le atmosfere e i ritmi dolci e misteriosi cari alla cantante veneta. Si racconta di un luogo che risulta diverso dalla realtà, eppure esistente. Un posto dove ci si può rifugiare per sentirsi meno soli, pur nella solitudine. Coccolati dai propri pensieri, ricordi e valori.

Quel bosco non è altro che un passato da conservare e che, proprio per la sua lontananza dal presente, può talvolta persino incutere un certo disagio. Non è mai banale Francesca Michielin quando canta un brano. Spinge moltissimo sul lato intimistico dei suoi pezzi, capace al tempo stesso di fare diventare di tutti quelli sue sensazioni personali. Non vi è dubbio: chiunque di noi ha un suo bosco, che non appartiene a nessun altro ma ci aiuta a ritrovarci in questo mondo. Siamo circondati da un grande chiasso, per cui necessitiamo di allontanarci e dedicarci a noi stessi. Quella che a qualcuno potrebbe sembrare un’utopia, per Francesca è un desiderio che si concretizza nel rievocare emozioni vissute “nel 2012”. Se è stato possibile allora, è fattibile anche oggi. Bel messaggio, da appuntarci. Non dimentichiamoci del nostro bosco: c’è tanto di noi e, tra insidie e oscurità, troveremo ancora tante belle sorprese. Vale soprattutto quando le cose vanno male, ma in fondo quel bosco continua a esistere anche quando siamo felici.

Nella settimana dopo il Festival, dunque, davvero poche novità, come prevedibile. Interessante, tuttavia, come ci sia una certa affinità di tematiche tra Due vite è Un bosco. Abbiamo bisogno di conservare ciò che appartiene a noi stessi e che troppe volte dimentichiamo. Evidentemente sta diventando un’esigenza importante che, chissà, potrebbe farci tornare più umani e un po’ meno tecnologici ed egoisti.

L’inno del Tottenham, musica gloriosa (e poca fantasia)
Il Tottenham è il prossimo avversario del Milan in Champions’ League


Gli inni del Tottenham li conosciamo tutti, anche se con parole diverse…


Dici Tottenham, dici canzoni leggendarie. Non certamente lanciate dalla società calcistica londinese. Come spesso accade, infatti, è lo sport a riprendere i grandi successi musicali per adattarli alle sue esigenze. In questa nuova puntata di MusiCalcio vi raccontiamo allora gli inni della squadra allenata da Antonio Conte. Saranno proprio loro, infatti, gli avversari del Milan negli ottavi di Champions’ League. Così, se tutti stanno spulciando tra le statistiche e le cabale calcistiche per scoprire chi passerà il turno in Europa, noi proviamo a fare un raffronto musicale.

Come per il Napoli contro l’Eintracht Francoforte, così anche per il Milan contro il Tottenham non sembra esserci storia. Almeno sotto il profilo canoro.

Alla molteplicità di canzoni dedicate ai rossoneri, si contrappone infatti una scarsissima fantasia del Tottenham, che di fatto ha due inni. Uno della tifoseria, l’altro ufficiale. La curva, infatti, a ogni partita intona “When The Spurs go marching in”, con la chiara sostituzione della parola “spurs” al “saints” della celebre canzone. Ora, il motivo per cui i giocatori del Tottenham sono definiti gli “spurs” (in italiano “speroni”) è tutto da ritrovare nella storia del quartiere londinese. Si tratta infatti di un omaggio a un nobile medievale, Harry Hotspur. Costui era appassionato di lotte tra galli e, per vincere, metteva gli speroni ai propri animali. Da qui il soprannome che rievoca la forza fisica dei giocatori ogni volta che entrano in campo, come se avessero degli speroni. Bene, quel coro cantato dai tifosi non fa altro che seguire una antica suggestione leggendaria. Si canta, infatti, la voglia di essere sempre al seguito degli Spurs in ogni battaglia. Una marcia dove bisogna stare al fianco dei giocatori.

Tutto sommato, che un inno da stadio riprenda un vecchio successo canoro non è una novità. Lo fanno tutte le tifoserie.

Quello che stupisce, invece, è la scarsa fantasia del Tottenham nella scelta dell’inno ufficiale.

Anche qui, infatti, si riutilizza un vecchio canto popolare. Nello specifico Glory Glory Alleluja, ribattezzato (con un testo diverso) Glory Glory Tottenham Hotspurs. Sulla stessa musica del celebre coro, con un arrangiamento assolutamente più dinamico e vicino al pop moderno, si canta così l’amore per il Tottenham. A intonarla è la Gold Band. Si cita l’orgoglio londinese per i re di White Hart Lane, nonché la fedeltà perpetua dei tifosi alla squadra. È insomma un inno che rivendica l’appartenenza calcistica a una porzione ben precisa di Londra. C’è solo una squadra: il Tottenham.

Certo cantarlo sulle note del celebre Glory Glory Alleluja fa tutto un altro effetto.

Il ritornello è infatti quello del brano che omaggia John Brown, abolizionista del 1800 che si batté contro la schiavitù. Ecco perché questo inno per il Tottenham assume toni ancor più prestigiosi e altisonanti. È un pezzo di libertà ed emozioni. Qui si canta la voglia di combattere. Si promette spettacolo. Si promettono gol e passioni che coinvolgeranno il pubblico. Chiunque vedrà giocare la squadra di Conte sa che non ci sarà nulla di scontato in uno dei modi più imprevedibili di interpretare il calcio. Sembra proprio perfetto questo inno. Peccato solo che l’idea di usare Glory Glory Alleluja, peraltro di origine statunitense essendo John Brown un attivista della guerra civile americana, non sia tanto originale. Ci aveva già pensato, prima del Tottenham, il Manchester United. Di squadra a Londra ce ne sarà anche una sola, come cantano loro. La fantasia, tuttavia, se la spartiscono..con le altre squadre!

Ancora una volta, dunque, sembra che un’italiana sia davanti rispetto a una squadra avversaria in Champions. Almeno musicalmente. E ci piace pensare che tutto questo porterà bene al Milan.

Marco Mengoni superfavorito alla vigilia della finale, che sembra non avere storia. L’obiettivo di tutti è chiaro: rimanere nel tempo

Marco Mengoni anche live è esplosivo ma dove sono le Cose che non ho?
Marco Mengoni, in gara a Sanremo con “Due vite”


Marco Mengoni, a meno di clamorose sorprese, questa sera vincerà il suo secondo Festival di Sanremo. Da quando era uscito il suo nome nel cast, i bookmakers non avevano lasciato troppo spazio ad altre ipotesi. Dopo il primo ascolto, il successo è diventato sempre più concreto. Marco Mengoni al Festival di Sanremo 2023 è come il Napoli in questo campionato di serie A. Tutti lo vedono come il vincitore finale e lui si lascia trattare come tale.

Basta vedere come la folla di Sanremo acclama Marco Mengoni, per capire che sarà il suo anno.

La canzone, Due vite, racconta dell’importanza di dare ascolto a se stessi. È necessario mettersi in silenzio, accettando anche gli errori e quel che rende più complicata la nostra esistenza. Ogni vita ha un suo percorso circolare, con cui ritorna sempre a quel punto di partenza mai dimenticato dal destino. Ecco perché, fiduciosi in una vita che non conosce casualità, non possiamo abbandonarci allo sconforto quando le cose vanno diversamente da come le avevamo immaginate. Marco Mengoni la canta come sempre con quella voce impostata, perfetta sotto tutti i punti di vista. Equilibrata, intonata, giunta senza fatica. Marco Mengoni ha la classe e il talento nel sangue. Con una naturalezza che appartiene a pochi, tira fuori un’interpretazione da brividi. Ieri sera, con la cover di Let it be ha confermato definitivamente ogni pronostico, se mai qualcuno avesse avuto dubbi. Sarà la seconda vittoria di Marco Mengoni, dieci anni dopo quella ottenuta con L’essenziale. Da quel momento il cantante era diventato una star che mai si sarebbe pensato di ritrovare in gara a Sanremo. Invece, merito di Amadeus, al Festival sono tornati i grandi nomi della musica.

La sensazione è che Marco Mengoni, e non solo lui, tornerà presto sul palcoscenico dell’Ariston.

Ultimo, per esempio, non si accontenterà certo delle ovazioni. Lui Sanremo vuole vincerlo, perché trionfare al Festival è di nuovo un privilegio che la musica per troppi anni si era dimenticata. Dopo la vittoria sfumata nel 2019, quest’anno Ultimo ci ha riprovato con la bellissima Alba. Una canzone che fa realmente vivere il nascere di una giornata, con la voce e la musica che crescono di intensità. Salgono lentamente fino a esplodere proprio come fa il sole. Alba rappresenta il modo con cui si dovrebbero comporre tutte le canzoni oggi: creando una perfetta sinestesia tra la musica e le parole. Ecco così nascere una poesia autentica, in grado di emozionare grazie a quella voce altrettanto unica e inimitabile di Ultimo.

E pensare che per molti anni ci siamo detti che non c’erano nuovi cantanti eccezionali.

Ce le ricorderemo a lungo queste ultime due edizioni, che hanno messo a confronto Mahmood ed Elisa, Mengoni e Ultimo. Per non parlare di Emma e Giorgia. Grandi rivelazioni come La Rappresentante di Lista, Colapesce e Di Martino, Mr. Rain. E poi Lazza, messosi in gioco esattamente come gli esperti Cugini di Campagna, o come lo scorso anno Morandi, Ranieri e Zanicchi. Insomma, non ci siamo accorti, ma in questi anni nel frattempo cresceva una nuova musica destinata a fare altrettanta storia. In modo diverso, certo. Oggi è tutto a fruizione dei social e delle piattaforme web. Tuttavia, se serve per diffondere qualcosa di artistico, perché demonizzarli?

Nelle prossime settimane racconteremo qui aneddoti del Festival e delle sue canzoni. Brani che certamente non dimenticheremo in poco tempo, come accadeva qualche anno fa. Ora lo possiamo nuovamente dire: le canzoni del Festival rimangono nel tempo. Fatte rare eccezioni per qualcuno che sembra ancora convinto a portare a Sanremo la canzone meno bella dell’album, la maggior parte crede in questa gara che il mondo ci invidia. Sarà un caso, ma si tende a proporre sempre più canzoni vicine all’idea del tormentone. Evidentemente interessa in modo particolare rimanere nella testa della gente, passando dall’atmosfera del Festival. Non c’è più la “canzone sanremese”, che identificava solo quella melodica e romantica. Oggi c’è il brano che vuole rimanere nel tempo. Che sia un pezzo in grado di fare ballare o piuttosto uno che sappia emozionare, in ogni caso c’è un atteggiamento diverso dei cantanti nei confronti del Festival. Per questo non fa più paura la gara. Anche se vincere, quello sì, continua a interessare tutti.

Iniziamo dall’Eintracht per conoscere gli inni delle avversarie delle italiane in Champions’ League.

Eintracht Francoforte: l’inno dell’avversario del Napoli in Champions
Un’allegra marcetta accompagnata al pianoforte è l’inno dell’Eintracht Francoforte

Conoscete già tutto dell’Eintracht Francoforte? I tifosi del Napoli probabilmente si saranno già documentari su ogni sfaccettatura dei loro prossimi avversari in Champions’ League. La squadra tedesca, almeno sulla carta, non sembra poter troppo impensierire i partenopei. Tanto che persino Spalletti si è lasciato andare oltre ogni scaramanzia prevista dal protocollo campano. Persino lui ha ammesso che il Napoli, ormai messo in cassaforte il capitolo scudetto, può puntare a un successo anche in Europa. Perlomeno non si pone limiti. In effetti l’Eintracht Francoforte è decisamente inferiore per qualità alla capolista del nostro campionato. La storia la vede tuttavia un po’ più abituata alle grandi partite internazionali, sebbene si tratti di storia soprattutto declinata al passato remoto. Tuttavia, è sufficiente quella a galvanizzare i tifosi tedeschi. Basta ascoltare l’inno della squadra per rendersene conto. Lo conoscete?

Inciso solo a metà anni 2010, l’inno dell’Eintracht è ignoto a molti.

Questo ovviamente proprio perché la squadra tedesca ormai da anni non arrivava agli ottavi della competizione europea più ambita. Sebbene lo scorso anno abbiano vinto l’Europa League. Partiamo così proprio dall’Eintracht Francoforte per raccontare gli inni delle prossime avversarie delle italiane in Champions’.

La canzone a cui facciamo riferimento si intitola Im herzen von Europa, ossia “Il cuore dell’Europa”. Come dicevamo, quelle semifinali raggiunte in Coppa Uefa (vinta due volte) e Coppa delle Coppe, sono ancora oggi a distanza di tempo motivi di orgoglio per i tifosi. Ecco allora che in questo inno si celebra la popolarità internazionale dell’Eintracht. Non è una squadra conosciuta solo sul Meno, si dice nella canzone. Ma c’è di più. L’amore per la squadra viene dichiaratamente preferito a quello per le ragazze. Insomma i tifosi cantano così la loro appartenenza ai colori dell’Eintracht. Una squadra così forte per cui tutti nel mondo esulteranno a ogni vittoria.

Questo, in sintesi il testo dell’inno dell’Eintracht. Un tantino presuntoso, senza dubbio.

Eppure la melodia è qualcosa di sublime. Una meravigliosa marcetta suonata al pianoforte, su cui canta un coro che scandisce attentamente le parole. Un suono retrò che crea grande coinvolgimento. Gli autori K.Westphal e H.Böcher hanno creato qualcosa di assolutamente godibile.

Questo almeno per quel che riguarda l’inno storico. Se ci si rifà a quello attuale, c’è da mettersi le mani nei capelli. Un pop rock pieno di ritmo e chitarre elettriche, sicuramente orecchiabile ma ben distante dalle atmosfere imponenti dei nostri inni. Decisamente lontano dalla bellezza della melodia napoletana. Già li immaginiamo i tifosi azzurri sventolare le loro bandiere al grido di “Ohi vita, oh vita mia”. Contemporaneamente i tedeschi replicheranno con questa melodia che somiglia alla sigla di un cartone animato. Per carità, i calciatori saranno anche supereroi, ma dov’è finita la liturgia dell’inno inteso come qualcosa di prestigioso?

Napoli 1, Francoforte 0. Almeno sul piano della musica.

Non stiamo facendo pronostici, ma se vogliamo stilare una classifica in merito a è più organizzato e si sente più squadra, il Napoli sembra più avanti. Almeno se si considera l’intera discografia. Im herzen von Europa, però, farà impazzire anche i tifosi italiani. Possiamo esserne certi. Ascoltatelo e diteci se riuscite a trattenere il movimento del piede per scandire il ritmo.

Top